Movimento dei Focolari

Cattolici e protestanti uniti per la riconciliazione nell’Irlanda del Nord

Alla Mariapoli Europea la storia di un’amicizia possibile che getta semi di pace Aprirsi e “scegliere uno stile di vita inclusivo”. Aprirsi per riconciliarsi con l’altro e scoprire la perla che è dentro ogni uomo. Aprirsi come Gesù, che a tutti si fece incontro, e lasciar agire lo Spirito Santo “che si rallegra nella diversità ma persegue l’unità”. È la strada che da molti anni percorre il Rev. Ken Newell, ministro presbiteriano a Belfast, capitale dell’Irlanda del Nord. Una terra che ancora oggi soffre per le ferite lasciate dal conflitto che dalla fine degli anni ’60, per 30 anni, ha visto contrapposti unionisti a separatisti: i primi, protestanti, sostenitori dell’appartenenza al Regno Unito; i secondi, cattolici, fautori della riunificazione fra Nord e Sud dell’Irlanda. Un conflitto di matrice politica che ha avvelenato il tessuto sociale, trasformando le città in terreno di battaglia e portando alla “segregazione religiosa”: protestanti e cattolici vivono in quartieri diversi, le comunità non si incontrano, c’è sfiducia e pregiudizio. Non è stato facile, per il reverendo Ken, provare a costruire ponti. Il primo lavoro ha dovuto farlo su stesso: “Sono cresciuto a Belfast in una comunità protestante e unionista – racconta alla Mariapoli Europea – nei miei primi anni di vita sono stato plasmato dalla cultura della mia comunità (..); molte cose erano sane, buone e serene; altri aspetti invece mi hanno influenzato con atteggiamenti negativi nei confronti della comunità cattolica, irlandese e nazionalista, per superare i quali ci sono voluti anni”. Un percorso che lo ha visto aprirsi pian piano e scoprire la bellezza della diversità. Come quando in Olanda l’incontro con un sacerdote lo convinse a partecipare ad una Messa. O in Indonesia, dove, insegnante in un seminario di Timor, poté immergersi in un paese diverso, con lingua, cibo e cultura propri. “Ho iniziato a realizzare che, proprio come ci sono colori diversi in un arcobaleno, così Dio ha creato la razza umana con incredibile diversità; valorizzare le culture di Timor mi ha insegnato a valorizzare il bene all’interno della mia cultura”. Nel legame con il sacerdote Noel Carrel, la scoperta di un’amicizia possibile: “ci rendemmo conto che eravamo a Timor per servire l’unico Cristo, che avevamo lo stesso Padre celeste ed eravamo fratelli. Mi chiedevo se sarebbe stato possibile avere un amico così in Irlanda del Nord”. Da qui una consapevolezza chiara: “Lo Spirito Santo mi ha fatto aprire alla “diversità” all’altro capo del mondo e mi ha spinto a cercare il meglio nella cultura e nella spiritualità cattolica irlandesi”. Tornato a Belfast, nel ’76, viene chiamato alla guida della Chiesa presbiteriana di Fitzroy: il suo stile di vita inclusivo è controcorrente. In uno dei momenti più duri del conflitto, il suo invito a costruire nuove relazioni viene raccolto dai membri di un monastero redentorista di Clonard: ne nascerà l’Associazione di Clonard – Fitzroy. L’amicizia umana e spirituale con Padre Gerry Reynolds, alla guida della Comunità di Clonard, “compagno nella costruzione della pace”, dà vita a molte esperienze di condivisione: “Iniziamo ad andare insieme ai funerali di poliziotti uccisi da terroristi e di civili innocenti uccisi da gruppi paramilitari lealisti; è raro vedere ministri protestanti e sacerdoti cattolici insieme ai funerali per confortare i familiari dei deceduti”. Accade poi di partecipare gli uni alle celebrazioni degli altri e che P. Gerry e il Rev. Ken partecipino insieme a matrimoni fra persone di Chiese diverse. Si rende possibile un altro passo impensato: il sacerdote e il ministro sono invitati a incontri con i leader politici delle parti in lotta, per raggiungere il cessate il fuoco e adottare politiche di pace. Pian piano politici dei principali partiti dell’Irlanda del Nord, il DUP, filo-britannico, e il Sinn Fein, filo-irlandese, riconoscono nell’Associazione di Clonard – Fitzroy uno “spazio sicuro” dove confrontarsi. Cresce il desiderio di riconciliazione che porterà, nel 2007, al “miracolo di Belfast”: “a Stormont, il palazzo di governo dell’Irlanda del Nord – racconta il Rev. Newell – il Rev. Ian Paisley, primo ministro del potere esecutivo condiviso, e il vice primo ministro, Martin McGuinness, ex comandante dell’IRA, scendono la scala di marmo, si siedono fianco a fianco davanti alla stampa mondiale e si rivolgono al popolo dell’Irlanda del Nord; parlano della loro determinazione a condurre il paese verso un futuro migliore e più riconciliato”. È l’alba di un giorno nuovo . L’Associazione di Clonard-Fitzroy, che opera ormai da 38 anni e ha ispirato migliaia di iniziative similari, ha ricevuto nel 1999 il premio internazionale di pace Pax Christi.

Claudia di Lorenzi

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Libano – il Paese-mosaico

Potenzialmente ha tutte le carte in regola per essere un modello di convivenza sociale e religiosa per il mondo intero, eppure la lunga crisi economica e politica rischiano di far saltare questo equilibrio. Da cinquant’anni i Focolari cercano di dare un contributo. https://vimeo.com/342338558 (altro…)

Maria Voce: un patto per la fratellanza dei popoli

Maria Voce: un patto per la fratellanza dei popoli

A conclusione della Mariapoli Europea, Maria Voce rilancia il valore e l’attualità di quel patto mondiale per la fratellanza stretto sessant’anni fa. L’intervento integrale della Presidente dei Focolari. cq5dam.thumbnail.cropped.1000.563“Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli, se un giorno i popoli sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, i loro regni, e offrirli come incenso al Signore, (…) e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno, così come è viva la presenza di Gesù fra due che si amano in Cristo, sarà vivo e presente Gesù fra i popoli (…)”*. È il 30 agosto 1959 e con queste parole Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, tratteggia il sogno dell’unità fra tutte le genti, che si delineerà come il compito affidato da Dio per l’umanità al Movimento nascente. Mentre gli echi della seconda guerra mondiale, con i suoi veleni e le sue ferite, risuonano ancora, migliaia di uomini e donne di 27 Paesi diversi, in rappresentanza di tutti i continenti stringono un patto di unità fra loro. È il 22 agosto, giorno in cui la Chiesa cattolica festeggia Maria Regina e siamo al termine della Mariapoli nella valle di Primiero. A distanza di 60 anni, il 10 agosto scorso la Mariapoli europea da poco conclusa a Tonadico, ha voluto celebrare l’anniversario e rilanciare il valore e l’attualità di quel patto per la fratellanza dei popoli. Riportiamo di seguito l’intervento di Maria Voce, Presidente dei Focolari. “Sessant’anni fa, in questi luoghi, parlamentari di diverse nazioni si unirono in una preghiera per consacrare il loro popolo, e tutti i popoli della Terra, a Maria. Ciascuno portava con sé le ragioni e le speranze della propria gente e ad esse doveva rispondere, responsabilmente, con scelte politiche adeguate. Di fronte avevano sfide importanti, in un’epoca segnata da conflitti ideologici che stavano polarizzando il mondo in blocchi contrapposti e costituivano una minaccia per la pace. C’erano città da ricostruire, dopo la guerra, e comunità da far ripartire, promuovendo lo sviluppo economico, garantendo la legalità, e assicurando servizi alla cittadinanza. Erano problemi urgenti ai quali corrispondere con competenza politica e passione civile. Eppure quei politici non si riunirono in una tavola rotonda, non organizzarono un summit internazionale, ma pregarono per l’unità dei popoli. Fu una scelta inusuale, certamente, ma gravida di futuro. Ciò che si chiede alla politica è di agire con competenza e responsabilità, di essere onesta e coerente, di avere passione e coraggio. Ma il valore che più qualifica l’agire politico è la lungimiranza, cioè la capacità di guardare oltre, più lontano, per pianificare gli assetti futuri della società e favorirne la crescita. Sì, nei momenti di crisi e di ricostruzione decifrare il cambiamento può essere importante, intuire l’avvenire può fare la differenza. E più lontano si sa guardare e più incisiva e trasformante è l’azione nel presente. Quei politici che, sessant’anni fa, chiesero a Dio il dono dell’unità, e decisero di impegnarsi per la sua realizzazione, seppero guardare molto lontano. Dalla loro adesione al carisma di Chiara Lubich trassero un grande insegnamento: il destino del cosmo è l’unità. Non ne ricevettero un chiarimento solo intellettuale, perché l’unità era lo stile di vita e la norma della Mariapoli: di essa si faceva esperienza nei piccoli e grandi gesti e nelle scelte quotidiane. L’unità vissuta nel Movimento nascente irradiava una luce particolare sulle relazioni sociali che tutti erano chiamati a vivere, in qualsiasi circostanza si trovassero. L’unità si presenta sempre, in qualsiasi epoca, come un modo nuovo e rivoluzionario di concepire la vita e il mondo. Non è semplicemente un ideale come tanti altri, perché scaturisce dalla preghiera stessa che Gesù rivolse al Padre quando, alzati gli occhi al cielo, pregò perché tutti fossero una cosa sola. Da questa invocazione prende forma e senso la storia umana. Non a caso uno fra i primi politici a seguire Chiara Lubich fu il parlamentare Igino Giordani, che accolse l’ideale dell’unità interpretandolo con la seguente efficace espressione: «la storia è un quinto evangelo», perché mostra la costante, progressiva, realizzazione della preghiera di Gesù, e dunque del disegno di Dio sul Creato. Tutto è in marcia verso l’unità: questo significa che i cambiamenti sociali che possono trasformare positivamente il presente sono quelli che accompagnano i cittadini, le associazioni, gli Stati, verso un mondo più coeso e solidale. Ciò che sostiene la cooperazione, la pace, l’avvicinamento delle comunità e dei gruppi, è in linea con l’autentico progresso e fonda lo sviluppo. In altre parole, se si vuole fare il bene del proprio popolo bisogna occuparsi del bene degli altri. Per questo, sulle ali di un messaggio profetico sempre attuale, Chiara Lubich continuò a diffondere il messaggio dell’unità rivolgendosi ai politici e a tutti i cittadini impegnati nel sociale con l’esortazione di «amare il partito altrui come il proprio», di «amare la patria altrui come la propria». Le sfide attuali non sono meno urgenti di quelle di sessant’anni fa. Anzi, oggi è ancora più evidente la necessità di operare per l’unità dei popoli. I processi globali in corso mostrano l’interdipendenza planetaria di Stati, nazioni, comunità. È sempre più evidente che c’è un comune destino per tutti i popoli della Terra, e che i grandi temi dell’attualità riguardano questioni vitali per tutti: la cura dell’ambiente, le vecchie e nuove povertà, i conflitti invisibili e le guerre conclamate, le migrazioni su scala globale (spesso frutto proprio della povertà, delle guerre e dei cambiamenti climatici), la redistribuzione delle ricchezze, l’accesso alle risorse naturali, il riconoscimento dei diritti umani. Sono questioni trasversali alle differenze culturali, civili e politiche. Dunque immettono i popoli in un circuito di costante confronto, al fine di maturare processi di integrazione politica e di convergenza decisionale. Sì, oggi il divenire dell’umanità domanda, a gran voce, l’unità. A questa invocazione il Movimento dei Focolari sta rispondendo favorendo il dialogo fra le diverse parti politiche (per esempio con il Movimento Politico per l’Unità), promuovendo la comunione dei beni e la cultura del dare (con l’Economia di Comunione), approfondendo la dottrina dell’unità (per esempio con l’Istituto Universitario Sophia), dando impulso all’unità nei luoghi di impegno professionale e sociale e con tante altre opere e iniziative specifiche (attraverso Umanità Nuova). Anche oggi, proprio come sessant’anni fa, possiamo pregare Dio per l’unità fra i popoli della Terra. Il mio augurio è che questa preghiera sia accompagnata da un rinnovato impegno, assunto sia al livello personale che comunitario, di vivere per il mondo unito. Diffonderemo quei germi del cambiamento utili a trasformare il presente e a scrivere pagine sempre nuove della storia della famiglia umana in marcia verso l’unità”.

Maria Voce

         (*) http://www.centrochiaralubich.org/it/documenti/scritti/4-scritto-it/183-maria-regina-del-mondo.html (altro…)

Christine Naluyange, donna-mondo

Christine Naluyange, donna-mondo

Nei suoi 66 anni di vita Christine, focolarina ugandese, ha detto con la vita che nel mondo non esistono muri invalicabili. Ha saputo amare ciascuno e ogni luogo con grande apertura: prima come artista del gruppo internazionale Gen Verde, poi in Italia, al servizio delle focolarine; e infine di nuovo in Africa, prima in Tanzania e poi Kenya. 2019 01Agli inizi degli anni ’70 Chiara Lubich aveva con i Gen, i giovani dei Focolari, un rapporto pressoché quotidiano. In un mondo in rapida evoluzione, scosso da rivoluzioni di ideologie e colori diversi, la fondatrice dei Focolari li preparava alla conquista del mondo attraverso l’amore evangelico. Un progetto di vita che, per essere abbracciato, richiedeva di lasciarsi tutto alle spalle e saper guardare lontano. Nel 1972 a Masaka, in Uganda Christine Naluyange aveva fatto la sua scelta. A vent’anni era partita alla volta di Fontem (Camerun) per partecipare a uno degli esperimenti di convivenza sociale più visionari dell’epoca: vivere in una piccola città, sorta meno di 10 anni prima dove bianchi e neri, sani e malati, dotti e ignoranti convivevano per dire a sé stessi e al mondo che la fraternità è uno stile di vita possibile, produttivo e persino esportabile. Raccontare di Christine, focolarina africana, a pochi giorni dalla sua scomparsa, avvenuta il 21 luglio scorso per una malattia aggressiva, non è solo doveroso, ma necessario in tempi come questi in cui nel nome di rivendicazioni sovraniste si elevano muri di ogni genere o si vuol vedere, del continente africano, solo i volti di chi fugge in cerca di futuro. 4Nei suoi 66 anni di vita, Christine non ha mai considerato le tante diversità incontrate come muri invalicabili. Anzi, le ha accolte in sé, ha fatto sua la ricchezza di ogni persona, popolo e cultura: prima come artista, per 23 anni parte del gruppo internazionale Gen Verde, poi in Italia, al Centro del Movimento, a servizio delle Focolarine; poi di nuovo in Africa, prima in Tanzania e poi in Kenya. Una vita varia, la sua, piena, dove ha fatto di tutto. Ha calcato i palcoscenici, servito i fratelli e ha svolto ruoli di responsabilità; il tutto con grande naturalezza e normalità. La sua è stata un’esistenza ricchissima di relazioni; si avvicinava alla gente con cuore di madre, sempre più pronta ad ascoltare che a parlare, ad occuparsi di ciascuno concretamente. Non per nulla il suo motto di vita era una frase del Vangelo che Chiara Lubich aveva scelto per lei: “Andate e predicate il Regno di Dio” (cfr. Mc 16,15). Delle moltissime testimonianze giunte in segno di gratitudine e lode a Dio, ne riportiamo due che ben esprimono la ricchezza umana e spirituale di Christine. Maricel Prieto, spagnola, che ha trascorso 18 anni con Christine nel Gen Verde, scrive: “Di lei mi viene in mente soprattutto una parola: ‘regalità’. Christine era regale sul palco, ma lo era anche quando si avvicinava alla gente, quando accoglieva qualcuno, quando caricava o scaricava il materiale dei nostri camion, quando lavorava in giardino, quando preparava il pranzo. E questo non era un semplice atteggiamento, ma un costante ‘calarsi’ nel momento presente con una adesione ferrea alla volontà di Dio che la rendeva sempre disponibile, vicina”. “Avendo vissuto più di metà della sua vita fuori del continente africano – racconta Liliane Mugombozi – Chris, come la chiamavamo, aveva acquisito in un certo senso una ‘cultura’ universale, anche se – per chi la conosceva bene – era una donna ugandese, figlia autentica della sua terra. Accanto a lei si sperimentava un’enorme apertura; era una ‘donna-mondo’. Colpiva la sua costanza nel credere e vivere per l’unità con uno sguardo ampio, che sapeva andare oltre le ingiustizie subite. Come spiegare tutto questo? Credo che Chris abbia fatto una scelta nella vita: quella di amare e ha fatto di Gesù crocifisso e abbandonato il suo modello in tutti i suoi sforzi di coerenza, secondo lo stile evangelico della spiritualità dell’unità”.

Stefania Tanesini

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Viaggio in Siria – Aleppo

Nel souk di Aleppo ascoltiamo le parole di Jalal: la guerra è distruzione e perdita, è vero; ma varcando le porte del Focolare scopriamo una casa e una comunità, un rifugio luogo di conforto, speranza, gioia dove ci si sostiene a vicenda nel rialzarsi e ricominciare. https://vimeo.com/342337217   (altro…)

Mariapoli Europea/4 – Vivere la fraternità in politica

A 60 anni dalla “Consacrazione dei popoli a Maria”, quando, nel dopoguerra, migliaia di persone di tutti i continenti strinsero un patto di unità fra loro e i loro popoli, la Mariapoli europea rilancia il sogno della fraternità universale. “Amare la Patria altrui come la propria” è l’invito che il Movimento Politico Per l’Unità (MPPU), fondato da Chiara Lubich, rinnova nel contesto della Mariapoli europea, in corso sulle Dolomiti. Una proposta di fraternità che suggerisce percorsi nuovi nei rapporti fra gli Stati e i popoli. Ne parliamo con l’On. Letizia De Torre, Presidente del Centro Internazionale del MPPU: Il MPPU è una corrente di pensiero che vuole promuovere in ambito politico la “cultura della fraternità”. Che risvolti può avere l’adozione di questa categoria nei rapporti fra gli Stati, le istituzioni internazionali, i partiti politici e i singoli rappresentanti delle formazioni politiche? La sua domanda è una richiesta, direi accorata, di cambiamento a 360^ della politica! Ed in effetti i cittadini sono delusi, arrabbiati. Sono indignati. Si sentono traditi. Ed hanno ragione. La politica, salvo rare eccezioni, non ha saputo cogliere per tempo il cambiamento epocale in atto in tutto il mondo. Di conseguenza sono in profonda crisi le relazioni e le organizzazioni internazionali, i partiti e il sistema di rappresentanza. I movimenti di cittadini stanno assumendo ruolo ovunque, ma a chi possono parlare? Chi può realizzare quanto chiedono? La protesta non basta per cambiare le cose. Per far intuire la portata che potrebbe avere l’Ideale dell’unità nelle relazioni internazionali, immaginiamo cosa accadrebbe se gli Stati (a partire dalle maggiori potenze in corsa per la propria supremazia geopolitica) agissero – in una qualunque delle attuali aree crisi – verso gli altri “come vorrebbero che gli altri Stati agissero verso di sé”. Immaginiamo che questo comportamento fosse reciproco…E questa non è utopia, questo sarebbe un conveniente realismo. Nella ricerca scientifica, ad esempio nello Spazio, da quando si è scelta la cooperazione anziché la competizione, sono state fatte conquiste enormi a beneficio di tutti. Ecco se gli Stati scoprissero la cooperazione, anzi di più se i popoli scoprissero di potersi amare, immaginiamo quali conquiste di pace, di condivisione dei beni, di conoscenze, di rispetto della nostra casa Terra…! In realtà il mondo va lentamente camminando in questa direzione e l’idea dell’unità può essere un potente acceleratore. Nei primi anni ‘50 i Paesi europei cominciavano a dar vita alle istituzioni comuni: nel ’52 nasceva la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, nel ’57 la Comunità Economica Europea. Come rinnovare oggi quello slancio unitario che sembra smarrito? Non credo che il disegno di unità europea sia smarrito. Credo piuttosto che la UE sia scossa come il resto del mondo dalle grandi trasformazioni di questo secolo e, a causa della crisi culturale che attraversa l’Occidente, non trovi le energie per una nuova visione politica, per un nuovo ruolo da assumere nel piano internazionale e per cogliere di avere proprio nel proprio motto “unità e diversità” il segreto per affrontare la grande complessità di oggi. Dobbiamo però renderci conto che l’Unione europea non è fatta dalle istituzioni di Bruxelles, ma innanzitutto dai suoi cittadini, quindi da noi. I passi futuri dipendono, quindi, in vari modi, da tutti noi. A livello internazionale, accanto a situazioni di tensione, non mancano esempi di collaborazione e conciliazione fra Paesi. Accade nel continente africano, nei rapporti fra USA e Nord Corea, e in seno al vecchio continente. Come leggere questi passaggi della storia? Il mondo non può che aspirare alla pace, alla concordia, alla collaborazione. Certo è un cammino lento, contraddittorio, con molte scivolate indietro, con tanta zavorra ai piedi a partire dalla corruzione. Ma è un cammino a cui vorremmo contribuire col paradigma di cui sopra “Fai all’altro popolo quello che vorresti fosse fatto a te”. È per realizzare questo non basta nemmeno (e già sarebbe tanto!) eleggere leader preparati, capaci di spendersi per il proprio popolo e per l’unità tra i popoli, occorre anche che i cittadini diano il loro consenso, anzi spingano verso una fraternità globale, sappiano superare visoni ristrette per un bene comune universale.

Claudia Di Lorenzi

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Il Movimento politico per l’unità a Mosca

Il Movimento politico per l’unità a Mosca

Nel giugno scorso la Duma, il Parlamento russo, ha invitato membri dei Parlamenti ed esperti per un confronto sullo sviluppo dei sistemi parlamentari. Letizia De Torre, presidente del MPPU, ha partecipato. È importante camminare insieme a chi nel mondo, in qualsiasi modo, cerca un cambiamento. Tutti noi, come singoli e come popoli, siamo chiamati all’unità e dobbiamo far venire alla luce ogni passo positivo”. È questa la prima impressione a caldo di Letizia De Torre, già deputato al Parlamento italiano e Presidente del Centro internazionale del Movimento politico per l’unità (MPPU) che dal 30 giugno al 3 luglio scorso ha partecipato al Forum: Development Of Parliamentarism, sullo sviluppo dei sistemi parlamentari. Ha proposto una co-governance, cioè l’idea di una corresponsabilità tra le istituzioni e la società civile nel governo delle città e nelle relazioni internazionali. Un’idea che era al centro del convegno tenutosi nel gennaio scorso a Castelgandolfo (Roma, Italia), riproposta a diversi livelli e in diversi Paesi e che e avrà un secondo confronto ad alto livello in Brasile nel 2021. 1 2627Come è arrivata a Mosca CO-Governance? Il Segretario Generale e l’Advisor della IAO (Interparliamentary Assembly on Orthodoxy), – rete di parlamentari ortodossi, anche russi, con cui collaboriamo – sono intervenuti a Roma, all’evento “CO-Governance 2019“. Hanno trovato interessante l’idea e hanno fatto in modo che il Mppu venisse invitato al Forum. Devo dire che solo quando sono arrivata a Mosca ho capito veramente il perché. Infatti ci si può sorprendere: il sistema istituzionale russo viene definito con espressioni quali: “democrazia controllata”, “centralismo”, “ ambivalenza tra modernizzazione e tradizionalismo”, mentre per la co-governancecomporta corresponsabilità, partecipazione diffusa, relazioni innovative tra politici e cittadini… Infatti, ed è sintomatico del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. Alla politica è richiesto un cambiamento. I cittadini non hanno più fiducia e Internet ci ha catapultati in un mondo diverso dalla rigidità dei palazzi della politica. Molti parlamentari cercano strade nuove e CO-Governance esprime l’idea di una relazione intensa tra i politici e i cittadini, di una corresponsabilità di governo a tutti i livelli, senza paura per questo tempo così complesso. Come è stata accolta la vostra proposta?lU1cIzgW6WtH9ii0AO28fAWAXJwdrbU9 L’idea della collaborazione sta maturando in tutte le società e anche la dichiarazione finale del Forum va in questa direzione. Ma ciò che è stato accolto con sorpresa è la logica politica che sta sotto: “Agisci verso l’altro Stato, verso ogni ‘altro da te’, come vorresti che fosse fatto a te.”  Questo atteggiamento rivoluziona la politica, le conferisce il nuovo ruolo necessario oggi: quello di facilitatore e catalizzatore della collaborazione tra tutti.   Cosa si porta via il Mppu da questa presenza ufficiale in Russia? Ho avvertito prima di tutto un cambiamento a livello personale. Il popolo russo è meraviglioso, l’accoglienza attenta; Mosca è bellissima, ricca di storia, efficiente, non te la puoi togliere dal cuore. In questo senso è facile sentirsi popoli fratelli. Ma avvicinare il sistema politico di un altro Paese è altra cosa. Sono “atterrata” in una cultura politica diversissima e avevo paura di non capirla. Alle prime difficoltà mi sono trovata a un bivio: distinguermi oppure mettere in atto “il metodo” che un giorno mi ha affascinato: ho fatto consapevolmente la scelta di amare la Russia nella stessa misura in cui amo il mio Paese. Non ami il tuo Paese perché è perfetto: lo ami e basta; godi e soffri con lui e per lui nella buona e nella cattiva sorte. È così che ho cominciato a comprendere la Russia di oggi, a guardare il mondo dal suo punto di vista, anche a dispiacermi dei giudizi negativi che riceve, spesso strumentali nella corsa alla supremazia geopolitica. Ho apprezzato l’intento di “soft power” di questo Forum, con cui mi pare che la Russia cerchi di conquistare la fiducia di altri Stati, avvicinandoli con più dignità e rispetto. Mi sono ritrovata più aperta ad accogliere, ad esempio, la volontà di unità tra le due Coree della deputata Nordcoreana; l’impegno a cercare “partnership” e non dipendenza di un parlamentare del Ghana; la speranza della delegazione siriana; la domanda del parlamentare libanese “Ma perché ci ammazziamo?”, che concludeva con la forza che veniva dalla sua fede ortodossa: “Dio non vuole questo!”.

Stefania Tanesini

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Vangelo vissuto: dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore

Il “cuore” è ciò che abbiamo di più intimo, nascosto, vitale; il “tesoro” è ciò che ha più valore, che ci dà sicurezza per l’oggi e per il futuro. Il cuore è la sede dei nostri valori, la radice delle scelte concrete; il luogo segreto in cui ci giochiamo il senso della vita: a cosa diamo veramente il primo posto? In metropolitana Mentre sono in metropolitana, ripasso un argomento che mi sembra importantissimo in vista dell’esame che sto per dare. Ad una stazione successiva entra un’altra studentessa, che conosco. Deve dare lo stesso esame e mi chiede un argomento che a me sembra di poca importanza. Vedendo la sua agitazione, “dimentico” il mio programma e mi dedico a quello che lei propone. Quando più tardi vengo esaminata, il professore mi chiede proprio l’argomento affrontato con lei poco prima! (M.L. – Germania) La vita accesa da Dio Sono turca, musulmana. Quando ho confidato a mio marito Sahib il sospetto di essere incinta per la quarta volta, lui ha cominciato ad elencare tutti i sacrifici che avremmo dovuto fare. Completamente confusa ho chiesto alla ginecologa se ero ancora in tempo per abortire. Mi ha risposto che dovevo solo mettermi in lista. Dentro di me però avvertivo che nessuno al mondo aveva l’autorità per spegnere una vita che Dio aveva acceso. I mesi successivi sono stati molto duri, ma io ero decisa a lottare. Diverse amiche, cristiane e musulmane, mi sono state vicino. Leggendo il Corano sentivo il calore di Dio, che mi dava forza. Sahib piano piano ha ritrovato la pace. Non siamo stati mai tanto felici come con questo bambino. Con lui, Dio è venuto sotto il nostro tetto. (F.O. – Germania) Malato terminale Nei giorni trascorsi in ospedale per un tumore irreversibile, sperimentavo la vicinanza di Dio e mi sono sentito invadere da una grande, inspiegabile felicità. Cercavo di stare vicino agli altri ammalati, e ci sentivamo fratelli, non solo nella nostra camerata, ma anche con gli altri. Ogni volta che qualcuno veniva dimesso era un dolore dividerci. Sembrava che la malattia fosse un’occasione per andare in profondità nei nostri rapporti. Ora che le forze diminuiscono, sento che la fraternità costruita in ospedale mi accompagna e mi sostiene nell’ultimo tratto di cammino. (M.J. – Francia) Solidarietà Da un ospedale ci era giunta la richiesta di fare qualcosa per una ragazza albanese di 19 anni che aveva appena partorito. Insieme al marito e al fratello vivevano in un’auto. Mio marito è andato a chiedere al primario se poteva tenere ricoverati ancora qualche giorno mamma e figlio, e avuto il suo consenso ho chiesto ai miei genitori se fossero disponibili a ospitare la famigliola in un loro vecchio appartamento. Con l’aiuto dei due ragazzi albanesi e di altri amici, mio marito si è messo a imbiancare le stanze. Un amico ha messo a disposizione dei mobili, un idraulico ha fatto gratuitamente dei lavori. Uscita dall’ospedale, L. ha trovato una casa accogliente. I servizi sociali del Comune le hanno procurato un pasto gratuito al giorno finché lei non avrà un lavoro. (A.A. – Italia)

a cura di Chiara Favotti

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Il primato dell’ “essere” sul “fare”

“Cosa ne pensi?”, “cosa faresti se fossi al mio posto?”. Quante volte qualcuno ci chiede una mano o capiamo che ne avrebbe bisogno, o ancora siamo certi che per aiutare quell’amico, fratello, quella persona, si dovrebbe davvero “fare così”. In poche righe tratte da “Meditazioni”, il volume che raccoglie i suoi primissimi scritti spirituali, Chiara Lubich ci invita a cambiare prospettiva e a metterci dalla parte di Dio per avere non il nostro, ma il Suo amore verso chiunque. C’è chi fa le cose “per amore”. C’è chi fa le cose cercando di “essere l’Amore”. Chi fa le cose “per amore”, le può far bene, ma credendo, ad esempio, di fare un gran servizio ad un fratello, magari ammalato, può annoiarlo con le sue chiacchiere, coi suoi consigli, coi suoi aiuti: con una carità poco indovinata e pesante. Poveretto: lui avrà un merito, ma l’altro ha un peso. E questo perché occorre  “essere l’Amore”. Il nostro destino è come quello degli astri. Se girano sono, se non girano non sono. Noi siamo – nel senso che non la nostra vita, ma la vita di Dio vive in noi – se non smettiamo un attimo d’amare. L’amore ci stanzia in Dio e Dio è l’Amore. Ma l’Amore che è Dio, è luce e con la luce si vede se il nostro modo di accostare e servire il fratello è conforme al Cuore di Dio, come il fratello lo desidererebbe, come sognerebbe se avesse accanto non noi, ma Gesù.

Chiara Lubich

Tratto da: “C’è chi fa le cose per amore”, in: Chiara Lubich, Scritti spirituali/1, pag. 51. Città Nuova Ed., 1978. (altro…)