Set 19, 2020 | Cultura
Trento, città natale di Chiara Lubich, ospiterà prossimamente un convegno dedicato ad approfondire il valore dei testi, parlati e scritti, della fondatrice dei Focolari dal punto di vista linguistico e letterario. L’evento, che si svolge nel Centenario della nascita della Lubich, è coordinato da un gruppo di studio e ricerca internazionale e potrà essere seguito via web.

© CSC Audiovisivi
Non solo parole, ma scrigni capaci di offrire nuove comprensioni del carisma di Chiara Lubich. L’analisi del linguaggio della fondatrice dei Focolari, nei suoi testi parlati e scritti, è, da alcuni anni, al centro del lavoro di un Gruppo internazionale di studio e ricerca di Linguistica, Filologia e Letteratura che fa parte della Scuola Abbá del Movimento dei Focolari. Il Gruppo, insieme al Centro Chiara Lubich, è tra l’altro promotore del convegno che si svolgerà a Trento dal 24 al 27 settembre 2020 dal titolo “Chiara Lubich in dialogo con il mondo. Un approccio linguistico, filologico e letterario ai suoi scritti” Ne parliamo con la coordinatrice, Anna Maria Rossi, linguista, docente, collaboratrice del Centro Chiara Lubich, una delle curatrici della mostra “Chiara Lubich Città Mondo” presso le Gallerie di Trento (Italia). Come mai la scelta per questo convegno di un titolo che metta l’accento sull’essere “in dialogo con il mondo” della Lubich? È una scelta nata spontaneamente dall’esperienza di dialogo fra gli studiosi e le studiose del gruppo di ricerca che lo promuove. Essi esprimono ambiti disciplinari, età, provenienze culturali, geografiche e sociali molto diverse. Attingendo al messaggio e alla testimonianza di Chiara Lubich nella nostra vita e nel nostro lavoro, sperimentiamo la ricchezza e la fecondità del dialogo, dell’apertura all’altro e della valorizzazione delle diversità. A questo proposito i discorsi e gli scritti di Chiara sono una fonte molto preziosa, che merita uno studio attento. Ci pare poi che nel contesto in cui viviamo oggi, in un mondo sempre più connesso ma che a volte fatica a trovare parole che siano in grado di costruire un tessuto di relazioni vere, la tematica del dialogo a tutto tondo sia particolarmente attuale. Le tematiche che saranno affrontate nel convegno sono varie, toccheranno diversi ambiti e saranno approfondite da studiosi di varie parti del mondo. Quali secondo lei i contributi più originali e innovativi che questo convegno porterà per la comprensione del pensiero e del carisma di Chiara Lubich? Gli scritti di autrici e autori che possiamo considerare maestri di spirito, come ad esempio le mistiche e i mistici, specie di quelli contemporanei, sono spesso visti solo come testi di edificazione spirituale. In realtà sono opere di grande valore letterario, testimonianze di una lingua viva, creativa, coraggiosa. Sono scritti che meritano di essere studiati e resi accessibili ad un pubblico vario, non per forza religioso, ma che si lascia toccare dalla bellezza e dai valori. La parola di Chiara, parlata o scritta, i suoi testi e i suoi discorsi sono espressione di una capacità molto spiccata di entrare in relazione con l’altro e di donare il suo pensiero e le sue ispirazioni in modo semplice, comprensibile a tutti, e allo stesso tempo letterariamente efficace. I più recenti studi nel campo linguistico mettono in luce poi come non solo la realtà costruisce il linguaggio, ma anche il linguaggio, le parole che usiamo, costruiscono la realtà. Non è difficile constatarlo anche nella vita quotidiana: parole d’odio, escludenti, offensive sono in grado di creare una società chiusa, violenta, aggressiva. Chiara ha sempre usato un linguaggio capace di costruire ponti, di aprire nuove comprensioni, di raggiungere ogni persona, ogni popolo. Non per niente i suoi scritti sono tradotti nelle lingue più varie, anche questo segno di un pensiero e di una parola capace di abbracciare tutto il mondo. E’ la prima volta che si realizza un convegno di questo tipo? No, questo evento vuole essere in continuità con un convegno che si è tenuto a Castel Gandolfo (Italia) nel 2015, il cui titolo, ispirato a una espressione di Chiara Lubich, era: “il dire è dare”. La parola intesa come ‘dono’ e principale costruttrice di relazioni ha suscitato le riflessioni di ricercatori e ricercatrici appartenenti a vari campi in ambito umanistico, raccolte ora nella pubblicazione edita da Città Nuova “Il dire è dare. La parola come dono e relazione nel pensiero di Chiara Lubich”. A distanza di cinque anni abbiamo pensato di dare seguito a quell’iniziativa, per presentare ulteriori studi in ambito linguistico e letterario, basati sui testi, sul pensiero e sul suo carisma. Questo incontro doveva tenersi in aprile 2020 nell’ambito degli eventi per il Centenario della nascita di Chiara Lubich, ma è stato annullato a causa del lockdown. Può dirci come si svolgerà ora? In seguito alla pandemia abbiamo sospeso ogni attività in pubblico, senza perdere la speranza di realizzare ugualmente l’evento nell’anno del Centenario di Chiara, pur con modalità diverse. In effetti ora – grazie alle nuove modalità di comunicazione – ci troviamo in una situazione che, paradossalmente, favorisce una partecipazione più ampia. In accordo con la Fondazione del Museo storico del Trentino, che ospita l’evento presso le Gallerie di Trento, possiamo accogliere in sicurezza una cinquantina di persone in presenza. Si potrà però seguire il convegno attraverso un collegamento zoom, richiedendo il link alla Segreteria organizzativa (studi_linguistici@centrochiaralubich.org.) In questo modo parteciperanno persone da varie parti del mondo: abbiamo già ricevuto iscrizioni da Messico, Brasile, Venezuela, Taiwan. Le relazioni saranno tradotte simultaneamente in portoghese e inglese. Speriamo che sia veramente un’occasione di “dialogo con il mondo”.
a cura di Anna Lisa Innocenti
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Set 17, 2020 | Testimonianze di Vita
Gesù rivela la novità del Vangelo: il Padre ama ogni suo figlio personalmente di amore “traboccante” e gli dona la capacità di allargare il cuore ai fratelli. Sono parole pressanti ed esigenti: dare del nostro; beni materiali, ma anche accoglienza, misericordia, perdono, con larghezza, ad imitazione di Dio. Latte in polvere In una città satellite vicino a Brasilia, c’è un quartiere molto povero dove da anni portiamo non solo aiuti materiali, promozione umana, ma proviamo anche a diffondere la buona notizia di Gesù. Stupisce sempre vedere come queste persone scoprono l’amore di Dio e cominciano ad aiutarsi fra loro, dividendo quel poco che hanno con chi ha di meno. Offrono persino la propria baracca. Fedele al “date e vi sarà dato”, una signora alla quale avevamo consegnato del latte in polvere per i suoi bambini ci raccontava di averlo condiviso con la sua vicina che non aveva niente da dare ai suoi figli. Lo stesso giorno, con sua sorpresa e gioia, ha ricevuto altro latte in polvere. (H.I. – Brasile) La ferita In certe feste do ai miei quattro figli una quota per comperare dei regali ai bambini poveri. Quest’anno il figlio minore mi ha chiesto altri soldi: aveva saputo che il padre era disoccupato e non poteva fare regali ai figli avuti da un’altra donna. Per me è stata una doccia fredda. Mio marito ci aveva abbandonati da anni e dentro la ferita era rimasta. Quella notte ho pianto tanto, mi sentivo tradita anche dai miei ragazzi. Ma forse ero io che sbagliavo e il più piccolo mi stava dando una lezione. La mattina seguente gli ho aumentato la quota. Tempo dopo i miei figli mi hanno chiesto di aiutare il padre a trovare un lavoro. Era il colmo. Proprio loro che non avevano mai ricevuto un regalo da lui ora chiedevano questo a me! Nonostante i ricordi dolorosi, capivo che dovevo mettere in pratica il comando di Gesù di amare i nemici. Mi è costato ma ce l’ho fatta. Indescrivibile la gioia che ho visto nei ragazzi. Ho ringraziato Dio per la loro generosità ma anche perché mi avevano dato occasione di togliere dal cuore un risentimento che mi torturava da anni. (C.C. – Colombia) Licenziamento Quando, mesi fa, l’importante compagnia di computer presso cui lavoro ha annunciato il licenziamento del 40 per cento dei dipendenti, ho provato un vero choc. Grazie a quel lavoro, in famiglia non ci mancava niente, neanche il superfluo. Come avremmo pagato le rate della casa? Come fare per l’assicurazione malattie? E così via… Con Jennifer e le figlie ci siamo sentiti più responsabili riguardo alla nostra economia. Pronti a vendere gli oggetti di maggior valore e ad altri possibili sacrifici, abbiamo ipotizzato di lavorare in proprio, considerando le capacità personali… Soprattutto ci siamo affidati a Dio Padre, continuando a sperare. Il giorno dei licenziamenti, 6500 miei colleghi hanno perso il lavoro. Avrei voluto scomparire per non vedere; ma poi sono rimasto per condividere quel momento con chi partiva. Non so come andrà a finire per me, ma una cosa è certa: questa prova ci ha uniti di più in famiglia, ha creato un vincolo profondo con altre coppie e ci ha fatto aprire gli occhi sui problemi altrui. Sperimentiamo adesso cosa conti veramente nella vita. (Roger – Usa) Ho perdonato l’uccisore di mio figlio Da quando mio figlio era stato ucciso durante una rapina, nulla aveva più senso nella mia vita. In cerca disperata di aiuto, ho partecipato a un incontro sul Vangelo. Lì ho ascoltato commentare la frase di Gesù:“Amate i vostri nemici”. Parole, per me, come macigni. Come potevo, io, perdonare chi aveva ucciso mio figlio? Ma intanto un seme era entrato in me. Frequentando quel gruppo, avvertivo sempre più pressante la spinta al perdono. Volevo ritrovare la pace del cuore. E di pace ancora parlava il Vangelo: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Nella tragedia della mia famiglia, finalmente ha prevalso la decisione di perdonare. Ora posso dirmi davvero “figlia di Dio”. Di recente sono stata chiamata a un confronto con l’uccisore di mio figlio che era stato catturato. Lo conoscevo. È stato dura, ma è intervenuta la grazia. Non provavo odio, né rancore nei suoi confronti. Nel mio cuore di madre c’erano solo una grande pietà e l’intenzione di affidarlo alla misericordia di Dio. (M.A. – Venezuela)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.5, settembre-ottobre 2020) (altro…)
Set 16, 2020 | Nuove Generazioni
L’interesse per l’ambiente, una proposta inaspettata e l’inizio di un impegno in ambito ecologico che oggi ha raggiunto ampie dimensioni. La storia di Javier, diciassettenne del Cile. Da sempre ho amato la natura ed ho avuto un rapporto speciale con essa. Nel 2017, sono venuto a conoscenza del grave danno che l’umanità sta provocando al pianeta, “ma – mi sono detto – cosa può fare un semplice adolescente per cambiare la realtà del pianeta?”. Un giorno, però, mia zia mi ha invitato a partecipare ad un Forum di Sviluppo Sostenibile nella sede della Cepal (Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi). Ero sorpreso, ma, incoraggiato dalla zia che mi ha detto come gli adolescenti debbano farsi carico di decisioni importanti e far sentire la loro voce per il nostro futuro, mi sono deciso a partecipare ed ho coinvolto, con l’aiuto della scuola, altri compagni interessati a problematiche sociali e ambientali.
Durante il Forum abbiamo potuto conoscere gli Obiettivi di Sviluppo Sociale (ODS) e le azioni che, per raggiungerli, si realizzano in alcuni Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. Abbiamo anche potuto esprimere il nostro pensiero davanti alle autorità presenti. Tra le iniziative ci ha colpito “Concausa”, che fa parte della ONG “America Solidale”. Essa lavora specialmente per mettere fine alla povertà infantile e forma gli adolescenti affinché siano autentici agenti di cambiamento. Con due compagne abbiamo così deciso di proporre un progetto nella nostra scuola legato a “Concausa”, ma non abbiamo avuto successo. Dopo qualche tempo, visto il nostro interesse per queste tematiche, “Concausa” ha voluto realizzare nella nostra scuola un laboratorio chiamato “Azionatori” per aiutarci ad elaborare un progetto in un modo migliore. Tra le classi vedevamo tanta spazzatura gettata per terra. Ci siamo proposti così di favorire una migliore gestione dei rifiuti e del riciclo per creare una cultura ecologica. È nato il progetto “Eco-educazione”. I rifiuti erano soprattutto di Tetrapack e allora li abbiamo ti-utilizzati per creare “Eco-contenitori” dove differenziare i rifiuti che riutilizziamo anche per fare eco-mattoni. Grazie al nostro lavoro tanti dei compagni hanno imparato come riciclare e adesso hanno coinvolto i loro genitori per farlo nelle loro abitazioni. Nel frattempo anche insieme ai Ragazzi per l’unità dei Focolari dei quali faccio parte, abbiamo inserito, durante i nostri incontri periodici, workshop e approfondimenti su tematiche ambientali. Dopo un anno di lavoro con il nostro progetto “Eco-educazione”, siamo stati scelti per rappresentare il Cile in un Campo Continentale di “Concausa” che ogni anno si realizza nel nostro Paese e al quale partecipano progetti di tutto il continente. Io sono stato tra i partecipanti. L’esperienza è stata indimenticabile. Ho conosciuto persone di tanti Paesi, ognuno con una cultura diversa: conoscerci a vicenda ci ha fatto sentire uguali, eravamo e siamo una famiglia, una generazione che lotta per un futuro più unito e solidale. L’ultimo giorno siamo stati invitati a tenere un discorso di fronte alle autorità di “America Solidale”, Unicef e Cepal sulle diverse realtà che viviamo nei nostri Paesi e su come stiamo dando un contributo in favore dell’ambiente. Adesso con i partecipanti al Campo continuiamo a lavorare insieme attraverso videochiamate. Abbiamo ideato così il progetto “1000 Azioni per un Cambiamento” che cerca di generare azioni ecologiche per mitigare la crisi climatica. Per la sua realizzazione sono stato scelto io come rappresentante per il mio Paese. Qui la testimonianza di Javier in occasione del lancio della campagna Pathway 2020-2021 “Dare to care”
A cura di Anna Lisa Innocenti
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Set 14, 2020 | Chiara Lubich
L’amore cristiano non è solo un atteggiamento interiore, ma si dimostra con fatti concreti, con atti che si vedono, a partire da un semplice sorriso. È questo l’invito che lancia Chiara Lubich nel seguente scritto. Ed anche se il sorriso in questo periodo di pandemia forse si nasconde dietro alle mascherine, ci sono mille altri modi di far vedere il nostro amore “Amatevi a vicenda”[1]. È la vocazione di ogni cristiano, ma, potremmo aggiungere, di noi in particolare. Mi hanno fatto pensare in questi giorni le parole che si dicevano dei primi cristiani: “Guarda come si amano e l’un per l’altro sono pronti a morire”[2]. Dunque si vedeva che ognuno era pronto a morire per l’altro. Forse ciò dipendeva dal fatto che, in tempi di persecuzione, non era raro il caso che qualcuno si offrisse di morire per l’altro. Resta tuttavia il fatto che, questa misura d’amarsi fra i cristiani, si vedeva. A noi, in genere, non è chiesto proprio di morire. Tuttavia dobbiamo essere pronti. Ogni nostro atto d’amore reciproco va fatto su questa base. […] Che anche un semplice nostro sorriso, o un gesto, o un atto di amore, o una parola, o un consiglio, o un apprezzamento, o una correzione a suo tempo, rivolti ai fratelli, rivelino la nostra prontezza a morire per loro. Che si veda il nostro amore, non certo per vanità, ma per garantirci l’arma potente della testimonianza. Siamo spesso anche noi, come i primi cristiani, in un mondo senza Dio, scristianizzato. Dobbiamo, dunque, testimoniare Gesù.
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 11 maggio 1989) Tratto da: “Amore che si vede”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 359. Città Nuova Ed., 2019. [1] Cf. Gv 13,34. [2] Tertulliano, Apologetico, 39,7. (altro…)
Set 13, 2020 | Focolari nel Mondo, Senza categoria
- Data di Morte: 14/09/2020
- Branca di Appartenenza: Volontaria
- Nazione: Gran Bretagna
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Set 13, 2020 | Centro internazionale
Con tre giorni in video-conferenza tra i delegati dei Focolari nelle diverse aree del mondo e il consiglio generale è iniziata una ulteriore fase preparatoria verso l’Assemblea Generale dei Focolari che si terrà nel gennaio 2021. Si è concluso il 12 settembre l’appuntamento dei responsabili dei Focolari nel mondo, svoltosi quest’anno in video-conferenza; data che, in condizioni normali, avrebbe segnato anche l’ultimo giorno del mandato della attuale presidente, Maria Voce. Ma questi tempi – che di normale hanno davvero poco – registrano invece un prolungamento del mandato della presidente perché, a causa del Covid, l’Assemblea Generale, che ha anche il compito di eleggere tutti gli organi di governo dei Focolari, è stata rimandata da inizio settembre 2020 al 2021 (24 gennaio – 7 febbraio). Come trasformare, allora, questo tempo d’attesa in tempo di grazia? Una domanda che ha aperto e guidato il convegno dei responsabili e alla quale Maria Voce ha risposto in modo profondo e sintetico: “Siamo chiamati a testimoniare la possibilità di rapporti trinitari! Il che vuol dire semplicemente: ognuno faccia di tutto perché venga fuori l’altro”. Le sessioni dedicate alla condivisione della vita delle comunità dei Focolari nelle diverse aree geografiche del mondo hanno messo in evidenza l’impegno globale nell’affrontare la sfida e le nuove conseguenze “figlie” della pandemia del Coronavirus: l’impossibilità di fare incontri in presenza ha portato ad un aumento di convegni digitali che spesso raggiungono più persone e rompono schemi territoriali o di categoria che, nella situazione attuale, stanno evidenziando svariati limiti. Le difficoltà economiche, poi, richiedono nuove riflessioni alla ricerca di soluzioni per uno stile di vita sobrio e sostenibile e in favore di opere e strutture adatte. Inoltre il clima di crescente insicurezza personale e comunitaria spinge ad una nuova scelta di vita evangelica in vista di un mondo più unito. Il terzo giorno del convegno ha segnato poi l’inizio di un ulteriore percorso preparatorio del Movimento verso l’Assemblea Generale del 2021. Il tempo guadagnato servirà a favorire una preparazione più partecipata e capillare, un cammino sinodale. Fino al 24 ottobre i membri del Movimento avranno occasione di approfondire le tematiche finora raccolte per individuare quelle preferenziali che verranno inserite in un documento di lavoro. Prima di Natale i partecipanti all’Assemblea avranno la possibilità di conoscere possibili candidate e canditati a Presidente e a Copresidente. E in una serie di Webinar si potranno confrontare le tematiche principali con l’aiuto di esperti esterni. La preparazione si concluderà poi nelle prime settimane di gennaio con lavori a gruppi tra i partecipanti.
Joachim Schwind
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Set 12, 2020 | Focolari nel Mondo
Emmanuel e Annick del Movimento dei Focolari dedicano il loro tempo libero alla Croce Rossa francese. Fin dall’inizio della crisi sanitaria causata dal coronavirus, su tutto il territorio francese sono state avviate operazioni di sostegno alle persone in difficoltà. Questa coppia di coniugi ha aiutato in due di esse. La prima azione consisteva nell’organizzare la consegna di medicinali o di generi alimentari a persone che non erano in grado di fare la spesa da sole. Ingegnere dell’Università di Strasburgo, Emmanuel ha trascorso il suo periodo di volontariato lavorando quasi a tempo pieno per coordinare l’operazione per l’intera provincia del Bas-Rhin (attorno alla città di Strasburgo). “Organizzare le squadre e facilitare il flusso di informazioni – ci dice – è stato un grande lavoro logistico. Anche se a volte non riuscivo ad uscire di casa per tre giorni, non mi sentivo solo. Al contrario posso dire di aver piuttosto la frustrazione di lavorare sodo senza vedere quasi mai i beneficiari del mio lavoro». In quel periodo, le richieste sono esplose, soprattutto di cibo. Infatti, molte associazioni di assistenza sociale hanno dovuto chiudere, perché la maggior parte dei loro volontari erano costretti a rimanere a casa a causa della loro età. L’altra operazione è stata lanciata dal 29 aprile al 31 luglio 2020 dal Parlamento europeo a Strasburgo, con la decisione di riaprire le sue cucine per preparare 500 pasti al giorno. La Prefettura era responsabile della ricerca dei beneficiari dei pasti a livello locale e la Croce Rossa francese della consegna. Annick, che ha continuato il suo lavoro di infermiera e la sua attività di volontariato, dice: “Vedevamo le persone felici di ricevere qualcosa. Anche se alcuni sono rimasti sorpresi e increduli – pensando a controlli nascosti – c’era molta attesa per quei pasti”. “Le istituzioni hanno investito enormemente nel cuore della crisi”, osserva Emmanuel. Cosa significa questo impegno per Emmanuel e Annick? “Mi nutro della spiritualità dei Focolari, ma l’espressione della nostra vita è nella società, è dare (e dare di noi stessi) concretamente nel mondo”, risponde Annick. Emmanuel aggiunge: “È importante non restare nel nostro angolo, tra persone dei Focolari, ma agire nel mondo. Inoltre, i sette principi della Croce Rossa che sono l’umanità, l’unità, l’universalità, la neutralità, l’indipendenza, l’imparzialità e il servizio volontario sono molto in consonanza con l’”arte d’amare” e la “Regola d’oro”. “Nel contesto teso della crisi, la qualità delle relazioni umane tra volontari e beneficiari sul campo e nell’organizzazione è stata importante. Per esempio, ho fatto da mediatore tra i volontari quando sono sorte delle tensioni. Il carisma dell’unità dei Focolari mi è stato di grande aiuto per comprendere le situazioni, perdere la mia idea, vivere bene il momento presente”, condivide Emmanuel. “Questo periodo ha fatto emergere il buono o il cattivo che è in noi” osserva Annick. Suo marito è lieto di constatare che ha generato nuove idee per l’azione, in particolare in relazione al divario digitale o alla povertà relazionale. “La grande lezione della pandemia per molti è la consapevolezza che non possiamo vivere l’uno senza l’altro – dice. L’interdipendenza è stata la grande battaglia di Chiara Lubich alla fine della sua vita … Il mio ottimismo mi porta a credere che più persone saranno coinvolte nelle associazioni e svilupperanno il loro senso del volontariato”.
Émilie Tévané
Fonte: Nouvelle Cité, N°604, luglio-agosto 2020, p. 41. (altro…)
Set 10, 2020 | Centro internazionale
Si svolgerà in video-conferenza, da giovedì 10 settembre a sabato 12 settembre, il convegno annuale dei delegati dei Focolari nel mondo con i membri del Consiglio generale del Movimento. L’appello della presidente Maria Voce. “Dobbiamo dimenticarci di noi stessi ed essere – come Movimento – più disponibili ad accogliere il dolore del mondo”. Con questo forte richiamo la presidente Maria Voce ha dato un indirizzo chiaro al convegno internazionale dei responsabili dei Focolari che sta per iniziare questo giovedì, 10 settembre, in video-conferenza. In un intervento durante un suo recente incontro con il Consiglio generale dei Focolari, Maria Voce ha comunicato il suo sgomento di fronte alle tante sofferenze che soprattutto in questo periodo di pandemia vengono riportate quotidianamente dai media. Ed ha condiviso con i suoi più stretti collaboratori una domanda: “Tutto questo dolore chi lo può assorbire? Mi sembra che Dio ci chieda di essere più vicini a questo dolore del mondo, più disponibili ad accoglierlo, ad amarlo, a pregare … ma anche a fare qualcosa in più”. Una risposta che è al contempo un programma spirituale e d’azione. Il programma dell’incontro dei delegati del Movimento in tutto il mondo con il Consiglio generale (10 – 12 settembre) si svolgerà in video-conferenza e sarà caratterizzato da un’ampia condivisione sulle sfide locali, specifiche dei diversi contesti geografiche, ma anche comuni, di questo particolare periodo; con le sue enormi sofferenze e nuove potenzialità. Nel dialogo e nella condivisione si cercherà di individuare lo specifico contributo dei Focolari ai cambiamenti epocali in corso, presenti e futuri. Una tematica che non si esaurirà di certo in questi giorni, ma che resterà sul tavolo anche in vista della prossima Assemblea Generale del Movimento, inizialmente prevista per la prima metà di settembre 2020 ma che a causa dell’emergenza Covid-19 è stata rimandata all’inizio del prossimo anno: dal 24 gennaio al 7 febbraio 2021. Durante il prossimo convegno i delegati del Movimento saranno anche informati sulle modalità proposte dalla Commissione preparatoria dell’Assemblea generale per sfruttare il tempo “guadagnato” in vista di un sempre maggiore coinvolgimento di tutti gli appartenenti al Movimento nella preparazione dell’Assemblea.
Joachim Schwind
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Set 9, 2020 | Focolari nel Mondo
Un sacerdote percorre ogni giorno, da mesi, molti km in bicicletta o con un pickup per essere vicino alla sua comunità. Un’esperienza, vissuta insieme ad un team di parrocchiani, che ha unito e allargato gli orizzonti, con effetti anche sul dopo-pandemia.
Se i periodi di lockdown e le norme di distanziamento sociale ci obbligano a frequentare poco luoghi di aggregazione come la parrocchia, perché non può essere il sacerdote a fare da ponte e legame tra tutti? E’ quanto sta facendo Padre Clint Ressler, sacerdote cattolico degli USA, che ogni giorno dall’inizio della pandemia, attraversa in lungo e in largo il territorio della sua parrocchia di St. Mary of the Miraculous Medal a Texas City (USA), per visitare i suoi parrocchiani. Padre Clint, come è cambiata la vita nella sua parrocchia durante questa pandemia? È vero che la pandemia sta cambiando drasticamente il nostro modo di mantenere i rapporti e svilupparli. Sento molto più forte in me la consapevolezza che Dio ci chiama alla corresponsabilità. Come pastore, mi sento sollevato e circondato da un bel team, forte e molto motivato. Forse, anche per il fatto che siamo più concentrati sull’essenziale della nostra missione, sperimentiamo gioia e gratitudine, vedendo i frutti di questi nostri sforzi. Prima della pandemia, le mie giornate erano piene di contatti con tanta gente. Può darsi che delle volte sia stato troppo preso dai progetti o dagli incontri o dal mio dover essere presente ed attento ad ogni persona. Ora, anche perché in tutti c’è bisogno di comunione, di rapporti autentici, mi trovo più nel mio “essere” che nel mio “fare”. Il rapporto tra i gruppi parrocchiali e altri che offrono un servizio in parrocchia, è più personale, con contatti vivi attraverso il telefono, i social media e anche con brevi visite. Mi pare che questo grande desiderio di vivere la comunione, che Dio ha messo nei nostri cuori, stia trovando le sue vie per superare le difficoltà. Che cosa ha fatto per continuare ad essere vicino ai suoi parrocchiani? Forse anche perché ci sono meno incontri e una maggior attenzione alla missione essenziale, non mi sento così indaffarato com’ero prima della pandemia. Poi, c’è la voce di Dio dentro che suggerisce di rallentare, di fidarmi di Lui e d’aver pazienza. All’inizio della pandemia cercavo di visitare tanti parrocchiani, andando in bicicletta o con un pick-up. Nei primi mesi, visitavo anche dodici famiglie al giorno. Ora vado con un ritmo più lento; faccio meno visite, ma cerco di passare più tempo con le persone. Ci racconta il momento più bello e quello più difficile di queste visite? La scelta di un solo episodio non è facile. Una volta sono arrivato a casa di una famiglia che pochi giorni prima aveva perso la casa a causa di un incendio. I figli erano rimasti non solo senza tetto, ma anche senza giocattoli. Un vicino di casa aveva subito offerto ospitalità, prendendo questa famiglia a casa sua. È stata la visita più triste, ma la più edificante. Mi ha colpito come questa esperienza abbia improvvisamente cambiato la chiamata di Papa Francesco ad essere “discepoli missionari” da belle parole a qualcosa che poteva e doveva disperatamente essere vissuto. Secondo lei questa esperienza cosa porterà di positivo nella vita della sua comunità parrocchiale anche dopo la fine della pandemia? La pandemia ha aiutato molte persone a prendere familiarità con la “fede online”. I parrocchiani sono diventati più esperti nell’uso dei mezzi tecnologici in generale, ma anche per quello che riguarda la loro fede. Sono stato personalmente edificato da come i nostri parrocchiani si sono presi cura l’uno dell’altro. Credo che dopo la pandemia vedremo i frutti di questa vicinanza e di queste espressioni concrete di reciprocità. Con la pandemia, il senso di solidarietà è diventato ancora più grande; ci sentiamo chiamati a vivere la solidarietà non solo con quelli vicini, ma anche nei bisogni e nelle sfide del mondo intero. Sentiamo che “siamo tutti insieme” in questa situazione. E spero che questo rimanga nei cuori e in tutto quello che facciamo, anche dopo la pandemia. Lei conosce e vive la spiritualità dei Focolari, quale influenza ha sulla sua vita di sacerdote e di parroco – in genere e specialmente in questo periodo da pandemia? La responsabilità di una parrocchia può essere pesante e complessa e richiede discernimento e decisioni difficili. Tuttavia, se provo a concentrarmi sull’amore concreto, non mi sembra cosi’ schiacciante. Ovviamente tutto inizia dall’unione con Dio. Come sacerdote e sopratutto come pastore, mi è stato affidato un compito che implica influenza e autorità. Alle volte, essendo il leader, posso cadere in un “approccio aziendale” che valorizza l’efficienza, evita i rischi e valuta i risultati. La spiritualità dei Focolari, la testimonianza di Gesù, mi chiama al servizio, all’umiltà e alla fedeltà nella pazienza. Ho capito che per noi il punto di partenza fondamentale per scoprire la volontà di Dio è vivere con Gesù in mezzo. In altre parole, dobbiamo essere “Chiesa”, il corpo mistico di Cristo. Mentre per la grazia di Dio viviamo e cresciamo in questi rapporti reciproci, possiamo ascoltare la voce “sottile” dello Spirito Santo. Penso che questi anni di vita con il Movimento dei Focolari abbiano radicato in me il desiderio di portare questo tipo di discernimento in parrocchia, con la staff parrocchiale, col consiglio pastorale, e con ogni gruppo e commissione.
Anna Lisa Innocenti
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Set 7, 2020 | Chiara Lubich
Siamo tutti collegati come membra di un unico corpo. Se uno è più debole, subentra l’altro. È questa la semplice, ma sconvolgente logica evangelica che ci presenta Chiara Lubich nel seguente scritto, oggi più attuale che mai. Ho visto un uomo in una corsia d’ospedale, ingessato. Aveva bloccato il torace e un braccio, il braccio destro. Col sinistro s’arrangiava a far tutto … come poteva. Il gesso era una tortura, ma il braccio sinistro, anche se più stanco alla sera, si irrobustiva lavorando per due. Noi siamo membra l’uno dell’altro e il servizio reciproco è nostro dovere. Gesù non ce l’ha solo consigliato, ce l’ha comandato. Quando serviamo qualcuno, per la carità, non crediamoci santi. Se il prossimo è impotente, dobbiamo aiutarlo e aiutarlo come si aiuterebbe, potendolo, lui stesso. Altrimenti che cristiani siamo? Se poi, venuta la nostra ora, abbiamo bisogno della carità del fratello, non sentiamoci umiliati. Al giudizio finale udiremo ripetere da Gesù: “Ero … ammalato … e mi avete visitato, … ero carcerato, ero ignudo, ero affamato”[1] …, dove Gesù ama nascondersi proprio sotto il sofferente e il bisognoso. Sentiamo perciò anche allora alla nostra dignità e ringraziamo di gran cuore chi ci aiuta, ma riserviamo il più profondo ringraziamento per Dio che ha creato il cuore umano caritatevole, per Cristo che, bandendo col suo sangue la Buona Novella, soprattutto il “suo” comando, ha spinto un numero sterminato di cuori a muoversi in aiuto reciproco.
Chiara Lubich
Tratto da: Chiara Lubich, Ero ammalato, in: Chiara Lubich, L’attrattiva del tempo moderno. Scritti spirituali /1, Ed. Città nuova, Roma 31991, p. 59. [1] Mt 25,35-36. (altro…)