Mar 9, 2020 | Sociale
Molti in tutto il mondo i gesti concreti di sostegno, comunione e condivisione di storie di speranza per diffondere l’“antivirus” della fraternità. “Non sono più ‘io che ho paura del contagio’ oppure ‘io che me ne frego del contagio’, ma sono IO che preservo l’ALTRO. Io mi preoccupo per te. Io mi tengo a distanza per te. Io mi lavo le mani per te. Io rinuncio a quel viaggio per te. Io non vado al concerto per te. Io non vado al centro commerciale per te. Questa è un’occasione per trasformare un’emergenza in una gara di solidarietà̀”. Con queste parole una giovane dei Focolari in un ampio post su Facebook incoraggia ad un cambio radicale di mentalità e di azione in questi giorni in cui il suo Paese, l’Italia, è salito al secondo posto nella classifica mondiale delle nazioni colpite dal Coronavirus. Una diffusione che si sta propagando in tutto il mondo, producendo una crisi i cui effetti indiretti sulla tenuta dei vari Paesi colpiti sono molteplici: dal sistema sanitario alla scuola, all’economia. “Pur comprendendo le preoccupazioni che oggi angosciano tanti attori economici – scrive l’economista Luigino Bruni, coordinatore internazionale dell’Economia di Comunione -, riteniamo che il ruolo delle “imprese civili” non possa esaurirsi solo nella contabilità dei danni e nel contribuire alla diffusione degli allarmi. È questo il momento di dimostrare che lo Stato siamo noi. E che la responsabilità sociale di impresa non è solo uno strumento di marketing ma è una pratica reale che si attiva soprattutto nel momento della crisi: dimostrando attenzione ai beni comuni (la salute, il lavoro), praticando una comunicazione corretta, formulando proposte concrete e sostenibili con una visione d’insieme, attivando azioni concrete rivolte alle persone più fragili, valorizzando un sistema fatto da imprese, famiglie, scuole, università, organizzazioni ed enti che diventino protagonisti di una nuova e indispensabile solidarietà proattiva”. Bruni cita una storia di responsabilità sociale di questi giorni, quella di Mahmoud Ghuniem Loutfi, che lavora come rider a Torino (Italia). Per riconoscenza verso la città che lo ha accolto ha comprato mascherine per la Croce Rossa locale. Non ha pensato al proprio danno economico ma si è chiesto che cosa poteva fare per la sua comunità, e quindi anche per sé stesso. Come Mahmoud, in questi giorni tanti stanno sperimentando esperienze di cooperazione, condivisione e solidarietà. Gloria, una giovane dei Focolari in Cina ci racconta da Hong Kong come la tecnologia aiuti a mantenere i contatti fra le varie persone: “cerchiamo di organizzare incontri in videoconferenza per restare sempre più uniti in questo periodo speciale. Visto che adesso bisogna stare di più a casa, il tempo che trascorriamo con i familiari è utile per capire di più le loro problematiche e sofferenze”. Caritas Lee vive a Ulsan, in Corea. Racconta di una raccolta fondi alla sua università. “L’obiettivo era raccogliere 500,000 won (€380). Dato che si trattava di piccole donazioni, ho pensato di partecipare ricordando le 1595 persone infettate e identificate in quel momento. Ma è successa una cosa meravigliosa: sono stati raccolti 46 milioni di won (€35.360) donati all’ospedale diocesano e al distretto sanitario di Daegu, la regione più colpita”. Dopo questo gesto altre università hanno voluto raccogliere fondi per aiutare il sistema sanitario. Non solo! “Tanti i volontari, medici e infermieri – spiega Caritas Lee – che vanno ad aiutare gratuitamente in ospedale. Alcuni proprietari di case invece non vogliono ricevere l’affitto mensile, o ancora alcune persone portano il cibo davanti casa per coloro che non possono uscire”. Yopi vive proprio a Daegu. La sua casa si trova vicino un ospedale pertanto si sentono di continuo le sirene delle ambulanze. “All’inizio quando le sentivo pregavo per i pazienti. Poi ha iniziato a prendermi l’ansia. Con l’inizio della Quaresima ho deciso di recitare ogni giorno il Rosario. Piano piano l’ansia lasciava posto ad una pace nel cuore”. Micaela Mi Hye Jeong invece scrive da Gumi, sempre in Corea. “Qui stiamo preparando 150 mascherine da distribuire nei posti di più urgenza. Abbiamo pensato: invece di procurare le mascherine usa getta che inquinano l’ambiente possiamo realizzarle noi stessi con cotone lavabile. In questo periodo gelido e bloccato dalla paura ho sentito come il mio cuore si scaldava con questa possibilità di vivere concretamente il Vangelo”. In Brasile, Armando, imprenditore EdC, ha un’azienda che lavora nel settore sanitario. “In questo periodo mascherine e disinfettanti hanno avuto prezzi fino al 500% in più rispetto al normale – racconta -. Mi sono chiesto: come imprenditore EdC come posso testimoniare ciò in cui credo e per cui vivo? Ho quindi deciso di andare contro i prezzi praticati dal mercato vendendo i miei prodotti con prezzi fino al 50% (o più) inferiori ai miei concorrenti, ed è bello avere il sostegno dei miei dipendenti per sostenere questa politica”.

Volontari della Protezione Civile impegnati nei controlli sanitari nell’aeroporto “Milano Malpensa”.
In Italia alcuni giovani dei Castelli Romani si sono offerti per fare la spesa al supermercato con consegna gratuita a domicilio. “Se avete più di 70 anni o avete patologie e per precauzione preferite rimanere a casa ci incarichiamo noi della vostra spesa – si legge nel messaggio WhatsApp -. Alla spesa nun ce pensà, Superiamo Presto Questa Realtà”. E sempre dall’Italia, don Paolo, parroco di Gorgonzola, un paesino in provincia di Milano famoso in tutto il mondo per il formaggio, insieme al sindaco sono andati ad incontrare i sindaci di alcuni comuni nella “zona rossa”, consegnando quattro pezzi di formaggio, “segno della vicinanza della nostra gente alla loro popolazione – spiega don Paolo -. Segno per me di voler donare un antivirus, l’antivirus della fraternità. (…) L’attenzione che dobbiamo avere per non contagiare va vissuta non nella forma del sospetto, ma nella forma di un atto d’amore reciproco che ci doniamo vicendevolmente. E allora anche le privazioni che ci sono richieste, credo sia importante viverle proprio come atto d’amore nei confronti dei fratelli”. Questa è l’occasione giusta per trasformare l’emergenza in una gara di solidarietà.
Lorenzo Russo
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Mar 9, 2020 | Collegamento
Continua il viaggio di Paolo Balduzzi nella storia di Chiara e dei Focolari. Questa volta fa tappa a Roma dove Chiara ha incontrato Igino Giordani, primo co-fondatore, aprendo con lui il carisma all’ecumenismo, alla politica, alle mille realizzazioni sociali e civili che sono nate. https://vimeo.com/388273522 (altro…)
Mar 7, 2020 | Nuove Generazioni
400 giovani, 56 paesi, 16 lingue, 4 giorni: WeGENerate! Il racconto di Conleth Burns dell’Irlanda del Nord.
In gennaio, io e Luisa, un’amica brasiliana, abbiamo parlato con 400 Gen 2, i giovani del Movimento dei Focolari, riuniti a Trento, nel Nord Italia. Abbiamo fatto loro una domanda: volete essere la Generazione del Mondo Unito? La generazione che renderà reale un mondo unito entro il 2050? Settantasette anni prima, Chiara Lubich e i suoi amici avevano fatto di una frase del Vangelo: “Che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21) – lo scopo e la mission della loro vita. Il mese scorso mi trovavo al congresso internazionale Gen 2 dal titolo “WeGENerate”, con alcune centinaia di giovani, della stessa età in cui Chiara ha detto questo “Sì” al Vangelo; per la prima volta mi è capitato di pensare che questa preghiera per l’ “Ut Omnes”, cioè per l’unità della famiglia umana, potesse essere una domanda piuttosto che una semplice dichiarazione in forma di preghiera. Una domanda, perché questa preghiera richiede una risposta. Una domanda, perché non sono solo belle parole per pregare, Ma sfidano chi le legge a viverle per trovare la risposta. Una domanda, perché “Ut Omnes” è un argomento sul quale porsi delle domande, non un dato di fatto. La domanda che Luisa ed io abbiamo rivolto il mese scorso ai ragazzi se, cioè, volessero essere la generazione del mondo unito, non era altro che la domanda – anche se riformulata diversamente – a cui Chiara Lubich aveva risposto nel 1943. Alla fine del quesito abbiamo messo una data per vedere se noi, i Gen, volevamo davvero rispondere. Invece di rispondere a parole, abbiamo deciso di organizzarci. Per questo un pomeriggio tutti noi, 400 Gen, ragazze e ragazzi di 56 Paesi, con traduzione in 16 lingue, abbiamo pianificato azioni locali e globali per combattere la corruzione, ridurre le disuguaglianze, fermare il cambiamento climatico, riattivare il dialogo e prevenire i conflitti. Abbiamo risposto a questa domanda di Ut Omnes, di unità, pianificando attività di promozione, di formazione globale per proteggere la democrazia, prevenire i conflitti, combattere la corruzione e fermare la disuguaglianza. Abbiamo risposto a questa domanda decidendo di promuovere le campagne #CleanPlate, #GreenDay #ClearPlasticJarChallenge e CarPooling per combattere i problemi ambientali. Abbiamo immaginato piattaforme e applicazioni per sbloccare il dialogo; rompendo l’ignoranza e costruendo relazioni. Mark della Siria ha detto di voler tornare in Siria per aiutare a ricostruire il suo Paese. Victor ha risposto a questa domanda sfidando sé stesso a essere una realizzazione viva del carisma dell’unità in Venezuela. Joelle ha risposto a questa domanda promettendo di riportare in Libano questo messaggio di unità e di amore. Tutti contesti che non sono diversi da quello di Chiara, quando rispose alla stessa domanda nel 1943. Molte persone, come Marco, Joelle e Victor, quest’anno si recheranno a Trento per “incontrare” la città di Chiara Lubich. Visiteranno la mostra a lei dedicata e i luoghi della città in cui ha vissuto, incontreranno una comunità di persone che oggi vivono per costruire l’unità a Trento. Ci andranno per capire le radici della storia di Chiara e dei Focolari. Da questo congresso ho capito che se si vuole davvero andare alle origini di questa storia, bisogna farsi le domande alle quali lei ha risposto nel 1943: l’unità è possibile? E ancora: e tu, ci credi che possiamo essere tutti una cosa sola? E se sì, cosa posso fare io?
Conleth Burns
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Mar 4, 2020 | Collegamento
Siamo andati in Gran Bretagna a pochi giorni della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Abbiamo incontrato molte persone, anche della comunità dei Focolari, per capire cos’è successo e quali sono le loro speranze. https://vimeo.com/388455754 (altro…)
Mar 2, 2020 | Cultura
L’economista Luigino Bruni, direttore scientifico dell’evento: “Arriveremo più preparati. I giovani dal mondo stanno rispondendo con grande senso di responsabilità e il desiderio di impegnarsi ancora di più. Da una ferita potrà nascere una benedizione”. In accordo con il Santo Padre, slitta al 21 novembre prossimo “The Economy of Francesco”, ma non si ferma il lavoro dei del comitato scientifico e dei giovani coinvolti nell’organizzazione. Anzi, procede con grande impegno ed entusiasmo come si legge nella nota stampa del 1 marzo.
La decisione è stata presa – si legge – “viste le difficoltà negli spostamenti per i circa duemila giovani provenienti da 115 Paesi” di cui si prevede la partecipazione e anche a causa del coronavirus. L’appuntamento, tuttavia, è solo rimandato e Papa Francesco sarà ad Assisi in novembre per incontrare i giovani che, già qualche giorno prima, prenderanno parte a laboratori, dialoghi e approfondimenti su svariati temi economici. Il focus tematico è contenuto nella lettera che il 1° maggio 2019 Papa Francesco ha indirizzato ai “giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondo”, invitandoli a ri-animare l’economia – nel senso letterale di ridarle un’anima – ad essere tra coloro che rispondono al grido dei poveri della terra e non si volgono dall’altra parte. “Per questo desidero incontrarvi ad Assisi – scrive il Santo Padre – per promuovere insieme, attraverso un “patto” comune, un processo di cambiamento globale che veda in comunione di intenti non solo quanti hanno il dono della fede, ma tutti gli uomini di buona volontà, al di là delle differenze di credo e di nazionalità, uniti da un ideale di fraternità attento soprattutto ai poveri e agli esclusi”. Il prof. Luigino Bruni, direttore scientifico dell’evento, in un post su Facebook ringrazia il papa per la nuova data. “Arriveremo più preparati – aggiunge. “I giovani dal mondo stanno rispondendo con grande senso di responsabilità e il desiderio di impegnarsi ancora di più. Da una ferita potrà nascere una benedizione. Dobbiamo essere sognatori realisti, e quindi vivere le ansie e le crisi del nostro tempo, e poi fare di tutto perché ‘no one less’ — non uno di meno dei 2000 già selezionati e che si erano già iscritti e in molti acquistati i biglietti aerei. Mi ha colpito non leggere in questi nessun lamento dai giovani per il rinvio ma solo voglia di continuare la corsa. Abbiamo già fatto 230 eventi Towards Assisi, ne faremo altri trecento in questi otto mesi in più”.
Stefania Tanesini
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Mar 2, 2020 | Cultura
Dopo dodici anni di presidenza, il Prof. Piero Coda, che ha guidato l’Istituto Universitario Sophia fin dalla sua fondazione, passa il testimone al Prof. Giuseppe Argiolas, docente di Management nello stesso Istituto. È il primo cambio della guardia per l’Istituto Universitario Sophia (I.U.S.), che coincide anche con l’attribuzione da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica del titolo di “Rettore” a colui che prima era il Preside dell’Istituto. Quindi, il Prof. Giuseppe Argiolas è il nuovo Rettore di Sophia. Succede al Prof. Piero Coda che ha guidato l’Istituto fin dalla sua fondazione, con sapienza e spirito di profezia. L’elezione è avvenuta il 9 gennaio scorso, da parte del Consiglio Accademico dell’Istituto. Il 20 febbraio 2020, con una lettera, la Congregazione per l’Educazione Cattolica ha nominato il Prof. Giuseppe Argiolas Rettore dell’Istituto Universitario Sophia, per un quadriennio. Si è tenuta questa mattina, presso l’Aula Magna dell’Istituto Universitario Sophia la cerimonia di insediamento del nuovo Rettore.
Argiolas è nato a Cagliari nel 1969. È docente stabile dell’I. U. Sophia dal 2016, quando ha lasciato il suo ruolo presso l’Università di Cagliari per dedicarsi al progetto di sviluppo del corso di laurea in Management e dirigere la Scuola di Dottorato dell’Istituto. La sua attività di ricerca si concentra principalmente sui temi della Responsabilità Sociale delle Imprese e delle Organizzazioni e del Management di Imprese “Mission-Driven” (vedi Biografia). «Innanzitutto voglio esprimere profonda ammirazione per il Prof. Piero Coda e un grande ringraziamento per ciò che ha fatto fino ad oggi – ha commentato il prof. Argiolas – da parte mia, cercherò di fare del mio meglio nell’esercitare il compito affidatomi, interpretando questa responsabilità come un servizio di unità». E continua: «Finisce la fase fondativa e comincia quella di consolidamento e sviluppo con il passaggio generazionale. Ma ciò che non dovrà mancare è la dimensione carismatica. Sophia continuerà a compiere, con fedeltà creativa, la missione per cui è stata fondata da Chiara Lubich, percorrendo insieme a tanti compagni di viaggio – come ci ha detto Papa Francesco – con “gioia, visione e decisione” sempre nuove “il cammino appena iniziato». Aggiunge il prof. Piero Coda, che lascia dopo dodici anni di presidenza: «Sono felice della nuova tappa nel cammino di Sophia che inizia sotto la guida esperta e ispirata di Giuseppe Argiolas, frutto di una costante e consolidata maturazione a tutti i livelli. La nomina non più a Preside ma a Rettore da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica giunge inaspettata e benvenuta come sigillo e ulteriore impulso. L’occasione è propizia per rinnovare con slancio e gioia con il Rettore e con tutta la comunità accademica quel patto di unità che qualifica lo spirito che ci anima e che è rilanciato oggi con vigore dal Global Compact on Education di Papa Francesco». Maria Voce, Vice Gran Cancelliere dell’Istituto e Presidente del Movimento dei Focolari, ha augurato: «Sono lieta di rinnovare le mie congratulazioni al Prof. Giuseppe Argiolas, nuovo Rettore dell’Istituto Universitario Sophia. La sua elezione segna senz’altro un passaggio di generazione e di ambito accademico rispetto alla presidenza uscente. Sono certa che il prof. Argiolas vi porterà il dono delle sue caratteristiche personali, restando fedele all’origine carismatica della cultura dell’unità e attualizzandola per rispondere nel miglior modo possibile alle domande del tempo attuale».
Fonte: Ufficio Stampa Istituto Universitario Sophia
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Mar 2, 2020 | Ecumenismo
Ad Aquisgrana il Movimento dei Focolari in Germania ha consegnato il Premio Klaus Hemmerle all’ Arcivescovo Anastasios di Tirana, Albania
Non è un volto noto alle prima pagine dei giornali, quello del mite novantenne con la barba bianca che venerdì 14 febbraio ha ricevuto ad Aquisgrana (Germania) il “Premio Klaus Hemmerle” conferito dal Movimento dei Focolari in Germania. Ma Anastasios Yannoulatos, Arcivescovo greco-ortodosso di Tirana (Albania) è una personalità ben conosciuta e stimata sia a livello ecclesiale internazionale che a livello politico, soprattutto nell’Europa orientale. Nel suo discorso di ringraziamento ha augurato una “coesistenza pacifica in un mondo multi-religioso”. Si è dichiarato affascinato da una frase di Albert Einstein sulla forza dell‘amore: “Ognuno porta in sé un generatore di amore, piccolo ma efficiente, la cui energia aspetta solo di essere liberata, perché l’amore è la quintessenza della vita”. E ha ricordato che è stato questo stesso amore ad incoraggiare il vescovo Klaus Hemmerle (1929 – 1994) ad impegnarsi instancabilmente per la pace e la riconciliazione nel mondo. Un impegno che caratterizza anche la vita e l’agire del Metropolita Anastasios.
Mons. Helmut Dieser, come attuale Vescovo di Aquisgrana ed uno dei successori di Klaus Hemmerle, ha dato il benvenuto ai 300 ospiti radunati nel Duomo Imperiale della città di Carlo Magno, presentando il premiato come “pioniere della fede e dell’ecumenismo”. Lo ha confermato il Metropolita Augoustinos Lambardakis, presidente della conferenza episcopale ortodossa in Germania, sottolineando la stima di cui gode il Metropolita Anastasios nel mondo ortodosso, dove la sua parola trova ascolto nonostante le tensioni tra le diverse Chiese autocefale. Maria Voce, Presidente dei Focolari, ha sottolineato in un messaggio anche l’instancabile impegno del Metropolita Anastasios per il dialogo tra cristiani e musulmani, ringraziandolo per la sua capacità di suscitare comunione, fratellanza e condivisione. Nella laudatio il card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha ridisegnato il percorso Metropolita Anastasios, che l’ha portato dalla Grecia attraverso l’Africa fino all’Albania, dove ha dimostrato come “il dialogo interreligioso e l’impegno missionario non debbano essere in contrasto”. Ha sottolineato inoltre come dal 1992 si sia impegnato, con prudenza, per ricostruire e rinvigorire la Chiesa Ortodossa in Albania contribuendo alla diminuzione delle forti tensioni nei Balcani. Con il “Premio Klaus Hemmerle” il Movimento dei Focolari in Germania vuole onorare ogni due anni una personalità meritevole nel campo del dialogo tra le Chiese, le religioni e le convinzioni ideologiche. Tra i premiati il già-presidente delle Federazione Luterana Mondiale, il vescovo emerito Christian Krause (2006); il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I (2008); la dottoressa musulmana Noorjehan Abdul Majid del Mozambico (2016) e il Rabbino tedesco Henry Brandt di Augsburg in Germania (2018).
Andrea Fleming
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Feb 29, 2020 | Chiara Lubich
Inaugurata nella Città Santa la mostra “Chiara Lubich Città Mondo”, prima tappa delle sezioni internazionali, con una sezione dedicata al viaggio di Chiara Lubich del 1956. “Non credevo che Gerusalemme e i Luoghi Santi avrebbero inciso così sul mio animo (…) ogni pietra diceva una parola, molto di più di una parola, cosicché, alla fine, l’anima era tutta inondata, tutta piena della presenza di Gesù̀”[1]. Chiara Lubich esprime in una intensa pagina di diario l’esperienza dell’unico viaggio che ha fatto a Gerusalemme e in Terra Santa nel 1956. A ricordo ci sono diverse fotografie in bianco e nero, un video-giornale, ma la testimonianza più grande è la presenza attiva della comunità dei Focolari in questa città che proprio oggi, 29 febbraio 2020, inaugura presso la Curia della Custodia di Terra Santa la mostra “Chiara Lubich Città Mondo”, aperta fino al 14 marzo prossimo. L’esposizione riproduce quella attualmente aperta al pubblico presso le Gallerie di Piedicastello a Trento (Italia), curata dal Centro Chiara Lubich in collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino. Si tratta della prima delle sezioni internazionali che, nell’anno dedicato al centenario di Chiara Lubich, si ripeteranno anche a Città del Messico, Sidney, Mumbai, San Paolo, Algeri e Nairobi. Un primato simbolico, questo di Gerusalemme, città-culla delle tre grandi religioni monoteiste, casa per molti popoli. Qui la comunità dei Focolari è presente dal 1977 con il mandato di contribuire a realizzare quell’unità che, proprio in questa terra, Gesù aveva chiesto al Padre.
Anche a Gerusalemme il percorso espositivo della mostra, riproposto in un formato ridotto e riadattato, racconta i momenti significativi della vita della fondatrice dei Focolari, il suo pensiero e la sua opera, attraverso documenti, scritti autografi e materiale fotografico. Ma questa edizione ha una sua specificità, offerta solo a chi la visita qui: una sezione dedicata al rapporto tra la fondatrice dei Focolari e Gerusalemme, come spiega Claudio Maina co-responsabile dei Focolari in Terra Santa. “Abbiamo voluto portare a Gerusalemme questa mostra per far conoscere più in profondità la vita, la spiritualità e l’opera di Chiara, ma anche per testimoniare il rapporto che l’ha legata a questa città. In realtà, Chiara è stata a Gerusalemme una sola volta e per pochi giorni. Ma da quel viaggio ha avuto inizio una storia che continua fino a oggi: anche in Terra Santa, infatti, oggi ci sono persone che hanno accolto la spiritualità di Chiara e la vivono”. Una parte della mostra è dedicata anche al grande sogno di Chiara per questa città segnata profondamente da divisioni e ferite storiche: che nascesse un centro di spiritualità, studio, dialogo e formazione all’unità. “Un sogno, un’intuizione che via via si è precisata – racconta Terese Soudah – nel progetto del Centro per l’unità e la pace: progetto a cui da anni stiamo lavorando e che, malgrado tante difficoltà, va avanti e speriamo presto di poter realizzare”. Tra le autorità presenti, il Nunzio e Delegato Apostolico a Gerusalemme, mons. Leopoldo Girelli, il rappresentante del Patriarcato dei Latini, Padre Stéphane Milovitch, direttore dell’ufficio dei Beni Culturali della Custodia di Terra Santa, oltre agli amici cristiani, ebrei e musulmani che compongono la famiglia dei Focolari in Terra Santa. A causa dell’emergenza Coronavirus la delegazione italiana non ha potuto partecipare, ma si è fatta presente attraverso contributi video. Così il presidente della Provincia Autonoma di Trento Maurizio Fugatti, che ha augurato la miglior riuscita della mostra per poter portare nel mondo il messaggio che Chiara Lubich ha dato al Trentino e all’Italia. Il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, ha espresso l’augurio che attraverso questa mostra la spiritualità di Chiara ricordi a questa terra così travagliata il valore dell’unità, frutto della preghiera di Gesù, ancora così attuale. In un messaggio video, Anna Maria Rossi e Giuliano Ruzzier, curatori della mostra a Trento con Maurizio Gentilini, hanno introdotto il percorso espositivo: “Abbiamo pensato a un progetto che non si limitasse soltanto alla città di Trento, ma, come è stato nella vita di Chiara, si allargasse fino agli ultimi confini della terra, comprendendo tutti e cinque i continenti”. Al taglio del nastro il Nunzio, mons. Girelli, ha richiamato l’estrema attualità del messaggio di Chiara: “Qui a Gerusalemme potremmo invertire le parole del titolo della mostra e chiamarla: Chiara Lubich, mondo città, perché dal mondo questa mostra è giunta nella città per eccellenza, la città santa, la città dell’unità, della fraternità, del dialogo tra le religioni, tra i popoli”.
Stefania Tanesini
[1] Chiara Lubich, Scritti Spirituali/1: L’attrattiva del tempo moderno, Citta Nuova Editrice, p.172-179 (altro…)
Feb 29, 2020 | Vite vissute
Il 5 febbraio 2020 il focolarino colombiano Juan Carlos Duque, è morto per un incidente avvenuto nel Centro “Fiore” a Lima (Perù) dove viveva in focolare. Pochi giorni prima, preparandosi al sacerdozio, era stato ordinato diacono attorniato dalla comunità in festa. Vi riportiamo una lettera di saluto scritta da Gustavo Clariá, un suo compagno di focolare Carissimo Juan Carlos, come avevo fatto tante volte, ti avevo chiesto di aiutarmi, questa volta per entrare nel mio account di posta elettronica per rispondere ad alcuni messaggi. Avevo la password, ma da solo non riuscivo. Come sempre, e nonostante che ci avessero chiamato a pranzo, ti sei fatto carico del mio problema e l’hai risolto, con la tua abituale velocità. Il pranzo è stato come ogni giorno: discorsi seri mescolati a battute scherzose, la tua inconfondibile risata, felici di stare tutti insieme.
Sei stato il primo ad alzarti per portare i piatti a lavare. E poi sei partito di corsa verso il “tuo” Centro Fiore, per cercare di riattivare la grande cisterna d’acqua, inutilizzata da tempo. Io, invece, sono andato a riposare. Dopo alcuni minuti è suonato il mio cellulare. Era Pacho: “Juan Carlos ha avuto un grave incidente … ha fatto un passo falso sul tetto ed è precipitato giù … è morto sul colpo …”. Non riuscivo a credere a ciò che mi si diceva, tutto me stesso rifiutava ciò che le mie orecchie avevano sentito. Sono solo riuscito a dire “Dio mio”, “Dio mio”, “Dio mio” … non so quante volte l’ho ripetuto e ho continuato a farlo, in silenzio, mentre correvamo con Mario diretti al vicino Centro Fiore. Increduli, abbiamo costatato con i nostri occhi quanto era successo … Quel giorno, 5 febbraio alle ore 15:15, ha cambiato la nostra vita. Niente era più come prima e occorreva accettare la realtà. Io, lo sai, sono andato per tre volte in cappella, confuso, chiedendo qualche spiegazione: “Com’è possibile?”, “Abbiamo donato la nostra vita per seguirti e Tu, da che parte stai …?”. Silenzio. Alla terza volta mi hai risposto: “Tu hai ancora tante cose da perdere”. Sono uscito quasi umiliato, perché ho capito che ero molto lontano da dove, invece tu, Juan Carlos, eri arrivato. Credevamo che ti stessi preparando al sacerdozio … in realtà ti preparavi per l’incontro più importante della Vita. Con il trascorrere delle ore e a forza di chiedere “aumenta la nostra fede”, quella tragica caduta che avevamo costatato con i nostri poveri occhi, si è man mano trasformata, con gli occhi della fede, in un magistrale “volo” verso l’Alto. Sì, amico e fratello, non è stata una caduta ma un VOLO. Ce l’avevi già annunciato il 25 gennaio, nella tua ordinazione diaconale. Ci avevi ricordato S. Filippo Neri, quel geniale santo toscano che, quando venne nominato monsignore, buttò in aria il cappello esclamando “Paradiso, Paradiso”. A lui non interessavano i titoli, soltanto l’incontro con Dio … là dove ora sei, insieme a quanti ti hanno preceduto. Addio (= A Dio), caro Juan Carlos! Finché Dio vorrà che ci raduniamo ancora, tutti insieme, per mai più separarci. Ci mancherà la tua gioia, le tue sonore risate, le arepas e il pollo al sale … la tua disponibilità e premura verso ciascuno di noi, la tua capacità di risolvere i problemi e di “dare sapore alla vita”, la tua trasparenza e radicalità di semplice focolarino, amico di Gesù. Resti nella nostra vita come un faro di luce che ci accompagna e ci guida.
Gustavo E. Clariá
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Feb 28, 2020 | Chiesa
A Castel Gandolfo un laboratorio di speranza fra diversi carismi per favorire la comunione tra le famiglie religiose, attraverso la spiritualità dell’unità di Chiara Lubich.
“Chiesa in uscita”, “ospedale da campo”. Papa Francesco ha più volte sottolineato come vorrebbe vedere la Chiesa oggi: capace di riscaldare i cuori dei fedeli, di curare le ferite e di uscire verso le periferie esistenziali. Ma per poter rispondere bene alle esigenze del mondo frammentato e ferito di oggi, la Chiesa deve unire le proprie forze e mettere insieme i propri talenti. Questo vale in modo particolare per i carismi, cioè le forze rinnovatrici che lungo la storia sono nate nella Chiesa in risposta ad esigenze storiche precise e che poi hanno trovato una forma duratura nelle varie “famiglie” religiose. Ma come trovarsi, stare insieme ed agire uniti tra realtà che lo Spirito Santo ha creato distinte? Il convegno dell’8 e 9 febbraio scorsi al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (Roma, Italia), dal titolo “Carismi in comunione: la profezia di Chiara Lubich” ha voluto evidenziare che la spiritualità dell’unità di Chiara Lubich può offrire qualche strumento in questa direzione. 400 partecipanti – religiosi/e, consacrati/e e laici cattolici con una rappresentanza ortodossa – provenienti da 100 famiglie religiose e 33 Paesi si sono ritrovati per confrontarsi, dialogare e mettere in comunione le proprie identità – per formare insieme una Chiesa più bella, più ricca e più attraente. Il titolo del convegno “stimola a vivere nell’ascolto e nel dono reciproco – ha affermato Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari nel suo intervento – perché offrendo la ricchezza degli specifici carismi si realizzi un’autentica esperienza di condivisione (…) per dare alla Chiesa un volto credibile di fronte al mondo”. “Le persone consacrate, venendo a contatto con il Movimento dei Focolari – sostiene il Card. João Braz De Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica – hanno trovato una spinta e un aiuto a valorizzare l’originalità dei propri specifici carismi, a rinnovare i rapporti di fraternità nei loro Istituti, ad apprezzare ed amare gli altri carismi come il proprio”. Nei due giorni di incontro si è attivato un laboratorio vivo, per far vedere in che maniera questa ricchezza della Chiesa può diventare bella, fruttuosa nell’insieme, nell’annuncio del Vangelo e nella credibilità della Chiesa. La significativa presenza di una cinquantina di laici di diverse famiglie religiosi ha contribuito non poco a questa prospettiva. “I carismi sono fonte di gioia ed espressione dell’estetica della Chiesa – sostiene Padre Fabio Ciardi, Oblato di Maria Immacolata, teologo della vita consacrata –. Fanno esclamare: ‘Che bella cosa!’”. “Quando da novizia ho ascoltato Chiara che ci incoraggiava “ad amare la congregazione dell’altra come la propria”, ho capito che davvero l’unità è un valore fondamentale” afferma Sr Tiziana Merletti, delle Francescane dei poveri, canonista. “Non si tratta più di accordare l’insostituibile contributo delle realtà carismatiche alla missione della Chiesa, ma di metterne in circolo i doni a tutti e per tutti (…) al discernimento dei sentieri più adatti a servizio dell’annuncio del Vangelo” ribadisce Piero Coda Preside dell’Istituto Universitario Sophia di Loppiano e aggiunge che bisogna “arrivare con una conversione radicale, sino ad amare l’altro, il suo carisma, la sua famiglia religiosa, più del proprio carisma e della propria famiglia religiosa. Solo così si è Chiesa carismatica e missionaria”!
Lorenzo Russo
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