Movimento dei Focolari

Libano – IRAP: per scuola una casa

È iniziata come scuola per sordo-muti, ma l’IRAP è molto di più: tra le sue mura tutti trovano casa e negli anni sono nati laboratori di pasticceria e di artigianato che hanno creato posti di lavoro e spazi di convivenza. Una storia che dice che l’integrazione non è un’eccezione, ma la quotidianità e il destino del popolo libanese. https://vimeo.com/342338337 (altro…)

“Che sia una gioia per Papa Francesco!”

Lunedì, 2 settembre, alle ore 10.45, la Presidente e il Copresidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce e Jesús Morán, saranno accolti da Papa Francesco in un’udienza privata.   Si sta avvicinando un anno importante per i Focolari: dal 7 dicembre 2019 al 7 dicembre 2020 il Movimento ricorderà il Centenario della nascita di Chiara Lubich. Con mostre, pubblicazioni e manifestazioni vuole offrire a tanti la possibilità di conoscere di più la fondatrice ed il suo “Carisma dell’Unità”. Il motto ufficiale del Centenario, “celebrare per incontrare”, dimostra che non si tratta di un ricordo nostalgico, ma che il messaggio originale di Chiara Lubich è più che mai attuale e coinvolgente. Nella recente “Mariapoli Europea” nelle Dolomiti i partecipanti, provenienti da tutto il continente, hanno espresso un invito forte a tutti i popoli europei affinché stringano tra di loro un patto di fraternità. Essa è stata un esempio dell’attualità anche politica del messaggio di Chiara. Anche per la vita interna del Movimento l’anno del Centenario sarà di grande importanza: nel settembre 2020 avrà luogo l’Assemblea Generale dei Focolari che – oltre ad eleggere la Presidente ed il Copresidente – darà gli orientamenti al Movimento per i prossimi sei anni. Motivi sufficienti per informare Papa Francesco sulla vita attuale del Movimento, sui progetti in corso, sulle sfide da affrontare. La richiesta di Maria Voce, rivolta al Vaticano il 18 giugno 2019, di incontrare il Papa in udienza privata, ha avuto una risposta in tempi molto brevi. Così il pontefice accoglierà la Presidente ed il Copresidente lunedì prossimo, 2 settembre, alle ore 10.45. Maria Voce ha invitato a pregare per questo incontro “affinché dia gioia al Papa e sia di grazia per tutto il Movimento dei Focolari”.

Joachim Schwind

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Giovani e legalità, sulla scia di Pathways for a United World

Giovani e legalità, sulla scia di Pathways for a United World

Un campus a Bologna (Italia) sulla legalità, promosso dai Giovani per un Mondo Unito dei Focolari. Uno spazio di formazione, partecipazione e azioni sociali per attivare processi di cambiamento e ricostituzione del tessuto sociale. Dal 20 al 28 luglio, una quarantina di giovani provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia, si sono dati appuntamento a Bologna (Italia) per dare vita ad un Campus durante il quale impegnarsi concretamente per gli altri. Hanno conosciuto e lavorato con associazioni e gruppi che si impegnano in ambito civile, come l’integrazione degli immigrati e la lotta al gioco d’azzardo. Hanno collaborato con centri estivi e giovanili, mense, trovando insieme modi diversi e originali di fare le cose. 27175c27 fc40 4d3b 9de2 046783b520e4“Il Campus – ci spiega Francesco Palmieri, uno degli organizzatori – nasce da una prima esperienza a Siracusa, qualche anno fa, che ha avuto successo e poi si è ripetuta a Roma e a Torino. Quest’anno, a Bologna, i giovani hanno individuato il quartiere della Cirenaica, un quartiere multietnico nel quale la situazione sociale è molto complessa.  Il Campus è un’esperienza di impegno civile che parte da giovani per altri giovani come noi, per rispondere a una domanda: possiamo fare qualcosa?”. Si parla di impegno personale, quindi, anche durante i momenti di formazione con vari esperti, da magistrati a professori universitari, da volontari a sacerdoti e laici impegnati in prima linea in ambito civile. Il tema della legalità viene a galla, declinato sotto più aspetti, come l’accoglienza dei migranti, la lotta alle mafie e al gioco d’azzardo. “Questa esperienza del Campus – dice ancora Francesco – ci arricchisce e ci fa tornare a casa con tante risposte a domande che magari non ci eravamo mai poste”. Tra gli esperti presenti c’era la prof. Adriana Cosseddu, responsabile della rete internazionale Comunione e diritto. Le abbiamo fatto qualche domanda: I giovani dei Focolari, hanno lanciato nel 2018 “Pathways for a united world”, sei percorsi per un mondo unito con azioni e approfondimenti su sei grandi tematiche. Dopo il primo dedicato ad economia, comunione e lavoro, con il secondo quest’anno si vogliono approfondire diritti umani, giustizia, legalità, pace. Quali gli obiettivi? “Si tratta di percorsi che, insieme alle Comunità dei Focolari nel mondo, i giovani e i ragazzi si impegnano a vivere da protagonisti, per concorrere a fare dell’umanità una famiglia. Le vie sono tante e quest’anno ne abbiamo scelte quattro: aprire le porte al dialogo e all’accoglienza perché i diritti umani vengano riconosciuti e attuati. Operare con tutte le forze per la pace, perché si arrivi a superare la logica dello-scontro con l’in-contro, e la pace sia perseguita universalmente come diritto dell’umanità. Ma per una pace autentica occorre praticare la giustizia, custode delle relazioni, che fondano la nostra convivenza. Ed ecco l’importanza della legalità, che chiede anche attraverso norme e comportamenti di attivare processi capaci di spezzare la logica del profitto e del privilegio, della corruzione diffusa, per promuovere imparzialità ed equità”. 74cbcf7b 3e5a 4fbb 8ff5 8ecbc7ec1ec1Qual è il “di più” che il carisma dell’unità porta al diritto? “Il carisma dell’unità genera sull’altro un nuovo sguardo: non l’estraneo o un nemico, da cui difendermi, ma un dono per me, nella ricchezza della sua diversità. La reciprocità, che nel diritto si traduce in diritti – doveri, diventa nel “di più” dell’amore reciproco richiamo alla responsabilità verso l’altro, di cui devo aver cura. Così, se oggi il diritto tende a tutelare i diritti degli individui, l’orizzonte che Chiara Lubich ci ha aperto è quello di un diritto “strumento” di comunione. E la comunione indica un obiettivo: operare perché le concrete relazioni umane, anche quelle che si svolgono sotto il segno del diritto, aiutino le parti coinvolte a guardare oltre sé e riconoscersi reciprocamente, nella rispettiva dignità e secondo una libertà responsabile, per aprirsi alla collaborazione. Così si generano frammenti di fraternità”.   Prossima tappa:

  • Seminario internazionale “Dai Diritti Umani al Diritto alla Pace: in cammino con l’umanità”, promosso dalla rete internazionale “Comunione e Diritto”, a Loppiano (Italia), dal 19 al 21 settembre 2019

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Il “Tempo del Creato”

Il “Tempo del Creato”

Con la giornata mondiale di preghiera per la custodia del creato, il 1° settembre inizierà un mese ricco di iniziative per la cura dell’ambiente e non solo. Intervista a Cecilia Dall’Oglio del Global Catholic Climate Movement.  Cos’hanno in comune la questione ambientale e l’Ecumenismo? Molto, anzi moltissimo se si considera che nel 1989 fu il patriarca della Chiesa Ortodossa di Costantinopoli, Dimitrios a dare la spinta decisiva alle diverse Chiese cristiane per dichiarare congiuntamente il 1° settembre Giornata mondiale di preghiera per la custodia del Creato. Quest’anno la ricorrenza s’inserisce in un anno carico di azioni globali per il clima, grazie anche all’accelerazione impressa dai milioni di giovani che, con Greta Thunberg, si sono mobilitati e hanno scosso coscienze e bussato ai Parlamenti. “Non solo i singoli ma anche le nostre comunità dovrebbero interrogarsi sulla sostenibilità ambientale delle loro attività”, sostiene Luca Fiorani, fisico e coordinatore internazionale di EcoOne, movimento culturale che s’ispira alla spiritualità dei Focolari in campo ambientale. “E per iniziare a cambiare mentalità e adottare uno stile di vita ecologico occorre innanzi tutto informarsi. Mi faccio pubblicità: ho appena pubblicato un piccolo libro di meno di 80 pagine: “Il sogno (folle) di Francesco. Piccolo manuale (scientifico) di ecologia integrale”. Conduco il lettore per mano tra i concetti chiave dell’Enciclica Laudato Si’, i recenti risultati della negoziazione internazionale sui cambiamenti climatici e i dati scientifici più aggiornati sullo stato di salute del nostro pianeta”. Luca Fiorani ci spiega anche che da una decina d’anni EcoOne collabora con il Global Catholic Climate Movement. Cecilia Dall’Oglio è responsabile dei programmi dell’organizzazione e le abbiamo rivoto alcune domande.

  • Quali sono le tue motivazioni personali d’impegno per l’ambiente?

Il desiderio di non abbandonare i miei fratelli e sorelle nel mondo che soffrono per le stesse cause per cui soffre la nostra Madre Terra. Il desiderio di dare il mio contributo affinché altri possano fare l’esperienza diretta di incontro, che ho potuto fare io, con testimoni di speranza, di Chiesa viva impegnata per la giustizia sociale. Nella Laudato si’ Papa Francesco ci ricorda infatti che “Non ci sono due crisi diverse, ambientale e sociale, ma un’unica crisi socio-ambientale da affrontare con “un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (LS 139). Mi sono impegnata per più di venti anni con la FOCSIV nel coordinare campagne per la giustizia sociale insieme agli uffici della CEI ed alle aggregazioni laicali cattoliche e vorrei qui ricordare in modo speciale il caro Marco Aquini del Movimento dei Focolari. Questo annuncio, questa resistenza attiva, deve essere davvero efficace e liberare il povero che grida e per questo sono felice ora di cogliere la sfida attuale al servizio del Global Catholic Climate Movement di cui il Movimento dei Focolari è membro attivo.

  • Qual è il “di più” che la fede può portare al movimento ambientale?

La fede è fondamentale per portare nel campo ambientalista l’approccio dell’ecologia integrale. La conversione ecologica e l’adozione di nuovi stili di vita sono proposte per la gioia piena, quella “sobrietà felice” di cui parla anche l’Instrumentum laboris del Sinodo speciale dell’Amazzonia, la pienezza della vita, la vera libertà. Tutti i cristiani sono chiamati ad essere custodi del Creato di Dio perché “Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana.”(LS 217). Il Global Catholic Climate Movement è nato nel 2015 per sostenere le comunità cattoliche in tutto il mondo nel rispondere all’appello urgente di Papa Francesco nella Laudato Si’ attraverso una conversione ecologica a livello spirituale che conduca a rinnovati stili di vita e a una partecipazione congiunta dei cattolici alle mobilitazioni per la giustizia climatica.

  • Che cos’è il “Tempo del Creato” e cosa può fare ciascuno di noi per aderirvi?

season of creation 2017Il Tempo del Creato è un “tempo favorevole”, un Kairos, durante il quale pregare ed agire per la cura della nostra casa comune. Ricorre ogni anno dal 1 settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, al 4 ottobre, festa di San Francesco, ed è celebrato da migliaia di cristiani in tutto il mondo. Il tema di quest’anno “La rete della vita: biodiversità come dono di Dio. è strettamente collegato al Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica che si terrà il prossimo ottobre. Migliaia di cristiani in tutto il mondo celebrano il tempo del creato realizzando eventi. Sul sito del Tempo del Creato sono disponibili la guida per le celebrazioni e altri strumenti in varie lingue. Grazie al tema scelto per le celebrazioni, gli eventi realizzati faranno sentire la nostra vicinanza ai fratelli e sorelle in Amazzonia e a tutti quelli che soffrono per la “mentalità estrattivista” che sta distruggendo non solo l’Amazzonia ma tutto il Creato, sono pertanto un chiaro segno della comunione ecclesiale e del sostegno nel cammino della Chiesa verso il Sinodo.

Stefania Tanesini

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Tonino: un cristiano autentico

Tonino: un cristiano autentico

Antonio De Sanctis ci ha lasciati il 21 giugno scorso. Ha incarnato splendidamente la figura del “volontario di Dio” che, per i Focolari, annovera persone con una spiccata dedizione al sociale. Antonio De Sanctis FamigliaTonino, così lo chiamavano tutti,ci ha lasciati il 21 giugno scorso. Ha vissuto a Frascati, bella cittadina dei Castelli Romani alle porte di Roma (Italia). Ha incarnato splendidamente la figura del Volontario di Dio che, per il Movimento dei Focolari, annovera persone con una spiccata dedizione al sociale, promotrici di azioni a beneficio dell’umanità.Numerose le iniziative in cui egli ha operato personalmente e comunitariamente e di alcune di esse è stato l’ispiratore. Marito fedele e premuroso di Maria; padre presente; lavoratore instancabile; cittadino impegnato e capace di creare rapporti autenticamente fraterni, Tonino ha trovato nella collettività il luogo dove rendere visibile la presenza di Dio e della Chiesa, senza il timore di rompere inutili perbenismi o convenzioni sociali. Attento agli ultimi, ben disegnano la sua vita le parole delle Opere di Misericordia, precetti imprescindibili per un cristiano: “Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato; nudo e mi avete vestito; malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi…” Sono queste ultime che ne connotano fortemente l’esistenza spesa a sostegno di diversi detenuti e dei loro familiari. Un’occasione fortuita ne segna l’inizio. In carcere vede tantissimi giovani. Un giorno raccoglie da una suora volontaria una nota di dolore per “i carrelli di stampa pornografica” che entrano in quel luogo. “Sono tornato a casa con questo pensiero e sulla piazza principale ho incontrato il parroco di un paese vicino, un mio vecchio amico. E a lui ho confidato subito la mia perplessità. Mi ha risposto: Antonio De Sanctis malattia“Quello che hai detto a me, vieni a dirlo domenica prossima ai miei parrocchiani, così da raccogliere offerte per inviare Città Nuova ai carcerati”. È l’inizio: per tanti anni, le domeniche, alle varie messe tra Roma Sud e i Castelli Romani, con la sua voce inconfondibile, modesta e timida,racconta il suo impegno per i carcerati e chiede donazioni per abbonarli alla rivista dei Focolari. Decine i numeri spediti nelle varie carceri da lui frequentate. Dal febbraio 2012 Città Nuova, con il titolo: “L’arcobaleno oltre le sbarre”, ha pubblicato in 4 puntate le esperienze di Tonino e della sua famiglia dal sapore tipico dei “fioretti francescani”. (1) In alcuni casi, in apparenza azzardati, non ha esitato ad accogliere detenuti a casa. Per molti di loro è diventato un secondo padre anche quando tornati ad essere uomini liberi.Lo stralcio della lettera di MG ne dà un saggio: “A casa vostra, mi sono sentita finalmente “a casa”. In nessun luogo ho percepito questo senso di appartenenza a un luogo, a delle persone. Siete stati il cuneo attraverso cui la pietà di Gesù è arrivata fino al mio cuore attraverso questo ho capito quale posto occupa Dio nella mia vita. Il mattino è il mio primo pensiero ed è l’ultimo quando vado a dormire. Sono felice perché è arrivato nella mia vita come un grande uragano che da tutto spazza via. Antonio, tu sei, con tutta la tua famiglia, una testimonianza vivente del Vangelo, sei un Opera di Dio”. Il giorno del funerale nella cattedrale di Frascati c’erano in tanti. I suoi tre figli: Miriam, Gabriele, Stefano lo hanno salutato con queste parole: “Porto sicuro dove approdare al termine di una giornata di sole o dopo una tempesta: tu c’eri sempre, pronto ad ascoltarci, accoglierci, incoraggiarci, spingendoci a riprendere il largo senza timore”. Era il 22 giugno, a concelebrarlo c’erano il cognato don Enrico Pepe e il Cardinale João Braz de Aviz.

Lina Ciampi

(1) Per leggere le esperienze di Tonino clicca qui: L’arcobaleno oltre le sbarre/1  –  L’arcobaleno oltre le sbarre/2L’arcobaleno oltre le sbarre/3L’arcobaleno oltre le sbarre/4 (altro…)

Il volto di Dio oggi

Il volto di Dio oggi

Dal 2012 il festival di Salisburgo, l’evento più importante del mondo dedicato alla musica classica, si apre con una ouverture spirituelle: una serie di concerti di musica sacra e conferenze dedicate al dialogo tra le religioni. Vi partecipano molti big della scena musicale internazionale e per la prima volta, quest’anno era presente anche l’Arcidiocesi di Salisburgo con una mostra dell’artista francese Michel Pochet. P7200112 Sabato pomeriggio, 20 luglio 2019, alle cinque il salone d’ingresso del palazzo arcivescovile di Salisburgo è gremito di gente: la presidente del Festival Helga Rabl-Stadler e l’Arcivescovo Franz Lackner aprono la mostra dell’artista francese Michel Pochet, intitolata “Lacrimae(lacrime). “Per la prima volta la Chiesa cattolica di Salisburgo partecipa alla cosiddetta ouverture spirituelle del festival di musica” – spiega Mons. Matthäus Appesbacher, vicario del Vescovo, raccontando la genesi di questa mostra. Egli stesso era venuto a conoscenza che l’artista aveva avuto modo di regalare a Papa Francesco una tela rappresentante il volto piangente di Dio-misericordia. Da allora aveva deciso di invitarlo alla ouverture spirituelle di quest’anno il cui tema centrale sono proprio le lacrime.“La bellezza – sottolinea Michel Pochet nel suo breve intervento – è un bisogno primario dell’uomo”. E per sottolineare la necessità di liberare gli artisti dal complesso della loro inutilità sociale racconta la vicenda di un ragazzo dell’Amazzonia che con la musica del suo flauto cercava di dare sostegno ai suoi famigliari che soffrivano la fame. Le opere scelte per questa mostra, conclusasi il 30 luglio scorso, stimolano il dialogo. L’esposizione era collocata nella maestosa cornice della città di Salisburgo, dove risalta ovunque il patto che, in epoche passate, vi fu tra Chiesa e potere. Qui l’incontro tra Chiesa e arte ha assunto toni fortemente celebrativi, mentre le opere di Pochet sono decisamente anti-trionfalistiche: nella materia, nella forma e nei contenuti. P7190044 Le sue tele lo dimostrano, come quella in cui “racconta” la presenza di Dio ad Auschwitz, utilizzando un tratto leggero su un panno bianco ridotto quasi a brandelli. Pochet disegna l’orrore indicibile della montagna di cadaveri guardati dal volto-cuore piangente di Dio. Un particolare sorprende e quasi irrita: ogni cadavere ha un cartellino identificativo che però non esisteva nei campi di sterminio. Tuttavia li conosciamo dai gialli televisivi: anche se è una procedura burocratica, in questo modo di fatto si strappano i morti dall’anonimato negli obitori. Sulla tela essi sono un timido ricordo della memoria di Dio: nonostante si sia cercato di cancellare innumerevoli nomi dalla faccia della terra, Lui non dimentica. Accanto a questa scena, a far da contrappeso, appare un grande volto di Maria che con le sue linee dritte ha un aspetto quasi virile; questo panno intriso di colori teneri è pieno di poesia: le lacrime di Maria sono come perle di rugiada e parlano dell’aurora di una nuova creazione. La mostra era stata allestita nel salone d’ingresso e in una sala adiacente. Includeva un ciclo grafico in bianco-nero: una “Via Crucis” che include scene della passione di Gesù e scene del dolore dei nostri tempi. Proseguiva con una serie di meditazioni su altri “volti di Dio” con cui si è avvicinato al suo popolo nei suoi arcangeli. Può essere definita “arte sacra”, anche se si distingue notevolmente dalle rappresentazioni che vanno sotto questo nome. Non illustra scene tratte dalla sacra scrittura oppure – come è avvenuto soprattutto nel barocco e nel rococò – i concetti dei teologi, ma ha l’audacia della riflessione personale. La concentrazione sul volto fa pensare alle parole del filosofo Giuseppe M. Zanghì, secondo cui “il Sacro emergente” nel ventunesimo secolo è un “Uno senza volto”, un “Potere senza volto”[1].  

Peter Seifert, storico dell’arte

    [1] Giuseppe Maria Zanghí, Notte della cultura europea, Roma 2007, pp. 46-47. (altro…)

Vivere con la “V” maiuscola

Vivere con la “V” maiuscola

In gergo internazionale si chiamano “expats”: sono i giovani espatriati che hanno trovato lavoro e si sono rifatti una vita all’estero. Ciascuno ha le proprie ragioni, ciascuno la sua storia. Mitty, italiana, fa ricerca su biosensori di glucosio in un’università giapponese e vive nella comunità del Focolare di Tokyo. “Oggi la tecnologia ha un enorme potere in tutti i campi e anche in quello sanitario. Mi sento chiamata a lavorare in questo campo per contribuire a dirigere la ricerca tecnica secondo scelte etiche e non di business.  A volte siamo proprio noi ingegneri biomedici ad inventare cose che fanno diventare l’uomo un robot, ma non servono alla sua salute”. Non c’è dubbio: Maria Antonietta Casulli, per tutti Mitty, ha le idee chiare. Ha studiato Ingegneria biomedica in Italia, ma per la tesi si è trasferita in Svizzera, presso la prestigiosa Ecole polytechnique fédérale de Lausanne  (EPFL – Scuola Politecnica federale di Losanna) dove successivamente ha vinto un dottorato di ricerca. Dunque, i presupposti per una carriera tutta in ascesa c’erano tutti: uno stipendio consistente, una bella casa con vista sul lago di Ginevra, degli ottimi amici. Cosa poteva voler di più?. “Eppure – racconta Mitty – qualcosa non funzionava: era il 2013; eravamo in piena crisi economica e io avevo una vita perfetta. Ma al di là delle Alpi, in Italia, tanti miei amici rischiavano la depressione perché non trovavano lavoro e io non volevo chiudermi in una vita fatta di carriera e soldi. Ma il colpo di grazia me l’ha dato un viaggio nelle Filippine dove mi sono trovata nel bel mezzo di uno dei tifoni più potenti e devastanti al mondo: il tifone Yolanda. Il contrasto che ho sperimentato era enorme: questo popolo non aveva nulla di quello che io e i miei amici avevamo, ma viveva con la “v” maiuscola; la loro era una vita piena, ricca di relazioni e grande dignità. Paradossalmente questo mi sembrava la medicina per la crisi che il mio continente, l’Europa, stava attraversando: non si trattava solo di una crisi economica; era molto di più: un vuoto dei valori fondamentali della vita”. Dopo quel viaggio Mitty non torna più in Svizzera perché sente di dover ridonare a Dio quella vita piena che Lui le ha dato.  E così, dopo un periodo presso la scuola di formazione dei focolarini, da due anni si trova in Giappone, dove vive nella comunità del Focolare di Tokyo. Lo studio della lingua l’ha assorbita e quindi è fuori dal mondo del lavoro da ben cinque anni. Sarebbe potuta tornare a fare ricerca, soprattutto in una società come quella giapponese?. “Proprio mentre mi facevo queste domande un amico di passaggio mi racconta di un professore giapponese, cattolico, di un’università di Tokyo che fa ricerca nientemeno che sui biosensori di glucosio: il mio argomento di laurea!”. Poiché le probabilità di trovare qualcuno in Giappone che si occupi dei suoi stessi studi sono pressoché nulle, Mitty comprende che Dio è all’opera nella sua vita e in seguito gliene darà continua prova. Il professore le offre la possibilità di fare il dottorato, ma resta comunque un problema: “In Giappone non avrei avuto uno stipendio come in Svizzera, anzi, avrei addirittura dovuto pagare io”. 61549481 685107555261622 2228868463600861184 oAnche in questo caso la risposta di Dio è sorprendente. Quasi per caso, Mitty si ritrova a fare una intervista di fronte a sei manager di varie aziende giapponesi: una situazione abbastanza difficile per una giovane donna straniera. “Ho sentito che Dio era con me e che, alla fine, tutti loro non erano altro che persone da amare. Questo ha cambiato il mio modo di esporre il progetto o di ascoltarli nei vari interventi. Per un’ora ho raccontato del mio progetto, ma per quella successiva ho risposto alle loro domande sulla mia scelta di vita come focolarina e del perché mi trovavo in Giappone. Ho ricevuto il 100% dei finanziamenti per il progetto e devo dire che ho visto la potenza di Dio farsi strada in questa cultura e in questi ambienti in un mondo che non avrei mai immaginato. Neanche 2 mesi dopo l’inizio del mio dottorato poi, il mio ex professore svizzero è venuto a Tokyo e abbiamo potuto organizzare un seminario nella mia nuova università. A cena, osservando i due professori parlare insieme, mi è sembrato di capire ciò che Dio vuole ora da me. Non solo fare ricerca, ma costruire ponti: tra università e aziende, tra Oriente e Occidente. A me sta solo continuare ad essere tutta di Dio”.

Stefania Tanesini

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Cambiare prospettiva

Cambiare prospettiva

Per il loro “cantiere” i Ragazzi per l’Unità dell’Emilia Romagna (Italia) quest’anno sono andati in Terra Santa. Hanno unito il percorso spirituale a una profonda esperienza di condivisione con coetanei che vivono in quelle terre. Dalla grotta della natività ad un trekking nel deserto di Giuda. Dalla visita al Sepolcro al bagno nel mar Morto. Dal rinnovo delle promesse battesimali nel fiume Giordano ad una gita in battello sul lago di Tiberiade. Fin qui non resta che un viaggio, o come tanti lo chiamano un pellegrinaggio, in Terra Santa sui passi di Gesù a ripercorrere la vita di Colui che dato senso alla nostra vita di cristiani. 20190802 Viaggio Terra Santa FOTO 1Se poi aggiungiamo un pomeriggio nell’orfanotrofio Creche di Betlemme, un incontro con il vescovo ausiliare Kamal Bathish del patriarcato di Gerusalemme e uno scambio di esperienze con ragazzi e giovani del posto che aderiscono al Movimento dei Focolari, questo diventa il Cantiere dei Ragazzi per l’unità dell’Emilia Romagna che si è svolto dal 23 al 30 luglio in Terra Santa. I protagonisti sono 45 tra ragazzi e animatori, un gruppo desideroso di conoscere più da vicino i luoghi al centro della propria fede di cristiani. Di esperienze questo gruppo ne ha fatte tante a partire dalla GMG di 3 anni fa in Polonia, poi una visita ad Amatrice, città della regione italiana dell’Abruzzo distrutta nel 2016 da un violento terremoto, per donare una piccola somma di danaro ai giovani del posto, poi due cantieri con i complessi internazionali Gen Verde e Gen Rosso, oltre a numerose attività ecologiche e non, azioni a favore del progetto FameZero ed una raccolta di danaro per comprare batterie per apparecchi acustici per ragazzi sordo-muti della Bielorussia. Dopo queste attività è nato il desiderio di fare un’esperienza spirituale più profonda e i ragazzi non si sono tirati indietro. “Camminare nel deserto – dice Giacomo – è stato molto forte; gli animatori ci hanno proposto di restare in silenzio e provare ad avere un momento di dialogo a tu per tu con Gesù, ma ammetto che dopo un po’ quel silenzio mi ha fatto paura perché noi nella nostra società non siamo abituati”. Tipica di queste esperienze è la vita in comune, si condivide tutto dalla stanchezza a quello che passa nell’anima e se uno nel gruppo ha qualche problema subito si avverte. “Fra qualche giorno – commenta Chiara – non ricorderò più né il caldo, né la fatica per salire a piedi sul monte Tabor, né la febbre che ho avuto proprio quando dovevamo andare all’orfanotrofio e io ci tenevo tantissimo… ricorderò invece per sempre questo viaggio perché l’ho fatto con questa che è la mia famiglia per eccellenza. Sì, viaggio anche con la mia famiglia naturale, ma non è la stessa cosa. Gli amici dei Focolari per me sono una vera famiglia, davvero speciale”. 20190802 Viaggio Terra Santa FOTO 2Come in tutte le circostanze non sono mancati momenti di tensione o altri in cui la stanchezza ha vinto eppure “quando abbiamo sentito le esperienze dei ragazzi palestinesi – commenta Giosuè – la nostra prospettiva è cambiata. Noi non sappiamo cosa significhi essere una minoranza per via del nostro credo religioso. Noi non sappiamo cosa è la vita di ogni giorno con il muro che divide Israele e Palestina. Tutte queste cose mi hanno fatto molto riflettere”. “Conoscere i bambini della Creche – sostiene Annamaria – mi ha aperto gli occhi. Se penso alla mia vita, è tutto un gran regalo”. I sette giorni di viaggio volano via, ritorniamo in Italia e al di là di tante parole resta stampata nel cuore di ciascuno questa esperienza che ben sintetizza il grande mistero di dolore-amore che trova compimento nella Resurrezione. Quel sepolcro vuoto grida a gran voce Alleluja.

Tiziana Nicastro

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Pace, legalita’, diritti umani: l’impegno dei giovani dei Focolari per il 2020

#intimeforpeace – in tempo per la pace: è l’hashtag che esprime l’impegno dei giovani dei Focolari per il prossimo anno e che è già al centro di campus, workshop e corsi in diverse parti del mondo. A partire da Loppiano (Italia). Se fino a maggio 2019 si sono concentrati su azioni e campagne per un’Economia più umana, di comunione, attenta a chi non ha, da un paio di mesi i giovani dei Focolari stanno iniziando a lavorare anche nei diversi ambiti della Giustizia. Sì, perché Economia e Giustizia sono i primi due step di Pathways for a United World: sei percorsi della durata di un anno ciascuno, sui quali si sta concentrando l’impegno e l’azione dei Giovani per un Mondo Unito (GMU) a tutte le latitudini. “Ogni anno affrontiamo una sfida diversa senza però dimenticare l’impegno che ci siamo presi l’anno precedente” – ci spiega uno degli organizzatori – “il nostro impegno va dall’economia alla politica, dalla giustizia all’arte, dal dialogo tra culture allo sport e stiamo mettendo in moto azioni, collaborazioni e progetti basati sulla fraternità, con un impatto locale che però punta al globale”. “In time for peace” è dunque il motto che riassume l’impegno di questo prossimo anno che si concluderà in Corea, dal 1 al 7 maggio 2019. Nel frattempo sono diversi gli appuntamenti di formazione, approfondimento e scambio “mondiale” dei Gen e dei GMU anche sui temi della giustizia, della pace, della legalità e dei diritti. Significativo quello di Loppiano (Italia), dove dal 7 al 22 luglio scorso si è tenuta una Summer School con 40 giovani da molti Paesi, tra cui Corea, Hong Kong, Malta, Scozia, Italia, Brasile, Cuba, Myanmar, Polonia, Colombia. Maria Giovanna Rigatelli, avvocato, della rete di Comunione e Diritto, ha partecipato in qualità di esperto, evidenziando l’importanza di esperienze simili che permettono ai giovani di immergersi sia nel patrimonio culturale che nelle ferite dei diversi Paesi con cui vengono in contatto. «La situazione mondiale vede una mancanza di conoscenza dei valori dei diritti degli uomini. Durante la scuola è emersa l’importanza dell’impegno personale per contribuire ad esempio, al dramma delle due Coree, o a quello di Hong Kong. In tanti punti del mondo si può accendere la luce con il nostro impegno». “La nostra nazione è divisa in due – ha commentato Y., coreana – e abbiamo tante ferite che però non giustificano questa divisione. Per avere la pace dobbiamo avere imparare a dialogare. Durante la scuola ho pensato: se continuiamo ad amare, ad amare, ad amare, forse, alla fine riusciremo a riunire le due Coree!”. E a proposito della crisi che sta vivendo il suo Paese D. ha spiegato: “Prima di venire qui, sono successe tante cose a Hong Kong che mi hanno fatto pensare che la pace potrebbe non essere l’unico modo per risolvere i problemi e che, forse, a volte, abbiamo bisogno di usare la violenza. Mi sentivo frustrato. Ma sono stato molto felice di quello che ho vissuto qui e delle tante persone che hanno parlato con me di pace. Quest’anno, come giovani approfondiremo e vivremo il ‘pathway’ (sentiero) dedicato ai diritti umani, alla giustizia e alla pace. Dunque mi chiedo: è bene usare la violenza, che le persone siano ferite e ammazzate? Qui, ho imparato come amare gli altri e come focalizzarci sull’amore fra noi. So che percorrere la strada della pace è difficile, ma penso che dobbiamo cercare di realizzarla senza usare la violenza. Quando torno a casa, voglio usare quello che ho imparato e ho sperimentato a Loppiano per amare le persone a Hong Kong, anche quelle che odio”.

Letizia Spano

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Vangelo vissuto: accoglierci così come siamo

La ricchezza materiale, può, a volte, occupare il nostro “cuore” e generare una crescente ansia di possedere ancora, una vera e propria dipendenza. La condivisione dei beni, materiali e spirituali, invece con quanti ne hanno bisogno permette di sperimentare una vera libertà: è questo lo stile di vita cristiano che testimonia fiducia in Dio Padre e mette fondamenta solide alla civiltà dell’amore. Un dono di Dio David, il nostro quinto bambino, sembrava nato normale. Dopo poco però i medici ci hanno rivelato che era un bambino Down. In quel momento durissimo, insieme a mio marito ci siamo ricordati che avevamo accettato David, fin dal suo concepimento, come un dono di Dio. La sorella maggiore, saputolo, ha scritto sul suo diario: “Voglio essere per David non solo sorella, ma anche madre”. Circondato da un grande amore, David ora continua a fare molti progressi. Va regolarmente a scuola ed è affettuosissimo, sempre entusiasta della vita. Questa sua felicità è contagiosa. Insomma, si è rivelato un vero dono di Dio. (Jacqueline – Scozia) In carcere Nella mia cella c’era un ragazzo che non aveva soldi e per mangiare si era appropriato del contenitore di un altro recluso, che lo ha minacciato, costringendolo a pagare tre Naira. Lui allora ha cominciato a chiederli agli altri compagni. Io avevo solo cinque Naira, che mi servivano per comprarmi qualcosa da mangiare. Ma mi sono ricordato del Vangelo e ho capito che per amare Dio dovevo amare questo mio compagno. Così ho dato a lui i miei soldi. Più tardi, in cella, qualcuno mi ha portato del cibo. (Sylvester – Nigeria) La cena Stasera, appena rincasato dall’università, come al solito mi siedo davanti al televisore aspettando che mia madre, intenta a seguire il suo programma preferito, si alzi per prepararmi la cena. Poi un pensiero: giorni fa ho sentito parlare del Vangelo da tre studenti di medicina, che sottolineavano l’importanza di fare la volontà di Dio nella nostra giornata. Allora mi sono alzato e sono andato io in cucina a preparare la cena. È stato il mio primo atto d’amore consapevole. (T.C. – Italia) Le basi del nostro matrimonio Dopo sposati, nonostante il bene che ci volevamo, ciascuno di noi due era rimasto “quello di prima”, ognuno con le proprie abitudini. Un giorno sono venute fuori delle divergenze circa la modalità di preparazione di un piatto ceco. In quell’occasione la distanza che si era creata era tale che abbiamo preso una decisione: dovevamo accoglierci così come eravamo, senza volerci cambiare. Forse è stata in quell’occasione che abbiamo messo le basi del nostro matrimonio. Ora che siamo nonni, cerchiamo di trasmettere ai nipoti la stessa esperienza, riconoscenti a Dio che ci ha aperto gli occhi. (J. e T. – Boemia)

a cura di Chiara Favotti

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