Feb 8, 2022 | Focolari nel Mondo, Sociale
L’8 febbraio è la giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Quest’anno 2022 una maratona di preghiera online prenderà il via dall’Oceania e farà il giro del mondo per concludersi in Nord America. L’impegno dei Focolari per contrastare questo fenomeno.
“C’è molta prostituzione nel nostro quartiere, ma l’invito del Papa ad andare verso le periferie esistenziali alla ricerca dei più vulnerabili, bisognosi, dimenticati, ci ha incoraggiato ad avvicinare le persone che si prostituiscono con l’obiettivo di accompagnarle, stare loro vicino, far sentire che vogliamo loro bene come persone”. Laura Diaz, volontaria del Movimento dei Focolari, è una delle otto donne del gruppo “Juntas en camino” nato nel 2013 nella parrocchia della Santa Eucaristia, nel quartiere Palermo di Buenos Aires, in Argentina che si impegna ogni giorno nel prendersi cura di chi si prostituisce per contrastare il fenomeno. “In questo nostro servizio – continua – riceviamo più di quanto diamo. In noi qualcosa è cambiato: la nostra mentalità, il nostro approccio senza pregiudizi. Questo cambiamento c’è poi stato anche in diverse nostre famiglie: guardiamo chi avviciniamo come persone la cui dignità è stata violata e la cui dignità può essere ripristinata”. Questa e altre testimonianze da oltre 30 Paesi saranno raccontate l’8 febbraio 2022, durante la maratona di preghiera online – dal titolo “La forza della cura” – organizzata in occasione della giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Seguendo i diversi fusi orari – dalle 9.00 alle 17.00 (CET) -, la maratona prenderà il via dall’Oceania, l’Asia e il Medio Oriente, per poi passare in Africa, Europa, Sud America e concludersi con il Nord America. Sarà trasmessa in diretta streaming in cinque lingue (francese, inglese, italiano, portoghese, spagnolo) nel sito della giornata www.preghieracontrotratta.org

Marcela Villares consegna il libretto delle attività didattiche al Papa
Anche Marcela Villares, focolarina che vive in Argentina, si impegna ogni giorno per contrastare il fenomeno della tratta. Lavora con i Vescovi della Commissione Episcopale per i Migranti e gli Itineranti della Conferenza Episcopale Argentina, dove coordina l’area del traffico di esseri umani. “Abbiamo scoperto l’importanza di lavorare per formare su questi argomenti bambini e adolescenti – racconta -. Da diversi anni offriamo una formazione su temi legati alla tratta di esseri umani a diverse diocesi del Paese, lavorando soprattutto nelle scuole. I frutti sono stati enormi, soprattutto nei bambini e nei giovani, dove già si sente il seme che è stato gettato, e negli insegnanti e direttori che l’hanno preso come asse pedagogico da seguire negli anni”. Il risultato di queste esperienze è stato un libretto con attività didattiche e giochi per ragazzi dai 6 ai 17 anni. “Quest’anno nella diocesi di Orano nel nord del nostro Paese, al confine con Salta, e quindi molto sensibile a questo crimine – continua a spiegare Marcela – grazie al gruppo di amici dell’Associazione Mondo Unito (Amu) del Lussemburgo, abbiamo potuto formare e finanziare materiali in 4 scuole. Il vicario dell’educazione ci ha chiesto di estendere la formazione ad altre scuole cattoliche e ha invitato altri direttori di scuole pubbliche”. Dopo questa esperienza a Orano, Marcela e il suo team sono stati contattati da vari media argentini e il Presidente del Circolo dei Giornalisti ha chiesto di poter avviare la formazione per giornalisti, medici e infermieri degli ospedali di zona, per le persone legate ai trasporti e anche un’università ha chiesto di tenere una conferenza. 
La statuta di Santa Bakhita dell’artista Timothy Schmaltz
“La pandemia ha aumentato il business della tratta, le condizioni di vulnerabilità per le persone più a rischio e le disuguaglianze tra uomini e donne – dichiara Suor Gabriella Bottani, coordinatrice della giornata mondiale contro la tratta -. Tutto questo va affrontato con coraggio. Noi donne, dunque, dobbiamo assumere un ruolo da protagoniste per promuovere un sistema economico nuovo, fondato sulla forza della cura. La violenza causata dallo sfruttamento può essere trasformata con gesti di cura e di solidarietà”. La maratona di preghiera dell’ 8 febbraio 2022 è coordinata da Talitha Kum, la rete internazionale anti-tratta di oltre 3000 suore, amici e partner in tutto il mondo, ed è promosso dalle Unioni Internazionali delle Superiore e dei Superiori Generali, in partenariato con la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale, Caritas Internationalis, l’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, il Movimento dei Focolari, il Jesuit Refugee Service e tante altre organizzazioni in tutto il mondo.
Lorenzo Russo
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Gen 4, 2022 | Chiara Lubich, Sociale
Cos’ha lasciato la visita di Papa Francesco in Grecia e a Cipro, ad un mese di distanza? L’abbiamo chiesto alla comunità dei Focolari dei due Paesi. Ad un mese dal viaggio di Francesco in Grecia e a Cipro, questo quadrante del globo continua ad essere sotto i riflettori internazionali. Tra le notizie di questi giorni leggiamo la storia di speranza di Grace Enjei, ventiquattrenne camerunense che, grazie alla visita del Papa e all’aiuto della Comunità di Sant’Egidio, dalla “no man’s land” di Cipro è arrivata a Roma assieme ad altri 10 richiedenti asilo; ma apprendiamo anche dell’ennesimo naufragio nel Mar Egeo, quello del giorno di Natale, in cui hanno perso la vita 13 migranti. Grecia e Cipro. Due Paesi con una popolazione relativamente piccola (i cattolici costituiscono una minoranza religiosa) ma che sono lo specchio delle principali crisi globali: dalle forti correnti migratorie alla crisi finanziaria oltre che sanitaria. In particolare, soffrono per le preoccupanti influenze di carattere politico dei vicini di casa turchi. Alla comunità dei Focolari di questi Paesi abbiamo chiesto cos’ha lasciato questo viaggio apostolico, quali sono i passi da compiere verso la pace e una convivenza più umana per tutti.
Lina Mikellidou, ortodossa e responsabile della comunità dei Focolari di Cipro non ha dubbi: “Quando Papa Francesco ha affermato che occorre fare di questa isola ‘un laboratorio di fraternità’ ha centrato il punto. Cipro dal 1974 è occupata dai turchi e la capitale Nicosia è l’ultima città europea divisa con filo spinato. I tentativi di ricomporre tali fratture non hanno portato a risultati concreti nonostante l’impegno negli ultimi anni della comunità internazionale e delle due parti. Penso sia necessario sviluppare o rafforzare delle piattaforme, dei luoghi di dialogo fra le diverse realtà che esistono a Cipro, ovvero fra cristiani di diverse denominazioni (come Armeni, Latini, Maroniti e Ortodossi) e anche con i Musulmani. Poi occorre coltivare lo spirito di ‘unità nella diversità’ fra le due Chiese sorelle, quella Cattolica e quella Ortodossa. Infine, c’è il capitolo dei migranti. Il loro numero non è sostenibile per il nostro Paese, sia dal punto di vista logistico che economico. Il mio popolo è noto per la sua generosità e per lo spirito di accoglienza: si è fatto già tanto per i profughi ma sicuramente si può migliorare, cercando di sensibilizzare le coscienze, trovando fondi e strutture per far sì che questi nostri fratelli vivano in condizioni più umane e dignitose”. “Il Papa ci ha incoraggiati ad avere un nuovo sguardo – conclude Lina –, un’attenzione viva per tematiche scottanti come quella dei migranti e del dialogo ecumenico. Ci dà grande speranza la ricerca dell’unità tra Papa Francesco e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli S. B. Bartolomeo: un rapporto fraterno, fatto di gesti concreti e di profondo dialogo”. Alexandros Oshana, giovane di Atene della comunità locale dei Focolari sostiene che la strada del dialogo ecumenico è ancora lunga: “In questo senso – afferma – la visita del Papa ha offerto la possibilità di un nuovo inizio. Nei suoi interventi usava spesso le parole ‘unità’, ‘fraternità’, ‘dialogo’. Il Papa auspicava una chiesa inclusiva, aperta a chi soffre. Francesco ha espresso tutti noi greci cattolici al 100%, la nostra intenzione di essere vicini ai fratelli ortodossi e di sentirci prima di tutto cristiani”. A tal proposito, non è sfuggito a nessuno l’esempio che Papa Francesco ha voluto dare in prima persona. Per sottolineare che l’unità è possibile solo attraverso un completo atto di umiltà, lui stesso ha chiesto ancora perdono all’Arcivescovo ortodosso Ieronimos per gli errori commessi in passato dai cattolici nei confronti degli ortodossi. Lo stesso Arcivescovo si è detto certo che sarà possibile “scrollare i pesi del passato, in particolare quelli collegati con gli avvenimenti della guerra d’indipendenza greca”. In segno di fratellanza ha anche detto di volersi unire a Francesco “nell’enorme sfida” riguardante la sorte dei migranti e di voler intraprendere “un’azione comune per l’ambiente”.
Lorenzo Russo con la collaborazione della comunità dei Focolari di Grecia e Cipro
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Gen 1, 2022 | Chiesa, Sociale
Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace che ricorre oggi 1° gennaio, lancia un monito ai politici che investono sugli armamenti piuttosto che sull’istruzione. Cosa fare per dare speranza ai giovani e invertire la rotta? Lo abbiamo chiesto al prof. Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense Oggi secondo la Banca Mondiale ci sono quasi 100 milioni di persone in più che vivono in stato di impoverimento a causa della pandemia da Covid-19. E la spesa militare nel mondo nel 2020 nonostante il Covid è aumentata sfiorando i 2.000 miliardi di dollari (nel 2019 era di 1650 miliardi) secondo il rapporto dell’Istituto di ricerca internazionale per la pace di Stoccolma (Sipri). Dati che hanno spinto Papa Francesco a lanciare un messaggio duro ma pieno di speranza per la 55° giornata mondiale della pace che ricorre oggi 1° gennaio 2022. Il Papa propone tre elementi: dialogo tra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura. Come contestualizzare questo messaggio nelle sfide che la società vive oggi? Lo abbiamo chiesto al prof. Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense. Come si avvia il dialogo tra le generazioni per costruire la pace? Su quale fiducia si basa oggi, visto che sia la pandemia che lo sviluppo della tecnologia hanno creato tanta solitudine e indifferenza? “Anzitutto il messaggio del Papa presenta il dialogo non come obiettivo soltanto per i rapporti tra generazioni ma come metodo. E questo credo che sia l’aspetto più importante che si può cogliere ed è l’aspetto che ci consente anche di poter fare del dialogo uno strumento effettivo per la pace, perché molto spesso noi leghiamo all’elemento dialogo soltanto la possibilità di comunicare. In realtà il dialogo presuppone qualcosa in più: c’è un patto tra le generazioni, un patto in cui la parola data ha un suo significato. Molto spesso abbiamo fatto del dialogo soltanto uno strumento tecnico e non qualcosa che condividiamo e che pertanto diventa un metodo o un agire quotidiano”. L’istruzione e l’educazione negli ultimi anni sono considerate delle spese piuttosto che investimenti. E sono aumentate le spese militari. Quali passi devono fare i politici per promuovere una cultura della “cura” piuttosto che della “guerra”?
“Il rapporto tra l’educatore e colui che viene educato è un rapporto che va costruito quotidianamente sulla base di rinunce da parte di ambedue. Questo tipo di metodologia dell’educazione dovrebbe servire anche alle grandi questioni che l’umanità ha di fronte. Il problema della corsa agli armamenti e quindi la sottrazione di risorse per altri ambiti, è soprattutto il legare gli armamenti ad un concetto di potenza. Quindi attraverso l’educazione dobbiamo cercare di far correre dei valori condivisi. Questo è l’aspetto che il messaggio del Papa mette in evidenza, perché se ci sono valori condivisi – la pace per esempio – questo diventa un modo per superare il conflitto. Ma il conflitto si supera eliminando gli armamenti, quindi è un concetto che va poi a catena”. Il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello ed è un fattore per preservare la pace. La precarietà e lo sfruttamento lavorativo però sono aumentati con la pandemia. Cosa si può fare allora per dare speranza ai giovani lottare contro la precarietà e lo sfruttamento? “Il lavoro non è semplicemente un elemento che garantisce la pace sociale come tradizionalmente viene detto. Il lavoro è qualcosa che garantisce la pace. Se manca il presupposto del lavoro, manca l’educazione, manca il rapporto intergenerazionale, manca il dialogo. Perché dal lavoro la persona non trae soltanto sostentamento, ma esprime la propria dignità. Questo lo troviamo nel magistero della Chiesa e di Papa Francesco che ha sottolineato più volte. Di conseguenza oggi i politici, o meglio coloro che hanno responsabilità, i cosiddetti ‘decisori’, devono fare del lavoro una priorità e non una delle tante voci nell’agenda politica. Credo che le giovani generazioni abbiano bisogno non soltanto del posto di lavoro ma di un lavoro che riesca a esprimere le loro qualificazioni e soprattutto a farli sentire protagonisti in quelle che sono le decisioni in materia di lavoro. L’elemento quindi che collega le tre voci – dialogo, educazione, lavoro – è la parola patto. Il patto tra generazioni, il patto educativo, il patto del lavoro: questa è la parola chiave che li mette in funzione della pace. Perché altrimenti sarebbero tre elementi dispersi e non tra di loro coniugati”. Clicca qui per leggere il messaggio del Papa per la 55° giornata mondiale della pace.
Lorenzo Russo
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Dic 29, 2021 | Sociale
Parte una raccolta fondi straordinaria a sostegno delle popolazioni delle Filippine colpite dal super-tifone Odette-Rai tra il 16 e il 17 dicembre scorsi. Di seguito tutte le indicazioni per inviare contributi attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN) “Sono appena rientrata in Italia da Cebu e anch’io ho ricevuto notizie sporadiche via Messenger – racconta Alessandra Emide, responsabile dei programmi di Bukas Palad Cebu Foundation – perché al momento non è facile l’accesso a internet in quelle zone. I danni più grossi sono stati nelle isole Visayas, l’arcipelago al centro del Paese con capoluogo Cebu”. A dieci giorni di distanza i numeri del super tifone Odette-Rai, come è stato rinominato, sono infatti impressionanti: secondo il principale coordinatore umanitario delle Nazioni Unite nelle Filippine, Gustavo Gonzalez, da quando la tempesta si è abbattuta sull’Arcipelago, circa 2 milioni di persone sono state colpite dalla catastrofe e almeno 300 sono morte, ma si teme che questo numero cresca, perché non tutte le vittime sono state segnalate ufficialmente; le inondazioni sono molto estese e le frane che hanno travolto abitazioni sono moltissime. Con circa 300.000 persone evacuate mentre il super tifone colpiva le regioni centrali delle Filippine, i bisogni immediati e prioritari includono cibo, acqua pulita, riparo, carburante, kit igienici, medicinali e servizi di protezione. Alessandra aggiunge poi che il problema principale sono le linee elettriche completamente distrutte con il conseguente blocco della rete idrica. Per procurarsi l’acqua la gente deve fare lunghe file e la mancanza di elettricità rende difficilissime le comunicazioni, i trasporti e i rifornimenti. I supermercati stanno esaurendo i beni di prima necessità, la benzina scarseggia e il prezzo è alle stelle; senza contare gli enormi danni subiti dalle abitazioni, molte delle quali rase al suolo.
“Anche il centro dei Focolari di Bukas Palad, sull’isola di Cebu, dove lavoro – prosegue Alessandra – è stato danneggiato: vetri, porte e finestre rotte, alberi caduti e, nonostante ciò, ospita alcune famiglie che hanno perso tutto. Le autorità locali dicono che ci vorrà un mese per iniziare a ripristinare corrente e acqua, intanto ci stiamo attivando per far arrivare alle famiglie contenitori di acqua potabile, torce solari e batterie ricaricabili, riso e cibi a lunga conservazione”. Giò Francisco racconta che assieme ai soccorritori anche i Giovani per un Mondo Unito delle Filippine (Y4UW PH) hanno concentrato i loro sforzi su quattro delle sei regioni più colpite, compresa la provincia di Cebu dove si trova Bukas Palad. Finora, Y4UW ha raccolto fondi per fornire centinaia di pacchi di cibo e acqua alle famiglie nelle aree meno accessibili. Si tratta di aiuti di prima emergenza che tuttavia non basteranno. “Le famiglie dovranno rimettersi in piedi – racconta Giò Francisco – e al lavoro, specialmente i molti che dipendono dall’agricoltura e dalla pesca. Le barche dei pescatori sono state distrutte. Gli agricoltori hanno perso il raccolto. Pensate che una città, nota per le piantagioni di banane, si è vista spazzar via fino all’ultima pianta”. Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari ha avviato una raccolta fondi straordinaria in sostegno alle popolazioni filippine colpite e per sostenere la ricostruzione. È possibile donare attraverso i seguenti conti correnti:
Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T
Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T84A Causale: Emergenza Tifone Filippine
Stefania Tanesini
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Dic 29, 2021 | Nuove Generazioni, Sociale
Un’iniziativa che unisce la voglia di fare ai tanti bisogni che ci sono nel mondo. È il desiderio che nel 2016 ha generato“Milonga”, un programma di volontariato internazionale interculturale e fraterno.
Una nuova opportunità, una proposta rinnovata per portare aiuto dove necessario. È la mission che ancora oggi, a distanza di 5 anni, “Milonga” porta avanti. Nata dal contributo di New Humanity, Giovani per un Mondo Unito e la Rete Latinoamericana delle organizzazioni sociali ispirate al carisma dell’unità, con la collaborazione di Sociedade Movimento dos Focolares-Brasile, Sumà Fraternidad e Promoción Integral de la Persona, questa piattaforma di volontariato internazionale è frutto di un desiderio sempre più diffuso tra i giovani di fare esperienze sociali globali. I primi volontari sono partiti nel 2016 con destinazione Bolivia e Brasile. In seguito, oltre 200 giovani hanno seguito i loro passi, attraversando le frontiere per offrire il loro tempo, i loro talenti, le loro professionalità. Un piccolo ma importante contributo al superamento delle disuguaglianze nel mondo. Ma cosa ha di caratteristico “Milonga” rispetto ad altri programmi di volontariato? Per Virginia Osorio, uruguaiana dell’Equipe di Coordinamento, “Milonga è stata l’opportunità di mettere in rete diversi attori e così generare un sistema di cooperazione internazionale diverso, che mette la fraternità al centro, in cui il servizio viene potenziato dall’interculturalità e la formazione alla cittadinanza globale e locale, intessendo dei legami non solo dal nord verso il sud, ma in tutte le direzioni”. Ragazzi tra i 21 e i 35 anni, collaborano così, ancora oggi, in sinergia col lavoro delle ONG che, ogni giorno, si spendono nelle diverse periferie del pianeta. Marco Provenzale, italiano, dice: “Per queste ragioni il programma prende il nome di una danza latinoamericana con radici africane e gioca con l’acronimo ONG: Mille ONG in Azione”. A tale iniziativa hanno aderito anche le comunità e le cittadelle del Movimento dei Focolari quali significativi spazi di azione e formazione per giovani motivati e desiderosi di impegnarsi nel sociale. In questi cinque anni, “Milonga” ha constatato quanto questo percorso abbia segnato la vita di tanti ragazzi. “L’esperienza che fanno fra loro si riflette sul ruolo che ognuno svolge come cittadino del mondo – continua Virginia Osorio –, e li stimola a voler agire sul posto, lì dove nasce la sofferenza”. Ai tanti che hanno svolto volontariato in presenza in questi anni, durante la pandemia se ne sono aggiunti oltre un centinaio che hanno realizzato un’esperienza interculturale virtuale. Questa possibilità ha permesso di sostenere delle azioni quali raccolta fondi, aiuto ai bambini in età scolare, preparazione di esami, pratica delle diverse lingue e tanto altro. Antonella, una giovane argentina, ha svolto volontariato virtuale in Brasile e ora si prepara a farlo finalmente di persona: “Prima non partecipavo a cose simili. Oggi, invece, se non faccio qualcosa di concreto, mi sento come vuota. Questa coscienza nuova me l’ha trasmessa l’esperienza fatta con Milonga”.
Janeth Lucía Cárdenas e l’equipe di MilONGa
(assistente sociale, impegnata con Milonga e nel progetto globale di comunicazione)
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Nov 16, 2021 | Focolari nel Mondo, Sociale
Un delivery speciale, un’attività alternativa che la Spiga Dorata (Espiga Dourada), panificio alle porte della Mariapoli Ginetta (San Paolo, Brasile), ha creato per poter garantire il suo servizio quotidiano anche in tempo di pandemia. “Questa emergenza ha cambiato davvero tutto, ma allo stesso tempo ci ha donato una visione nuova, diversa, aggiungerei molto più bella, più libera. Ci siamo accorti delle nuove necessità che le persone hanno”. Sono le parole di Adriana Valle, focolarina italiana trapiantata in Brasile ormai da 41 anni. A pochi passi dalla Mariapoli Ginetta, la cittadella dei Focolari alle porte di San Paolo, Adriana è responsabile della Spiga Dorata (Espiga Dourada), attività messa in piedi nel 1988 sulla strada e, solo in seguito, trasformata in un vero panificio. Oggi come allora, questo luogo offre ai suoi clienti molto più del semplice pane: essere un punto di riferimento per tutti coloro che lo vogliono è una missione che nemmeno il covid è riuscito a frenare. “La pandemia è arrivata così all’improvviso da mettere in crisi tutti i nostri piani – continua Adriana. Malgrado fossimo tra le poche attività a poter rimanere aperte, le nuove direttive non ci consentivano di fare il nostro lavoro come sempre. Non potevamo avvicinarci alla gente, servire ai tavoli e il cliente poteva solo entrare e prendere il pane velocemente, privandosi anche di una chiacchierata. Molti non uscivano più di casa e allora ci siamo chiesti cosa potessimo fare per queste persone, per far arrivare loro i nostri prodotti e la nostra presenza in un periodo così difficile. È cosi che è nata l’idea di creare un delivery. Abbiamo ingaggiato un aderente del Movimento dei Focolari che in quel momento era senza lavoro e con un piccolo furgone abbiamo dato il via alle consegne. C’è stata una pioggia di prenotazioni. Abbiamo iniziato a creare nuovi prodotti, ad offrire anche un pasto caldo, fare dei pacchetti con i beni di prima necessità e ci siamo resi conto che, quando le persone ricevevano il loro, erano felici. Inoltre, grazie alla Provvidenza, siamo sempre riusciti a superare la crisi economica e questo ci ha permesso di tenere con noi tutti i nostri dipendenti”. Che tipo di esperienze avete vissuto in questo periodo? “Abbiamo assistito a veri miracoli d’amore in tempo di pandemia. Durante la festa della mamma dello scorso anno era ancora proibito incontrarsi e abbiamo ricevuto tantissime prenotazioni da parte dei figli dei nostri clienti i quali, non potendo far visita alle mamme, volevano inviare loro dei cesti in regalo. Conoscendo i gusti delle persone abbiamo preparato degli ordini ad hoc e scritto anche dei biglietti di auguri. Abbiamo lavorato giorno e notte in quel periodo e la stessa cosa è successa sotto Natale. Riempire la solitudine delle persone, anche solo con un sorriso, non ha prezzo. La pandemia ci ha permesso anche di approfondire la conoscenza con i nostri dipendenti. Molti prendevano i mezzi pubblici per venire al lavoro e questo era davvero un rischio per la loro salute. Allora alcuni giovani e alcuni focolarini si sono offerti di andarli a prendere al mattino e riportarli a casa alla sera. Si è creata una rete bellissima di aiuto e, attraverso questo servizio, avvicinandoci alla loro quotidianità, siamo venuti a conoscenza anche di alcune difficoltà che questi dipendenti vivevano. Ci siamo messi in moto per dare una mano, come si fa in una famiglia, e questo ha davvero coinvolto tutti. Perfino un nostro cliente non credente, sapendo delle difficoltà che hanno alcune persone che conosciamo, ogni mese ci lascia piccole offerte ed è così che, man mano, l’impasto continua a crescere e questo lievito che è l’amore, continua a diffondersi”. Adriana, cosa rappresenta per te oggi la Spiga Dorata? “Questo posto è nato per volere della gente e qui ciascuno può sempre sentirsi a casa. Il nostro è un luogo di passaggio per tantissime persone appartenenti a tutte le classi sociali. Imprenditori, persone facoltose ma anche operai, uomini e donne semplici. Tutti entrano qui e difficilmente lo fanno solo per acquistare qualcosa. A volte vengono per ricevere un buongiorno, per fare due chiacchiere, per chiedere un aiuto. Le persone più povere vengono all’alba per ritirare il pane del giorno prima che noi doniamo, coloro che invece hanno più possibilità magari lasciano un contributo”.
Maria Grazia Berretta
Vedi anche: Brasile: Le “ragazze del pane” | CollegamentoCH (focolare.org) (altro…)