Movimento dei Focolari

Maria Voce: salvare il mondo con l’amore

Cosa abbiamo imparato dalla pandemia? Con quali strumenti costruire un mondo nuovo? Qual è il contributo specifico di ciascuno di noi? Il dialogo spontaneo di Maria Voce del 16 luglio scorso con una comunità dei Focolari (video).  Da un po’ di anni il 16 luglio è sempre festa doppia per le comunità dei Focolari nel mondo: si ricorda lo speciale patto di unità che Chiara Lubich visse con Igino Giordani nel ‘49 ed anche il compleanno della sua presidente, Maria Voce. Anche quest’anno il momento di festa per lei si è trasformato in un’occasione di dialogo spontaneo e informale per  parlare a cuore aperto con i presenti sul senso di quella speciale giornata, sulla la vita dei Focolari in questi ultimi tempi e sul contributo del carisma dell’unità in questo periodo così cruciale per l’umanità. Le espressioni di augurio e di affetto che le sono giunte sono state numerosissime e da tutto il mondo, per questo Maria Voce desidera ringraziare particolarmente ciascuno.  Pubblichiamo di seguito parte del suo dialogo, allegando anche stralci delle riprese video amatoriali di quel momento. “(…) anche questa pandemia ci ha fatto una grande lezione, no? Bisogna riconoscere. Ci ha fatto soffrire, ci sta facendo ancora soffrire? Non sappiamo quante conseguenze potranno venire ancora di dolore da questa pandemia, no? Però è stata anche una grande lezione. La lezione principale è stata quella di dirci: siete tutti uguali. Siete tutti uguali: ricchi, poveri, potenti, miserabili, ragazzini, grandi, immigrati… siete tutti uguali. Prima cosa. Seconda cosa: siete tutti uguali, però c’è qualcuno che soffre di più nonostante l’uguaglianza. Allora come mai siete tutti uguali? Siete tutti uguali perché Dio ha fatti tutti uguali; diversissimi gli uni dagli altri ma tutti figli suoi, tutti creati da lui con lo stesso amore, un amore grande. Poi sono arrivati gli uomini e hanno cominciato a fare le distinzioni,  ancora adesso continuiamo a fare le distinzioni: questo sì, questo no; questo vale di più, questo meno. Questo mi può dare qualche cosa, questo non mi può dare niente; questo mi sfrutta, questo meno… e iniziamo a fare i distinguo e nei distinguo cosa succede?. Succede che ci sono i paesi dove ci sono gli ospedali ben attrezzati e quelli dove non ci sono; ci sono i Paesi dove hanno le mascherine per tutti e ci sono quelli dove non ce le hanno. Ci sono dei paesi, anche nella nostra Italia, dove arriva la fibra ottica e possono fare la scuola a distanza e ci sono paesi dove non c’è. Quindi: tutti uguali davanti a Dio e non tutti uguali davanti agli uomini, non tutti uguali per il cuore degli uomini. Anche per noi è così? Magari anch’io certe volte sto più volentieri con una persona che con un’altra e faccio questa differenza tra una persona e l’altra, lo vedo anch’io e allora vivo veramente il patto se sono così?, cioè quel patto che mi dice di essere pronta veramente a dare la vita l’uno per l’altro? Ma non l’altro che mi piace, ma l’altro chiunque. Oggi si dice che si deve creare un mondo nuovo, l’umanità, tutti dicono che bisogna fare un mondo nuovo. Ecco, in piccolo Chiara l’ha fatto un mondo nuovo; in piccolo la famiglia di Chiara sparsa nel mondo è un mondo nuovo. Naturalmente è un tentativo, è un bozzetto, un piccolo segno, però vuol dire che è possibile. Allora se in piccolo è stato possibile farlo, perché questo piccolo gruppo – che poi è piccolo relativamente perché sono alcune centinaia di migliaia di persone sparse nel mondo – questo piccolo popolo, che è il popolo di Chiara, non è a disposizione di tutti per dire che il mondo nuovo è possibile? E’ possibile: dobbiamo essere convinti che è possibile e poi il passaparola di oggi qual era? ‘Credere nella forza dell’amore’. Perciò, prima di tutto: crederci che l’amore è una forza. L’abbiamo provato? Sì, tante volte l’abbiamo provato. Ma adesso, un pochino è diminuito; è diminuito il termometro dell’amore. Mettiamo un po’ di mercurio che lo faccia salire! Facciamo risalire l’amore e vedrai che tutto risale. Saremo questa realtà che passa nel mondo che beneficheremo, senza bisogno di andare a dire: ‘Sai noi facciamo così, vieni con noi perché noi siamo così’. No, noi siamo quelli che siamo, siamo come gli altri; siamo dei poveri disgraziati come tutti, però viviamo il paradiso e non vogliamo uscire dal paradiso, ma vogliamo stare con gli altri, non vogliamo stare tra di noi in paradiso. Vogliamo portare questo paradiso agli altri, non vogliamo tenercelo, perché sarebbe comodo… e poi il mondo vada a farsi friggere. No! Il mondo deve salvarsi, il mondo dobbiamo salvarlo con il nostro amore”. a cura di Stefania Tanesini https://vimeo.com/439499696 (altro…)

Una difficoltà che diviene opportunità

La vita del Gen Verde durante la pandemia “Eravamo in piena tournee in Spagna e dall’Italia arrivavano notizie preoccupanti sul Covid-19 e sul numero sempre maggiore di contagi. C’era da decidere se sospendere o meno la tournee e come ritornare in Italia. Poche ore (anzi minuti) per decidere cosa fare, comunicarlo agli organizzatori, e nel giro di un giorno imbarcarci su quella che era l’ultima nave in partenza da Barcellona”. Un ricordo ben scandito e ancora vivo quello che Mileni del Gen Verde condivide a distanza di qualche mese e quando in Italia sembra che la pandemia da Covid-19 sia per lo più rientrata. E in questi 4 mesi il Gen Verde ha trasformato una situazione dolorosa in grande opportunità: “ci siamo chieste subito – racconta Annalisa – come aiutare le persone; alcuni amici, che avevano contratto il virus, ci chiedevano di star loro vicini… ma come? Come non lasciarli soli in questi momenti così terribili rispettando, però, il distanziamento sociale? Ci è venuta subito l’idea di collegarci da casa nostra”. Inizia così l’avventura della prima diretta streaming: pochi strumenti, una scarsa rete internet per supportare un collegamento che chissà se e quanti avrebbero visto. A distanza di mesi possiamo dire che sono state tante le dirette streaming che il Gen Verde ha effettuato, così come decine e decine gli appuntamenti via zoom, instagram, skype… occasioni per incontrare giovani e meno giovani di tutto il mondo: dalle Filippine all’Argentina, dagli USA alla Romania, dall’Italia all’Australia. E poi questi mesi sono stati anche la culla adatta per creare nuove composizioni: dal monologo Il silenzio al brano musicale Tears and light, senza tralasciare i video realizzati per condividere, seppur a distanza, il triduo pasquale… e tutto è stato immediatamente condiviso attraverso i social, il canale YouTube e la rete. Un lavoro forse maggiore di quello in tournee e il Gen Verde non ha mai detto un no a chiunque desiderasse vivere un momento di condivisione con loro. “Siamo strafelici  – racconta Marita – perché in questi mesi abbiamo incontrato centinaia di migliaia di persone; non posso dire che sia stata la stessa cosa che dal vivo: manca il contatto fisico, il guardarsi negli occhi… ma posso ammettere che mai in soli 4 mesi avremmo potuto incontrare così tante persone. Per noi del Gen Verde è stata un’esperienza oltre ogni aspettativa”. Ed ora, annunciato l’ultimo incontro di questo primo ciclo di appuntamenti, il Gen Verde si dedica a nuovi progetti e nuove proposte da condividere al più presto. Insomma il Gen Verde guarda sempre lontano e non si ferma mai. Ma quale il segreto? “Noi viviamo non guardando a noi stesse – spiega Sally –; quello che ci interessa è costruire rapporti che puntino alla fraternità universale. In questi mesi di pandemia abbiamo ricevuto tantissimi echi dopo le nostre dirette streaming e queste impressioni sono quelle che ci hanno fatto andare sempre avanti cercando di dare il meglio di noi. Non ci illudiamo e non vogliamo illudere nessuno: la pandemia non è stata uno scherzo e in tanti Paesi la situazione è ancora molto critica, tuttavia siamo certe che quanto abbiamo fatto sia stato per tanti almeno vivere un attimo di sollievo, di ristoro”.

Tiziana Nicastro

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Il patto del 16 luglio 1949

Chiara Lubich racconta lo speciale patto di unità stipulato con Igino Giordani (che chiamò “Foco”) il 16 luglio 1949, preludio alla sua esperienza mistica di quell’estate. Da un’intervista rilasciata alla giornalista Sandra Hoggett nel 2002 https://vimeo.com/438602405   (altro…)

La cura, un nuovo stile di vita

La cura, un nuovo stile di vita

I giovani dei Focolari hanno iniziato la nuova campagna #daretocare per prendersi cura delle nostre società e del pianeta Terra ed essere cittadini attivi per cercare di costruire un pezzetto di mondo unito. L’intervista a Elena Pulcini, docente di filosofia sociale presso l’università di Firenze in Italia. Elena Pulcini, docente di filosofia sociale presso l’università di Firenze (Italia), per molti anni si è dedicata come ricercatrice al tema della cura. È intervenuta durante il primo live streaming #daretocare dei giovani del Movimento dei Focolari il 20 giugno scorso. L’esperienza della pandemia che stiamo attraversando che impatto ha avuto sulla sua visione della cura? “Mi sembra soprattutto che sia emersa un’immagine di cura come assistenza – ha spiegato la Pulcini -. Pensiamo a tutto il personale medico e sanitario. Questo ha risvegliato elementi positivi, passioni che sono state in qualche modo dimenticate, come la gratitudine, la compassione, il sentimento della nostra vulnerabilità. E questo è stato molto positivo perché ne abbiamo davvero bisogno ed è necessario risvegliare quelle che chiamo passioni empatiche. Allo stesso tempo, tuttavia, la cura è rimasta un po’ chiusa all’interno di un significato essenzialmente assistenziale, ciò che in inglese è chiamato “cure” e non “care”. La cura deve diventare un modo di vivere”. Ci piace sognare una società in cui la cura sia l’asse portante dei sistemi politici locali e globali. È un’utopia o è realizzabile? “Sicuramente la cura significa rispondere a qualcosa. In questo caso vuole dire rendersi conto dell’esistenza dell’altro. Dal momento in cui realizzo questo e non sono chiuso nel mio individualismo si produce una capacità che abbiamo dentro di noi che è l’empatia, cioè mettersi nei panni dell’altro. Ma chi è l’altro oggi? Ecco, stanno emergendo nuove figure di ciò che consideriamo l’altro per noi. Quindi l’altro oggi è il diverso, sono anche le generazioni future, è anche la natura, l’ambiente, la Terra che ci ospita. Dunque la cura diventa davvero la risposta complessiva alle grandi sfide del nostro tempo, se la sappiamo ritrovare attraverso la capacità empatica di relazionarci con l’altro. Quindi non so se sia davvero realizzabile ma penso che non possiamo perdere la prospettiva utopica. Non basta la responsabilità, c’è bisogno di coltivare anche la speranza”. Quali suggerimenti ci daresti per agire in tal senso e orientare alla cura le nostre società a partire dalle istituzioni? “Credo che dobbiamo agire in tutti i luoghi in cui noi operiamo per far uscire la cura dall’ambito ristretto della sfera privata. (…) Io mi devo pensare come un soggetto di cura nella mia famiglia, nella mia professione di docente, quando incontro un povero emarginato per strada o quando vado a fare il bagno in spiaggia, devo prendermi cura di tutte le dimensioni. Dobbiamo adottare la cura come stile di vita in grado di spezzare il nostro individualismo illimitato che sta portando non solo l’autodistruzione dell’umanità, ma anche la distruzione del mondo vivente. Pertanto, dobbiamo cercare di rispondere con la cura alle patologie della nostra società, il che vuol dire educare alla democrazia. Io ho molto amato un filosofo dell’ottocento che si chiama Alexis de Tocqueville, il quale diceva che “dobbiamo educare alla democrazia”. È una lezione ancora tutta da imparare e credo che questo significhi coltivare le proprie emozioni empatiche in modo da essere stimolati alla cura con piacere, con gratificazione, non con costrizione”.

 A cura dei giovani dei Focolari

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I cinque anni della “Laudato si”

I cinque anni della “Laudato si”

A cinque anni dalla pubblicazione dell’Enciclica di Papa Francesco, il paradigma dell’ecologia integrale guida la lettura di questo tempo di pandemia. Intervista a Luca Fiorani, responsabile di EcoOne. Sono passati cinque anni dalla pubblicazione della Laudato Si, l’Enciclica di Papa Francesco sulla cura del pianeta. Ne parliamo con Luca Fiorani, docente presso le università Lumsa, Marconi e Sophia, ricercatore ENEA e responsabile di EcoOne, la rete ecologica del Movimento dei Focolari. In tempo di pandemia, quali insegnamenti possono venire dalla Laudato Si e dal suo paradigma dell’ecologia integrale? Penso al “tutto connesso”. Il Papa, prima della pandemia, ce ne ha fatto assaporare il lato positivo, la meravigliosa relazione che esiste fra gli elementi naturali, persona inclusa. La pandemia, invece, ha sottolineato il lato oscuro di questo “tutto connesso”, perché l’attività umana, che ha portato alla distruzione degli habitat naturali, e il salto di specie del virus dall’animale all’uomo sono legati. Qual è il fondamento evangelico dell’impegno per la cura del Creato? È “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Uno dei concetti chiave della Laudato Si è “ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”. È vero che per il Vangelo la natura ha valore in sé, ma è anche vero che aver cura della natura significa assicurare un pianeta in buona salute per i più svantaggiati e per i nostri figli. Significa ricordarci del “miliardo inferiore”, quel miliardo di persone che è vittima di una “pandemia cronica”, dovuta a 17 malattie tropicali trascurate. Il concetto dell’ecologia integrale può orientare i percorsi futuri? Questo è il concetto fondamentale di tutto l’insegnamento di Papa Francesco, che ci invita a superare l’attuale sistema socio-economico. Oggi viviamo nel paradigma della rivoluzione industriale, che considera le risorse naturali illimitate. Queste risorse sono invece limitate e quindi bisogna trovare un modello di sviluppo diverso, che tenga conto anche delle esigenze dei popoli dimenticati dalle società cosiddette “evolute”. La Laudato Si invita ad una “conversione ecologica”. Cosa significa vivere i principi dell’ecologia integrale? L’ecologia integrale non riguarda solo l’ambiente ma tutti gli aspetti della vita umana, la società, l’economia, la politica. Dunque ognuno di noi deve cercare di cambiare la propria vita a partire, per esempio, dalle scelte di consumo. Poi possiamo scegliere governanti sensibili alla cura della natura e fare campagne di pressione per il disinvestimento dalle fonti fossili in favore di quelle rinnovabili. In questo anno speciale di celebrazioni della Laudato Si, con quali iniziative sarà presente il Movimento dei Focolari? Il Movimento partecipa alle iniziative della Chiesa Cattolica e agli eventi promossi dal Global Catholic Climate Movement, a cui aderisce. Inoltre, organizza il convegno “New ways towards integral ecology” che si terrà a Castel Gandolfo (RM) dal 23 al 25 ottobre, i cui dettagli sono disponibili su www.ecoone.org Il suo ultimo libro si intitola “Il sogno (folle) di Francesco. Piccolo manuale (scientifico) di ecologia integrale”. Perché parla di un sogno folle? Perché sembra veramente impossibile far cambiare rotta a questo pianeta, verso un mondo in cui ci sentiamo tutti fratelli e costruiamo più ponti che muri, ma – come diceva la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich – “solo chi ha grandi ideali fa la storia!”.

Claudia Di Lorenzi

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La quintessenza della carità

L’essere confinati ha spesso messo alla prova la nostra carità. Non è facile infatti vivere chiusi in casa e ritrovarsi gomito a gomito. Quando si è molto vicini si toccano i limiti gli uni degli altri e questi ci chiedono un “di più di amore” che si chiama “sopportazione”. È consolante sapere che pure Chiara Lubich nella sua vita di comunità ha incontrato questo tipo di difficoltà.   (…) Ho preso in mano, [in] questi giorni, un libro (…) intitolato Il segreto di Madre Teresa, di Calcutta, ovviamente. Lo apro a metà, là dove parla di «mistica della carità». Leggo questo capitolo e altri. Mi immergo con grande interesse in quelle pagine: tutto ciò che riguarda questa prossima santa mi interessa personalmente: è stata, per anni, una mia preziosissima amica. Mi viene in luce, lampante, la radicalità estrema della sua vita, della sua vocazione totalitaria, che impressiona e quasi spaventa, ma, soprattutto, mi spinge ad imitarla in quel tipico impegno, radicale e totalitario, che Dio chiede a me. (…) Mossa da questa convinzione, prendo in mano il nostro Statuto convinta che avrei trovato lì la misura ed il tipo di radicalità di vita che il Signore domanda a me. Apro e subito, alla prima pagina, ho un piccolo choc spirituale, come per una scoperta del momento (e son quasi sessant’anni che lo conosco!). Si tratta della «norma delle norme, la premessa d’ogni altra regola» della mia e della nostra vita: generare – così si esprimeva papa Paolo – e mantenere, prima e innanzitutto, (…) Gesù fra noi col vicendevole amore. (…) Propongo subito di vivere la norma intanto nel mio focolare e con chi mi sta più vicino. Ma, lo sappiamo: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”[1]. E anche a casa nostra non è sempre tutto perfetto: qualche parola in più, mia o di altre, qualche silenzio di troppo, qualche giudizio avventato, qualche piccolo attaccamento, qualche sofferenza mal sopportata, che rendono senz’altro scomodo Gesù fra noi, se non ne impediscono la presenza. Comprendo che devo essere io, per prima, a fargli posto, tutto appianando, tutto colmando, tutto condendo con la massima carità; tutto, nelle altre e in me, “sopportando”, parola da noi in genere non usata, ma molto consigliata dall’apostolo Paolo. Sopportare è una carità non certo qualunque. È una carità speciale, la quintessenza della carità. Comincio. E non va male, anzi cammina! Altre volte avevo invitato subito le mie compagne a fare altrettanto. Ora no. Sento il dovere di fare prima tutta la mia parte, e ha effetto. E inoltre mi riempie il cuore di felicità, forse perché, in questo modo, Lui riappare presente e rimane. Più tardi lo dirò, ma continuando a sentire il dovere di proseguire, come fossi sola, a comportarmi così. Ed è al colmo la mia gioia quando mi sovvengono le parole di Gesù: “Misericordia io voglio e non sacrificio”[2]. Misericordia! Ecco la carità sopraffina che ci è domandata e vale di più del sacrificio, perché il più bel sacrificio è quest’amore che sa anche sopportare, che sa, all’occorrenza, perdonare e dimenticare. (…) È questa la radicalità, è questa la totalitarietà chiesta alla nostra vita.

Chiara Lubich

(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 20 febbraio 2003) Tratto da: “Per essere una piccola Maria”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 650. Città Nuova Ed., 2019. [1] Cf. Gv 8, 7. [2] Mt 9, 13. (altro…)

In dialogo con Maria Voce (Emmaus) e Jesús Morán

Il dialogo interreligioso di Chiara Lubich – dice Maria Voce, Presidente dei Focolari – è stata una vera profezia che adesso si sta realizzando come una risposta concreta ai bisogni dell’umanità”. Il Copresidente Jesús Morán spiega come l’etica della cura sia alla base del nuovo Pathway che sarà lanciato il 20 giugno 2020 dai giovani dei Focolari. https://vimeo.com/429563312 (altro…)

USA – entrare nel “peccato originale del razzismo”

USA – entrare nel “peccato originale del razzismo”

Le due crisi che stanno scuotendo il paese pandemia e razzismo –potrebbero portare a un futuro migliore. Un contributo di Susanne Janssen, direttore di Living City Magazine. Il razzismo è un virus che non è mai stato debellato negli Stati Uniti. Dopo la Guerra Civile (1861–1865), la schiavitù era stata dichiarata sconfitta sulla carta, ma ancora oggi persone di colore e bianchi non vengono trattati allo stesso modo. La morte di George Floyd ha riportato alla luce il problema. Poiché gli 8 atroci minuti durante i quali Floyd ha implorato per la sua vita sono stati filmati, non si poteva più affermare che fosse solo colpa della vittima; questo video, insieme alle tante persone (non solo afroamericane) che si sono unite durante le manifestazioni contro il razzismo, rappresentano un segno che questa volta qualcosa è diverso. Speriamo che quanto è successo non si esaurisca solo in un’ondata di proteste, ma che sia portatore di un cambiamento vero. Il ruolo della Chiesa Dopo alcuni giorni di silenzio, la Chiesa è scesa accanto a coloro che contestano il razzismo. Il cardinale di Boston, Sean O’Malley, ha scritto che l’omicidio di George Floyd “è una prova dolorosa di ciò che è ed è stato per gli afroamericani: il fallimento di una società che non è in grado di proteggere la loro vita e quella dei loro figli. Le manifestazioni e le proteste di questi giorni sono richieste di giustizia ed espressioni strazianti di profondo dolore emotivo da cui non possiamo allontanarci.” Anche la conferenza episcopale degli Stati Uniti ha affermato che il razzismo è come il peccato originale degli Stati Uniti, che accompagna la crescita della nazione e la impregna fino ad oggi. S’intensificano nella chiesa e nella società gli spazi di riflessione. I primi passi Con lo slogan “togliere i fondi” si vuol andare oltre una semplice operazione di ristrutturazione del corpo di polizia. S’intende piuttosto incominciare daccapo e dar vita ad una polizia più controllata dai cittadini. Negli ultimi anni si parla molto della sua progressiva militarizzazione; ma ad onor del vero occorre anche dire che molti dei compiti che svolge di fatto competerebbero agli assistenti sociali. A differenza di casi di violenza contro afroamericani accaduti in passato, oggi tante persone cercano di imparare, ascoltare e affrontare il passato, concentrando la riflessione  problemi strutturali rimasti dopo l’abolizione della schiavitù e quelli legati alla segregazione, come le cosiddette “leggi di Jim Crow” e la legge sui diritti civili del 1964. Sì, perché guardare in faccia i pregiudizi che sono dentro ognuno e i privilegi sociali di cui godono i bianchi, è già un primo passo. Due autori, Ibram X. Kendi e Robin DiAngelo, affermano che serve un passo che vada oltre l’“essere una persona buona”. Occorre invece combattere le strutture di oppressione. Ancora oggi, in una situazione quotidiana come un controllo di polizia, solo il colore della pelle può fare la differenza tra la vita o la morte. Il contributo dei Focolari In primo luogo, le comunità del Movimento dei Focolari cercano di esaminare se anche al proprio interno ci siano discriminazioni e razzismo. Il pensiero dei Focolari sulla giustizia razziale è un punto di partenza per entrare in dialogo sincero fra di noi e con le persone attorno a noi. Facciamo spazio all’ascolto di dolorose testimonianze di razzismo, ma anche del vissuto di chi è cresciuto in un contesto di bianchi e cerca di avviare un processo di riconoscimento dei propri limiti. Queste conversazioni non sono facili, ma sono necessarie per ricostruire relazioni più vere. “Se non siamo attenti, finiremo per sottoscrivere i principi della retorica comune sulla diversità che spesso supporta i privilegi e accentua le differenze,” afferma una docente latina di colore. Un academico di più di 80 anni condivide come nella sua vita abbia dovuto imparare ad essere più aperto, soprattutto quando una delle sue figlie si è sposata con un giamaicano. “Ho pensato che i loro figli avrebbero sofferto la discriminazione. Ma adesso vedo come sono un esempio luminoso per tanti”. Il ruolo dei giovani I giovani sono in prima fila e chiedono un cambio di mentalità. Dice una giovane di razza mista: “Voglio aiutare i miei fratelli e le mie sorelle affinché siano ascoltati di più, altrimenti me ne pentirò per tutta la vita…” Anche lo slogan “Black Lives Matter” che ha unito tante persone e affollato strade è oggetto di polarizzazione. Non di rado ci si imbatte in messaggi che cercano di screditare chi lotta per una maggiore giustizia, ma pian piano si nota un cambio nell’opinione pubblica. Tanti, infatti, condannano il modo in cui il presidente Donald Trump ha gestito queste crisi recenti: la pandemia e il razzismo strutturale. Per adesso il candidato della Partito Democratico, Joe Biden, ha un vantaggio nei sondaggi del 13%, ma è ancora presto per dire come sarà la situazione in novembre quando gli Americani saranno chiamati alle urne.

Susanne Janssen, direttore Living City magazine

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Brasile – in azione fino alle periferie dimenticate

Brasile – in azione fino alle periferie dimenticate

Le organizzazioni sociali dei Focolari servono più di 3.500 famiglie e creano reti di solidarietà durante la pandemia. Distribuite su tutto il territorio nazionale, le ventuno organizzazioni sociali ispirate al carisma del Movimento dei Focolari stanno dando un’importante testimonianza di solidarietà e fraternità in tempi di pandemia.

Foto: Obra Lumen

Il rapporto instaurato negli anni con le famiglie in condizioni di vulnerabilità sociale ha permesso a queste organizzazioni di prendere coscienza delle molteplici sfide che si trovano ad affrontare in questo difficile periodo. E la lista è lunga. Le comunità denunciano il timore di esposizione al virus, la situazione delle loro piccole e spesso malsane abitazioni, dove l’isolamento sociale è quasi impossibile, la difficoltà di ricevere l’assistenza del Governo, l’affollamento in ospedali e trasporti pubblici e gli enormi tassi di disoccupazione: secondo uno studio pubblicato dal giornale Nexo, nelle baraccopoli, in 7 famiglie su 10 ci sono persone che sono rimaste disoccupate durante la pandemia. Per tutto questo, lo sappiamo, la pandemia non è democratica. “Pure in mezzo alle difficoltà, abbiamo il desiderio di continuare ora con più vigore a ‘dare la vita’ per la nostra gente. Per questo motivo, le organizzazioni sociali continuano a servire in modo nuovo le comunità nelle quali sono inserite. Non ci sono attività in presenza, ma l’incessante lavoro continua“, sottolinea Virginia Tesini, rappresentante nazionale del Movimento dei Focolari per le opere sociali.

Foto: Instituto Mundo Unido

Tutte le organizzazioni hanno svolto azioni di solidarietà in questo periodo. E vorremmo condividere con voi alcuni numeri di questa rete di generosità, grazie al contributo di molti membri e amici del Movimento dei Focolari e di queste organizzazioni: 3500 aiutate con regolarità; 130 tonnellate di alimenti non deperibili donati; 3 tonnellate di alimenti naturali; 30 tonnellate di materiali per igiene e pulizia; 30.000 pranzi; 10.000 mascherine in tessuto. La creatività è grande e anche i cestini di cibo tipici delle feste di giugno sono stati distribuiti, rafforzando la nostra cultura. “Inoltre, diverse nostre organizzazioni hanno fatto rete per le raccolte, ginkane solidali, donazioni di opere d’arte da parte di artisti con vendita attraverso i social network e donazione di fondi all’organizzazione, servizio virtuale con un team di professionisti per le persone che soffrono di depressione e ansia, corsi, azioni per prevenire il coronavirus e persino creazione di posti di lavoro e reddito con la realizzazione di mascherine, per citare solo alcune iniziative”, ha completato Tesini. Di fronte a realtà così impegnative e a risposte così immediate ed umane, non possiamo che essere d’accordo con Papa Francesco nella sua lettera ai movimenti popolari, di cui riportiamo qui di seguito un passo: “Se la lotta contro COVID-19 è una guerra, voi siete un vero esercito invisibile che combatte nelle trincee più pericolose. Un esercito che non ha altra arma che la solidarietà, la speranza e il senso di comunità che riverbera in questi giorni in cui nessuno si salva da solo. Voi siete per me, come vi ho detto nei nostri incontri, dei veri poeti sociali, che dalle periferie dimenticate creano degnamente soluzioni ai problemi più urgenti degli esclusi.” __________ Se vuoi contribuire, anche a distanza, a qualche azione di solidarietà delle opere sociali del Movimento dei Focolari in Brasile, consulta la lista sottostante. Regione Sud: Porto Alegre (RS) – AFASO-RS – Associação de Famílias em Solidariedade do Rio Grande do Sul. Florianópolis (SC) – IVG – Instituto Vilson Groh Curitiba (PR) – Anpecom (com atuação nacional) -> campagna straordinaria Covid-19 Regione Sud-Est: Vargem Grande Paulista (SP) – Mariápolis Ginetta – SMF – Sociedade Movimento dos Focolari Itapetininga (SP) – ANSPAZ – Associação Nossa Senhora Rainha da Paz (con prestazioni a livello nazionale) Guaratinguetá (SP) – Fazenda da Esperança – Campanha emergencial para abrigar moradores de rua (organizzazione attiva a livello internazionale) São José do Rio Pardo (SP) – MAPEAR – Associação Mobilizando Amigos pelo Amor Rio Grande da Serra (SP) – PROFAVI – Promoção a Favor da Vida São Paulo (SP) – AFAGO-SP – Associação de apoio à família, ao grupo e à comunidade – São Paulo Rio de Janeiro (RJ) – Grupo Pensar Rio de Janeiro (RJ) – CMSMA – Casa do menor São Miguel Arcanjo (organizzazione attiva a livello internazionale) Juiz de Fora (MG) – Casa Bethanea Regione centro-occidentale: Brasília (DF) – AFAGO-DF – Associação de apoio à família, ao grupo e à comunidade do Distrito Federal Regione Nord-Est: Maceió (AL) – IMU – Instituto Mundo Unido Recife (PE) – Escola Santa Maria Recife (PE) – AACA – Associação de apoio à criança e ao adolescente Recife (PE) – Comunidade Católica Lumen Teresina (PI) – NAV – Núcleo de Ação Voluntária Itapecuru-Mirim (MA) – SERCOM – Serviço Comunitário – Projeto Magnificat Regione Nord: Belém (PA) – Mariápolis Glória – NAC – Núcleo de Ação Comunitária Manaus (AM) – ACACF – Associação Comunitária de Apoio à Criança e à Família – Projeto Roger Cunha Rodrigues Fonte: http://www.focolares.org.br Se vuoi dare il tuo contributo per aiutare quanti soffrono degli effetti della crisi globale del Covid, vai a questo link (altro…)