Gen 4, 2018 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Le rughe del disincanto «Dopo anni di matrimonio mi sono resa conto che l’uomo che mi viveva accanto non era più quello che mi aveva fatto perdere la testa. Ma ora c’erano i figli e la vita era andata avanti. Un giorno una mia amica mi ha detto: «Ti vedo invecchiare male. Invece di crescere nell’amore, stanno aumentando le rughe del disincanto». Era vero, al posto dell’amore e della donazione avevo messo dei principi di giustizia. Ho cercato di cambiare atteggiamento verso mio marito e ho scoperto che aveva più che mai bisogno di me e del mio sostegno. Ora le cose sono cambiate. In famiglia circola tra tutti un amore più grande». (M.F. – Polonia) La farmacia «I dipendenti della farmacia dove lavoravo prima erano stati licenziati. Tutti, tranne me. I nuovi gestori, però, erano mossi più dall’interesse che dal bene dei clienti. Anche l’atmosfera era rapidamente cambiata. Per alcuni mesi mi sono adoperata per migliorare i rapporti tra i dipendenti e con i clienti. Un tempo prezioso, durante il quale ho imparato ad essere più misericordiosa. Poi anche per me si è prospettato il licenziamento. Malgrado ciò, confidavo nella Provvidenza, che non mi ha delusa: inaspettatamente un’altra farmacia mi ha offerto il posto di un dipendente che era andato in pensione». (C.T. – Ungheria) I miei pazienti “difficili” «Da diversi anni lavoro come medico in un istituto specializzato per pazienti in stato vegetativo, in genere traumatizzati in seguito ad un incidente. Il percorso di recupero dal coma è molto complesso e non è nemmeno scontato che avvenga. Ai famigliari che mi chiedono se il loro congiunto si risveglierà, rispondo, in genere, che non possiamo prevedere cosa potrà succedere, e che solo Dio conosce il loro futuro. Noi operatori siamo solo strumenti nelle sue mani. È impossibile rimanere indifferenti davanti a tali tragedie. Talvolta, la mia fede come cristiano ha vacillato. Però penso che questi pazienti “difficili” abbiano una funzione sociale importante: per parenti e amici diventano un centro di aggregazione della famiglia e suscitano in loro la capacità di donazione». (Elio – Italia) Resurrezione «Droga, prostituzione … Da due anni seguivo il mio amico Mario nel suo calvario. Lui si era allontanato da Dio, ma rispettava il mio modo di vivere la fede. Quando finì in ospedale, lo andavo a trovare assiduamente. Mi chiedeva: «Perché lo fai? Vengo da un mondo completamente diverso dal tuo!». Durante la degenza ebbe modo di riflettere, e un giorno mi disse: «Cercavo di convincermi che Dio non esistesse, perché questo mi avrebbe costretto a cambiare vita. Ora però non posso più andare avanti così. Sei l’unica persona veramente felice che io abbia mai incontrato. Vorrei tanto vivere come te». Gli proposi di cercare di mettere in pratica una Parola del Vangelo alla volta. Anche io provavo a farlo, e funzionava! Poiché si fidava di me, accettò di provare. Soprattutto gli risultava difficile cambiare il senso della parola “amare”, che per lui aveva voluto dire prostituirsi per soldi. Fu un cammino difficile, tra cadute e nuovi inizi. Un giorno si accostò al sacramento della confessione. Dopo era raggiante. Poi l’incidente, nel quale perse la vita. Dio lo attendeva lì. Ma ormai era preparato». (S.V. – Svizzera) (altro…)
Gen 3, 2018 | Cultura, Focolari nel Mondo
This quote is so relevant today even though that many of us may feel disconnected with the political process. Elections in the US and across Europe, Brexit and polarisation within the political landscape seem to divide our families and communities. The rise of the far right and the far left mean that we often forget how to communicate. We have lost the ability to talk and listen to each other. It seems as though we are unable to find a ‘common ground’. The Movement for Politics, proposed by the Focolare, seeks to promote the goal of unity. This networks brings together people who are active or interested in public life. It involves active members of various political parties with the aim of enhancing dialogue and understanding. The Movement for Politics creates a platform where unity in politics is possible and positive social change is advanced. It is present in many countries and now more than ever is the moment to take initial steps here in Britain. As a direct response to a growing need to set up this project, we have arranged a meeting to explore together how we can demonstrate that dialogue, even in the most difficult situations, can enhance not diminish our relationships. The meeting will be taking place on Saturday, 20 January 2018 at the Focolare Centre in Welwyn Garden City, time: 16:00 – 18:00. Our gathering will enable us to bring together people who believe that unity in politics is possible. Anyone interested is asked to get in touch with Michal Siewniak. Email Michal or call: 07825 021746. https://vimeo.com/121448231
Gen 3, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«Il titolo che avevamo scelto insieme, senza troppo riflettere, Costruendo ponti, non poteva essere più giusto: i giovani dei quartieri più abbienti e quelli delle comunità più povere non si distinguevano. Le squadre erano composte da ragazzi e ragazze dai 10 ai 18 anni, tutti insieme. I più grandi si curavano dei più piccoli, i più piccoli animavano i più grandi. La partecipazione di comunità povere non aveva il minimo aspetto assistenzialista: di questa interazione ne hanno beneficiato tutti». Renzo Megli, che ha preso parte fin dal principio all’organizzazione delle Olimpiadi per ragazzi, mette subito in chiaro le premesse e la piena riuscita del progetto. E ne descrive la preparazione, con toni appassionati. «Sembrava che il vento soffiasse sempre contro. L’idea di perfezione e il ricordo dei campi sportivi “professionali” o “semi professionali” delle precedenti edizioni legava le menti, bloccava lo spirito, rattristava il pensiero. Io, al contrario, ero felice. Felice per tutte le porte che si chiudevano e per il lento e faticoso cambio di direzione: l’unica possibilità che rimaneva era portare le Olimpiadi nel CEU, il Condominio Espiritual Uirapuru. Cominciamo a lavorare, decisi a realizzare l’evento. Ma l’attrito rimane evidente, le bussole sono ancora disorientate da vecchi campi magnetici. Stop! Bisogna scegliere: andiamo avanti compatti o ci fermiamo? È meglio realizzare qualcosa di meno perfetto, ma insieme, o più perfetto, ma disuniti tra noi? Saranno delle Olimpiadi diverse, meno professionali, forse meno “chic”. Ma forse è proprio la brezza dello Spirito che ci sta portando a fare qualcosa di nuovo, di diverso. Decidiamo di andare verso un nord comune. Anche chi prima era contrario comincia a remare nella stessa direzione. Mi è venuto in mente, solo allora, una conversazione di molto tempo prima con un focolarino più grande di me. Mi aveva dato questo consiglio: “Per perdere un’idea, devi prima averla e, possibilmente, deve essere davvero tua, come una figlia, carne della tua carne. Pensa a una bottiglia di champagne: deve essere piena prima di togliere il tappo e lasciarla spumeggiare”. Mi sentivo così, “padre” della mia idea, ma pronto a perderla. “Perdendo” ognuno la propria, siamo diventati tutti insieme “genitori” di un’idea più bella, che si è andata via via affinando».
Renzo continua il suo racconto: «Il responsabile di un’altra comunità del CEU ci aveva promesso uno spazio e le attrezzature. Tutto il lavoro svolto fino a quel giorno era basato su questa disponibilità. Poi però arriva la disdetta: non si poteva più usare quello spazio. La “dinamica del perdere” e del gettare in Dio ogni preoccupazione era diventata ormai così quotidiana che dopo pochi secondi di sgomento abbiamo preso anche questa avversità come un chiaro segno dello Spirito. Invitare i bambini delle comunità del CEU era la cosa più importante, ma il tempo stava volando e le iscrizioni procedevano lente, dandoci un nodo alla gola: arriveremo al numero minino di partecipanti? Decidiamo di aprire le iscrizioni anche a quelli che non possono partecipare per difficoltà economiche. Vogliamo fidarci della Provvidenza. Spuntano tanti sostenitori e tutte le spese, anche quelle impreviste, vengono coperte. Uno degli organizzatori delle Olimpiadi che aveva sollevato varie difficoltà durante la preparazione e anche nell’invitare bambini di altre comunità, alla fine ha esclamato: “Il sorriso di quel bambino del CEU è stato l’icona delle nostre Olimpiadi”. Una gioia straordinaria era evidente in tutti, animatori, genitori, giocatori. Un bambino di una comunità del CEU ha detto: “Qui ho trovato mio padre”. Era un ragazzo più grande che davvero gli aveva voluto bene. Tra i partecipanti, i bambini di un quartiere molto povero, quelli di una comunità che si prende cura dei figli di genitori in carcere e di trafficanti … anche le ragazze del Lar Santa Mônica, una comunità che accoglie le adolescenti vittime di abusi sessuali domestici. Erano arrivate un po’ scontrose e col solo desiderio di tornare subito a casa. Poi invece hanno partecipato fino all’ultimo. Le abbiamo viste ripartire felici. Questa trasformazione è stata una delle più belle vittorie delle nostre Olimpiadi». (altro…)
Gen 2, 2018 | Cultura

L’incontro con Pietrangelo Buttafuoco e con la sua vita si trasformano nella circostanza per riscrivere un linguaggio che diventa viaggio per l’Italia. L’ambizione sarebbe quella di provare a scrivere una grammatica della memoria, della tradizione, ma anche dell’innovazione e dell’integrazione. Le parole scelte sono quelle del vivere quotidiano, parole ripetute tante volte e fermate nel silenzio di una riflessione. Altre sono parole desuete, dialettali, parole che provano a comporre una narrazione che vorrebbe scuotersi dalle spalle la polvere del pensare comune. Un vocabolario che s’interroga, perché ogni parola è un dubbio che non sempre chiede di essere sciolto.
GLI AUTORI Sergio Nazzaro, scrittore e giornalista, ha collaborato con «La Repubblica», «Il Sole 24 ore», «Il Corriere del Mezzogiorno». Ha scritto reportage d’inchiesta, soprattutto sulle criminalità organizzate nazionali e internazionali, in particolare sulle mafie di origine africana. È autore di numerose pubblicazioni tra cui Castel Volturno. Reportage sulla mafia africana (Einaudi, 2013), Dubai Confidential (Elliot, 2009), Io, per fortuna che c’ho la camorra (Fazi, 2007). Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista, collabora con «Il Foglio», «Il Fatto quotidiano», «Il Sole 24 ore». È stato presidente del Teatro stabile di Catania. È autore didiverse pubblicazioni tra cui: I baci sono definitivi (La nave di Teseo, 2017), Le uova del Drago (La nave di Teseo, 2016), Il feroce Saracino. La guerra dell’Islam. Il califfo dalle porte di Roma (Bompiani, 2016), Buttanissima Sicilia. Dall’autonomia a Crocetta, tutta una rovina (Bompiani, 2017) e il seguito Strabuttanissima Sicilia (La Nave di Teseo, 2017) Città Nuova Editrice
Gen 2, 2018 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Pisa è nota in tutto il mondo soprattutto per la sua Piazza dei Miracoli, “patrimonio dell’Umanità” dell’Unesco, in cui campeggia la celebre Torre dalla caratteristica inclinazione. Dal 2003, nella città toscana, ogni anno, si svolge il Pisa Book Festival, salone nazionale del libro che riunisce editori, scrittori, traduttori, illustratori e artisti italiani e stranieri. Uno spazio ideale per favorire scambi di idee, proposte innovative, libri e riviste di qualità, ma anche laboratori di scrittura, seminari, reading e spettacoli. Anche quest’anno l’editrice Città Nuova, sostenuta dalla comunità del posto, è stata presente. «Per il quinto anno abbiamo partecipato al Pisabook, un’edizione davvero speciale per la varietà di interventi e le personalità coinvolte – spiegano Rita e Francesco, a nome di tutti -. Per la prima volta abbiamo avuto la possibilità di animare un laboratorio nello spazio Junior, dove abbiamo lavorato e giocato con BIG e ‘le emozioni’».
BIG, Bambini in Gamba, è una rivista mensile in lingua italiana, edita dal gruppo editoriale Città Nuova, pensata e rivolta ai più piccoli. Tra le proposte della rivista, un kit per educatori, utile per approfondire, con i bambini fino a 10 anni, le emozioni di sorpresa, paura, disgusto, rabbia, tristezza e felicità. «Durante la Fiera, siamo andati in una scuola alla periferia della città, alla quale sarebbe stato impossibile accompagnare i bambini nella sede del Pisabook. Tutti sono stati invitati a diventare protagonisti di BIG e ora le maestre si vogliono abbonare al giornale». Tra le proposte di Città Nuova al Salone, anche il racconto autobiografico di Salvatore Striano. La sua è una storia di riscatto e trasformazione, da spacciatore di droga in un quartiere periferico e malavitoso di una città del Sud Italia, ad attore e scrittore. In mezzo, dieci anni di carcere tra Madrid e Roma. Una vita “salvata” grazie ai libri e al teatro, ma soprattutto alle persone giuste incontrate nel momento giusto. Nel suo romanzo autobiografico (Giù le maschere, Città Nuova, 2017) un gruppo di adolescenti disadattati e ribelli di una casa famiglia scopre la passione per il teatro e trova sulle tavole del palcoscenico una strada di riscatto e redenzione. Una storia delicata e profonda che insegna a guardare la vita, ogni vita, soprattutto quella dei giovani e dei ragazzi più vulnerabili, con occhi di speranza. Alle tre affollate presentazioni del libro e nei momenti liberi, spiegano Rita e Francesco, «si è creato subito un feeling tra tutti: Striano si è aperto raccontandoci molti episodi della sua vita travagliata. È rimasto colpito in particolare dai giovani presenti, che ha invitato a Napoli al suo spettacolo, come suoi ospiti. Alla fine ha commentato: “Se i miei amici in carcere potessero vedere i vostri occhi, i vostri sorrisi… cambierebbero vita”». Con i numerosi ragazzi delle scuole, che si erano preparati all’incontro leggendo il libro, l’Autore di Città Nuova ha costruito un dialogo profondo «che ha annullato le distanze, facendo sentire tutti come in un salotto». Ora gli studenti sono coinvolti in un progetto scolastico con alcune iniziative dentro un carcere. «Vedere poi che alla fine tanti si sono trasferiti allo stand e non se ne andavano, ha fatto dire a Salvatore che non aveva mai fatto un’esperienza simile e che vuole scrivere ancora con Città Nuova». «Lucia Della Porta, ideatrice e direttrice del Pisabook, non finiva più di ringraziarci per aver contribuito al successo della manifestazione! Ma noi abbiamo ringraziato lei per averci dato una così grande fiducia. Nello stand sono passate tante persone, abbiamo stretto molti contatti, abbiamo cercato di offrire la nostra testimonianza. Ed anche da un punto di vista economico il successo non è mancato». Per la comunità del posto – concludono – Città Nuova è ancora di più la “nostra” editrice. (altro…)
Gen 1, 2018 | Focolari nel Mondo
I
l titolo BEYOND ALL BORDERS vuole sottolineare quali sono i confini da superare a livello personale e sociale. Tema scelto con lo scopo di aprire le menti e i cuori dei partecipanti al Genfest. Questa undicesima edizione ha lo scopo di ispirare i partecipanti a sentirsi in grado di costruire un mondo più felice e unito. Per respirare, amare, lavorare e vivere con lo sguardo aperto a tutti. Ecco perché il Genfest valorizza manifestazioni artistiche, musiche, danze, expo, forum ecc, per essere in grado di coinvolgere tutti a pensare in modo diverso e trasformare la vita in qualcosa di più bella. Per seguire il Genfest Sarà possibile seguire la diretta streaming, trasmessa in inglese e con traduzioni in francese, italiano, portoghese e spagnolo, attraverso il sito dei Giovani per un Mondo Unito: http://www.y4uw.org/live ORARI LIVE STREAMING (ORA ITALIANA) :
- 6 luglio 2018: 10:00 – 12:30 (Programma in sala) e 14:00 – 15:45 (Accoglienza dell’Asia)
- 7 luglio 2018: 11:45 – 12:45 (Time Out) e 14:00 – 15:45 (Concerto Internazionale)
- 8 luglio 2018: 3:00 – 4:30 (Santa Messa – solo inglese) e 4:30 – 7:00 (Programma in sala)
Siti ufficiali Youth for a United World Genfest 2018 Official Website
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Gen 1, 2018 | Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo
«Uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace. Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita in un viaggio che in gran parte dei casi è lungo e pericoloso, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta». Nel primo giorno di questo nuovo anno, l’augurio di pace di Papa Francesco è rivolto specialmente ai 250 milioni di migranti, dei quali 22 milioni e mezzo rifugiati. Un testo ricco di proposte, offerte all’analisi e allo studio della comunità internazionale. Perché vi sono nel mondo così tanti rifugiati e migranti? Ricorda Francesco: «San Giovanni Paolo II annoverò il crescente numero di profughi tra le conseguenze di una interminabile e orrenda sequela di guerre, di conflitti, di genocidi, di “pulizie etniche”, che avevano segnato il XX secolo. Quello nuovo non ha finora registrato una vera svolta: i conflitti armati e le altre forme di violenza organizzata continuano a provocare spostamenti di popolazione all’interno dei confini nazionali e oltre. Ma le persone migrano anche per altre ragioni, prima fra tutte il desiderio di una vita migliore». Quanti fomentano la paura nei confronti delle migrazioni globali, magari a fini politici anziché costruire la pace, seminano violenza. «Invece -afferma il Papa -, vi invito a guardarle come opportunità per costruire un futuro di pace». I migranti e i rifugiati non arrivano mai a mani vuote, perché «portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono». Nel suo stile, Francesco non si limita a una serie di generiche “linee guida”, ma indica una strategia complessiva, fatta di quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Accogliere, in primo luogo, significa «ampliare le possibilità di ingresso legale, non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze, e bilanciare la preoccupazione per la sicurezza nazionale con la tutela dei diritti umani fondamentali». Sul tema del proteggere, Francesco raccomanda che, nel rispetto della dignità della persona, a migranti e rifugiati vengano concesse libertà di movimento, possibilità di lavorare e, in particolare, che sia impedito lo sfruttamento delle donne e dei bambini, i «più esposti ai rischi e agli abusi». Promuovere, nel messaggio del Papa, significa sostenere «lo sviluppo umano integrale». Tra i molti strumenti, viene sottolineata «l’importanza di assicurare ai bambini e ai giovani l’accesso a tutti i livelli di istruzione: in questo modo essi non solo potranno coltivare e mettere a frutto le proprie capacità, ma saranno anche maggiormente in grado di andare incontro agli altri, coltivando uno spirito di dialogo anziché di chiusura o di scontro». Integrare, infine, non è sinonimo di assimilazione, oblio delle proprie radici e perdita di identità, ma al contrario significa «permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali». Non manca un netto richiamo alla responsabilità degli Stati di tutto il mondo. Papa Francesco auspica che le Nazioni Unite raggiungano, entro il 2018, l’atteso duplice accordo a livello globale – per favorire migrazioni sicure, ordinate e regolari e per tutelare i rifugiati – ispirato «da compassione, lungimiranza e coraggio, in modo da cogliere ogni occasione per far avanzare la costruzione della pace: solo così il necessario realismo della politica internazionale non diventerà una resa al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza». Anche in tempi difficili, Papa Francesco, ricordando le parole di San Giovanni Paolo II, intende affidare al mondo un nuovo messaggio di speranza: «Se il “sogno” di un mondo in pace è condiviso da tanti, e si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra terra una reale “casa comune”». Chiara Favotti Leggi il messaggio integrale (altro…)
Dic 30, 2017 | Chiara Lubich, Famiglie, Focolari nel Mondo, Spiritualità
A me sembra che per ridare alla famiglia il suo vero volto, per ridonarle il suo splendore, accanto ai discorsi, agli ammonimenti, alle direttive (…) valga quell’esempio luminoso e universale che la Sapienza eterna ha escogitato: la famiglia di Nazareth. Ad essa tutte le famiglie del mondo, che sono e che saranno, possono guardare come a modello e a tipo. E non solo le famiglie: i singoli componenti di esse possono ispirarvisi per sapere quale il comportamento da adottare, gli atteggiamenti da assumere, i rapporti da animare, le virtù da coltivare. Ogni uomo della terra che sia sposo e padre, potrà sempre trovare in Giuseppe, lo Sposo di Maria, il padre putativo di Gesù, una luce, uno sprone, una fonte di ispirazione. Da lui imparerà la fedeltà a tutta prova, l’eroica castità, la forza, la silenziosa operosità, il rispetto, la venerazione, la protezione per la madre dei suoi figli, la partecipazione alle preoccupazioni familiari… E ogni donna, che sia moglie e madre, potrà scoprire in Maria il proprio dover essere, l’uguaglianza con l’uomo e la propria identità. Vedrà nella Sposa di Giuseppe realizzato in pieno il desiderio d’esser anch’essa protagonista, comprenderà da lei come oltrepassare la cerchia familiare per diffondere, al bene di molti, le ricchezze che le sono proprie: la capacità di sacrificarsi, l’interiorità che la fa sicura, la religiosità che la distingue, il bisogno innato d’elevarsi ed elevare irradiando candore, bellezza, purezza. Così i figli troveranno in Gesù figlio di Maria e di Giuseppe, composte in mirabile unità, le due tendenze che li possono tormentare: il bisogno di affermarsi come un’altra generazione che ha da aprire un nuovo capitolo nella storia e il desiderio di ripararsi all’ombra dei propri cari nell’amore e nell’obbedienza. Sì, la Sacra Famiglia, il gioiello dell’umanità associata, che rispecchia la vita della Trinità dove l’amore fa uno Dio, sia oggi di fronte a noi, stia con tutti noi (…) per il bene della famiglia nel mondo, della famiglia nella Chiesa e per la gloria di Dio. Da: Chiara Lubich – Messaggio al FamilyFest 1981 (altro…)
Dic 29, 2017 | Focolari nel Mondo
A comunidade de Cascais do Movimento dos Focolares convida para o Jantar de Reis solidário, dia 6 de janeiro de 2018. 
Dic 29, 2017 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Se non fosse stato per un gruppo di amiche, maestre di una scuola per bambini di strada, perciò avvezze alla miseria e ai disagi, non avrei mai conosciuto quest’aspetto della mia città: i poveri. Eppure Saigon, o come la chiamano ora, Ho Chi Minh City, è anche questo: povertà, disagi, sofferenza. A Natale e per le grandi feste, si usa andare in giro, magari vicino o dietro alle famose birrerie e cercare, in veri e propri tuguri scuri, puzzolenti e infestati dai topi, alcune famiglie povere, o meglio, poverissime. Credevo di aver visto la povertà in Thailandia, tra i profughi karen ed i migranti sulle montagne del Nord e sui canali sporchi di Bangkok, ma quello che ho visto oggi a Saigon, nella “Milano del Vietnam”, non lo avrei mai immaginato. Piccole stanze, con 12 persone che ci vivono, e magari anche tre cani. Mi prende una tale nausea, quando entro in quei posti, che a fatica riesco a trattenermi. Ma poi, i volti di quei bimbi che s’illuminano, di quelle mamme che ti guardano intensamente per dirti “grazie” quando gli porgi un sacchetto con 5 kg di riso, ti ripaga di tutto e ti dona la voglia di vivere e la gioia di asciugarti, dopo una pioggia che ti ha inzuppato tutto. E poi ci sono i presepi, a Saigon, e tante stelle comete sopra le case di molte famiglie e addirittura alcuni viottoli tutti illuminati, che danno un colore e un calore tutto particolare a questa città, che non è per niente “fredda”, impersonale, staccata: e nemmeno atea. Si notano, le stelle e i presepi, perché li scopri dappertutto, e ti appaiono in molti angoli delle strade: li scopri quasi all’improvviso. Tra tutti mi hanno impressionato quei presepi nei mercati popolari, di notte, quasi a ridosso della spazzatura di un giorno intero: oppure quelli in un viottolo sperduto della periferia, ma illuminato a causa di due grossi presepi allestiti proprio sulla strada. E poi, in cima alle case, di notte, le stelle fluorescenti che si accendono ad intermittenza. Ritornando stanotte a casa, dopo il giro per i poveri, mi sono guardato questo spettacolo che mi ha riempito di un grande senso di gratitudine: anche se lontano da casa, non mi manca il senso vero del Natale. Papa Francesco, lo scorso anno, disse: «Il Natale è la festa della debolezza, perché si festeggia un bambino, segno di fragilità, piccolezza, umiltà e amore». Oggi capisco un po’ meglio quelle parole: questa notte che mi lascio alle spalle, perché ormai è quasi mattina, è stata illuminata dall’amore che ho visto tra la gente che è andata per aiutare, soccorrere, mostrare vicinanza a chi soffre. Ancora una volta, la notte culturale in cui viviamo viene illuminata da questi “presepi viventi”, da gente, che ha fatto di quel Bambino la ragione vera della propria vita. Ed ho compreso che il messaggio vero del Natale non è morto, ma quel messaggio d’amore, di comprensione, di tenerezza è vivo, e io l’ho visto: stava tutto nel gesto di prendere in braccio un piccolo disabile di 3 anni e stringerlo forte a sé. E quel bimbo si è lasciato sollevare da quel volto sconosciuto. Tutta la tecnologia dei presenti e futuri robot (la nuova “frontiera commerciale” proveniente dall’Asia e di cui qui si parla tanto) non riusciranno mai a fare questo miracolo: l’amore. Perché l’amore è gratuità. L’amore non è un dovere e nessuno te lo può comandare o programmare. È un dono che nasce dentro. Ho visto volti illuminarsi e credere che la vita, domani mattina, andrà avanti e che sarà un giorno più bello di ieri. Non mi manca la mia Europa in questo Natale. Perché dove c’è l’amore c’è anche casa mia. Anche Saigon è casa mia. (altro…)