Il 29 luglio è l’ultimo giorno del 2021 per la disponibilità di risorse che la Terra mette a disposizione per l’uomo. Come invertire la rotta contro questo spreco? I giovani dei Focolari hanno avviato due progetti sulla conversione ecologica.L’overshoot day è la data simbolica, che indica quando l’uomo ha consumato tutte le risorse che la terra permette di rigenerare in un anno. Per fare un esempio banale, immagina che sulla terra in un anno crescano 100 nuovi alberi, ma noi uomini ogni anno ne abbattiamo più di 100. L’overshoot day indica il giorno in cui l’umanità abbatte l’albero numero 101. Quest’anno l’overshoot day cade il 29 luglio. Proprio così, da oggi fino alla fine dell’anno consumeremo più risorse di quelle che ci possiamo permettere. E nonostante questo, scommetto che oggi non ti sembra un giorno così diverso da ieri. Mentre leggi non sei preoccupato, così come non ti sono sembrate preoccupate le persone che hai incontrato fino adesso durante questa giornata, né ti sembreranno preoccupate quelle che incontrerai da ora fino a quando andrai a dormire. Voglio che tu sappia solo una cosa: non è colpa tua. Non sei un insensibile, un menefreghista che non si interessa dell’ambiente o del pianeta. Non sei preoccupato, perché anche tu come me ormai ti sei abituato a questo tipo di notizie sulla crisi climatica. E quando ci si abitua a qualcosa, si smette di percepirla come un’emergenza. Le notizie sulla crisi climatica fanno ormai parte della nostra routine, della quotidianità. E c’è il pericolo che l’abituarsi a sentirle ci faccia perdere la voglia di impegnarci a cambiare le cose. Succede anche a me che scrivo, e questo mi rattrista. Tuttavia, ho una buona notizia. Non tutti rimangono inermi di fronte a queste notizie sconfortanti. Qualcuno prova ad agire per cambiare le cose. Parlo per esempio dei giovani del Movimento dei Focolari, che con due progetti che vanno proprio ad affrontare il tema dell’utilizzo delle risorse e dell’ecologia, si stanno attivando per dare il loro contributo. PATHWAYS – Le persone, il pianeta, e la nostra conversione ecologica Il primo progetto dal nome PATHWAYS – Le persone, il pianeta, e la nostra conversione ecologica, è una campagna di sensibilizzazione e azione, inserita all’interno del piano Pathways for a United World, della durata di 6 anni. Nell’anno 2021-2022, i Ragazzi per L’Unità, i giovani per un mondo unito e l’associazione New Humanity, promotori dell’iniziativa, si impegneranno con azioni a livello locale e globale, con una modalità di lavoro in tre fasi: 1) Learn – studiare ed informarsi, per dare fondamento alle proprie azioni. 2) Act – agire. 3) Share – condividere le proprie azioni sui social con l’hashtag #daretocare ZERO HUNGER Il secondo progetto ha a che fare con le risorse alimentari del nostro pianeta. Già da alcuni anni, i ragazzi e i giovani del Movimento dei Focolari hanno iniziato a dare il loro aiuto alla FAO, con l’impegno per “Zero Hunger”, che ha come obiettivo la riduzione della fame nel mondo. In questo momento, un’equipe internazionale sta lavorando per coordinare attività globali, ma senza dimenticare l’aspetto locale della tematica, con attività e iniziative sui territori.
Numerosi migranti venezuelani ogni giorno cercano di arrivare in Cile passando per il Perù. La solidarietà della comunità dei Focolari di Lima con gesti concreti grazie alla Provvidenza che non si fa attendere. “Bastano pochi gesti per salvare il mondo” afferma la scrittrice e poetessa Edith Bruck. Ed è quello che cerchiamo di fare ogni giorno, in aiuto di chi ha bisogno, soprattutto per i migranti venezuelani che passano per il Centro Juan Carlos Duque legato alla comunità dei Focolari di Lima, in Perù.
In cammino verso il Cile C. è una collaboratrice del Centro Juan Carlos Duque. Qualche sera fa ha potuto riabbracciare sua sorella: erano 4 anni che non si incontravano! Lei sta andando verso il Cile con suo marito ed un bimbo sperando di attraversare la frontiera attraversando il deserto molto freddo. Abbiamo potuto dare loro una valigia di vestiti pesanti, arrivati di Provvidenza. Sono tanti i venezuelani che cercano, non senza rischi, di entrare in Cile per raggiungere i loro parenti. La solidarietà fra queste persone è enorme nonostante la sofferenza che li accompagna.
Così possiamo vestire Gesù Un’altra collaboratrice del Centro Juan Carlos Duque ci ha raccontato di una coppia di venezuelani, da 4 anni in Perù, arrivati a Lima da quasi tre mesi. Hanno solo un materassino per dormire, un copriletto non sufficiente per il freddo di questa stagione (è iniziato l’inverno) e una cucinetta ricevuta in prestito, ma che devono restituire. Hanno bisogno di lenzuola, piatti, bicchieri, indumenti e scarpe numero 44! Con grande stupore abbiamo trovato – fra quanto arrivato di Provvidenza – proprio un paio di scarpe n°44! Ci è arrivata tanta Provvidenza proprio di quanto hanno bisogno. “Così possiamo vestire Gesù perché non soffra il freddo…” dicevamo. Grazie inoltre alle donazioni di UNCHR (agenzia Onu per i rifugiati) siamo riusciti a soddisfare le esigenze di questa famiglia. Potete immaginare la loro gioia: dopo soli 40 minuti dalla loro richiesta di aiuto, già li avevamo ricontattati per dargli tutto l’occorrente. Barbara, muore una di noi Da Arequipa invece arriva una telefonata: “Stiamo passando momenti molto duri. La nostra inquilina e grande amica venezuelana, Barbara, è morta improvvisamente. Stava per compiere 29 anni. Siamo sotto shock. Mia mamma, mio fratello ed io abbiam subito detto il nostro SI alla volontà di Dio, in un momento così difficile quando non è semplice capire i disegni di Dio. Ma si tratta di amare questo dolore e poter trasmettere a suo fratello e ai cugini la Misericordia e l’Amore del Padre”. Barbara era stata pochi giorni prima nella nostra sede di Arequipa per ritirare una coperta pesante e un kit per la cucina, arrivati in donazione da UNCHR, e noi abbiamo aggiunto qualcos’altro. Era davvero felice di quella Provvidenza! Siamo sicuri che adesso continuerà ad aiutarci da lassù e a non far mancare la Provvidenza. E a proposito di Provvidenza risuona il campanello del Centro Juan Carlos Duque ancora una volta inaspettatamente: è l’Unhcr che ci consegna molto di più rispetto a quanto richiesto per i nostri migranti: 100 mascherine di tela lavabili; 216 saponette; 5 pacconi con 72 coperte…il centuplo!
Il Bala Shanti Program è un progetto nato per aiutare donne sole, per sostenerle nel garantire ai loro figli le cure necessarie, la formazione scolastica e una condizione di benessere, salute e dignità. Siamo a Coimbatore, regione a sud dell’India. Nel 1991 nasce il Bala Shanti Program un progetto che aiuta e accoglie bambini più vulnerabili e bisognosi, tra i 3 a i 5 anni, e le loro madri, spesso sole. Il programma fa parte di Shanti Ashram che è un centro internazionale per lo sviluppo culturale, sociale e sanitario al servizio dei bisogni della comunità sul territorio, ispirandosi agli ideali e agli insegnamenti di Mahatma Gandhi. “Mia nonna ha dovuto vivere sempre da sola: per questo motivo mia madre ha smesso di studiare quando frequentava le scuole medie e si è dovuta sposare quando aveva 16 anni. Questo è accaduto nel ‘78 ma oggi, dopo più di 40 anni, sento ancora storie simili o uguali a questa”. Queste le parole di Deepa, responsabile del Bala Shanti Program. Spiega infatti che, ancora oggi, i figli delle madri sole sperimentano 3 tipi di difficoltà molto grandi: la povertà, l’abbandono scolastico e l’obbligo ad un matrimonio precoce. Il Bala Shanti Program si propone dunque di aiutare queste donne a crescere i loro figli in una condizione di benessere, salute e dignità. Secondo i report delle Nazioni Unite del 2019-2020, circa il 4.5% delle famiglie in India sono portate avanti da madri sole e si stima che di queste il 38% viva in uno stato di povertà. “Una donna in India in condizioni di vulnerabilità difficilmente spera di vivere da sola: non si tratta di una scelta personale – spiega Deepa – molte di loro si trovano in condizioni di abbandono, insicurezza, sfruttamento”. L’obiettivo finale del Bala Shanti Program dunque è quello di combattere la povertà, la malnutrizione e le malattie che si sviluppano in contesti di grande disagio, costruendo una società di pace. Per fare questo, oltre agli aiuti economici, i bambini e le loro mamme vengono istruiti su temi come l’educazione, la pace, l’alimentazione sana, le norme di igiene e la leadership. Oggi esistono 9 Bala Shanti Kendra – centri di sviluppo per la prima infanzia – che accolgono più di 200 bambini l’anno. Dal ‘91 ad oggi più di 10 mila bambini hanno completato il percorso di studi e durante l’anno della pandemia da Covid-19 si sono forniti aiuti a 15 mila persone, tra bambini e famiglie. Dal ‘98 il progetto ha avviato una collaborazione con AFN Onlus, l’organizzazione no profit legata al Movimento dei Focolari che, attraverso il sostegno a distanza, aiuta a fornire ai bambini borse di studio del Bala Shanti Porgram. Sono tanti coloro che potrebbero testimoniare l’importanza del Bala Shanti Program nella propria vita, come Fathima, 45 anni: fino a pochi anni fa era un madre sola in difficoltà economiche e non sapeva come fare per crescere ed istruire suo figlio, il piccolo Aarish. Da quando il Bala Shanti Program ha iniziato a darle aiuto, la sua vita è cambiata. Aarish ha seguito dei percorsi di formazione, ricevendo una borsa di studio a distanza. “Sono stata aiutata anche attraverso provviste di cibo – spiega – mi hanno messo in contatto con medici competenti e invitato a spettacoli e danze attraverso le quali ho potuto distrarmi e pensare a qualcosa di bello. Per me è stato molto importante.” Adesso Aarish è cresciuto, ha 15 anni, è un volontario presso Shanti Ashram da 3 anni. Anche grazie al suo aiuto il Bala Shanti Program offrirà sempre più sostegno alle donne sole e ai loro figli. Così, rimane accesa la speranza che questa catena di aiuti diventi sempre più robusta e contagiosa.
La testimonianza dei volontari della “Casa de los Niños”, di Cochabamba (Bolivia), opera che si ispira alla spiritualità dell’unità, impegnati ad accudire senza sosta i contagiati dal COVID-19 e a portare consolazione ai moribondi. Siamo tornati a percorrere le strade della nostra città con un po’ di incoscienza e molta ingenuità. Questo virus mette paura a tutti. Sprona ad isolarsi gli uni dagli altri. Ma siamo coscienti dell’importanza e della necessità di ciò che ci viene richiesto con somma urgenza. Per questo non ci tiriamo mai indietro. Anche se manteniamo le dovute precauzioni. I test che realizziamo puntualmente ogni settimana continuano a darci risultati negativi. Forse qualcuno stende una mano misericordiosa sulla nostra ingenuità. Qui, è iniziata la stagione fredda e i contagi Covid-19 sono aumentati esponenzialmente. Siamo arrivati a cifre mai raggiunte. Gli ospedali pubblici sono al collasso. Si muore nelle auto, in attesa che si liberi un letto… Anche nelle cliniche private, altamente costose, i ricoveri sono stati sospesi. Non si trova più ossigeno e ci sono lunghe file per le ricariche nei soli due luoghi adibiti a questo servizio a pagamento. Una bombola di 6 m3 dura meno di 5 ore! Le medicine specialistiche sono reperibili solo sul mercato nero: ogni fiala ha un costo che si aggira intorno a 1300 euro! Quest’anno le persone colpite dal virus sono molto più giovani. Andiamo a portare ossigeno e medicine là dove siamo chiamati. Abbiamo i permessi per poter circolare tutti i giorni e a tutte le ore. Il nostro pulmino, molto spazioso, si è trasformato in ambulanza e, spesso e purtroppo, in un carro funebre a costo zero. Il tempo scorre rapidamente per chi si trova in necessità e fatica a respirare, per cui anche noi corriamo e non ci rimane il tempo per pensare a noi stessi. Portiamo ossigeno e medicine, ma, a dire il vero, ci impegniamo soprattutto a portare semi di speranza. Ci capita di conoscere per la prima volta coloro che visitiamo, ma subito si stabilisce una sorta di complicità reciproca che apre varchi alla speranza. E, piano piano, la paura si scioglie e vediamo le persone sorridere serene. Portiamo con noi anche la corona del Rosario. Non è un amuleto magico. No. È la corona di noi che vogliamo affidare le grandi afflizioni e i dolori di questo tempo, di tanti fratelli e sorelle, al cuore della nostra Mamma del cielo. Fa parte della terapia dell’ossigeno: dà aria al cuore di chi soffre! Ci troviamo, ogni sera, per la preghiera comunitaria della nostra cittadella, sul prato all’aperto, davanti alla bella cappella, che accoglie le storie di tanti dei nostri bimbi che sono già volati in cielo. Preghiamo davanti alla statua della “Virgen de Urcupiña”, patrona di Cochabamba, che porta in braccio Suo Figlio. La nostra è una preghiera che sale dritta al cielo e che vuol fissare i nomi di tanti che abbiamo visitato durante il giorno. Chiediamo per ognuno una luce dal cielo, necessaria per illuminare la notte del loro dolore.
I volontari della “Casa de los Niños” – Cochabamba (Bolivia)
A quasi due anni dal forte terremoto, la comunità dei Focolari ringrazia tutti i donatori che hanno sostenuto il loro Paese in un momento di grande difficoltà. E la comunione dei beni non si ferma: le risorse in eccesso sono state inviate a chi ha dovuto affrontare nuove emergenze. Alle 3.54 del 26 novembre 2019 un forte scossa di terremoto colpisce la Repubblica di Albania, nell’area centro settentrionale. 52 le vittime e oltre 2 mila i feriti; numerosi i crolli e i danni. Oltre 4.000 persone devono lasciare la propria casa. Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari si è attivato subito per andare incontro alle necessità del Paese. Durante i lavori preliminari sono state identificate 6 famiglie in stato di necessità, le cui abitazioni avevano subito danni tali da rientrare nel progetto di ricostruzione. A causa della pandemia i lavori hanno avuto forti rallentamenti, ma tutte le famiglie hanno potuto affrontare la stagione invernale in una struttura adatta. Ad oggi, per 5 case sono stati completati i lavori. L’unica famiglia che aspetta ancora di vedere la propria abitazione riparata è in attesa dei permessi necessari dal Comune. Dopo la notizia del terremoto, molti membri dei Focolari nel mondo si sono attivati per andare incontro alle necessità della comunità albanese. Si è realizzata una grande comunione dei beni organizzata insieme ad AMU (Azione per un Mondo Unito) e AFN (Azione per Famiglie Nuove), raccogliendo donazioni da numerosi Paesi tra cui Italia, Germania, Svizzera, Austria e Australia. Sottolinea Francesco Tortorella di AMU: “Gli effetti si moltiplicano quando ci si muove insieme, non come singole organizzazioni o singole espressioni del Movimento dei Focolari, ma come unica realtà.” In tutto sono stati raccolti 53 mila euro, di cui 14 mila sono stati usati – e verranno usati – per i progetti di ricostruzione in Albania, compresi i lavori dell’ultima casa, che verranno svolti appena si otterranno i permessi. La parte restante è stata devoluta alle popolazioni indigene dell’Honduras, dopo la distruzione di campi e palafitte dei contadini, dovuta a due tifoni nel corso del 2020. “L’esperienza di reciprocità ha dunque coinvolto l’intero progetto – spiega ancora Francesco Tortorella – erano tutti d’accordo ad usare i soldi in più per questa nuova emergenza”. Una parte dei fondi è stata investita per la realizzazione di un corso sulle emozioni per giovani: dopo il terremoto e la pandemia vi era la necessità, soprattutto da parte dei ragazzi, di ricevere aiuto nella gestione dello stress e dell’angoscia. Sono 25 i giovani dai 14 ai 24 anni che vi stanno partecipando attualmente. Elsa Cara, membro dei Focolari e commercialista a Tirana, la capitale albanese, racconta: “A causa del terremoto ho perso 7 cugini. È stata dura, ma ho voluto darmi da fare: grazie alle donazioni dei Focolari sono stata a Thumane, uno dei luoghi più colpiti dalle scosse. Essendo un paese prevalentemente musulmano, la comunità cattolica è molto piccola: ho deciso di andare lì tutte le settimane, per stare vicino ai bambini, tenendo un corso di catechismo. Inizialmente erano tutti sotto shock. Adesso sono un gruppo unito e felice di fare questo percorso e molti di loro si sono già battezzati. Tutto questo è stato frutto di una collaborazione tra i Focolari, la Chiesa locale e la Caritas.” Alfred Matoshi, avvocato a Tirana e collaboratore nel progetto di ricostruzione, ringrazia i donatori a nome di tutta la comunità dei Focolari in Albania: “Grazie perché sono loro che ci hanno permesso di andare incontro alle famiglie in difficoltà, ai bambini per strada senza casa, alle persone che piangevano dallo spavento. Grazie, non smettete di donare, dovunque ci siano necessità.”
Abbiamo raggiunto la comunità dei Focolari di Goma (Repubblica Democratica del Congo) che, come tutta la popolazione, vive in uno stato di pericolo in seguito all’eruzione del vulcano Nyiragongo e delle successive scosse sismiche.Poco più di una settimana fa il vulcano Nyiragongo situato nella Repubblica Democratica del Congo e definito uno dei più attivi al mondo è esploso. Secondo il National Geographics, “il monte Nyiragongo è raramente calmo ed è uno dei pochi posti al mondo ad avere nel proprio sottosuolo un vero e proprio lago di lava che ribolle fino alla sommità del cratere”. Nella tarda serata di sabato 22 maggio le cose si sono bruscamente intensificate: grandi fratture si sono aperte nei fianchi rocciosi, facendo fuoriuscire la lava in rapido movimento verso Goma, una metropoli di oltre 1,5 milioni di persone che si trova a una decina di Km dal vulcano. “Paura e disperazione sono diventate compagne di vita quotidiana – racconta Asu-Oma Tabe Takang, una focolarina camerunese che vive a Goma e che abbiamo raggiunto – un incubo che, purtroppo, gli abitanti di questa città conoscono troppo bene”. A causa del rischio di una nuova eruzione, il governo provinciale ha chiesto agli abitanti di 10 quartieri della città di lasciare le loro case. L’UNICEF ha avvertito che duecentottantamila bambini sono tra le quattrocentomila persone che si prevede saranno sfollate e che hanno bisogno di protezione o sostegno. “La situazione non è ancora stabile – continua Asu-Oma – e si teme ancora una nuova eruzione. Noi viviamo in un quartiere definito come “non a rischio”, quindi siamo più tranquilli. Ci sono delle persone che sono venute a cercare rifugio”. Come state affrontando la situazione? Fin dai primissimi momenti di questa tragedia ci siamo lanciate la sfida: fare uno sforzo vivere “qui e ora”. Essere, cioè, consapevoli e attente a ciò che sta accadendo intorno a noi, non lasciarci distrarre dalla preoccupazione e dalla paura per poter aiutare chi aveva più bisogno. Come avete vissuto questa tragedia? Non riusciamo ancora ad uscire di casa come prima, c’è ancora tanta paura, anche se pian piano la vita sta riprendendo. Ma attraverso i mezzi di comunicazione siamo stati in contatto con amici, famigliari e tutti i membri dei Focolari nella regione. I primi momenti di questa tragedia sono stati duri per tutti, eravamo in agitazione, nell’incertezza. Ad un certo punto, qualcuno ha mandato un messaggio su uno dei nostri forums, ricordando l’esperienza di Chiara Lubich con le sue prime compagne durante la guerra. “Anche per Chiara erano tempi di guerra, ma avevano fatto una scoperta che aveva cambiato la loro vita: Dio è amore”. Questi messaggi erano arrivati come scintille che infondevano coraggio nelle persone, trasformando anche l’atteggiamento verso le nostre sofferenze, i nostri disagi, ma anche verso le persone attorno a noi, in particolare i più sofferenti. I nostri telefonini erano pieni di messaggi ed esperienze: una vera e propria catena di solidarietà. In che senso? Una catena di solidarietà è composta da piccoli atti di attenzione, gentilezza, tenerezza, di carità praticabili ovunque e da chiunque: chi ha dovuto lasciare la propria casa, ma anche chi ci è potuto rimanere. È stato grazie a questo sostegno che i nostri cuori, ma anche le nostre case sono diventate luoghi di accoglienza. Una mattina avevamo ricevuto dei messaggi di alcuni amici e conoscenti che erano preoccupati per noi, consigliandoci di lasciare la città. Abbiamo ricevuto una telefonata di una persona che doveva evacuare, perché il suo quartiere era ad alto rischio. Si preparava per uscire, ma non sapeva nemmeno dove andare. In questo momento ho fatto una riflessione: “Io sono al sicuro e sto pensando di andare via, mentre questa persona che deve lasciare la propria casa non ha dove andare?”. Ho raccontato alle focolarine questa mia riflessione e abbiamo deciso di rimanere in città per tutti quelli che avrebbero avuto bisogno di noi. Così abbiamo chiamato questa persona offrendo ospitalità in focolare a lei e ai suoi figli. Questi gesti semplici di attenzione stanno generando rapporti di reciprocità tra le persone, anche tra sconosciuti, facendoci sperimentare pace e serenità. Ad un certo punto non c’era più luce né acqua in città e il nostro portiere, che ci aveva confidato quanto fosse colpito, perché avevamo deciso di rimanere, ha fatto di tutto perché potessimo avere un po’ d’acqua. Per questo è andato da un vicino al quale ha detto: “…loro non possono restare senza acqua” e hanno fatto di tutto perché avessimo acqua in abbondanza! Il disastro ha colpito anche 17 villaggi… Sì, con la perdita di centinaia di case, scuole, centri sanitari e persino di un acquedotto. Ci sono state 37 vittime confermate, un numero che potrebbe aumentare nei prossimi giorni; alcune persone sono morte bruciate, altre a causa di incidenti stradali durante l’evacuazione caotica. In tutti questi giorni abbiamo cercato di star vicino e pregare con e per tutte le famiglie che hanno perso ogni cosa o i propri cari, come è successo a tre famiglie della nostra comunità dei Focolari che hanno perso tutto sotto la lava. Ci siamo chiesti cosa potevamo fare per alleviare almeno un po’ questo dolore. Così una persona della comunità ha offerto il suo terreno dove costruire temporaneamente una dimora per ciascuna di queste famiglie, che assicuri la convivenza delle famiglie e la loro intimità. Stiamo assistendo anche a momenti di grandissima generosità.