Movimento dei Focolari
Cambiamento climatico: ultima chiamata?

Cambiamento climatico: ultima chiamata?

EcoOne, iniziativa ecologica del Movimento dei Focolari, organizza l’Incontro internazionale “Nuove vie verso l’ecologia integrale: cinque anni dopo la Laudato Si’ ” che si terrà a Castel Gandolfo (Roma) dal 23 al 25 ottobre 2020. La storia del nostro pianeta è una storia di relazioni tra le sue parti. Concentriamoci su tre di esse: l’atmosfera, gli organismi viventi e l’umanità. 2,5 miliardi di anni fa, l’ossigeno non era presente nell’atmosfera e la vita umana non sarebbe stata possibile. Poi, grazie al piccolo contributo di innumerevoli e (apparentemente) insignificanti organismi unicellulari semplici e (apparentemente) insignificanti – i cianobatteri – l’aria si è arricchita di ossigeno fino ad assumere la sua composizione attuale. Questo è un esempio di un effetto positivo degli organismi viventi sull’atmosfera, almeno dal nostro punto di vista. Più recentemente, si è iniziato a formare il carbone dalle foreste morte (circa 350 milioni di anni fa) e il petrolio dai microrganismi morti (circa 100 milioni di anni fa). Grazie a questi processi, gli organismi viventi hanno sequestrato l’anidride carbonica dall’atmosfera. A partire dal XIX secolo, l’umanità ha bruciato in modo massiccio il carbonio e il petrolio, ripristinando l’anidride carbonica nell’atmosfera, causando alla fine il riscaldamento globale. In questo caso, l’effetto dell’uomo sull’atmosfera è negativo, sempre dal nostro punto di vista. L’11 settembre 2020 è stato pubblicato su Science, un’importantissima rivista scientifica, il seguente grafico che mostra che – se non si riducono le emissioni di gas serra – le calotte di ghiaccio continentali scompariranno entro il 2100 e quelle polari entro il 2300: il clima tornerà indietro di circa 50 milioni di anni. La Terra sopravviverà, ma le conseguenze sull’umanità possono essere gravi in termini di eventi meteorologici estremi, inondazioni, siccità e innalzamento del livello del mare: non abbiamo molto tempo per affrontare la sfida di ripristinare relazioni armoniose tra l’umanità e le altre parti del nostro pianeta. Ma perché continuiamo a bruciare combustibili fossili? Il motivo è stato spiegato da Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’ del 2015 e riassunto il 3 maggio 2019 nel suo discorso ad alcuni rappresentanti dell’industria mineraria: “La precaria condizione della nostra casa comune è stata in gran parte il risultato di un modello economico fallace che è stato seguito per troppo tempo. È un modello vorace, orientato al profitto, miope e basato sull’errata concezione di una crescita economica illimitata. Anche se spesso vediamo i suoi effetti disastrosi sul mondo naturale e sulla vita delle persone, siamo ancora resistenti ai cambiamenti”. EcoOne, iniziativa ecologica del Movimento dei Focolari, organizza l’Incontro internazionale “Nuove vie verso l’ecologia integrale”: Cinque anni dopo la Laudato Si’ ” che si terrà a Castel Gandolfo (Roma) dal 23 al 25 ottobre 2020 e che sarà trasmesso nelle principali lingue del mondo. Interverranno illustri relatori che illustreranno le sfide ambientali contemporanee che la scienza, la tecnologia, l’economia e la società si trovano ad affrontare, con l’obiettivo di contribuire al cambiamento auspicato da Papa Francesco, aprendo un dialogo transdisciplinare, interreligioso e multiculturale sulla cura della nostra casa comune. (Maggiori informazioni su come collegarsi all’incontro saranno aggiornate frequentemente su www.ecoone.org).

Luca Fiorani

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Chiara Luce Badano: più viva che mai

Che cos’ha da dire la giovane beata oggi ai giovani e a tutti noi che stiamo vivendo nelle sabbie mobili di questi tempi incerti generati dalla pandemia? L’abbiamo chiesto a Chicca Coriasco, storica migliore amica di Chiara Luce, a 10 anni dalla sua beatificazione e a 30 dalla morte. Il 25 settembre di 10 anni fa eravamo in venticinquemila dentro e soprattutto fuori dal santuario romano del Divino Amore a festeggiare la beatificazione di Chiara Badano. Quel giorno la santità è diventata qualcosa di più vicino ed accessibile per molti giovani (e non solo) di tutto il mondo, che hanno visto in questa diciannovenne italiana, allegra e profonda, capace di vivere e morire per Dio, un modello raggiungibile e imitabile. Oggi, a trent’anni dalla sua morte, avvenuta il 7 ottobre 1990, è impossibile calcolare quante persone abbiano “incontrato” Chiara Luce, basti pensare che esattamente un anno fa – e prima che la pandemia e il lockdown ci costringessero a forme alternative d’incontro e comunicazione – Maria Teresa Badano, la mamma di Chiara e Chicca Coriasco la sua migliore amica, si trovavano in Argentina. In 13 giorni hanno percorso oltre duemila chilometri, attraversato quattro regioni, facendo sì che più di 8.000 persone incontrassero Chiara Luce Badano.  A Chicca abbiamo rivolto alcune domande. A 30 anni dalla morte, Chiara Luce continua ad essere presente ed amata… Come ti spieghi questo seguito da parte di tanti giovani che non diminuisce ma va crescendo con il tempo? Chiara sapeva tirar fuori il meglio da chi aveva accanto, e con me ci riusciva sempre, così come con i suoi genitori. Penso che questa meraviglia continui a farla con chiunque entri in relazione con lei, anche oggi. Lei non ha mai fatto tanti discorsi o cose straordinarie, ma straordinario era quel detto a Dio attimo dopo attimo, un passetto per volta, nella semplicità: è quello che allora come oggi continua a conquistare e ad affascinare tanti, soprattutto i giovani. Puoi raccontarci qual è stato il momento più importante che hai vissuto con lei? Il patto che abbiamo fatto tra noi il 22 agosto del 1990. Ci siamo dette che la prima che sarebbe partita per il cielo avrebbe aiutato l’altra ad arrivarci, mentre chi restava, avrebbe cercato di colmare il vuoto lasciato dall’altra. A distanza di 30 anni posso dire che probabilmente c’era un disegno che si è svelato in scenari allora inimmaginabili, che hanno acquistato senso e realizzazione che continuano tutt’ora. Che cos’ha da dire oggi Chiara Luce ai giovani? Ogni tanto ho provato ad immaginarmi Chiara vivere in questo tempo… Probabilmente così come ha saputo fare nella sua vita, cioè senza mai ripiegarsi su sé stessa, guardando avanti con coraggio e determinazione, puntando sul bello che c’è anche oggi, nelle nuove occasioni che questo scenario sospeso ci fa scoprire. Chiara Lubich ci aveva detto che oltre alla sofferenza di Gesù sulla croce occorreva anche la nostra per cooperare alla costruzione di un mondo più unito: “Vivere per delle mezze misure – ci diceva – è troppo poco: Dio vi propone qualcosa di grande, a voi l’accettarlo”. È stata l’esperienza che ha fatto Chiara Luce e noi amici con lei. Più che mai queste parole di Chiara Lubich sono oggi attualissime e praticabili. Chi è Chiara Luce OGGI per te? È sempre presentissima in tutti gli aspetti della mia vita. Non so se sia soddisfatta di me, ma la sento vicina, e spero che continui ad aiutarmi a essere fedele ai miei ideali, che poi erano gli stessi suoi. Nel nuovo libro uscito un anno fa e curato dalla Fondazione, “Nel mio stare il vostro andare”, dove tanti testimoni diretti hanno raccontato della loro amicizia con Chiara Luce, di getto mi sono rivolta direttamente a lei: “Cara Chiara – le ho scritto – avrei una gran voglia di riabbracciarti e condividere con te tante sfide, sospensioni e intime scoperte. Ma a dirla tutta è già stato un po’ così in tutti questi anni (….) Continua ad accompagnarci, come sai fare tu, con i tuoi ‘tocchi’ e la tua presenza silenziosa, ma che c’è e c’è sempre stata, ci conto! TVB Chicca.” Quali sono gli appuntamenti che la Fondazione Chiara Badano ha in programma prossimamente? Quest’anno, per le restrizioni sanitarie imposte dalla pandemia non è possibile visitare la cameretta di Chiara.  Per i 10 anni della Beatificazione, abbiamo allora postato sul suo sito ufficiale (www.chiarabadano.org) un video che ripercorre quegli indimenticabili momenti. Per i 30 anni dalla sua “partenza”, invece, abbiamo prodotto un altro video che consenta di far rivivere, attraverso la voce dei testimoni, qualcosa degli ultimi giorni di Chiara. Il video è disponibile sul sito dal 7 ottobre 2020 dalle ore 4.10 (ora della sua partenza). Infine, il 25 ottobre, festa liturgica di Chiara Luce, si condividerà con Il Vescovo della Diocesi di Acqui e Attore della Causa di canonizzazione di Chiara, la celebrazione della Messa solenne, il Time Out al Camposanto alle ore 12, e la premiazione dei vincitori del Premio Chiara Luce Badano. Tutto si potrà seguire via streaming sul sito. Diversi anche gli eventi che si stanno organizzando nel mondo: la Fondazione si fa portavoce e canale di questa luce che brillerà in tanti luoghi del pianeta.

Stefania Tanesini

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Maria Voce: un appello per la fraternità

Il 3 ottobre scorso, durante il Collegamento CH – la video conferenza bimestrale che collega le comunità dei Focolari nel mondo – Maria Voce ha fatto un appello a tutti, chiedendo un impegno non da poco: vivere rapporti sul modello di quelli “trinitari” dove ognuno faccia emergere l’altro, trovando “la sua più profonda identità” e ponendo così le fondamenta per una società fraterna. La video-chiamata avveniva a poche ore dalla firma ad Assisi di “Fratelli tutti”, l’ultima enciclica di Papa Francesco. Non si poteva quindi non sentirsi chiamati in prima persona. Di seguito una sintesi dell’intervento della presidente dei Focolari. Domanda: Oggi, il Papa ad Assisi ha firmato l’enciclica con questo titolo bellissimo: “Fratelli tutti”. In un tweet ha scritto: “Lo sforzo per costruire una società più giusta implica una capacità di fraternità e uno spirito di comunione umana”. Ti ha sorpreso la scelta di questo argomento da parte del Papa? Maria Voce: Per niente! Perché è il bisogno più grande dell’umanità di oggi. Il Papa ha saputo farsene eco e con questa enciclica ha voluto metterci tutti insieme a cercare la risposta a questo bisogno dell’umanità. Viene da domandarsi però: “Cosa possiamo fare?” A questo punto vorrei rivolgermi proprio a tutti quelli che si sentono chiamati da Dio a fare qualcosa per rispondere e a farlo dandosi completamente, senza misura, senza paure. Tutti quelli che hanno trovato nel carisma dell’unità, nel carisma di Chiara Lubich, un aiuto, che ha fatto loro vedere che è possibile, che ha fatto loro fare l’esperienza concreta, vera, profonda dell’unità su questa terra; a tutti questi io vorrei dire: “Facciamolo insieme, facciamolo insieme!” Sì, abbiamo ricevuto un dono che ci ha permesso di farne l’esperienza. Ma questa chiamata alla fraternità, che per noi è la chiamata al “Che tutti siano uno” (Gv 17,21), all’unità, questa chiamata vorrebbe che sulla terra si vivesse come in cielo, come – lasciatemelo dire – nella Trinità – dove l’unità e la distinzione coesistono, dove ogni persona rispetta l’altra, ogni persona fa spazio all’altra, ogni persona cerca di fare emergere l’altro, ognuno cerca in un certo modo di perdere se stesso fino in fondo, perché l’altro possa esprimersi completamente. E in questo non si annulla, anzi manifesta la sua vera, la sua più profonda identità. Un’unità così grande ha un esempio solo: Gesù che ha saputo perdere completamente il suo essere Dio per farsi uomo e per condividere sulla croce – nel momento dell’abbandono – tutti gli abbandoni, tutti i dolori, tutte le angosce, tutte le sofferenze, tutti gli estremismi, tutte le vittimizzazioni, le lacerazioni che gli uomini di tutti i tempi, di ogni condizione vivono e hanno vissuto, e li ha fatti propri, con questo amore così grande che è riuscito a rifare, a ricostruire quell’unità che si era spezzata fra Dio e l’uomo, fra gli uomini tutti e anche con tutto il creato. Se riusciamo ad avere un amore così grande, possiamo testimoniare al mondo che questa unità c’è, che questa unità è possibile, che questa unità è già cominciata. Io vorrei che con tutti quelli che in questo momento mi ascoltano potessimo essere per il Papa una prima risposta già avviata e che gli dessimo consolazione e speranza, perché qualche cosa è già cominciato. Che fossimo tutti insieme, noi, piccolo gruppo che si ispira al carisma ricevuto da Chiara Lubich, un principio, una particella piccola ma efficace di quel lievito che penetra nell’umanità e che la può trasformare in un mondo nuovo. Io vorrei prendere questo impegno insieme a tutti voi. Io ci sto, io voglio mettercela tutta, e invito tutti quelli che vogliono a fare altrettanto!

A cura di Stefania Tanesini

Qui l’edizione integrale del Collegamento CH. (altro…)

Chiara Lubich: La fratellanza universale

L’8 maggio 2004 a Stoccarda, in Germania, Chiara aveva davanti a sé circa 9000 persone nel primo appuntamento di “Insieme per l’Europa”. Un momento storico, in cui ha offerto la chiave per costruire la pace del continente-mosaico che è l’Europa e nel mondo intero: costruire brani di fraternità universale. La fratellanza universale è ed è stata un’aspirazione profondamente umana presente, ad esempio, in grandi anime. Martin Luther King rivelava: “Ho un sogno: che un giorno gli uomini (…) si renderanno conto che sono stati creati per vivere insieme come fratelli (…); e che la fratellanza (…) diventerà l’ordine del giorno di un uomo di affari e la parola d’ordine dell’uomo di governo.”2 Il Mahatma Gandhi, a proposito di sé, affermava: “La mia missione non è semplicemente la fratellanza dell’umanità indiana. (…) Ma, attraverso l’attuazione della libertà dell’India, spero di attuare e sviluppare la missione della fratellanza degli uomini.”3 La fratellanza universale è stata anche il programma di persone non ispirate da motivi religiosi. Il progetto stesso della Rivoluzione francese aveva per motto: “Libertà, uguaglianza, fraternità”. Ma, se poi numerosi Paesi, nel costruire regimi democratici, sono riusciti a realizzare, almeno in parte, la libertà e l’uguaglianza, non è stato certo così per la fraternità, più annunciata che vissuta. Chi invece ha proclamato la fraternità universale, e ci ha dato il modo di realizzarla, è stato Gesù. Egli, rivelandoci la paternità di Dio, ha abbattuto le mura che separano gli “uguali” dai “diversi”, gli amici dai nemici, e ha sciolto ciascun uomo dalle mille forme di subordinazione e di schiavitù, da ogni rapporto ingiusto, compiendo, in tal modo, un’autentica  rivoluzione, esistenziale, culturale e politica. Molte correnti spirituali, poi, nei secoli, hanno cercato di attuare questa rivoluzione. Una vita veramente fraterna fu, ad esempio, il progetto audace e ostinato di Francesco d’Assisi e dei suoi primi compagni4, la cui vita è un esempio mirabile di fraternità che abbraccia, con tutti gli uomini e le donne, anche il cosmo, con fratello sole e luna e stelle. Lo strumento che Gesù ci ha offerto per realizzare questa fraternità universale è l’amore: un amore grande, un amore nuovo, diverso da quello che abitualmente conosciamo. Egli infatti – Gesù – ha trapiantato in terra il modo di amare del Cielo. Questo amore esige che si ami tutti, non solo quindi i parenti e gli amici; domanda che si ami il simpatico e l’antipatico, il compaesano e lo straniero, l’europeo e l’immigrato, quello della propria Chiesa e quello di un’altra, della propria religione e di una diversa. […] Quest’amore chiede che si ami anche il nemico e che lo si perdoni qualora ci avesse fatto del male. […] Quello di cui parlo è, dunque, un amore che non fa distinzione e prende in considerazione coloro che stanno fisicamente accanto a noi, ma anche quelli di cui parliamo o si parla, coloro ai quali è destinato il lavoro che ci occupa giorno per giorno, coloro di cui veniamo a conoscere qualche notizia sul giornale o alla televisione. Perché così ama Dio Padre, che manda sole e pioggia su tutti i suoi figli: sui buoni, sui cattivi, sui giusti e sugli ingiusti (cf Mt 5,45). Una seconda esigenza di quest’amore è che si ami per primi. L’amore portato da Gesù in terra è infatti disinteressato, non aspetta l’amore dell’altro, ma anzi prende sempre l’iniziativa, come Gesù stesso ha fatto dando la vita per noi quando eravamo ancora peccatori e quindi non amanti. […] L’amore portato da Gesù non è poi un amore platonico, sentimentale, a parole, è un amore concreto, esige che si scenda ai fatti, e ciò è possibile se ci facciamo tutto a tutti: ammalato con chi è ammalato; gioiosi con chi è nella gioia; preoccupati, privi di sicurezza, affamati, poveri con gli altri. E, sentendo in noi ciò che essi provano, agire di conseguenza. […] Quando poi questo amore è vissuto da più persone, esso diventa reciproco ed è quello che Gesù sottolinea più di tutto: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 13, 34); è il comandamento che egli dice suo e “nuovo”. A questo amore reciproco non sono chiamati solo i singoli, ma anche i gruppi, i Movimenti, le città, le regioni e gli Stati. I tempi attuali domandano, infatti, ai discepoli di Gesù di acquistare una coscienza “sociale” del cristianesimo. E’ più che mai urgente e necessario che si ami la patria altrui come la propria: […] Questo amore, che raggiunge la sua perfezione nella  reciprocità, esprime la potenza del cristianesimo perché attira su questa terra la stessa presenza di Gesù fra noi uomini e donne. Non ha forse egli detto: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, ivi sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20)? E non è questa sua promessa una garanzia di fraternità? Se egli, il fratello per eccellenza, è con noi, come potremmo infatti non sentirci fratelli e sorelle gli uni degli altri? […] Che lo Spirito Santo aiuti tutti noi a formare nel mondo, lì dove siamo, brani  di fraternità universale sempre più estesi, vivendo l’amore che Gesù ci ha portato dal Cielo.

Chiara Lubich

2 Cf MARTIN LUTHER KING, Discorso della Vigilia di Natale 1967, Atlanta, cit. in Il fronte della coscienza, Torino 1968. 3 M.K. GANDHI, Antichi come le montagne, Milano 1970, p.162. 4 Cf card. R. Etchegaray, Omelia in occasione del Giubileo della Famiglia francescana, in «L’Osservatore Romano», 12 aprile 2000, p.8. https://vimeo.com/464141004 (altro…)

Siria: il pericolo del lavoro minorile

Dieci anni di guerra, i limiti dovuti all’embargo e la pandemia da Coronavirus, hanno imposto alla popolazione siriana delle condizioni di vita al limite della povertà favorendo il riemergere del fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile. “Dopo quasi una settimana di quarantena sono rimasta sorpresa al vedere uno dei nostri studenti vendere verdura in auto”. Dall’esperienza di una delle insegnanti del doposcuola “Generazione di speranza” di Homs, del programma “Emergenza Siria”, nasce l’attenzione verso il fenomeno in crescita dello sfruttamento del lavoro minorile. Secondo quanto riportato dai nostri operatori, in passato si conoscevano alcuni casi in cui gli adolescenti venivano impiegati in lavori manuali, ma oggi, è diminuita l’età dei ragazzi impiegati per la vendita di verdure ai mercati oppure come operai, barbieri, camerieri nei fast food o in fabbrica. Quando vengono interpellati i genitori, le risposte sottolineano come questa pratica sia quasi inevitabile viste le condizioni economiche e la grande incertezza sul futuro. Alcuni ritengono che oggi sia più importante imparare un lavoro invece di stare a casa (a causa della pandemia) oppure spiegano come quelle attività siano necessarie per aiutare il bilancio famigliare, non più sostenibile con il solo lavoro, spesso saltuario, dei genitori. Durante la quarantena imposta per fronteggiare il Covid19, gli operatori e gli insegnanti del doposcuola di Homs si sono impegnati a seguire i ragazzi anche a distanza, nonostante non sia sempre stato agevole: molti vivono in case affollate e la disponibilità di dispositivi digitali e della rete non è alla portata di tutti. Questo distacco ha alimentato la fragilità dei ragazzi e la scelta da parte dei genitori di impiegarli in questi lavori. Per questa ragione nel breve periodo di ripresa, a luglio, il doposcuola di Homs ha organizzato alcuni incontri per indagare il fenomeno e far capire quanto sia importante preferire l’istruzione al lavoro minorile, anche in condizioni di gravi difficoltà economiche. Da quegli incontri è emerso che i bambini pur non volendo lavorare, sentono la responsabilità di contribuire alle spese famigliari oltre al timore che i datori di lavoro, di fronte a un loro rifiuto, possano danneggiare i genitori. Il centro è stato nuovamente chiuso a causa dell’espandersi del Coronavirus, ma, appena possibile, operatori e insegnati riprenderanno il loro lavoro consapevoli di quanto questo possa contribuire a combattere la pratica del lavoro minorile e garantire ai ragazzi di Homs il supporto per ricevere l’istruzione adeguata per costruire il loro futuro.

 Dal sito Amu – Azione per un mondo unito

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Myriam, martire della pace

Il suo sorriso, la sua gioia di vivere, il suo impegno per la giustizia e la pace. Queste sono le parole che continuano a tornare per evocare Myriam Dessaivre, 26 anni, che ha perso la vita domenica 9 agosto in Niger.  Con lei sono stati uccisi altri cinque giovani francesi oltre all’autista e guida nigeriana che li ha accompagnati quel giorno a visitare la riserva delle giraffe a Kouré, situata 60 km a sud-est della capitale Niamey. I giovani francesi erano in missione umanitaria con l’ ONG Acted in un Paese che soffre di crisi multiple, all’ultimo posto in termini di sviluppo umano. Laureata in comunicazione e informazione presso l’istituto cattolico di Tolosa e master in studi sulla pace alla Paris-Dauphine, Myriam, martire per la pace, si è specializzata nella risoluzione dei conflitti politici. Il tema della sua tesi di laurea è “Lo Stato colombiano e le Farc: verso una possibile riconciliazione?”. La sua formazione si stava sviluppando anche sul campo poiché lavorava in Colombia, Tunisia e Ciad. Il 18 giugno 2016 ha illustrato la sua scelta di studi durante il consiglio nazionale dell’associazione Mouvement de la paix. Aveva allora 21 anni. Siamo colpiti dalla forza delle sue parole e dalla risonanza che assumono oggi. Citiamo il suo intervento al termine di questo articolo. “Personalmente, ho l’impressione che una parte crescente della nostra generazione voglia promuovere la pace. Poi penso che anche i social network aiutino questa tendenza: non solo per la profusione di cattive notizie, ma si nota comunque un aumento di una sorta di “solidarietà globale”. L’indignazione per gli orrori attuali (attacchi terroristici, guerre in Medio Oriente, carestia) viene trasmessa istantaneamente sui social network, e ci troviamo direttamente colpiti da questa notizia, arrivando addirittura a dirci “Quando ci vado? ” Ecco perché non mi sorprende che sempre più di noi vogliano intraprendere professioni di pace, forse semplicemente per darci i mezzi per vivere in un mondo migliore.” Questo mondo migliore, aveva imparato a costruirlo anche grazie alla spiritualità dei Focolari e al suo impegno con i giovani del Movimento. Suo padre, Jean-Marie, morto nel 2014, era un volontario. “Era la mia migliore amica”, dice Sophie, sconvolta. “L’ho conosciuta quando avevo 13 anni durante una Mariapoli a Lourdes. Potresti ridere di tutto e di più con lei”, dice. “Aveva grandi convinzioni e difendeva i valori della pace e della giustizia sociale. Non era un lavoro facile ma lei era appassionata, al suo posto, realizzata”, testimonia l’amica. “Mi scalda il cuore sapere che per quanto ingiusta, terribile e violenta sia stata la sua morte, non è stata priva di significato. Ha dato la sua vita per quello che credeva fosse giusto. ” Un altro amico, Carl, vedeva Miriam “come una persona radiosa, umile e bella che ha dato la sua vita al servizio della vita, della pace, degli altri”. Per lui questo è il significato della sua morte: “Mi rendo conto che per tutta la sua vita ha costruito un messaggio che ci viene consegnato grazie alla sua partenza per il paradiso. È il martirio del male che in un modo o nell’altro ognuno di noi si nutre quotidianamente di cattive azioni e/o inazione.” “Myriam ha realizzato il suo sogno, la sua passione unendo la sua esperienza e il suo impegno sul campo”, condivide Anne-Marie, una focolarina che la conosceva. “È diventato evidente ai 120 rappresentanti Gen di tutto il mondo, riuniti per un congresso online dal 7 al 14 agosto, che Miriam sarà il prezioso angelo custode del Progetto #Daretocare (osare e prendersi cura) finalizzato a promuovere tutte le iniziative sulla cittadinanza attiva nei settori della giustizia sociale, politica ed economia.” Per Anne-Marie, “è come se ora ci dicesse: ‘Avanti! Non caricarti di cose inutili!”

 Emilie Tévané, per Nouvelle Cité

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Chiamati al dialogo

La via d’eccellenza per superare divergenze di qualsiasi tipo e creare comunione ed unità è – come insegna Chiara Lubich – il dialogo. Lo possiamo vivere anche quando dobbiamo dedicarci a noi stessi. Siamo tutti chiamati a rispecchiare in noi la Santissima Trinità, dove le tre divine Persone sono in eterno dialogo, eternamente uno ed eternamente distinte. ln pratica, per tutti noi significa che ogni qual volta abbiamo da fare con uno o più fratelli o sorelle, direttamente o indirettamente – per telefono o per scritto, o in quanto ad esso e a loro è finalizzato il lavoro che facciamo, le preghiere che eleviamo – ci sentiamo tutti in perpetuo dialogo, chiamati al dialogo. Come? Aprendoci ad ogni prossimo, ascoltando con l’animo vuoto cosa egli vuole, cosa dice, cosa lo preoccupa, cosa desidera. E, quando ciò è avvenuto, subentrare noi col dare quanto è desiderato, e quanto è opportuno. E se ho momenti ed ore dove devo dedicare a me stessa (per mangiare, riposare, vestirmi, ecc.), fare ogni cosa in funzione dei fratelli, delle sorelle, tenendo sempre presenti coloro che mi attendono. In tal modo e solo in tal modo, con un continuo vivere la “spiritualità dell’unità” o “di comunione”, posso concorrere efficacemente a fare della mia chiesa “una casa ed una scuola di comunione”; a far progredire, con i fedeli delle altre chiese o comunità ecclesiali, l’unità della Chiesa; col realizzare, con persone d’altre religioni e culture, spazi sempre più vasti di fraternità universale.

Chiara Lubich

Tratto da: Chiara Lubich, Chiamati a rispecchiare la Trinità, in: Città nuova, 5/2004, pag. 7. (altro…)

Vangelo vissuto: l’amore è la parola più eloquente

Gesù annuncia liberamente il suo messaggio a uomini e donne, di diversi popoli e culture, accorsi per ascoltarlo; è un messaggio universale, rivolto a tutti e che tutti possono accogliere per realizzarsi come persone, create da Dio Amore a sua immagine. Una tragedia condivisa Diversi anni fa, con le nostre quattro figlie, ci siamo trasferiti dal Libano in guerra in Tasmania, dove abbiamo faticato a integrarci in un mondo tanto diverso dal nostro: la gente di qui, infatti, è molto riservata e la famiglia “nucleare” contrasta con quella “allargata” del nostro Paese. Nei primi tempi dopo il nostro arrivo, un collega di mio marito ha perso il suo bimbo di due anni in un incendio; da allora, con la moglie, rifiutava di ricevere visite e incontrare gente, rimanendo quasi segregato in casa. Non capivamo questo loro atteggiamento, perché da noi le tragedie vengono condivise, e ci chiedevamo come amarli, prendendo anche su di noi quel dolore. Così, per alcune settimane, ho cucinato per loro ogni giorno, lasciando il cibo fuori della porta con un bigliettino, senza disturbare. Finalmente quella porta si è aperta e da allora tra noi e loro è nato un rapporto di amicizia. Col tempo ci siamo fatti altri amici che ci arricchiscono con la loro cultura. E a casa nostra ormai c’è sempre qualcuno che viene a trovarci, un po’ come in Libano. (Carole – Australia) Inculturazione Per entrare nella pelle dell’altro è importante parlare la sua lingua. Ma non necessariamente. Lo vedo con tante persone che ho curato (sono medico) e con le quali è rimasto un rapporto, è passato un messaggio. Una volta, in Camerun, ho chiesto consiglio a un anziano del posto per immedesimarmi nella sua gente. E lui: “Se tu ami col cuore veramente, gli altri capiscono. Basta amare”. Mi riportava all’essenziale del Vangelo ed era la conferma che condividere sofferenze e gioie degli altri viene prima di tutto. Se poi riesco ad approfondire anche la lingua e i costumi locali, tanto meglio… In ogni luogo, l’amore è la parola più eloquente per esprimere la paternità di Dio. (Ciro – Italia) L’appoggio per non mollare Dopo il divorzio avevo continuato a incontrarmi con i figli. Ma col tempo, da parte della mia ex moglie, aumentavano i ricatti, le pretese, le accuse… Temevo che avesse dei consiglieri che non l’aiutavano veramente. La prova più dolorosa fu quando anche i figli, soprattutto la maggiore, cominciarono ad accusare me di aver rovinato la loro vita. Non sapevo più cosa fare. Ogni nostro incontro era diventato un inferno. Un grande aiuto mi venne da un sacerdote amico, che mi suggerì di amare a fondo perduto, senza aspettarmi niente. Sulla sua parola volli tentare, per alcuni mesi. Quando mia suocera si ammalò e fu costretta a letto, mi premurai non solo di andare a trovarla spesso, ma di alleggerire in tutti i modi il suo nuovo stato. Un giorno, stavo appunto facendole compagnia e arrivò mia figlia. Trovò la nonna serena e divertita mentre sistemavamo dei vecchi album di foto. Qualcosa dovette cambiare in lei perché la sera stessa mi telefonò per chiedermi perdono. È dura la scalata, ma ogni volta che provo ad amare trovo l’appoggio per non mollare. (V.J. – Svizzera) Coloured Mio marito Baldwyn ed io siamo coloured, razza meticcia che spesso soffre di una gravissima emarginazione. Mia madre era africana, mio padre indiano. Rimasta orfana di lui dopo la nascita, con mia madre ero andata a vivere presso i suoi parenti neri, dove ero stata educata nelle loro tradizioni. Ma col passare degli anni mi ero resa conto di essere diversa e soffrivo nel sentirmi derisa. Quando Baldwyn ed io abbiamo deciso di sposarci, scoprire che non ero registrata da nessuna parte e che quindi io per lo Stato non esistevo è stato un colpo per me: di nuovo mi sentivo rifiutata! In quel periodo così difficile le circostanze ci hanno portati a conoscere diverse famiglie cristiane, bianche e nere: appartenevano al Movimento Famiglie Nuove e non facevano differenze di razza. In quell’ambiente per la prima volta mi sono sentita a mio agio, accolta per quella che ero. L’attenzione di quelle persone nei miei riguardi mi ha fatto scoprire che Dio mi amava. Sono riuscita ad accettare me stessa con le mie differenze e pure gli altri. Sono diventata libera. (Gloria – Sud Africa)

a cura di Stefania Tanesini

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020) (altro…)

Dalla cultura della fiducia al primato delle relazioni

Ad un gruppo di focolarini, il 19 settembre scorso Maria Voce ha raccontato quanto le sta a cuore in questo momento. Riportiamo stralci di questo discorso spontaneo.

L’ha definito “un passo nuovo” e lo sta comunicando alle comunità dei Focolari nel mondo. Ciò che ora sta più a cuore alla presidente dei Focolari Maria Voce potrebbe essere riassunto in una parola: “relazioni”. Un nuovo invito che sembra dar compimento ad una parabola iniziata 12 anni fa, nei primissimi giorni del suo insediamento alla presidenza dei Focolari, quando ha invitato tutti a vivere secondo la “cultura della fiducia”, per costruire con impegno relazioni generatrici di una convivenza sociale pacifica e rispettosa delle diversità. Oggi, al termine del suo secondo mandato, a pochi mesi dall’assemblea dei Focolari e in un tempo segnato profondamente da questa lunga crisi pandemica ed economica, Maria Voce torna su uno dei temi chiave della sua presidenza: la centralità delle relazioni, viste nell’ottica del carisma di Chiara Lubich. Un invito, ancora una volta, a lavorare in rete e in comunione con quanti – singoli, comunità e organizzazioni – puntano nella stessa direzione, quella della fraternità. “Mi è risultato tanto forte questo pensiero: che Chiara nel ’43 si trovava di fronte a questo mondo disastrato, dove tutto crollava, e Dio le diceva: non è vero che tutto crolla. C’è una cosa che non crolla: è Dio, Dio solo! E Chiara cos’ha fatto? È andata fuori a dire: c’è Dio, Dio ci ama, questo Dio è al di là della guerra. Questo era quello di cui c’era bisogno in quel momento. Gesù è venuto sulla terra e non è venuto da solo, perché sicuramente dove c’era Gesù, che era il Figlio di Dio, c’era tutta la Trinità. Quindi è venuto Dio Trinità sulla terra per farci la strada, per insegnarci a vivere alla loro maniera. E a fare che cosa? A trasformare il mondo. Ma questo che cosa significa? Significa rapporti, significa relazioni, significa uguaglianza, significa ascolto reciproco, significa l’uno nell’altro, l’uno perdersi per l’altro. Stamattina pensavo a questo e dicevo: lui è venuto sulla terra e cosa ha fatto? Passeggiava per le vie della Galilea, e cosa ha trovato? Un funzionario probabilmente corrotto che riscuoteva le tasse; ha trovato un ragazzo giovane affascinato da queste parole che lui diceva; ha trovato un piccolo imprenditore, Pietro, che aveva la barca. E li ha chiamati, e ha avuto il coraggio di trasformarli nei suoi apostoli, che vuol dire in persone inviate per continuare a portare il suo messaggio fino agli ultimi confini della terra. Poi chi altri ha trovato? Ha trovato gente di tutti i tipi, ha trovato la peccatrice, ha trovato il morto, ha trovato quelli che avevano fame, e che cosa ha fatto? Ha moltiplicato i pani, ha fatto risuscitare i morti, cioè si è occupato dei bisogni degli altri, stando in mezzo agli altri. Poi è arrivato addirittura a trascinare dietro di sé questa folla che lo seguiva. Che cosa vuol dire questo? Lui ha fatto la comunità, cioè ha fatto una comunità capace di ascoltare gli altri, di accorgersi che parlavano un’altra lingua, però di sentirli nella loro lingua. Che cosa vuol dire? Capaci di accogliersi fino in fondo, capaci di comprendersi anche quando uno parla diversamente, capace di accettarsi fino in fondo. Ha trasformato questa gente nella sua fraternità, nella sua comunità, e li ha messi a vivere la solidarietà fra di loro, perché quando avevano fame ha detto: “Dategli voi da mangiare”; quando ha guarito quell’altra che stava male con la febbre, ma poi l’ha messa a servire; la bambina che ha risuscitato l’ha ridata alla famiglia in modo che la famiglia potesse occuparsene. Cioè, non ha distrutto niente di quello che c’era, ma li ha trasformati! E che cosa dobbiamo fare noi? Dobbiamo trasformare il mondo, essendo noi questo Gesù. Dobbiamo portare questi rapporti trinitari. E non c’è altra strada se non scegliere Gesù abbandonato, che vuol dire sapersi perdere l’uno nell’altro, saper fare emergere l’altro. Allora Dio Padre continuerà a creare cose nuove, e lo Spirito Santo continuerà ad illuminarci”.

A cura di Stefania Tanesini

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Giovani: nuove idee grazie al web

Giovani: nuove idee grazie al web

Una scuola di formazione internazionale svolta interamente on line a causa del Covid con metodologie nuove e la partecipazione di 115 Gen 2, i giovani dei Focolari, di 18 nazioni. Un laboratorio replicato in vari punti del mondo. Può l’emergenza Covid fermare il nostro impegno a realizzazione un mondo più unito e la possibilità di farlo insieme? Una domanda che, in questi mesi, non ha lasciato in pace tanti Gen 2, i giovani del Movimento dei Focolari, insieme ai loro formatori. E così, se la pandemia ha impedito loro di viaggiare da un Paese all’altro o addirittura di uscire di casa, le nuove tecnologie hanno permesso ai giovani di continuare a lavorare per la pace e l’unità del mondo, anzi hanno favorito la nascita di iniziative nuove e originali, tutte rigorosamente via web. E così, guardando gli appuntamenti internazionali fissati da tempo, i giovani dei Focolari hanno deciso di non cancellare neppure l’annuale scuola internazionale di formazione per responsabili dei gruppi giovanili prevista per agosto 2020 in Italia, ma di farla, appunto, online. Certo, è stato necessario un po’ di lavoro in più per trasformare i programmi dei 10 giorni di scuola, adattarli alla modalità di formazione via web e cercare piattaforme e app che permettessero momenti di ascolto e approfondimento, ma favorissero anche momenti di comunione, tutti insieme e in piccoli gruppi. E’ nata così la “Scuola internazionale 2020” con un format tutto nuovo. Vi hanno partecipato 82 giovani e 33 adulti formatori di 38 nazioni e 16 lingue. “Imparare a lavorare online è una cosa positiva che ci ha lasciato il Covid – ha detto uno dei partecipanti dell’Argentina – anche perché facilita la partecipazione di chi, per motivi economici o di tempo, non aveva mai fatto e non sarebbe riuscito a fare un’esperienza internazionale spostandosi fisicamente”. La scuola dal titolo “Come in cielo così in terra” è stata incentrata su tematiche di carattere spirituale e di attualità, quali la pace, l’impegno sociale e la cittadinanza attiva, approfondite alla luce del carisma di Chiara Lubich. Uno dei focus è stato: “Dare to Care” (Osare prendersi cura), tema centrale del percorso (Pathways) che i giovani, con tutto il Movimento dei Focolari, si sono impegnanti a mettere in pratica. Ogni anno al percorso di Pathways è associato un colore: quest’anno è il nero che Chiara Lubich aveva legato all’impegno politico, civile e sociale per il bene comune. E, come il nero fa da sfondo a tutti gli altri colori, questo impegno è lo sfondo su cui risaltano i vari ambiti della quotidianità: la famiglia, la società, la scuola. Si è partiti da scritti della Lubich, poi esperienze di testimoni impegnanti in ambito politico e sociale; esperti come il teologo Padre Fabio Ciardi, membro della Scuola Abbà, il centro studi del Movimento dei Focolari; Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani; Daniela Ropelato e Antonio Maria Baggio, docenti dell’Istituto universitario Sophia di Loppiano (Italia). “Siete gente che ha deciso di donare la vita – sono state le parole conclusive di Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari e del Copresidente Jesús  Morán – in questa scuola avete fatto la prova nel vostro laboratorio. Ora il laboratorio finisce, adesso si va a vivere”. E adesso questo scuola, insieme all’impegno di vita che porta con sé, si sta diffondendo e moltiplicando: i 100 partecipanti si sono fatti promotori di altre edizioni di essa in dieci diversi punti del globo.

Letizia Spano

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