Mag 16, 2019 | Centro internazionale
Nuova tappa del viaggio di Maria Voce e Jesús Morán in Libano: alle radici della cultura del Paese, con la sua complessità sociale, politica e religiosa. La sfida di un dialogo autentico come chiave per la rinascita del Libano. “It’s time to built a new nation”, “È ora di costruire una nuova nazione”. Così dice un grande cartello che si affaccia sull’autostrada, ma la velocità del traffico libanese non premette di capire né di chi sia appello, né quali intenzioni voglia esprimere.
La piccola delegazione del Movimento dei Focolari con a capo la presidente Maria Voce e il copresidente Jesús Morán è di ritorno da una gita al Nord del Paese dove ha visitato la Valle dei Santi, il centro spirituale della Chiesa Maronita di cui fanno parte la grande maggioranza dei cristiani libanesi. È anche la zona dei famosi cedri di Libano: una piccola foresta a 2000 metri d’altezza, dove esistono ancora esemplari che probabilmente risalgono all’epoca del Re Salomone e quindi a 3000 anni fa. Tornando a Beirut si è carichi di impressioni che affermano la grande capacità di questo popolo che ha alle spalle 7000 anni di storia e che ha saputo sopravvivere all’incrocio di tre continenti e di tre grandi religioni ma ha anche saputo conservare la propria creatività in condizioni estremamente difficili. Più ci si avvicina alla capitale, più ritorna alla mente la realtà attuale che nella sua complessità non dà molti motivi di speranza. In Libano attualmente sono presenti 18 comunità religiose. Lo Stato e le pubbliche amministrazioni funzionano “in emergenza”. C’è un intreccio indissolubile tra gruppi etnici, religiosi, politici, tra grandi famiglie, interessi economici, potenze esterne. Le vecchie ferite della guerra cosiddetta “civile” dal 1975 al 1990 non sono ancora guarite. “Non abbiamo avuto il coraggio di guardare in faccia al male che abbiamo provocato gli uni agli altri – ha detto uno dei vescovi incontrati in questi giorni – e di conseguenza nessuno ha mai chiesto perdono all’altro”. E più volte in questi giorni si sente dire che la situazione potrebbe scoppiare da un momento all’altro.
“È ora di costruire una nuova nazione”, dice il cartello sull’autostrada e viene spontaneo chiedersi come ciò potrà mai accadere. La risposta che Jesús Morán ha delineato in un intervento a una tavola rotonda alla facoltà di Filosofia dell’Università Santo Spirito (USEK) nei pressi di Beirut, può essere riassunta nell’unica parola: dialogo. “Il dialogo – ha sottolineato il copresidente dei Focolari – fa parte della natura dell’uomo. Nel dialogo l’uomo diventa più uomo perché è completato dal dono dell’altro. Quindi, non si tratta tanto di parole o di pensieri, ma di donare il proprio essere. Ciò richiede silenzio e ascolto ed il rischio di mettere in gioco la propria identità, anche culturale, anche ecclesiale, che non andrà tuttavia perduta ma arricchita nella sua apertura”. Dialogare quindi per costruire una nuova nazione? Non sarà anche questa un’altra bella teoria, una delle tante che i Libanesi hanno sentito in questi anni.
“Assolutamente no!”, potrebbero rispondere i 150 cristiani e musulmani che il 13 maggio si sono incontrati nella cosiddetta “casa gialla” costruita su quella che era la linea di demarcazione tra le zone Est e Ovest di Beirut e che è stata ricostruita, per non dimenticare le ferite della guerra. Le testimonianze della loro amicizia, nata durante la guerra sulla base di una semplice accoglienza da parte dei Focolari, erano commoventi e convincenti. Piccoli gesti di vicinanza e attenzione, visite reciproche, rapporti senza interessi, hanno trasformato – come ha descritto una donna musulmana – l’amicizia in una vera famiglia. “Il dialogo è possibile solo tra persone vere. Ed è solo l’amore che ci fa veri”, ha detto Jesús Morán nel suo intervento. Gli amici cristiani e musulmani e la loro esperienza ne sono la prova. Forse è solo un piccolo seme, che magari crescerà lentamente, proprio come i cedri del Libano. Ma è sicuramente un seme con una forza irresistibile, dal quale può nascere una nazione nuova.
Joachim Schwind
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Mag 15, 2019 | Collegamento
Luigi Butori, italiano, è un focolarino che vive a Ho Chi Minh City. In Asia da oltre 20 anni, ne conosce tutta la bellezza, ma anche i drammi e i contrasti. Lo abbiamo accompagnato nel suo lavoro di sostegno e riscatto in favore dei più poveri tra i poveri, prima in Thailandia (vedi Collegamento CH del settembre 2015) ed ora in Vietnam. https://vimeo.com/332638541 (altro…)
Mag 13, 2019 | Cultura
Si è affrontato il tema della salvaguardia dell’Amazzonia, ecosistema fra i più ricchi del pianeta e insieme “foresta di culture”. Guardare l’Amazzonia con gli occhi di chi ci vive, “farsi uno” coi popoli indigeni che la abitano in un rapporto di scambio ed equilibrio perfetto: la terra è madre che dà vita e l’uomo ne ha cura e protegge la ricchezza delle sue creature, essendo esso stesso creatura nel Creato. E’ questo lo sguardo con cui i promotori e i partecipanti alla quarta edizione del Villaggio delle Terra, promosso a Roma dal Movimento dei Focolari con Earth Day Italia, dal 25 al 29 aprile, hanno affrontato il tema della salvaguardia dell’Amazzonia, ecosistema fra i più ricchi del pianeta e insieme “foresta di culture”. Dal parco di Villa Borghese, è stato rinnovato l’appello per la tutela della biodiversità ambientale ed etnico-culturale del “polmone” del pianeta, da troppo tempo sfruttato e depredato da multinazionali e governi che guardano a questa terra come fonte di guadagno. L’attività estrattiva di petrolio, gas e preziosi, e il disboscamento crescente di aree destinate all’agricoltura intensiva o alla costruzione di dighe e infrastrutture – denuncia Francesca Casella, Direttrice di Survivor International Italia – è un “attacco deliberato” che mette a rischio la sopravvivenza dell’ecosistema e delle tribù che lo popolano, sfrattate illegalmente dalle loro terre, private del sostentamento o addirittura sterminate. “Abbiamo fame e sete di giustizia per tutti coloro che sono morti lottando per il nostro popolo e per la nostra vita” ha detto commossa dal palco Hamangaì, studentessa indigena rappresentante del popolo Patax – nello stato brasiliano di B
ahia – chiedendo che “l’umanità si fermi e ascolti i popoli originari”, portatori di una saggezza millenaria. A questo grido hanno risposto le centinaia di organizzazioni, istituzioni e realtà – civili ed ecclesiali – che hanno preso parte all’evento, facendo fronte comune per la tutela della terra amazzonica. Una terra che costituisce un patrimonio ecologico inestimabile, ma che si offre anche come modello per la coesistenza di centinaia di popolazioni con culture, etnie e religioni diverse. Un modello da tutelare, dunque, secondo lo spirito indicato dal Signore a Mosè nella Bibbia: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai, è suolo santo” (Es 3,5). Un brano biblico che Papa Francesco ha citato nel corso del suo viaggio apostolico in Amazzonia, nel 2016, e che il Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha riproposto ai partecipanti al Villaggio, quale modello di relazione nell’incontro con gli indios e la loro terra. Proprio i vescovi del mondo si riuniranno in ottobre per discutere del tema amazzonico, ricercando “Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”, come recita il titolo del Sinodo voluto dal Papa. La presenza della Chiesa in Amazzonia, ha ricordato il porporato, è in effetti significativa, con “7 Conferenze Episcopali, 106 vescovi e migliaia di sacerdoti e operatori pastorali”. Un’attenzione speciale che nasce dalla consapevolezza che tutto è connesso, come sottolinea il Santo Padre nella Laudato si’, dove invita ad una “conversione ecologica”, ovvero ad assumere l’interdipendenza di tutto il Creato, della natura con l’uomo e fra gli uomini, e dunque a modificare gli stili di vita per superare l’individualismo e adottare come criterio dell’agire la solidarietà globale. In questo senso si legge anche l’opera dei Frati Cappuccini in Terra Santa, presenti in 72 villaggi accanto ai popoli indigeni, impegnati anche nella lotta contro il pregiudizio verso gli indios, visti come popoli arretrati, e che invece molto hanno da insegnare. “Noi siamo schiavi del tempo, mentre stando con loro tu capisci quanto è sacro stare insieme, ascoltarsi” dice Padre Paolo Maria Braghini, missionario cappuccino da 20 anni in Amazzonia, che afferma “San Francesco sarebbe felice di vivere oggi in quella parte del mondo”. Un modello, quello amazzonico, che nella sua biodiversità può e deve essere replicato altrove, adattato però alle singole realtà, come evidenzia Rafael Padilha, docente dell’Università di Vale do Itajaì, in Brasile, che sottolinea anche l’importanza di promuovere un’economia che metta al centro la persona, per esempio attraverso progetti come quelli ispirati all’Economia di Comunione nata dal carisma del Movimento dei Focolari. La sfida, anche nei Paesi cosiddetti sviluppati – aggiunge Padre Laurent Mazas, Direttore esecutivo del Cortile dei Gentili – è passare dalla multiculturalità alla interculturalità, “dal duello al duetto, nel rispetto dei tesori di ogni cultura”. Al termine del talk, nel Viale delle Magnolie di Villa Borghese, come testimonianza dell’impegno comune per la salvaguardia della foresta e dei popoli che la abitano, è stato piantato un leccio utilizzando terra proveniente dall’Amazzonia.
Claudia Di Lorenzi
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Mag 13, 2019 | Sociale
Dal 26 al 28 marzo 2020 Papa Francesco invita ad Assisi (Italia) giovani economisti di tutto il mondo per dar vita a un patto per cambiare l’attuale economia e dare un’anima a quella del futuro. “Vi scrivo per invitarvi ad un’iniziativa che ho tanto desiderato: un evento che mi permetta di incontrare chi oggi si sta formando e sta iniziando a studiare e praticare una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda. Un evento che ci aiuti a stare insieme e conoscerci, e ci conduca a fare un “’patto’ per cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani”.
Sono queste le prime righe del messaggio che sabato 11 maggio scorso Papa Francesco ha indirizzato a giovani economisti, imprenditori e change-makers impegnati nel pensare e praticare un’economia diversa. Francesco li invita a partecipare e costruire insieme l’evento internazionale “The economy of Francesco”, che si terrà ad Assisi (Italia) dal 26 al 28 marzo 2020. Vuole avviare con loro un processo di cambiamento globale affinché l’economia di oggi e di domani sia più giusta, inclusiva e sostenibile, senza lasciare nessuno indietro. L’evento è promosso da un Comitato composto dalla Diocesi di Assisi, dal Comune di Assisi, dall’Istituto Serafico di Assisi e da Economia di Comunione. Li attende tutti, il Papa, senza distinzioni di credo o di nazionalità, per trattare con loro i problemi più complessi del mondo attuale, dalla salvaguardia dell’ambiente alla giustizia verso i poveri; questioni che hanno bisogno del coraggioso impegno a ripensare i paradigmi economici del nostro tempo. Il Prof. Luigino Bruni, direttore Scientifico del Comitato, dichiara che: “L’invito di Papa Francesco ai giovani economisti è un evento che segna una tappa storica, perché si uniscono due grandi temi e passioni del Papa: la sua priorità per i giovani e la sua sollecitudine per un’altra economia. Stiamo invitando, a suo nome, alcuni degli economisti e imprenditori più sensibili allo spirito dell’Oikonomia di Francesco (Francesco di Assisi e Papa Francesco), per poter dare ai giovani il meglio delle riflessioni e prassi economiche di oggi nel mondo. La parola Oikonomia evoca insieme tante realtà: la radice greca richiama le regole della casa, ma rimanda anche alla cura della casa comune, all’OIKOS. E ci riferiamo anche all’Oikonomia intesa dai Padri della Chiesa come categoria teologica di salvezza universale. Assisi è parte essenziale, perché è una città-messaggio di una economia diversa. I diversi luoghi della città di Assisi, ospiteranno il programma dell’evento costruito attorno ai tre pilastri dell’Oikonomia di Francesco: i giovani, l’ambiente, i poveri”. Molti i temi che troveranno spazio nella due giorni di Assisi: diritti delle generazioni future, accoglienza della vita, equità sociale, dignità dei lavoratori e salvaguardia del Pianeta. Dal 26 al 28 marzo 2020,” The Economy of Francesco” si articolerà in laboratori, manifestazioni artistiche, seminari e plenarie con i più noti economisti ed esperti dello sviluppo sostenibile e delle discipline umanistiche, che rifletteranno e lavoreranno insieme ai giovani. Le candidature per partecipare all’iniziativa si apriranno a giugno 2019. La lettera integrale di Papa Francesco e tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.francescoeconomy.org
Stefania Tanesini
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Mag 12, 2019 | Nuove Generazioni
Un nuovo appuntamento di dialogo tra i giovani del Movimento buddhista della Risho Kosei Kai (RKK) ed i giovani dei Focolari ha approfondito la conoscenza, l’amicizia ed il comune impegno per la pace nel mondo. “In tutti questi anni, dovunque ci trovavamo, immediatamente scomparivano i muri della nostra diversità e subito ci trovavamo uniti nello stesso desiderio di voler lavorare per la pace del mondo. Ma è anche logico così, perché quando il nostro Fondatore (Nikkyo Niwano) e Chiara Lubich si sono incontrati, si trovavano subito uno e per ambedue è stata una scoperta trovare qualcuno disposto seriamente a lavorare per la pace nel mondo”. Ha esordito così Yoshie Nishi, Vice-Direttore del Settore dei Giovani della Rissho-Kosei-Kai, nel tracciare la storia dei simposi tra i giovani del Movimento Buddista e i giovani dei Focolari, iniziati nel 2008.
L’edizione di quest’anno, svoltasi presso il Centro internazionale del Movimento dei Focolari in Italia, aveva come tema “The World Peace Starts from Us. Now the time to step forward to everything” (La pace mondiale inizia da noi. E’ ora il tempo di fare un passo avanti). “Il mondo in vari luoghi è diviso. – hanno spiegato i giovani della RKK – Rifugiati, povertà, problemi economici, ecc. Non solo a livello nazionale, ma anche nel piccolo mondo in cui viviamo, da una parte con la diffusione di Internet si può creare in pochi secondi un legame stretto con tutto il mondo, ma dall’altra parte, coesiste la povertà della relazione in cui la conversazione con chi abita accanto non è mai stata fatta”. Molti i momenti di condivisione di esperienze di pace che partono dal quotidiano: cambiamenti di stile di vita personale e azioni che coinvolgono altri e trasformano in positivo la realtà. “Vorremmo camminare sempre guardando l’altro, le sfide che vediamo nel mondo – hanno detto agli amici giapponesi Rita e Henrique dei Focolari – contribuendo a raggiungere un mondo più unito, fraterno, dove se possa avere più pace, ma una pace che non esclude i più emarginati, ma che fa nostri i bisogni della nostra gente per poter arrivare un giorno all’obiettivo: ‘No one in need’, come recita lo slogan che i giovani dei Focolari si sono dati quest’anno per la Settimana Mondo Unito e per il pecorso ‘Pathways for a United World’”. Nel programma del simposio anche un’azione concreta: la preparazione e la distribuzione di pasti caldi presso la Stazione Ostiense di Roma in collaborazione con l’Associazione RomAmoR ONLUS che aiuta senza fissa dimora, anziani, migranti. La delegazione giapponese ha poi partecipato all’udienza di Papa Francesco ed ha vissuto una giornata di condivisione e approfondimento nella cittadella internazionale di Loppiano con i giovani delle scuole di formazione e con quelli dell’Istituto Universitario Sophia.
Paola Pepe
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Mag 12, 2019 | Centro internazionale
La presidente e il copresidente dei Focolari sono tornati in Libano dove hanno celebrato il cinquantesimo del Movimento con la comunità e diverse personalità civili e religiose. Capita che a volte i grandi percorsi storici si concentrino nella piccola storia di una persona. Così è successo sabato, 11 maggio, durante l’incontro dei membri dei Focolari in Libano, in occasione del cinquantesimo dell’arrivo del Movimento nel Paese dei Cedri. I 450 presenti avevano appena ripercorso alcune delle tappe principali di questi 50 anni, quando uno dei presentatori ha confessato: “Nella guerra dal ‘75 al ‘90 è morto mio fratello ed io sono stato uno di quelli che avevano un’arma in mano. Nel ‘93 ho conosciuto i Focolari e la spiritualità dell’unità ha cambiato la mia vita”. Queste poche parole sono, in realtà, un concentrato di realtà: c’è la ricchezza e bellezza del Libano come porta al Medio Oriente, dove si incontrano tre continenti e si incrociano tre grandi religioni; dicono un paese privilegiato dalla storia, che vive la sfida continua di una convivenza fraterna tra popoli, religioni, confessioni e riti cristiani e infine raccontano una nazione che non si rassegna mai e che trova sempre nuove risorse per ripartire. Questa confessione esprime anche il dramma e i traumi di una guerra che è durata ben 16 anni, le cui origini e radici non sono mai state veramente affrontate. E nella piccola storia di quest’uomo si nasconde il seme gettato dai primi focolarini arrivati nel 1969 a Beirut la cui testimonianza di una vita basata sull’amore è sopravvissuta alla guerra e che oggi si esprime nelle diverse espressioni del Movimento e in tante attività ecclesiali e sociali che si presentano in questo giorno di festa.
Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente dei Focolari, venuti per festeggiare con i libanesi, non si accontentano di un giubileo che parta dal passato per arrivare al presente. Nelle loro risposte ad alcune domande sfidando i Focolari libanesi a guardare il futuro: a non stancarsi di annunciare il Vangelo secondo lo stile tipico del carisma dell’unità che, a imitazione di Cristo, si fa uno con tutti. Li incoraggiano a non evitare contrasti e conflitti che possano mettere in discussione anche le proprie categorie culturali, per raggiungere una nuova mentalità evangelica e li spronano a non vivere un ecumenismo superficiale per testimoniare, anche davanti alle autorità ecclesiali, una vera unità nella diversità dei riti e delle confessioni. Insomma, chiedono loro di non farsi sfuggire la profezia insita nel dialogo interreligioso, soprattutto con i musulmani, così come l’ha portata Chiara Lubich. Tutte queste sfide Maria Voce le riassume nel suo saluto dopo la messa di domenica 12 maggio, nella cattedrale della risurrezione
di Antélias nei pressi di Beirut, l’atto ufficiale con il quale si è celebrato il cinquantesimo. La presidente esprime l’augurio “che il Libano possa essere per tutto il mondo quel ‘messaggio’ vivo di coesistenza e fraternità al di là di ogni frammentazione che Papa Giovanni Paolo II già negli anni ‘80 aveva visto come speciale caratteristica del popolo libanese, dove la diversità culturale e spirituale diventa ricchezza esemplare nel cammino di singoli e di popoli. Ripetiamo anche noi col Papa, oggi santo: ‘IlLibano è più di un Paese, è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente e l’Occidente’ ”[1]. I 50 anni dei Focolari in questo Paese dimostrano che la spiritualità dell’unità ha la capacità di mantenere vivo e attuale questo messaggio.
Joachim Schwind
[1]Giovanni Paolo II., Lettera Apostolica a tutti i vescovi della Chiesa cattolica sulla situazione nel Libano, 7 settembre 1989. (altro…)
Mag 11, 2019 | Focolari nel Mondo
La comunità del movimento presente nel Paese dagli anni ’70, ha collaborato attivamente a questa visita papale in vari ambiti: nel coro, facendo volontariato durante gli eventi, nella liturgia, concedendo interviste. Sono passati come un lampo i due giorni della visita di Papa Francesco in Bulgaria, che ha suscitato un grandissimo interesse non solo fra i cattolici, che rappresentano solo lo 0,6% della popolazione bulgara, ma in tutte le componenti della società. I mass media hanno dato grande risalto all’evento, creando nell’opinione pubblica, già durante la preparazione, una grande attesa. Le principali televisioni del Paese in questi giorni hanno seguito la visita momento per momento. Molto cordiale l’incontro con Sua Santità il patriarca della Chiesa Ortodossa Bulgara, Neofit, che ha accolto il Papa con calore.
Impressionante è stata la partecipazione della gente. Alla liturgia, sulla piazza dove un tempo si svolgevano le manifestazioni di un regime che ha perseguitato duramente la Chiesa – la sagrestia era nella ex Casa del Partito -, erano presenti più di 15 mila di persone, mentre in altre parti della città la gente seguiva attraverso maxi schermi, fatto insolito per la Bulgaria, Paese a maggioranza ortodossa. Il Papa è riuscito a parlare al cuore dei bulgari, nonostante la difficoltà della lingua, con i gesti, con il suo essere, con la sua straordinaria capacità di comunicare con chiunque. Come quando, il giorno dopo, a Rakovski, cittadina a maggioranza cattolica, durante la Messa il Papa, con un sorprendente cambio di programma, ha dato la Prima Comunione a tutti i 245 bambini che dovevano riceverla, e non solo a 10, e ha intrattenuto con loro un dialogo spontaneo, sottolineando i principali punti della fede e la sacralità di quello che stava avvenendo. Nel pomeriggio, poi, incontro con la comunità cattolica, costellato di gesti spontanei e saluti che hanno fatto gioire i 700 presenti (l’incontro si svolgeva in una chiesa ed era a numero chiuso). Dopo le testimonianze di una suora, di un sacerdote e di una famiglia, tutti giovani, il Papa ha svolto il suo discorso, interrompendolo varie volte per parlare a braccio, suscitando immediatamente la viva reazione dei presenti. Il Focolare ha dato il suo contributo in vari ambiti, dove era richiesto: nel coro, nella diffusione degli inviti in ambienti diversi, nel
volontariato durante gli eventi, nella liturgia, concedendo interviste, ecc. Per sostenere il Papa nelle fatiche di questi giorni gli abbiamo pure regalato un pacco di mate, . Il Movimento è arrivato in Bulgaria negli anni ‘70, unica realtà laicale presente negli anni del comunismo ed il più radicato nella Chiesa locale. Dal 1991 c’è il focolare femminile a Sofia e le comunità del Movimento esistono in 9 città del Paese, composte da Cattolici, Ortodossi e persone senza un preciso riferimento religioso. Abbiamo forti legami di amicizia con esponenti della Chiesa Ortodossa a vari livelli. Questa visita, fra l’altro, ci ha dato l’occasione di approfondire rapporti costruiti nel tempo, allacciare legami con persone nuove, riallacciare legami precedenti.
Majda Šušteršič
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Mag 10, 2019 | Chiesa
Il Papa espone le nuove norme per tutta la comunità ecclesiale contro chi commette abusi e chi li copre. Le misure e l’orientamento dei Focolari nel solco della Chiesa. L’intervento del Copresidente Jesús Morán e il servizio per il Collegamento CH. Porta la data del 7 maggio e s’intitola Vos estis lux mundi. Questo documento in forma di motu proprio – uno strumento, cioè, che il Pontefice utilizza quando vuole personalmente introdurre delle novità o dare indicazioni ai fedeli – è l’ultimo atto di Papa Francesco nella lotta contro gli abusi sui minori e le persone vulnerabili nella Chiesa. Una tappa di primaria importanza che è parte di un percorso. Al termine dell’incontro sulla protezione dei minori in Vaticano nel febbraio scorso erano stati annunciati alcuni provvedimenti legislativi per la Curia Romana e lo Stato Vaticano. Quest’ultimo documento normativo è indirizzato alla Chiesa intera: stabilisce nuove procedure per segnalare molestie e violenze e assicurare che vescovi e superiori religiosi rendano conto del loro operato. Introduce l’obbligo per chierici e religiosi di segnalare gli abusi; un provvedimento che incoraggia anche i laici a rivolgersi alle competenti autorità ecclesiastiche. Chiede inoltre alle diocesi di dotarsi di un sistema facilmente accessibile al pubblico per ricevere le segnalazioni. E’ un gesto che travalica i confini della Chiesa stessa ed è di sprone alla società civile, perché, lo sappiamo, lo scandalo degli abusi affonda le proprie radici – sia storicamente che in tempi recenti – nei diversi ambiti della famiglia, della scuola, dello sport, ecc. Nonostante il tema grave e devastante che tratta, il papa apre il documento con una citazione evangelica che richiama speranza e luce: “Nostro Signore Gesù Cristo chiama ogni fedele ad essere esempio luminoso di virtù, integrità e santità”. Sono queste virtù che impegnano tutte le persone, a maggior ragione i consacrati, che – per scelta di vita – non dovrebbero mai tradire la fiducia di chiunque, famiglie o minori in primis. Come abbiamo comunicato in precedenza, anche il Movimento dei Focolari – dolorosamente – non è immune da questo scandalo. Il 26 marzo scorso la Presidente Maria Voce ed il Copresidente Jesús Morán hanno inviato una lettera a tutti i membri del Movimento nel mondo sull’impegno dei Focolari in questo campo. Comunicano che è con profonda sofferenza che occorre riconoscere “che anche nella nostra grande famiglia dei Focolari si sono verificati alcuni casi di abuso nei confronti di minori (una ventina circa), provocati da persone del Movimento oppure da persone che hanno frequentato manifestazioni organizzate da noi. Sono in gran parte episodi avvenuti in un passato lontano (anche oltre 20 anni), ma purtroppo alcuni sono accaduti in un passato recente. E vi erano coinvolti anche membri consacrati”. Ribadiscono la “tolleranza zero” del Movimento nei confronti di ogni forma di violenza o abuso e il dovere per ogni membro dei
Focolari di essere in prima linea nella difesa delle persone più deboli da qualsiasi forma di maltrattamento o bullismo, attuati direttamente o attraverso il web, con particolare attenzione ai minori e agli adulti vulnerabili. Esortano apertamente a segnalare alla Commissione Centrale per la tutela e il benessere dei minori, istituita nel 2014 presso il Centro internazionale dei Focolari e alle commissioni locali, ogni sospetto di abuso o violenza e reputano “una vera tentazione pensare di non segnalare dei casi per il bene del nostro Movimento, per evitare uno scandalo, per proteggere la buona fama di qualcuno”. In una recente intervista concessa durante il Collegamento CH il Copresidente ha ribadito con forza la piena adesione alla linea attuale della Chiesa. Morán spiega che “abbiamo voluto riconoscere pubblicamente che questo dramma ha toccato pure noi e che questo ci porta a un’azione concreta per rendere giustizia alle vittime anche iniziando un processo di accompagnamento a livello generale, concreto”. Riconosce che questa è una grande purificazione per il Movimento e infine ribadisce che l’impegno per la tutela dei minori non può ridursi all’ambito dei Focolari. “Con questa lettera abbiamo voluto dire a tutti i membri che è importante impegnarsi a tutti i livelli perché questo dramma, questo dolore immenso, che è un dramma sociale e morale, finisca al più presto e non si verifichino più questi casi di abusi”. L’impegno del Movimento ora è incentrato sulla prevenzione e la formazione di tutti i membri, in particolare di quelli che svolgono attività con i minori; per questo è importante la collaborazione con le altre agenzie del Movimento che lavorano con i minori: dai centri Gen 3 e Gen 4, al Movimento Famiglie Nuove. Guarda il servizio del Collegamento CH: Tutela dei minori: trasparenza, prevenzione, formazione (altro…)
Mag 9, 2019 | Centro internazionale
Il 10 maggio 2018 rimarrà una data storica per la prima della Cittadelle dei Focolari come per tutto il Movimento. “Voglio alzare lo sguardo verso l’orizzonte e invitarvi ad alzarlo insieme con me, per guardare con fedeltà fiduciosa e con creatività generosa al futuro che comincia già oggi. La storia di Loppiano non è che agl’inizi. Voi siete agl’inizi”. Si era espresso così, un anno fa, Papa Francesco nel dialogo con gli abitanti di Loppiano e con gli oltre 6000 presenti durante la sua visita, la prima di un Pontefice ad una Cittadella dei Focolari. Una giornata che ha segnato il presente ed il futuro. Nel suo ampio discorso il Papa aveva parlato ai pionieri come ai più giovani tra i presenti ed incoraggiato a proseguire sulla strada intrapresa continuando a fare di Loppiano il luogo dove “tutti si sentono a casa” e nel quale “non ci sono periferie”. Ed aveva individuato nel carisma dell’unità “uno stimolo provvidenziale” e “un aiuto potente” a vivere ˮla mistica evangelica del noi, e cioè a camminare insieme nella storia degli uomini e delle donne del nostro tempo come “un cuore solo e un’anima sola” (cfr At 4,32), scoprendosi e amandosi in concreto quali “membra gli uni degli altri” (cfr Rm 12,5)”. “Non è un fatto solo spirituale – aveva ancora spiegato papa Francesco -, ma una realtà concreta con formidabili conseguenze – se lo viviamo e se ne decliniamo con autenticità e coraggio le diverse dimensioni – a livello sociale, culturale, politico, economico… Gesù ha redento non solo il singolo individuo, ma anche la relazione sociale (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 178). “Prendere sul serio questo fatto significa plasmare un volto nuovo della città degli uomini secondo il disegno d’amore di Dio – aveva affermato il papa – Loppiano è chiamata a essere questo E può cercare, con fiducia e realismo, di diventarlo sempre meglio. Questo è l’essenziale. E da qui bisogna sempre di nuovo ripartire”. Parole forti, profonde, ricchissime quelle del suo discorso che sono state in questi mesi approfondite dai Focolari, a Loppiano e non solo, per cercare di comprenderle a fondo e farle vita. Ma che cosa è cambiato a Loppiano in questi 365 giorni da quella visita? A questa domanda hanno recentemente risposto Maria Voce e Jesús Morán, Presidente e Copresidente dei Focolari, che hanno trascorso alcuni giorni nella Cittadella proprio in concomitanza con questo anniversario: “L’abbiamo trovata molto bella – ha detto la Presidente – avevo l’impressione proprio di un’aria di resurrezione, sentivo che c’era una vita nuova che si manifestava in tutto quello che ci hanno presentato, con più unità, con rapporti più veri, più semplici, più diretti fra tutti”. Una Cittadella quindi rinnovata dal passaggio del Papa “il quale – ha concluso Maria Voce – ha colto fino in fondo il punto in cui la Cittadella era e i passi che doveva fare, ed ha aiutato a farli”. “Si sente che il Papa è passato di qua, questo è evidente – ha osservato Jesús Morán – ed è stato un passaggio fondamentale, che ormai segna la storia di Loppiano”. “Sappiamo che c’è una grazia – ha concluso il Copresidente – quindi gli input che il Papa ha dato saranno fondamentali per pensare l’oggi e anche il domani di Loppiano”. La video-sintesi della visita di Papa Francesco a Loppiano un anno fa: https://vimeo.com/275370463 (altro…)
Mag 9, 2019 | Chiesa
Ci ha lasciato il fondatore de l’Arche e apostolo degli ultimi. Era in Piazza San Pietro durante lo storico incontro di Pentecoste 1998 insieme a Chiara Lubich e ad altri fondatori di movimenti e nuove comunità. Il ricordo e la gratitudine dei Focolari. Il 30 maggio 1998 resterà nella memoria di molti come il “l’incontro di Pentecoste”. Fu allora che Papa Giovanni Paolo II convocò per la prima volta nella storia tutti i movimenti ecclesiali e le nuove comunità in Piazza San Pietro.
Tra i fondatori che presero la parola davanti al Papa, insieme a Chiara Lubich, Kiko Arguello e d. Luigi Giussani c’era anche Jean Vanier, fondatore della comunità L’Arche che ci ha lasciati nella notte del 7 maggio scorso a 90 anni. Vogliamo ricordarlo, oltre che per la sua grande opera per gli ultimi e i disabili – dal 1964, aveva dato vita a oltre 150 centri in tutto il mondo –, per l’amicizia tra il fondatore de L’Arche e i Focolari, e per il sostegno che con la sua ripetuta presenza ha dato anche agli appuntamenti di “Insieme per l’Europa”. Fin dalle parole che pronunciò in Piazza S.Pietro fu chiara la comune passione per la parolaevangelica dell’unità: “Accogliendo persone con handicap provenienti da confessioni cristiane diverse, accogliendo anche persone musulmane, ebree o indù, abbiamo scoperto quanto il povero possa unirci. Uomini e donne appartenenti a diverse Chiese e a differenti religioni ci fanno scoprire il mistero della nostra comune umanità. (…) Scopriamo che, se accogliamo un povero, egli ci conduce verso il Dio dell’amore, ci conduce verso Gesù”. Nel novembre 2013, a Montmartre, in Francia, Jean Vanier prese la parola durante un incontro degli amici di “Insieme per l’Europa”, il cui tema era proprio la povertà e il contributo che comunità e movimenti cristiani potevano dare per sconfiggere indigenza ed emarginazione in Europa. Iniziò il racconto della sua esperienza con queste parole: “Gesù dice: ‘Il regno di Dio è come un pranzo di nozze’ – ma tutti sono troppo occupati – e il re che ha invitato manda i suoi servi a cercare storpi e zoppi lungo le siepi e ai crocicchi delle strade – è questo che ho cercato di vivere nella mia vita”. Jean Vanier si dedicò in particolare ai disabili mentali, quelli che lui definì “il popolo più oppresso». «Essi mi hanno cambiato, ho visto che il Regno di Dio è loro”. Siamo vicini alla sua famiglia spirituale in tutto il mondo, certi che Dio e la schiera degli ultimi ai quali ha dato casa, dignità e amore, l’hanno accolto in Cielo.
Stefania Tanesini
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Mag 8, 2019 | Focolari nel Mondo
Anche nella piccola repubblica balcanica visitata da Papa Francesco dal 5 al 7 maggio c’è una comunità dei Focolari che ha lavorato intensamente per questo evento. Ce ne parla Mato Mikulec.
“Da sempre la caratteristica principale di questa terra è il dialogo e anche la comunità dei Focolari qui è composta da cristiani (cattolici e ortodossi) e musulmani”. Mato Mikulec è un pioniere del movimento a Skopje, è croato di origine e 30 anni fa si è trasferito in Macedonia per lavoro. Vive con trepidazione e grande gioia la visita del Papa: “Siccome Francesco ha molto a cuore le periferie, il suo primo obiettivo è sostenere e incoraggiare la piccola comunità cattolica, ma non solo. Per lui ogni uomo è un valore immenso e quindi viene qui come amico di tutte le persone di questo Paese. Naturalmente, è anche incoraggiato dallo spirito di tolleranza e convivenza che sono parte della natura di questo popolo”. Ormai Mato considera questa la sua terra: la maggior parte della popolazione è macedone (64%), poi ci sono gli albanesi (25%), i turchi (4%) e una piccola percentuale di altri popoli. Le due religioni principali sono il Cristianesimo e l’Islam; i cattolici dei due riti – occidentale e orientale – sono solo l’1%. La storia racconta che in Macedonia la tradizione cristiana risale addirittura ai tempi dell’apostolo Paolo, rafforzata e diffusa nei secoli successivi, da grandi figure di evangelizzatori come i due fratelli Cirillo e Metodio nel IX secolo e da molti altri che, successivamente, danno un contributo inestimabile allo sviluppo della religiosità e dell’alfabetizzazione dei popoli slavi. Ma la regione balcanica è anche testimone della dolorosa divisione delle Chiese, di conflitti tra potenze e interessi politici, come l’occupazione ottomana durata oltre 500 anni. “Nonostante tutto – continua Mato – le persone qui hanno conservato molti valori, una profonda religiosità, grande apertura alla diversità e una profonda aspirazione alla comunione. Quindi non c’è da sorprendersi che proprio in questa terra sia germogliato un fiore tanto bello come Madre Teresa”. Racconta poi che la visita di Papa Francesco è avvenuta su invito del vescovo locale Kiro Stojanov e delle autorità statali. “Una
bellissima tradizione vuole che ogni anno una delegazione di Stato si rechi a Roma alla tomba di San Cirillo presso la Basilica di San Clemente. Ne fanno parte anche rappresentanti delle Chiese Cattolica e Ortodossa. E’ inclusa anche l’udienza con il Santo Padre e proprio in questa occasione gli è stato rivolto l’invito a visitarci”. Ci racconta poi che i primi contatti con i Focolari in Macedonia e Kosovo risalgono agli anni ’70 quando uno dei primi focolarini, Antonio Petrilli, andò a visitare l’amico sacerdote d. Luka Cirimotić. In seguito, negli anni ’80 una famiglia originaria di Zagabria si stabilisce a Skopje e nasce così la prima comunità composta da giovani e adulti, famiglie e consacrati, persone di varie Chiese e Religioni, o senza un orientamento religioso. È stato grazie all’impegno del vescovo Kiro Stojanov che nel 2006 si apre a Skopje il focolare femminile, l’ultimo che Chiara Lubich ha approvato personalmente prima di lasciarci. “Vediamo che la diversità non è un ostacolo alla sincera comunione e alla fraternità – prosegue Mato – che stanno diventando sempre più visibili e apprezzate anche dai capi delle comunità religiose. Per noi dei Focolari questo evento è una gioia speciale, crediamo che il Papa sia attratto anche dal nostro amore e dalla comunione tra noi. Sentiamo che il Papa ci porta il nuovo volto e l’abbraccio della Chiesa dove anche la nostra comunità ha il suo posto”.
Stefania Tanesini
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Mag 8, 2019 | Centro internazionale
Maria Voce ai giovani siriani: “Non lasciatevi rubare i vostri valori ed unitevi a tutti i giovani che vogliono un mondo migliore. Il mondo vi aspetta”.
“Grazie della speranza e della forza vitale che ci avete portato”. Sono queste le parole che Maria Voce ha rivolto alle comunità dei Focolari attraverso un video-messaggio, al termine del suo viaggio in Siria dall’1 all’8 maggio scorsi.
Giorni intensissimi in cui la presidente e il copresidente dei Focolari, Jesús Morán, hanno visitato le città di Homs, Kafarbo, Seydnaya e Damasco. Hanno incontrato comunità, persone impegnate in parrocchie o nel sociale, famiglie, bambini, ragazzi, giovani, sacerdoti e religiosi. Sono stati ricevuti da vescovi e dal nunzio apostolico, card. Mario Zenari.
Hanno visto e toccato con mano le tremende ferite che la guerra ha impresso nelle strutture e nelle anime del popolo siriano: traumi e tragedie di ogni genere. Hanno conosciuto dal di dentro la situazione difficile, quasi disperata, di un Paese divenuto il fantoccio dei moltissimi interessi di forze esterne, che subisce una pesante guerra economica, mentre il conflitto militare non è ancora terminato. Com’è dunque possibile concludere il viaggio ringraziando per la speranza e la forza ricevuti?
Una delle chiavi di lettura sta senz’altro nell’ultima tappa. Su invito del Patriarca Melkita Mons. Youssef Absi,230 giovani cattolici e di diverse Chiese si sono dati appuntamentolunedì 6 maggio scorso nella Cattedrale Greco Cattolica di Damasco. In questa occasione, rispondendo ad alcune domande, Maria Voce ha lanciato un forte appello alla gioventù siriana: “Non lasciatevi rubare i vostri valori e unitevi a tutti i giovani che vogliono un mondo migliore. Il mondo vi aspetta”.
Più tardi sarà il copresidente, Jesús Morán, a spiegare la motivazione profonda di queste parole: “Questi giovani hanno sperimentato che tutto crolla; eppure hanno conservato una profonda sete di Dio e un vero senso della comunità. Forse non ne sono completamente coscienti, ma si trovano in una situazione spirituale ottimale, dalla quale possono nascere grandi cose”.
Cosa fare, allora, per creare le condizioni nelle quali questi semi di speranza possano crescere e germogliare in Siria?
Chi conosce almeno un po’ il percorso storico passato e recente di questo Paese, forse suggerirebbe una doppia soluzione: lasciare in pace la Siria e i siriani, perché c’è bisogno innanzi tutto che cessino i conflitti. Poi starebbe anche alle grandi forze del Medio Oriente e di altre parti del mondo che la vogliono sfruttare, lasciare che il Paese trovi la propria strada.
Questo popolo, forte e tenero allo stesso tempo, come lo ha descritto Maria Voce, è più che capace di prendere in mano il proprio destino.
Joachim Schwind
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Mag 6, 2019 | Nuove Generazioni
Con il 1° maggio, la Settimana Mondo Unito è cominciata. Tante le iniziative già messe in campo ad ogni latitudine per realizzare quel “No One in need”, che dà il titolo all’edizione 2019. Immaginiamo di guardare dall’alto la nostra Terra indossando occhiali speciali, capaci di mettere in luce il grado di fraternità vissuto nel mondo tra gli esseri umani. Certamente, dal 1° al 7 maggio, noteremmo un insolito picco, un gran fermento ad ogni latitudine del pianeta. Infatti, “No One in Need”, la Settimana Mondo Unito 2019 è già iniziata e in tanti – ragazzi, giovani, adulti, intere comunità – sono in azione, per testimoniare che un mondo unito è possibile! Cominciamo dal Sud America. A Palmas, in Brasile, il 1° maggio, un gruppo di giovani e ragazzi hanno invitato i loro amici e tutti quelli che volevano partecipare, a vivere per l’unità e la pace. Come? Aiutando una famiglia in difficoltà economica. Si contribuiva donando un chilogrammo di alimenti. La raccolta si è svolta a Cesamar Park, animata da giochi e musica.
Nella stessa giornata, a Loppiano, cittadella internazionale dei Focolari, in provincia di Firenze, 1400, tra ragazzi, giovani e famiglie hanno partecipato al tradizionale evento del Primo Maggio, quest’anno intitolato “Good Vibes” (vibrazioni buone), che ha invitato tutti ad avviare processi di cambiamento ed ad esserne protagonisti, superando l’individualismo e la solitudine con la cultura del dare, il pregiudizio e la paura del diverso con l’accoglienza e la fraternità. Procedendo verso Oriente, sempre il 1° maggio, a Bandra, in India, nella chiesa di Mt Mary’s Church, i Giovani per un Mondo Unito della città hanno invitato l’intera comunità ad un momento di preghiera per lo Sri-Lanka, vittima dei recenti atti di violenza, e ad impegnarsi per la pace. Sempre in India ma a Mumbai, dal 2 al 4 maggio, si tiene una scuola dal titolo “#NoOneInNeed”, alla scoperta dei propri bisogni e di quelli degli altri, per fare propria una prospettiva di vita nuova, basata sulla cultura del dare. Durante la scuola, tante le tematiche affrontate: comunicazione, bisogni relazionali, ecologia, pace e poi, gli workshop, con una sessione di lavoro dedicata a IntotheLABel, il laboratorio di consumo responsabile. Tra i partecipanti, giovani provenienti da varie zone dell’India, dal Nepal e anche dallo Sri-Lanka. Sull’isola di Cebu, nelle Filippine, la sera del 1° maggio, i Giovani per un Mondo Unito hanno lanciato la campagna “#NoOneInNeed” presso la Bukas Palad Cebu Foundation, Inc.
L’invito pubblicato sui social era a dir poco originale: “Comincia portando con te oggetti di valore in eccedenza o cose che non usi più, da condividere e mettere in comune!”. E in tanti hanno già risposto al loro appello. Come Fred, un giocatore di “Pokemon Go”, amico di alcuni Giovani per un Mondo Unito appassionati dello stesso gioco. La sera del 1° maggio ha portato con se 85 capi di vestiario che aveva indossato meno di due volte e che ora non considera più “suoi” ma di chi ne ha più bisogno. Insomma, dal grande evento al gesto personale, la Settimana Mondo Unito è entrata nel vivo! E nel w-e, proseguirà con la corsa che aspira a unire il mondo: Run4unity (domenica 5 maggio) anch’essa animata dallo slogan “No One In Need”. Tantissime le città coinvolte. Per il terzo anno consecutivo, si correrà su entrambi i lati del confine tra Messico e Stati Uniti, proprio a fianco del muro, alla presenza dei sindaci delle città coinvolte (Mexicali e Calexico). Partecipano per la terza volta a Run4Unity anche gli ospiti dell’Ospedale Psichiatrico di Branice, in Polonia. Ci scrivono: «Siamo un ospedale psichiatrico dalla tradizione centenaria. Nel nostro ospedale ci occupiamo di oltre 500 persone con disagio mentale. L’anno scorso circa 300 hanno preso parte a Run4unity e siamo stati gli unici rappresentanti dalla Polonia». Si correrà in Nuova Caledonia e anche in Nuova Zelanda, a Christchurch, la città degli attacchi alle due moschee del marzo scorso. Qui, la corsa coinvolgerà i giovani delle diverse religioni. In Italia, si correrà a Pisa, Roma, Matera, Ischia, Torino, Foggia, Milano, Abbiategrasso e Perugia, dove l’evento è organizzato dal Liceo internazionale Maria Montessori insieme alla cooperativa Amatori Nuoto, e coinvolge alcune associazioni di ragazzi con disabilità. Tra le varie attività è prevista anche una partita di palla a mano su carrozzine, per fare un’esperienza di integrazione attraverso lo sport. Per scoprire gli altri appuntamenti, basta visitare il sito: Run4unity. Buona Settimana Mondo Unito! E ricordate di condividere le vostre storie con l’hashtag #NoOneInNeed.
Tamara Pastorelli
Fonte: United World Project (altro…)
Mag 6, 2019 | Centro internazionale
Sabato 4 maggio la presidente e il copresidente dei Focolari hanno incontrato la comunità siriana del movimento: nelle testimonianze c’è dolore, senso di perdita e lutto, ma anche ricchezza di cultura, tradizioni e voglia di vivere e ricostruire la propria patria.
Fin dalle prime ore, la giornata di sabato 4 maggio si preannuncia forte. Trecento membri della comunità siriana dei Focolari si son dati appuntamento al convento di Sant’Efrem il Siriano a Seydnaya, a circa 40 chilometri a Nord di Damasco.
S’inizia con la storia del movimento, raccontata con le stesse parole che Chiara Lubich ha usato moltissime volte e com’è conosciuta, quasi a memoria, dalle comunità nel mondo: “Erano i tempi di guerra e tutto crollava…”. Ma la particolarità del racconto di oggi è che dopo la recita di ogni singolo episodio della vita di Chiara, la parola passa a qualcuno che la illustra con la propria esperienza vissuta di recente in questa terra martoriata.
C’è chi, tornando nella propria città, non ha più trovato la casa; chi ha perso il lavoro, chi la salute fisica o psichica, chi si è visto rubare il futuro, o la fede in Dio e nei rapporti; chi – e sono molti – ha perso delle persone care. E spesso, fino ad oggi, queste perdite non sono state compensate. “Siamo morti dentro”, dice uno di loro, riassumendo lo stato d’animo di tanti, forse di tutti.
Eppure sullo sfondo del palco si legge in arabo la frase che Chiara Lubich e le sue compagne volevano veder scritte sulle loro tombe sin da quei primi tempi in cui il movimento stava muovendo i suoi primi passi, in piena seconda guerra mondiale: “E noi abbiamo creduto all’amore”.
A sottolinearlo è anche la canzone finale che canta la famosa “Arte d’amare”, spiegata molte volte da Chiara Lubich: amare tutti, amare per primi, vedere Gesù in ogni prossimo, amare i nemici. I presenti si alzano in piedi, cominciano a ballare ed esprimono con tutti i sensi un desiderio comune, quello di voltare pagina.
E davanti ai nostri occhi ci sono ancora una volta le due realtà che contraddistinguono il viaggio della delegazione del Centro Internazionale dei Focolari in Siria: da un lato l’incontro col dolore: ferite, traumi, disperazione, preoccupazione per il futuro, soprattutto per i propri figli; dall’altro il desiderio di continuare a sperare, di riprendere in mano la propria vita con libertà. A sostegno di entrambe le realtà c’è una spiritualità incentrata su una fede che può dire: abbiamo creduto all’amore.
Questa vita che si dispiega tra disperazione e speranza, tra morte e risurrezione, risuona anche ne
l breve intervento tenuto dal nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zennari e nelle risposte di Maria Voce e Jesús Morán. Il cardinale Zennari invita i presenti ad accogliere oggi il messaggio che il Crocifisso ha rivolto 800 anni fa a San Francesco, cioè di riparare la Chiesa. “Ma qui – aggiunge il cardinale – non si tratta solo di riparare la Chiesa, ma di riparare la vostra patria. Si tratta di costruire una nuova Siria”.
Jesús Morán, copresidente dei Focolari, presenta alla comunità siriana del movimento l’esempio di Maria, la madre di Gesù, che nella più grande disperazione “Ha creduto nell’impossibile” e cioè nella forza della risurrezione.
Ma che fare oggi in Siria: restare o partire? Ad articolare la domanda fondamentale di tanti è proprio Maria Voce: al di là di questa scelta, sicuramente non facile, la presidente invita i presenti a cogliere l’attimo, a fissarsi, cioè, in quella che nel momento presente sembra essere “la volontà di Dio” e a viverla con autenticità e coerenza, “anche se Dio ogni tanto permette che viviamo nel mistero”.
La giornata si conclude con una grande festa in cui le diverse regioni rappresentate e soprattutto il grande numero di bambini e giovani suscitano un certo imbarazzo in chi, magari, era venuto pensando di incontrare un popolo povero. Magari non c’è benessere materiale, ma c’è ricchezza di vita, di tradizioni, costumi, danze, canzoni, espressioni di gioia, voglia di vivere.
Che bella questa gente che – nonostante tutto – ha creduto nell’amore!
Joachim Schwind
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Mag 5, 2019 | Collegamento
Mai più bisognosi, mai più fame a partire dal proprio quartiere. E’ questa la sfida che i Ragazzi per l’unità di Mumbai hanno accolto e per cui si stanno dando da fare: dalla raccolta della plastica usata a quella dei giornali porta a porta, per sostenere un centro per donne in difficoltà e famiglie colpite da HIV. Ma quel che è iniziato tra pochi ragazzi, ora coinvolge oltre 200 famiglie dei quartieri circostanti. https://vimeo.com/332638488 (altro…)
Mag 3, 2019 | Centro internazionale
È Homs la prima tappa del viaggio della presidente e del copresidente dei Focolari in Siria. L’incontro con la piccola comunità che è rimasta in città nonostante la guerra e che ora si spende per la ricostruzione umana e sociale del proprio Paese.
Quando domandiamo quali siano le sfide più grosse, la risposta ci sconvolge: “Se rispondiamo all’odio con l’amore sembriamo deboli e questo non è facile da sopportare né da trasmettere ai nostri figli. Ma la gente attorno a noi non sa che l’amore è l’arma più potente”.
Ad affermarlo è una giovane madre di famiglia di Homs, terza città della Siria, tra le più colpite e distrutte durante la guerra civile. È la prima tappa del viaggio di Maria Voce e Jesús Moran, presidente e copresidente del Movimento dei Focolari in queste terre che mostrano le ferite della guerra ma che cominciano anche a rialzarsi dalla polvere.
Nel pomeriggio del primo maggio una quindicina di membri della comunità più antica dei Focolari in Siria si è radunata presso il centro dei Gesuiti. Sono felici di incontrare la presidente e il copresidente che sono venuti – come ha detto Maria Voce prima di partire – a conoscere, a confortare e a dare speranza.
Ma già in questo primo incontro sembra che i ruoli si stiano rovesciando e che sia questa gente, rimasta in Siria nonostante i grandissimi rischi, ad offrire speranza, gioia e coraggio a chi ha la fortuna di ascoltarli.
Con sconcertante limpidezza e autenticità raccontano come hanno vissuto e sopravvissuto ad un tempo tremendo, in cui non pochi di loro hanno perso tutto, mantenendo però viva la fede in un Dio che è amore e dandone prova in una quotidianità fatta di bombe, distruzione e morte.
“Abbia
mo sempre cercato di essere, con la nostra vita, Vangelo vivo” – dice uno di loro – “perché la spiritualità del Focolare ha messo dentro di noi un seme diverso che è stato curato da chi ci ha accompagnato e sembra abbia portato frutto, perché le persone attorno a noi si rendono conto che in noi c’è qualcosa di diverso”.
E non si tratta solo del fatto di essere rimasti in una situazione simile o del fatto di avere il coraggio di ricostruire la propria esistenza. Tanti di questa piccola comunità di circa 50 persone sono ora impegnati in progetti concreti per aiutare il proprio popolo: sostegno a malati di cancro, accompagnamento fisioterapeutico e psicologico di persone con traumi di guerra, assistenza pedagogica per studenti delle scuole elementari e medie con corsi di formazione etica.
“Avete mantenuta viva la fiamma del Vangelo”, dice loro Maria Voce non senza commozione. “E avete capito uno dei punti fondamentali della nostra spiritualità, cioè che il segreto dell’amore vero sta nella amore a Gesù che sulla croce grida l’abbandono. È davvero una grazia per noi, avervi incontrati”.
Joachim Schwind
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Mag 1, 2019 | Nuove Generazioni
“Into The Label” (dentro l’etichetta) è una delle azioni proposte dalla Settimana Mondo Unito; offre a tutti la possibilità di fare la differenza nel proprio piccolo e scegliere qualità, produzione etica e responsabilità sociale.
Segnatevi la data: l’11 maggio prossimo, a pochi giorni dalla conclusione della Settimana Mondo Unito (1-7 maggio 2019), sarà la giornata di “Into The Label”, letteralmente: dentro l’etichetta, cioè quella in cui potremo esercitare il “voto con il portafoglio”. Si tratta di una delle azioni principali promossa dai Giovani per un Mondo Unito dei Focolari per questa edizione 2019, un esercizio di “democrazia economica”, come lo ha definito il suo iniziatore, l’economista italiano Leonardo Becchetti. Vediamo di cosa si tratta e come possiamo partecipare. “Il voto col portafoglio esprime la sovranità del consumatore – spiega Becchetti – il quale decide di usare il suo potere di acquisto e di risparmio per premiare o, viceversa, punire, aziende e/o Paesi responsabili o irresponsabili dal punto di vista sociale e ambientale. Molti dei problemi che abbiamo, come dice anche Papa Francesco, sono riconducibili ad un sistema economico sbagliato non più in grado di risolvere i problemi delle persone e legati all’ambiente. La soluzione è creare un nuovo modello economico sostenibile, inclusivo e partecipato”, continua l’economista, “ma l’unico modo per farlo è costruirlo dal basso, insieme. Ecco cos’è il voto con il portafoglio: diventare consumatori responsabili, consapevoli del nostro ruolo e del potere di premiare con i nostri acquisti le aziende che fanno profitto nel rispetto dei lavoratori, dei clienti e dell’ambiente. È il potere di valutare e scegliere le aziende leader nella sostenibilità sociale, ambientale e fiscale». Dunque la proposta dei giovani dei Focolari spinge nella direzione di fare scelte d’acquisto più etiche e in sostegno di aziende economicamente e socialmente responsabili. Ma come avviene questo voto?
Le “location” sono i supermercati, dove viene proposto ai clienti di partecipare a un laboratorio della durata di 2 ore circa. Vengono predisposti tabelloni, urne e vere e proprie schede elettorali. L’esperimento presenta i candidati che sono un campione di prodotti suddivisi in 5 categorie: pasta, caffè, cioccolato, tonno in scatola, aranciata. Ciascun prodotto è dotato di una scheda informativa che presenta caratteristiche e criteri di valutazione quali tutela dell’ambiente, rispetto dei lavoratori, tracciabilità delle materie prime, ecc. Il laboratorio è pensato come una giornata elettorale e il voto avviene attraverso l’acquisto (o meno) dei prodotti sulla base dei loro differenti programmi, cioè le informazioni raccolte. Il tutto con talk show, exit pool, proiezioni e spoglio elettorale. Sono tre gli scopi dei laboratori “Into the Label”: colmare il gap tra consumatore e scelte aziendali nascoste dietro al prodotto, generando un processo di consapevolezza; favorire la partecipazione collettiva attraverso l’espressione del voto per il prodotto. Infinte generare cambiamento: le scelte dei consumatori, quando si orientano verso il buono, hanno la capacità di influenzare anche le aziende, che possono muoversi verso i comportamenti premiati. Su questo sito e su quello dello United World Project seguiremo gli sviluppi della campagna “Into the Label”, inoltre le informazioni sui prodotti “candidati” sono disponibili presso il sito dell’iniziativa.
Stefania Tanesini
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Mag 1, 2019 | Centro internazionale
Roma, 30 aprile 2019 https://www.youtube.com/watch?v=zMETBKH-KWE&feature=youtu.be “Siamo all’aeroporto di Fiumicino e stiamo aspettando di prendere l’aereo in partenza per Beirut. Poi continueremo per la Siria. Visiteremo questi due Paesi e le persone che ci aspettano con tanta gioia. Veramente anche la nostra gioia di ritrovarli è grande perché non li vediamo dopo dopo tanto tempo. La cosa che ho in cuore in questo momento è proprio il pensiero che vado a trovare un Paese in pieno desiderio di ricostruzione. Quindi un Paese che vive, che ha tanta speranza, sia il Libano che la Siria. E io mi auguro che i libanesi – anche loro hanno sperimentato il dolore della guerra – che adesso sono in un momento di pace, siano così generosi da aiutare i siriani che in questo momento stanno cominciando la loro ricostruzione. C’è tanta speranza. Anche noi vogliamo contribuire a portare questa speranza, con la nostra presenza, con il nostro affetto, con la rassicurazione che con tutto il mondo siamo vicini a loro.” Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari
Apr 30, 2019 | Sociale
Un negozio dove non circolano soldi ma beni, donati gratuitamente e riutilizzati da chi ne ha bisogno. Uno dei frutti più recenti dell’esperienza del Movimento Diocesano ad Ascoli Piceno, nel centro Italia.
È stato definito il “negozio del dono e del riuso”. Qui non si paga con le banconote o con la carta di credito, ma con un sorriso e una forte stretta di mano. Si entra per donare oggetti, vestiti, elettrodomestici o per ricevere ciò di cui si ha bisogno, secondo un preciso regolamento Si trova nel centro storico di Ascoli Piceno, città del centro Italia, puntellata di torri e campanili medievali in pietra di travertino. “Passamano”, questo il nome del negozio, è uno degli ultimi frutti, in ordine di tempo, dell’esperienza del Movimento Diocesano ad Ascoli Piceno. Diramazione del Movimento dei Focolari, profondamente radicato in sei diocesi del centro Italia, opera a servizio della Chiesa locale favorendo un’intensa vita di comunione all’interno della realtà ecclesiale. Alessia Giammarini, giovane mamma di due bambini di 9 e 6 anni, ne fa parte dai tempi della scuola elementare: «Ho cominciato a partecipare agli incontri in parrocchia quando ero in terza elementare, ogni sabato pomeriggio. In seguito ho scoperto che c’era un’intera comunità attorno al nostro gruppo, fatta anche di giovani e di adulti che si prendevano cura dei più piccoli. Ricordo ancora il primo campo-scuola, un momento di crescita fondamentale, dove ho capito che Dio mi chiamava ad impegnarmi in prima persona. Per tanti anni, oltre a portare avanti il gruppo dei giovani della parrocchia, mi sono impegnata nel catechismo e nel coro.
Tuttora è per me un cammino di crescita, insieme a tanti. Viviamo la parrocchia non solo come un luogo di servizio, ma soprattutto di comunione». La storia personale di Alessia si è ulteriormente arricchita quando questo impegno si è esteso a livello diocesano. «Alcuni di noi – spiega – si sono messi al servizio come diaconi o ministri dell’Eucaristia. Altri, come me, abbiamo proposto una trasmissione alla radio diocesana per parlare della comunità cristiana locale. In ogni puntata invitavamo persone dei vari movimenti e associazioni, comunità religiose, organi diocesani o il Vescovo stesso, per presentare iniziative ed eventi. La nostra presenza come Movimento Diocesano ha cominciato ad essere visibile anche a livello politico e delle istituzioni. Ad esempio, la prima edizione del Premio internazionale “Città per la Fraternità” è stato assegnato ad Ascoli, nella persona del Sindaco, per una iniziativa che abbiamo avviato coinvolgendo tutta la città. In questi ultimi anni abbiamo dato vita a momenti dedicati alla cittadinanza, come la “Festa della Fantasia”, inserita nel carnevale ascolano, o il “Capodanno di tutti”, con il coinvolgimento delle persone più svantaggiate». Come siete arrivati all’apertura di “Passamano”? «È stata la proposta fatta alla diocesi e alla Caritas per rispondere alle molteplici situazioni di indigenza causate dal recente terremoto in centro Italia. “Passamano” è diventato ora, in città, una realtà ben visibile, uno strumento per promuovere la cultura del dare, l’emancipazione dalle logiche del consumismo e la pratica del riuso».
Chiara Favotti
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Apr 29, 2019 | Nuove Generazioni
Da #zerohunger a “Into the label”: anche i giovani e i ragazzi dei Focolari scendono in campo per un presente e un futuro migliore per tutti: sconfiggere fame, povertà e aumentare il senso di responsabilità sociale, sono solo alcuni degli obiettivi che li vedono protagonisti. Non poteva cadere in un momento migliore l’edizione 2019 della Settimana Mondo Unito (SMU): mentre giovani e soprattutto giovanissimi di tutto il pianeta invadono piazze, parlamenti e Social con espressioni variopinte di un’unica voce: la voglia di salvare il pianeta per avere un futuro e un mondo migliore di questo. Ciò che sta emergendo proprio in questi giorni è che Greta non è altro che la punta di un iceberg, potremmo dire la miccia che ha acceso e dato coraggio a migliaia di ragazzi che sono usciti allo scoperto per mostrare a coetanei e adulti le ragioni della loro protesta ma anche della loro speranza. “Abbiamo concentrato il nostro messaggio dall’1 al 7 maggio prossimi: una settimana in cui ogni anno noi giovani dei Focolari, insieme agli adulti vogliamo gridare al mondo il nostro impegno affinché non ci siano più bisognosi sulla terra e per questo vogliamo lavorare per sconfiggere la fame”, spiega Marina, brasiliana, del Centro internazionale dei giovani dei Focolari. Due azioni: #zerohunger e #intothelabel “Sono centinaia le azioni in corso nel mondo – continua Marina –; ne ricordo due in particolare che stiamo diffondendo il più possibile. La prima è l’azione #zerohunger con cui i Ragazzi per l’Unità propongono a tutti uno stile di vita con impegni concreti per eliminare la fame, come condividere un pasto con i più bisognosi o coinvolgere i ristoranti delle nostre città nell’attuare il “pasto sospeso”, cioè permettere ai clienti di pagare in anticipo uno o più pasti che saranno poi distribuiti a chi ne ha bisogno. C’è poi Into the LABel, il laboratorio di consumo responsabile messo in atto da un gruppo di giovani vicini all’Economia di Comunione. Consiste nella possibilità che ciascuno di noi ha di “votare con il portafoglio” perché, in base al prodotto che si sceglie di acquistare, si premiano o meno i valori e lo stile produttivo di un’azienda piuttosto che di un’altra. “Si vota anche al supermercato – spiega Chiara, del gruppo promotore – con il portafoglio esercitiamo il nostro “potere di acquisto”. E il prof. Leonardo Becchetti, veterano del concetto di voto col portafoglio spiega che è un esempio di responsabilità civile: “Forse non ci pensiamo, ma è evidente che quando compriamo un prodotto stiamo esprimendo una preferenza, stiamo premiando e sostenendo il lavoro dell’azienda che produce, il suo modello di business, la mission dichiarata, i processi interni, la gestione dei rapporti con i dipendenti e i fornitori, l’impatto ambientale”. Gli appuntamenti “globali” Sono due le date da tenere a mente per la prossima SMU: il 5 maggio prossimo quando in tutto il mondo scatterà Run4Unity, l’ormai tradizionale staffetta mondiale in cui i giovani e giovanissimi manifesteranno il loro impegno a costruire un’unica famiglia umana, affinché non ci sia più nessun indigente sulla terra. Ci sarà poi l’evento “No One In Need”, dal 9 al 16 giugno alla Mariapoli Luminosa (USA) dove si farà il punto di tutte le azioni svolte nel mondo in occasione della campagna per sconfiggere fame e indigenza.
Stefania Tanesini
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Apr 28, 2019 | Testimonianze di Vita
In ogni situazione, anche nelle più complesse e tragiche, c’è qualcosa che dobbiamo e possiamo fare per contribuire al “bene comune”. Chiudere l’azienda? Eravamo sul punto di dover chiudere l’azienda, in quanto la forte crisi economica che attraversava il nostro Paese sembrava non offrirci altra via d’uscita. Considerando però che sei famiglie dei nostri dipendenti avevano come unica fonte di guadagno il lavoro presso di noi, insieme i nostri figli abbiamo chiesto aiuto a Dio e ci siamo lanciati a cercare altre strade per risolvere la difficile situazione, anche se ciò voleva dire rischiare. Nonostante avesse poche speranze, Raul è andato nel più grande negozio della città per proporre la vendita delle nostre mattonelle. Con sua grande sorpresa i gestori del negozio non solo le hanno ordinate, ma gli hanno chiesto di lavorare con noi in esclusiva. Il lavoro è aumentato e abbiamo dovuto assumere altre persone. Questa vicenda ha rafforzato il legame in famiglia e nell’azienda. (R. F. – Brasile) Profughi Due settimane prima di Pasqua sono arrivati nella mia caserma 180 profughi da Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan, per lo più giovani cristiani fra cui anche bambini. Fermati alla frontiera dell’Egitto senza documenti validi, erano ridotti in stato di detenzione. Sconvolto dalle condizioni subumane in cui erano costretti a vivere, mangiando solo un pezzo di pane al giorno con un po’ di riso ogni tanto – e malgrado ciò essendo in Quaresima digiunavano! – ho sentito che Gesù mi interpellava ad amarlo concretamente in quei fratelli. Ho coinvolto i miei amici in città nella raccolta di soldi, medicine, cibo e nella preparazione di una vera festa di Pasqua per loro. In breve abbiamo preparato un pranzo con carne, frutta e verdure: tutte cose che non mangiavano da tempo. Mio padre mi ha aiutato con la sua auto a trasportare quanto avevamo preparato. Non so descrivere la loro gioia. Una Pasqua che difficilmente potrò dimenticare. (M. A. – Egitto) Spazzatura Ogni volta che incontravo la nostra vicina di casa finivamo per litigare, perché spesso lei ci faceva trovare la spazzatura ammucchiata davanti alla nostra porta di casa. Questo è andato avanti per anni, finché la testimonianza di alcuni amici cristiani mi ha convinto che dovevo amare per prima. Un giorno si è ripetuta la solita scena e subito ho pensato che quella era la mia occasione. Sono uscita con la scopa e ho raccolto la spazzatura. Lei era lì, aspettando la mia reazione. Questa volta l’ho guardata, le ho sorriso e le ho chiesto come stava. Sorpresa, mi ha risposto a sua volta con gentilezza. Da allora, ogni volta che pulisce davanti a casa sua lo fa anche davanti alla mia e siamo diventate amiche. (R.C.- Colombia)
a cura di Chiara Favotti
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Apr 27, 2019 | Focolari nel Mondo
A Roma (Italia) la quarta edizione Aver cura della terra e dell’uomo, individuando percorsi e obiettivi comuni. È con questo intento che associazioni, professionisti, e istituzioni civili ed ecclesiali si ritrovano in questi giorni (25-29 aprile 2019) a Villa Borghese (Roma-Italia), per la quarta edizione del “Villaggio per la Terra”. Promosso da Earth Day Italia e dal Movimento dei Focolari, l’evento vuole essere un contributo alla realizzazione dei 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile fissati dall’Agenda ONU per il 2030, e all’attuazione dei principi espressi da Papa Francesco nella “Laudato si”. Antonia Testa, co-responsabile del Movimento dei Focolari di Roma, racconta come nasce l’amicizia fra il Movimento e Earth Day Italia: “Ci siamo conosciuti a novembre 2015 in occasione della marcia per la ‘Laudato si’ che il Vicariato di Roma aveva chiesto a Earth Day di organizzare. Poi, sapendo che desideravamo portare nel cuore di Roma la Mariapoli, l’incontro annuale dei Focolari – secondo il desiderio della fondatrice del Movimento Chiara Lubich – Earth Day ci ha offerto di ospitarci negli spazi dove da anni loro celebrano la Giornata Mondiale della Terra. E’ stato un incontro provvidenziale: loro, un’ impresa di promozione sociale, tesa a fare opinione sui temi ambientali, e noi, un popolo impegnato con passione sui fronti più diversi e con il desiderio di mostrare quanto di bene e bello Roma può dare”. Il Papa ha visitato “Il Villaggio” nel 2016, incoraggiando i presenti a continuare nell’impegno di “trasformare il deserto in foresta”. Non si riferiva solo all’ambiente fisico, ma anche ai luoghi umani dove manca la vita… “Il Papa ci parlò di amicizia sociale. Vide davanti a sé questo popolo – fatto anche di immigrati, imam, ex detenuti, giovani dipendenti dall’azzardo – una foresta disordinata ma piena di vita. La frase “trasformare i deserti in foresta” è diventata la nostra missione”.
In che modo “Il Villaggio per la Terra” vuole essere una risposta alla sollecitazione del Papa? “’Il Villaggio’ vuole essere un modello, un luogo dove ognuno si sente parte di una comunità, e dove si può sperimentare che relazioni fraterne – che sono la radice dell’ecologia integrale – sono possibili, che la parte che ciascuno può fare non è piccola se condivisa, che l’impegno per raggiungere le mete della sostenibilità nello sviluppo economico è ben riposto”. L’offerta dei contenuti muove dalla “Laudato si’ “e dall’Agenda ONU 2030. Come mai la scelta di dedicare particolare attenzione all’Amazzonia? “L’Amazzonia è simbolo della biodiversità ambientale ma anche etnico – culturale. Sulla scia del Sinodo dei Vescovi, che affronterà il tema in autunno, ‘Il Villaggio’ vuole accendere un faro su questi aspetti e porre attenzione all’impegno della Chiesa in Amazzonia. Al Villaggio sono presenti i Francescani Cappuccini, che hanno una Missione in Amazzonia da oltre 100 anni, Survival International, che celebra i 50 anni di attività in favore dei popoli indigeni, e il Cortile dei Gentili del Pontificio Consiglio per la Cultura”. Raggiungere l’uomo nei più vari ambienti di vita è un’altra via di evangelizzazione..
“Come non ricordare le parole di Chiara Lubich: ‘perdersi nella folla per informarla del divino’. Nel ‘Villaggio’ infatti ti trovi circondato da 200 associazioni e decine di relatori, sportivi, artisti e persone di passaggio. Hai un solo strumento, il tuo cuore, e l’impegno condiviso è quello di voler bene a ciascuno. Spesso vediamo davvero deserti trasformarsi in foreste e non possiamo non riconoscere l’intervento di Dio. I rapporti personali maturano e si seminano le perle del Vangelo: amore vissuto, impegno sociale, attenzione ai fragili, reciprocità. Tra i luoghi ideali da raggiungere c’è l’universo dei giovani, che in tema di tutela dell’ambiente vogliono essere protagonisti. Quali spazi hanno nel Villaggio per la Terra? “Il 29 aprile al ‘Villaggio” ci sono i ragazzi con le loro scuole e universitari che, tramite il ‘service learning’ aiutano ad approfondire i 17 obiettivi dell’Agenda ONU. Un servizio volontario avviato lo scorso anno con l’Università Cattolica del Sacro Cuore,e che quest’anno coinvolge studenti delle università pontificie e giovani arrivati da altre nazioni tramite la Fondazione Scholas Occurrentes.
Claudia Di Lorenzi
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Apr 27, 2019 | Focolari nel Mondo
Mentre il mondo è ancora attonito e il popolo dello Sri Lanka si stringe per piangere le vittime del terribile attentato di Pasqua, ci arriva il messaggio di Suchith Abeyewickreme, giovane attivista per la pace e co-fondatore di un network interreligioso di giovani. Cosa possiamo fare per il popolo dello Sri Lanka, dopo l’orrore che ha vissuto in seguito agli attentati terroristici di Pasqua? Guardando le immagini di tanto orrore quante volte sperimentiamo quel senso d’impotenza verso la violenza in atto o l’impossibilità di alleviare il dolore di chi piange i propri morti. Eppure una strada c’è: “Dio ci sfida a credere nel Suo amore e ad andare avanti con coraggio sulla via della pace e dell’unità”, come ha scritto la presidente dei Focolari, Maria Voce, a Suchith Abeyewickreme, giovane leader di un network interreligioso cingalese. Il 25 aprile ha scritto un messaggio a tutti i membri dei Focolari nel mondo che pubblichiamo integralmente di seguito: Cari amici del Focolare, Vi parlo dallo Sri Lanka, dove piangiamo le perdite a causa dei recenti attacchi della domenica di Pasqua nella nostra bella isola. Siamo scioccati, rattristati e scossi da questi eventi senza precedenti. La nostra priorità è l’assistenza alle vittime e alle loro famiglie. Sosteniamo gli sforzi gli uni degli altri nelle varie comunità. Dopo gli attacchi molti di noi sono usciti per donare sangue, aiutare le vittime e donare soccorsi e forniture mediche. Siamo ora in procinto di dare insieme il saluto finale a coloro che abbiamo perso. Siamo consapevoli in questa occasione che questi atti di terrorismo mirano a causare distruzione e paura, sospetto e divisione nel le nostre comunità. Stando fianco a fianco noi cingalesi cristiani, buddhisti, indù, musulmani e di altre tradizioni religiose e culturali, diciamo a chi ci impone il terrore che non permetteremo che raggiungano i loro obiettivi. Comprendiamo che in tali attacchi, ciò che segue le distruzioni fisiche e la morte è la paura, il sospetto, l’odio e la divisione. Ci sono state reazioni di odio, ma dobbiamo dire che la maggioranza dei cingalesi ha mostrato empatia e attenzione gli uni per gli altri. Stiamo lavorando sodo per garantire che questi gesti ad opera di pochi estremisti non finiscano per essere utilizzati per discriminare e alienare persone innocenti o intere comunità. Questi eventi si sono verificati quando in Sri Lanka stavamo per commemorare i 10 anni dalla fine del conflitto armato durato 26 anni. Come società abbiamo molte ferite passate da guarire, ma ora siamo di nuovo feriti. Ma il popolo dello Sri Lanka è forte e resistente. Lavoreremo insieme per guarire noi stessi e la nostra società. E’ in questo momento difficile che dobbiamo praticare le virtù della compassione, dell’amore, dell’empatia, della responsabilità e della pace, guidati dai nostri insegnamenti spirituali. Dobbiamo innalzarci al di sopra della divisione per riconoscere la nostra connessione e umanità condivisa. L’appello che vi facciamo non è per fare donazioni. Con il nostro appello chiediamo il vostro tempo e il vostro impegno per rafforzare il lavoro nelle vostre comunità, per costruire ponti al di là delle divisioni, per intensificare le voci moderate e sostenere la non violenza. In tutto il mondo c’è molta polarizzazione, discriminazioni, odio e violenza che offrono un terreno ideale per l’ estremismo violento. Dobbiamo lavorare insieme per essere i leader sensibili, empatici e responsabili di questo mondo, per curare le sue ferite. “L’oscurità non scaccia l’oscurità: solo la Luce può farlo. L’odio non scaccia l’odio: solo l’Amore può farlo”. Grazie per la vostra solidarietà con noi qui in Sri Lanka, in questo momento così difficile. Vi auguro salute, felicità e pace.
Grazie, Suchith Abeyewickreme
Attivista per la pace, Co-fondatore Interfaith Colombo and Interfaith Youth Network Global Council Trustee, United Religions Initiative
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Apr 26, 2019 | Focolari nel Mondo
Nella parte settentrionale e centrale del Mali da tempo ci sono tensioni e scontri. Due le etnie coinvolte: i dogon e i fulani. Il recente massacro di 160 pastori fulani è stato solo uno dei tanti episodi di una violenza che continua. E intanto anche le Nazioni Unite chiedono azioni urgenti verso la pace. Nel Paese è presente una comunità dei Focolari, della quale fa parte anche Padre E.M.S., che abbiamo intervistato.
I media parlano di violenze di origine inter-etnica. Secondo lei è questa la causa degli scontri? La violenza è presente nel nord del Mali dal 2012 e si è attualmente estesa anche al centro del Paese e soprattutto nei paesi abitati dalla popolazione dogon, la regione di Mopti. Conosco bene queste zone. Ci sono gruppi armati, gruppi di terroristi che si sono stabiliti in questa parte del Paese e che sono stati accolti sia dai dogon che dalle comunità fulani. Pian piano i terroristi, che parlano la lingua fulani, hanno iniziato ad attaccare villaggi dogon. E, visto che l’esercito non è presente in questa zona, i villaggi dogon si sono organizzati per la difesa. Con la complicità di alcuni fulani, hanno chiesto loro di lasciare le zone nelle quali si erano insediati. In realtà non è un conflitto tra etnie, ma i terroristi fanno credere che si tratti di una guerra inter-etnica per meglio guadagnare terreno. I massacri degli ultimi giorni hanno spinto la Chiesa cattolica e quelle evangeliche ad inviare un messaggio congiunto di condoglianze alla nazione diffuso in occasione delle funzioni religiose festive. Come è stato accolto questo gesto? Ogni popolo in difficoltà trova consolazione quando le persone sono solidali con le loro difficoltà. I messaggi e le preghiere organizzate, non solo dalla Chiesa cattolica e da quelle evangeliche, ma anche dalla comunità musulmana, sono state un segnale ben accolto da tutti. E questa esprime l’aspirazione di tutti alla pace. La popolazione del Mali desidera la fine delle violenze. Per questo oggi ci sono molti incontri e confronti per cercare di calmare gli animi da una parte e dall’altra e, anzi, unirsi per vincere insieme la violenza. La popolazione sa con certezza che non si tratta di un conflitto tra dogon e fulani, ma di un problema che coinvolge tutto il Paese.
Come sta vivendo questo momento la comunità dei Focolari in Mali? In Mali c’è una bella comunità del Movimento. Siamo presenti in varie Diocesi. E le attività che si realizzano sono coordinate dalla comunità di Bamako. In Mali non ci sono focolari, ma siamo in stretto contatto con i due che si trovano a Bobo-Dioulasso in Burkina Faso. Quello che ci aiuta in questa situazione è, come Chiara Lubich ha scoperto durante il conflitto che anche lei ha vissuto, che Dio è il solo ideale che non passa. Molti gruppi si stanno organizzando e lavorano per il ritorno della pace. Nella mia Diocesi con i membri del Movimento cerchiamo ogni modo per aiutarci a vivere l’amore fraterno tra noi e con tutti attorno a noi. E preghiamo per la pace chiedendo a ciascuno di implorare da Dio questo dono. E crediamo che Lui ascolterà il nostro grido. Ma vorrei invitare tutti a portare il Mali nelle loro preghiere. Mentre ai maliani, siano essi cristiani (cattolici ed evangelici), musulmani o non credenti, dico che occorre impegnarci per mettere il nostro Paese e la fraternità umana al di sopra e al di là delle nostre differenze. Quello che abbiamo in comune è più di quello che ci divide, non dobbiamo dimenticarlo.
Anna Lisa Innocenti
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Apr 24, 2019 | Sociale
La valorizzazione delle potenzialità educative della Rete: il lavoro di Daniela Baudino Il fenomeno non è nuovo ma non siamo ancora equipaggiati per affrontarlo. Da anni ormai le nostre relazioni amicali, familiari, professionali e affettive hanno luogo, oltre che negli ambienti di vita comuni, anche sul web. Attraverso i social, nelle chat e nelle community ci relazioniamo con chiunque, conoscenti e sconosciuti. Non una banalità, visto che pur navigando nel web non abbiamo ancora imparato a nuotare efficacemente. Non conosciamo le regole che ci servono per restare a galla, per tenerci alla larga dalle “trappole” che la Rete nasconde e beneficiare delle opportunità che offre. Vale per gli adulti ma soprattutto per i giovani, meno consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni, e con sentimenti ed emozioni da gestire, una personalità in costruzione che ha bisogno di guida e orientamenti sicuri. Anche per evitare il rischio, concreto, di abusi e sopraffazioni. Educare all’affettività i giovani significa oggi esplorare anche l’universo delle relazioni digitali, che non sono virtuali ma reali, seppur limitate nel tempo e nello spazio. Indubbiamente internet ha cambiato la natura delle relazioni sociali. Ne abbiamo parlato con Daniela Baudino, esperta di educazione digitale, tutor nel progetto Up2Me per l’educazione all’affettività dei ragazzi, promosso dal Movimento dei Focolari in diversi continenti: “La cosa più evidente è che con l’ambiente digitale siamo diventati tutti ‘vicini di casa’, e quindi è più facile entrare in relazione, anche solo per una volta, con persone con cui forse non saremmo mai entrati in relazione in un altro modo. Questo però significa che spesso le relazioni rischiano di essere consumate più velocemente e quindi di essere più frammentate. C’è il rischio che questo si traduca in superficialità e che questo atteggiamento coinvolga anche relazioni nate al di fuori dell’ambiente digitale”. Quali sono le illusioni che questo ambiente regala? “Anzitutto l’idea che sia la quantità, quindi il numero di amici, i like, a dire quanto valiamo. Poi il credere che mantenere una relazione non richieda fatica, né di mettersi totalmente in gioco. Anche credere che attraverso un social possiamo conoscere e farci un’idea esatta di un’altra persona”.
Come si può vivere in maniera consapevole e positiva questa dimensione relazionale? “Dobbiamo diventare consapevoli di cosa ogni nostra azione digitale comporta, ad esempio in fatto di privacy, reputazione e a livello relazionale, e comprendere che l’ambiente digitale è solo una delle dimensioni relazionali che può potenziare le altre ma non deve sostituirle”. Ai pericoli del web sono esposti in particolare gli adolescenti, vittime di cyberbullismo, revenge porn e dell’adescamento da parte di adulti. Come si declina qui l’educazione ai media dei giovani? “Credo che dobbiamo riproporre i modelli che già conosciamo in altre dimensioni più “reali”, aiutando i ragazzi a comprendere che non tutti quelli che incontriamo vogliono il nostro bene e quindi che esistono anche dei pericoli, e che tutto quello che facciamo nell’ambiente digitale viene scolpito per sempre e quindi bisogna pensare molto bene prima di fare click”. Il sexting è una pratica diffusa fra i giovani e consiste nel farsi video e foto sexy e inviarli a fidanzati o amici. Un gioco che diventa pericoloso se chi li riceve, per vendicarsi o per divertimento, condivide queste immagini su piattaforme pubbliche, mettendo alla berlina il suo amico: è il revenge porn. Fenomeni come questi espongono all’attenzione di malintenzionati, non di rado adulti. Ma perché i ragazzi trascurano questi pericoli e come educarli anzitutto al rispetto della propria persona? Si trascurano i pericoli perché manca la percezione della materialità di questi luoghi e la consapevolezza che le nostre azioni in rete hanno delle conseguenze. Bisogna far capire ai ragazzi che l’interazione ci coinvolge interamente come persone e quindi le conseguenze delle azioni che compiamo sono molto reali e durature. Con loro dobbiamo lavorare molto sul significato delle azioni. Lei è impegnata in attività di educazione ai media, fra cui il progetto Up2Me promosso dal Movimento dei Focolari. Nella sua esperienza, il vivere online ha potenzialità educative o è solo una possibile trappola? Credo che la dimensione digitale sia un terreno fertile in ambito educativo, perché è un luogo d’incontro dove possiamo trovare persone diverse con idee diverse, e questo ci dà l’occasione di crescere nella nostra umanità. Ad esempio sviluppando un approccio critico o la capacità di mettere in discussione il proprio punto di vista, oppure scegliendo le parole giuste per non ferire l’altro che non può sentire la nostra voce. Sono cose che spesso gli adulti non sanno fare e quindi i giovani in questo possono diventare specialisti.
Claudia Di Lorenzi
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Apr 22, 2019 | Testimonianze di Vita
Un invito chiaro, tratto dalla Parola di vita di aprile 2019, di Gesù che per primo ha lavato i piedi ai discepoli. Un invito che tutti possiamo comprendere e mettere in pratica, in ogni situazione, in ogni contesto sociale e culturale. Il componente mancante Lavoro in un’azienda che produce computer. Da mesi stavo cercando uno specifico componente elettronico che avrebbe ridotto di molto i costi di un prodotto, ma nessun fornitore me l’aveva trovato. Per questo avevo deciso di progettarlo io, e alla successiva riunione settimanale avrei chiesto di posticipare di una settimana la consegna, visto il lungo lavoro necessario. Durante quella riunione, però, un collega che stava passando un difficile momento familiare ci comunicò che non era riuscito a terminare un lavoro che gli era stato affidato. Il direttore generale cominciò a fare la voce grossa con lui, così proposi di terminare io quel lavoro al suo posto. Subito dopo pensai che non avrei più avuto il tempo per terminare il mio progetto e che avrei fatto sempre tardi a casa. Ma tornato nel mio ufficio trovai ad aspettarmi un fornitore che, senza appuntamento, era venuto a portarmi proprio il componente che cercavo. (M. A. – Italia) Nel cortile Nel cortile del condominio dove viviamo giocano molti ragazzi del quartiere. Tra questi c’è anche Robert, un ragazzo problematico, che passa il tempo girovagando per le strade e spesso litiga con gli altri. Abbiamo saputo che i suoi genitori non hanno tempo per lui e che lui stesso è in cura da uno psichiatra. Un giorno, al ripetersi dei litigi, mia moglie e io siamo scesi nel cortile e abbiamo invitato Robert a salire a casa nostra, dove è rimasto fino a sera giocando con i nostri due figli, più piccoli di lui. Nei giorni seguenti, ogni volta che la situazione si faceva difficile, loro lo accompagnavano da noi. In seguito abbiamo saputo che Robert ha raccontato allo psichiatra come passava i pomeriggi. Da quando ha cominciato a frequentare casa nostra il suo comportamento è migliorato, tanto che ha potuto sospendere i farmaci. (D. H. – Usa) L’uovo di Pasqua Nel congedarmi da un amico malato che ero andato a trovare, la moglie mi consegna un uovo di Pasqua per mio figlio Cesare. Tornato a casa, lo trovo che sta giocando con un nipotino che viene spesso da noi a motivo del clima difficile nella sua famiglia. Strizzo l’occhio a mio figlio e l’uovo va nelle mani del cuginetto, che ne è felice. Cesare sta al gioco, poi quando siamo da soli gli spiego che fare un dono ci fa sentire più vicini a Gesù. Nel pomeriggio arriva la nonna con un uovo di Pasqua ancora più grande. Felice, Cesare mi dice: «Papà, perché non diciamo a tutti questo segreto?». (Z. C. – Italia) Una grande famiglia Dopo tanti tentativi un immigrato africano che avevamo accolto in parrocchia era riuscito a far venire dall’Africa anche la moglie e i sei figli, ma mancava loro tutto il necessario. L’alloggio era ancora un cantiere e non c’era la corrente elettrica. Così mi sono offerta di lavare la loro biancheria e altri hanno dato la loro disponibilità per il cibo e altre necessità. Questi fratelli hanno sperimentato la gioia di aver ritrovato la grande famiglia che pensavano di aver perso per sempre lasciando il loro Paese. (F. F.- Belgio)
a cura di Chiara Favotti
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Apr 20, 2019 | Spiritualità
La Risurrezione! Giovanni e Pietro vanno al sepolcro vuoto e trovano le bende a terra ed il sudario in disparte. Maddalena si sofferma e piange e vede due angeli, uno al posto del capo di Gesù, l’altro al posto dei piedi. Parla con loro, poi, voltatasi, vede Gesù. Gli Apostoli non lo hanno visto e fra essi c’era colui che Gesù prediligeva, certo anche per la sua innocenza. Maria, la peccatrice, vede gli angeli e Gesù. «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt. 5,8) Chi ha visto di più in quest’occasione? La Maddalena. Le lacrime che fluivano in continuazione dagli occhi, l’attesa fuori del sepolcro, segno d’un amore che tutto crede e vuole; e poi, il colloquio cogli angeli e con colui che credeva l’ortolano, quasi che Gesù fosse una persona di cui lei sola era interessata, avevano purificato quel cuore forse più degli altri: tanto che meritò di vedere esseri celesti e Gesù risorto. Ed ecco qui il significato della Risurrezione. Il riscatto è compiuto. La morte è vinta. Il peccato è subissato dalla misericordia versata in sovrabbondanza dall’albero della croce.
Chiara Lubich
(Da: Chiara Lubich, L’essenziale di oggi. Scritti spirituali / 2, Roma 1978, pag 67.)
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Apr 19, 2019 | Spiritualità
Igino Giordani ha dedicato molte pagine a Maria, alla comprensione del suo mistero. Tra di esse questa nella quale invita a guadare a Maria ai piedi della Croce, ad essere come Lei. Sia tuo modello Maria Desolata, la quale, dopo aver dato la vita a Gesù e averlo amato e servito, pur sentendosi distaccata da lui e rigettata dalla massa che non era ancora Chiesa, tuttavia nella fedeltà non oscillò; e nella prova suprema non mancò all’appuntamento sotto la croce. Fu quale lo Spirito Santo l’aveva modellata: cuore nel quale le offese degli uomini s’estinguevano; centro dal quale solo l’amore scaturiva. Tutta donazione. Morta a se stessa, viveva di Dio: non viveva in Lei che Dio. (…) Ti lasciano solo gli uomini, perché tu resti solo con Dio. E allora l’anima tua non è più distratta o sottratta: allora colloquia nel silenzio con l’Eterno. Sta, col Crocifisso, sul piano di Dio.
Igino Giordani
(Igino Giordani, Maria Modello perfetto, Città Nuova, Roma, 1989, 131-133)
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Apr 18, 2019 | Spiritualità
Cosa dice all’uomo e alla donna del nostro tempo il mistero di un Dio che muore in croce? In questo estremo sacrificio Dio prende su di sé tutte le nostre colpe e ci chiede il coraggio di riviverlo per amare il mondo. Da uno scritto di Pasquale Foresi. “Come può aver sofferto Gesù una certa separazione, un certo abbandono da parte del Padre, se egli era il Figlio di Dio, lui stesso Dio? Cerchiamo di penetrare, almeno un po’, cosa può essere avvenuto nel momento della passione, quando Gesù soffrì l’abbandono da parte del Padre. Gesù ha sperimentato in sé la lontananza da Dio. Ed egli è potuto giungere a tanto perché, proprio in quanto uomo, era unito a tutta l’umanità. Lì, sulla croce, noi tutti, uno a uno, eravamo presenti in Gesù, per il misterioso disegno di Dio che lo aveva voluto ricapitolare dell’intera umanità. Lì, in lui, erano assommati tutti i nostri dolori, tutte le nostre colpe, che aveva preso su di sé e fatte sue, per poi rivolgersi al Padre dicendo: “Nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46) In quel momento davvero tutto era compiuto, le nostre colpe erano rimesse. Dunque, se anche noi, in quanto cristiani, siamo chiamati a vivere Cristo, dobbiamo vivere quello che egli ha vissuto. E Cristo ha vissuto in modo del tutto particolare la redenzione del genere umano. Rivivere perciò in noi Gesù crocifisso e abbandonato significherà uniformarsi ai sentimenti di Gesù; anzi, molto di più: sarà lasciar rivivere in noi quel dolore-amore da lui vissuto sulla croce, per partecipare anche noi al compimento della sua passione e condividere con lui la sua gloria”.
Pasquale Foresi
(Pasquale Foresi, Dio ci chiama, Città Nuova, 1974, pag. 58-61)
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Apr 17, 2019 | Centro internazionale
https://vimeo.com/330952141 (altro…)
Apr 17, 2019 | Spiritualità
Una riflessione sulla giornata di oggi, Giovedì Santo, tratta da un’omelia di Klaus Hemmerle (1929–1994), filosofo, teologo e vescovo preparata proprio per questa solennità nel 1993. Se i discepoli vedono in Gesù il grande e potente Dio lassù, non lo trovano. Devono inchinarsi in basso fino in fondo, guardare nella polvere; lì c’è Gesù che lava i piedi ai suoi. Donazione, umiliazione, servizio, prendere sul serio le banalità delle esigenze umane, diventare piccoli, rinunciare, la durezza dell’esaurirsi, essere modesti, essere nascosti: tutto ciò che non ha a che fare con lo splendore divino è lo splendore del Dio vero, è il contenuto più intimo del nostro adorare Dio, è Eucaristia.
Klaus Hemmerle
(Klaus Hemmerle, Gottes Zeit-unsere Zeit, München, 2018, p. 65 – traduzione a cura della redazione)
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Apr 16, 2019 | Centro internazionale
Il 16 aprile scorso una delegazione trentina ha visitato il Centro internazionale dei Focolari in vista delle celebrazioni dei cento anni dalla nascita della fondatrice. “Non siamo qui per celebrare Chiara Lubich, per fare di lei un monumento o per consegnarla alla storia, non ce n’è bisogno. Siamo qui per riviverne il messaggio, per raccoglierne l’eredità e per confrontarci oggi con il suo carisma”. Alessandro Andreatta, sindaco di Trento ha spiegato così la motivazione della visita di una delegazione trentina che il 16 aprile scorso si è recata a Rocca di Papa (Roma) al Centro internazionale del Movimento dei Focolari, in occasione delle prossime celebrazioni del centenario della nascita di Chiara previste per il 2020. Presenti anche il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti, il presidente della comunità di Primiero Roberto Pradel, il direttore della Fondazione Museo storico di Trento, Giuseppe Ferrandi e Maurizio Gentilini (archivista e storico al CNR), autore di una biografia della Lubich in uscita nel 2020. Ad accoglierli c’erano la presidente Maria Voce, il copresidente Jesús Morán e una rappresentanza dei 60 membri del Consiglio Generale dei Focolari. Sono intervenuti anche alcuni sindaci dei comuni dei Castelli Romani dove Chiara ha vissuto e operato per oltre cinquant’anni. Scopo della visita è il rafforzamento del vincolo di amicizia e collaborazione fra Trento e la comunità trentina e il Movimento dei Focolari, promotori, insieme, di numerose iniziative nell’anno del centenario, in città e nella valle del Primiero, oltre che in molte città nel mondo. Le celebrazioni avranno inizio il 7 dicembre 2019 con l’inaugurazione della mostra multimediale “Chiara Lubich Città Mondo” promossa dal Centro Chiara Lubich e dalla Fondazione Museo Storico del Trentino. “Vorremmo che molti conoscessero Chiara, il suo pensiero – ha spiegato Alba Sgariglia, corresponsabile del Centro – come pure la sua spiritualità, la sua opera, la sua figura di promotrice instancabile di una cultura dell’unità e della fraternità tra i popoli.”. Giuseppe Ferrandi ha raccontato la sfida culturale e le complessità affrontate nel percorso di realizzazione della mostra: “Si tratta di prendere lo straordinario patrimonio di vita e di pensiero di Chiara Lubich e trasformarlo in un format comunicativo con lo stile essenziale ed immersivo che i nostri spazi espositivi consentono. Come recita il titolo della mostra, la categoria “città” è centrale nel pensiero della Lubich; per lei la città è un polo dialettico che può relazionarsi con il mondo. Ci offre quindi la possibilità di non restare chiusi nel locale ma di aprirci”. La mostra avrà anche un distaccamento nella valle del Primiero che, a partire dagli anni ’40, ha ospitato dapprima la Lubich con un piccolo gruppo, poi migliaia di persone da tutto il mondo che vi si recavano per fare esperienza di uno stile di vita incentrato sulla fraternità. Successivamente la mostra verrà riproposta in nove capitali extraeuropee e si annuncia molto differenziata a seconda della cultura del luogo, in una visione che si allarga sul mondo. Nel corso dell’anno, oltre all’afflusso a Trento di visitatori da tutto il globo, sono in programma anche una serie di convegni nazionali e internazionali che si svolgeranno sia a Trento che nei vari centri dei Focolari sparsi nei cinque continenti. Il presidente della Provincia autonoma di Trento si è fatto portavoce dell’orgoglio di “essere qui, oggi, per rappresentare questa unità d’intenti. Il Trentino è una terra di mezzo, di confine: Chiara Lubich ha saputo assumere le caratteristiche di questo territorio ed esportarle. Quando nel giugno 2001, la Lubich parlava a Trento di fraternità nell’orizzonte della città, rispettava tutti i soggetti che componevano la comunità e li sapeva ascoltare. In questo modo si riesce ad interpretare al meglio gli interessi e i bisogni delle persone”. A conclusione della mattinata, anche Maria Voce ha sottolineato il valore dell’azione di Chiara Lubich per la città: “Si trovava nella valle del Primiero quando ha compreso da Dio che doveva tornare a Trento e nelle città del mondo che ha incontrato lungo la sua vita – molte delle quali le hanno conferito la cittadinanza onoraria – ha trovato ovunque quel fascino che veniva dalla scoperta dei dolori e dei problemi, assumendoli e portandovi germi di vita e di amore”.
Stefania Tanesini
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Apr 15, 2019 | Focolari nel Mondo
I continui e lunghi black-out in tutto il Paese paralizzano i servizi di base e le attività commerciali rendendo difficilissima la vita della popolazione. Un dramma umanitario che crea anche profonde fratture sociali. Rosa e Óscar Contreras, famiglia della comunità dei Focolari, raccontano come sia possibile non farsi trascinare dalla disperazione e continuare, con fede e coraggio, ad essere tessitori di fraternità. “La situazione continua a peggiorare. – racconta Rosa – Qualche settimana fa, dopo 105 ore senza servizio elettrico, la nostra città era distrutta, soprattutto in ambito commerciale e finanziario. A rendere tutto più complicato è l’assenza o la presenza non costante di servizi pubblici come l’erogazione di acqua, la raccolta dei rifiuti, la telefonia e internet. E, poi, il fatto che i black-out nazionali continuino…” “Sentiamo comunque che, anche in questo momento, la vita deve continuare – spiega Oscar. – Siamo riusciti a riaprire la nostra azienda, che realizza articoli in legno e in acrilico, e riprendere alcune attività. È sempre una sfida rimanere in piedi e operativi nonostante la riduzione delle vendite. Enorme è lo sforzo per poter rispettare gli impegni nei confronti dei fornitori e dei dipendenti, senza che questo rappresenti un rischio di fallimento. Con creatività e disponibilità a cambiare costantemente strategia, abbiamo reagito alla iper-inflazione ed alle complesse politiche fiscali. Per questo abbiamo attuato un cambiamento totale nelle strutture salariali dei dipendenti, trovando nuovi modi per migliorare il loro reddito, incoraggiare una maggiore motivazione al lavoro ed ottenere risultati migliori.
E intanto, anche gli imprevisti non mancano. Fino a qualche tempo fa eravamo in grado di viaggiare per andare a trovare le persone ed essere loro vicini, ma, in questo momento, la nostra auto è stata danneggiata e ripararla è costoso, i tempi lungi dipendono anche dalla mancanza di elettricità. Intanto i nostri risparmi stanno finendo, anche se la Provvidenza di Dio non ci abbandona e recentemente siamo riusciti a comprare alcune cose necessarie per mantenerci in questo periodo”. “E ci siamo accorti di una quantità inimmaginabile di opportunità per vivere radicalmente il Vangelo – continua Rosa- Quotidianamente nei vicini e nei parenti troviamo tanta disperazione e mille necessità che costringono ad essere attenti, ogni momento, a condividere quel poco che abbiamo. Ogni volta ci chiediamo che cosa Maria, Giuseppe e Gesù farebbero al nostro posto. Abbiamo visto con gioia che un buon gruppo di vicini, invece di rimanere chiusi in casa propria, ha cominciato a fare amicizia, frutto, ci sembra, di molte iniziative che abbiamo realizzato in silenzio per aiutare e generare queste relazioni”. “La realtà, però, è che siamo esausti fisicamente, mentalmente ed emotivamente – confida Oscar – ma, pur essendo così, abbiamo la certezza che lo Spirito Santo ci aiuti e, attraverso di noi, sia Lui a poter dare agli altri la gioia e la speranza che cerchiamo di trasmettere. Una settimana fa, anche se eravamo senza servizio elettrico, abbiamo pensato di incontrare un gruppo di giovani e ragazzi del Movimento per condividere esperienze, riflessioni e guardare un film insieme. Tutti hanno raccontato che questi giorni difficili sono tuttavia favorevoli per generare molta comunione nelle loro famiglie: grazie all’assenza di telefoni cellulari, tv, scuola, lavoro e altri impegni, nascono dialoghi profondi nelle famiglie e si affrontano questioni delle quali non si parla mai. Molti hanno potuto pregare insieme e condividere con i vicini ciò che avevano. Interessante è constatare che c’è in tutti un’attenzione diversa quando si acquista qualcosa, perché lo si fa non solo in funzione della propria famiglia, ma valutando quanto possa essere utile anche ad altri”.
a cura di Anna Lisa Innocenti
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Apr 13, 2019 | Collegamento
Dalle voci degli abitanti di Gerusalemme un punto di vista che scorge semi di speranza nella città più contesa al mondo oltre ciò che la cronaca ci consegna quotidianamente. https://vimeo.com/319177846 (altro…)
Apr 11, 2019 | Dialogo Interreligioso
Roberto Catalano del Centro per il Dialogo Interreligioso dei Focolari ci offre una lettura del contesto, del percorso storico e geo-politico che ha accompagnato la stesura del documento sulla Fratellanza umana per la pace e la convivenza comune, co-firmato da Papa Francesco e dall’Imam di al-Azhar, Ahamad al-Tayyib ad Abu Dhabi, il 4 febbraio scorso. La fraternità universale è ancora un obiettivo primario per l’umanità? Quale valore ha in questo tempo dominato da bolle digitali, confini personali e collettivi sempre più stagliati, nuovi protezionismi economici e via dicendo? La dichiarazione di Abu Dhabi firmata da Papa Francesco e dall’Imam di al-Azhar riporta la fraternità al centro dello scacchiere geopolitico e anche mediatico: il tono chiaro e concreto del documento-dichiarazione ripropone la fraternità come obiettivo per l’intera famiglia umana e non solo per le due religioni cristiana e musulmana. Roberto Catalano ci spiega contesto e percorsi di questa che è una tappa fondativa del dialogo per la pace mondiale. Qual è il valore della dichiarazione firmata da Papa Francesco e dall’Imam al-Tayyib ad Abu Dhabi il 4 febbraio scorso? Il documento sulla fratellanza rappresenta una pietra miliare e propone un testo che resterà paradigma di riferimento. Impossibile non riconoscerne la valenza profondamente innovativa. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una ‘prima assoluta’ di Papa Bergoglio. Mai prima nella storia della Chiesa era avvenuto che un papa sottoscrivesse un documento comune con un leader di un’altra religione. La firma è avvenuta in un contesto preciso, caratterizzato da abbracci, discorsi, cammini mano nella mano dei leaders della Chiesa Cattolica e di al-Azhar. Il testo condiviso interpella non solo addetti ai lavori e leader religiosi, ma tutti i credenti e gli abitanti del mondo.
Gli Emirati Arabi sono un po’ uno spaccato di questo mondo globalizzato: la penisola arabica è il cuore dell’Islam, ma conta anche una crescente presenza di lavoratori provenienti da altri Paesi e culture… Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti e luogo della firma del documento è l’ultima propaggine della penisola arabica. Tutti questi stati hanno un significato importante sia sullo scacchiere dell’economia che su quello della geopolitica. In pochi decenni il possesso del petrolio ha permesso un progresso da capogiro anche grazie ad una manodopera proveniente da Paesi come le Filippine, l’India, il Pakistan, il Bangladesh. La penisola arabica è il cuore dell’Islam, ma presenta un vero mosaico musulmano. Dominante è la presenza del Regno Saudita, immagine dell’Islam sunnita che s’identifica con il wahabismo, che, anche livello internazionale, appoggia il salafismo. A fronte di tutto questo, sta un fenomeno nuovo di comunità cristiana. Infatti, mentre le Chiese cristiane tradizionali e apostoliche del Medio Oriente vivono momenti drammatici che spesso costringono i cristiani a fuggire, la zona degli Emirati si sta popolando di una nuova cristianità,un vero spaccato della cristianità odierna. La maggioranza dei cattolici sono filippini e indiani, ma anche del Medio Oriente.Siamo nel periodo della globalizzazione e la Chiesa negli Emirati ne è una delle espressioni più caratteristiche. Anche nel recente viaggio di Papa Francesco in Marocco si sono ricordati gli 800 anni dell’incontro fra Francesco d’Assisi ed il Sultano Malik al-Kamil. Questo papa sembra aver intrapreso una sorta di “pellegrinaggio di pace”… Proprio così. Anche Abu Dhabi si inserisce in questo anniversario, come segno del desiderio di essere «fratello che cerca la pace con i fratelli» per «essere strumenti di pace». La Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate afferma che nel «corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani» e quindi, il Concilio ha provveduto ad esortare «tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà». A Ratisbona nel 2006 una citazione di Benedetto XVI causò un doloroso e complesso contenzioso con il mondo musulmano. Molti avvertirono la frase citata da Ratzinger come un’offesa nei confronti del Corano, anche se si riferiva al rapporto fra fede e ragione e tra religione e violenza. Si aprì una stagione piuttosto burrascosa, all’interno della quale l’università di al-Azhar interruppe i contatti con il Vaticano. Negli anni successivi, con grande pazienza diplomatica, si sono riannodati i rapporti, ispirandosi alla Evangelii Gaudium, che, dopo aver definito il dialogo interreligioso come un «dovere per i cristiani, come per le altre comunità religiose» (EG 250), aveva affermato la rilevanza del rapporto fra cristiani e musulmani. Finalmente, nel maggio del 2016 l’Imam al-Tayiib è in Vaticano. Significativo il suo commento a caldo: «Riprendiamo il cammino di dialogo e auspichiamo che sia migliore di quanto era prima». La risposta al gesto di accoglienza di Francesco non si è fatta attendere. Nel 2017, l’imam ha accolto papa Francesco al Cairo, invitandolo ad una Conferenza Internazionale per la Pace. In quell’occasione, il Papa, dopo aver affermato con forza, «solo la pace è santa e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il suo Nome», ha suggerito tre orientamenti che, «possono aiutare il dialogo: il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni». Progressivamente è nata una profonda intesa spirituale fra i due leaders religiosi.
A cura di Stefania Tanesini
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Apr 9, 2019 | Sociale
In Colombia una Fondazione per i bambini costretti a combattere o a lavorare nelle piantagioni di coca “Creare un luogo dove i bambini poveri trovano dignità, possono pensare a realizzare i loro sogni e fare un cammino in cui si formano con una mentalità di giustizia e di pace”. Con questi obiettivi Don Rito Julio Alvarez, sacerdote della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, ha dato vita nel 2006, nel cuore della regione del Catatumbo, nel nord est della Colombia, alla Fondazione Oasi di Amore e Pace.
Sorta in una delle aree più povere della regione, dove don Rito è nato e ha vissuto per vent’anni, la ONG vuole offrire un’opportunità di riscatto ai tanti bambini che nel Paese sono arruolati fra le milizie di guerra o costretti a lavorare nelle piantagioni di coca. Un intento maturato dall’esperienza personale di don Rito, che – si legge sul sito della Fondazione http://www.oasisdeamorypaz.org/ – “da piccolo ha conosciuto la guerriglia, i gruppi rivoluzionari illegali che spesso passavano per il villaggio e cercavano di convincere i più piccoli ad arruolarsi. Alcuni suoi compagni, anche di 11 o 12 anni, hanno ceduto alle lusinghe dei rivoluzionari e sono morti uccisi negli scontri con l’esercito regolare. Anche il suo amico di infanzia è partito con i gruppi armati e a 14 anni è rimasto ucciso. Nemmeno del suo corpo, abbandonato, si è saputo più nulla”. “Negli anni 90 – racconta – i contadini del territorio si sono illusi che piantando la Coca avrebbero cambiato la loro vita, invece questo ha aggravato la situazione. Nel ‘99 entrarono i paramilitari e ci furono grandi massacri”. Divenuto sacerdote nel 2000, dall’Italia don Rito osservava il dolore della sua gente ferita dalla guerra scoppiata per il controllo delle piantagioni di coca, che vedeva contrapporsi paramilitari, gruppi armati filo governativi e guerriglieri. In un territorio di 250.000 abitanti furono circa 13000 i morti in pochi anni. Anche i suoi familiari furono costretti a sfollare e molti suoi amici rimasero uccisi.
Il bisogno di aiutare quelle persone era forte. Con i suoi familiari a Catatumbo decise di mettere in piedi una casa per i bambini-soldato e per quelli che provenivano dalle piantagioni di coca. “Abbiamo iniziato nel 2007 – ricorda – in una piccola baracca dove abbiamo accolto i primi 10 ragazzi. Non avevamo un soldo ma solo tanta buona volontà. Abbiamo sistemato i letti, mia sorella faceva da mamma e si occupava di far da mangiare. Mia mamma mi ha prestato le posate, i piatti, le pentole e le coperte. È iniziata così l’avventura”. Ad oggi la Fondazione ha due sedi, progetti che riguardano l’allevamento di pesci e bestiame e piantagioni di banane e caffè. Sono centinaia i ragazzi accolti: alcuni sono diventati loro stessi formatori e responsabili della ONG. Uno, che fra i parenti aveva un narcotrafficante della zona, è impegnato in politica. “Mi piace molto vedere alla Fondazione quei bambini che ho visto raccogliere le foglie di coca con le mani piagate – è il pensiero commosso di don Rito – qui crescono e vivono in un ambiente di pace, si sentono sicuri e possono pensare a un futuro diverso. Tutto questo mi spinge ad andare avanti senza paura. La fiducia nel Signore mi dà la certezza che questa opera potrà andare avanti”.
Claudia Di Lorenzi
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Apr 7, 2019 | Cultura
“Il pilastro del nostro lavoro sono i bambini, ai quali da sempre ci dedichiamo con l’obiettivo di farli crescere forti perché sono il futuro”. In occasione di una conferenza promossa in Italia dal Movimento dei Focolari, il 2 marzo scorso, dedicata al tema dell’educazione, Amine Mohammed Sahnouni, giovane sociologo algerino, parla del suo impegno educativo in favore dei giovani: per costruire un mondo migliore è necessario partire da loro.
Amine, hai detto che per ottenere risultati è importante avere una “vision”, degli obiettivi di lungo periodo, e se possibile condividerli con altri. Qual è la tua “vision” in campo educativo? Credo che noi sociologi siamo i medici della società, e come tali dovremmo andare sul campo e affrontare fenomeni sociali di tutti i tipi. In questa prospettiva la mia vision è “fare del mondo un posto migliore”, non solo per noi ma anche per le generazioni future. Tutti possiamo farlo, ma solo se iniziamo a cambiare noi stessi, anche a partire da piccole cose. Se vogliamo costruire una società più giusta, è essenziale dedicarsi alla formazione dei giovani. Quali sono i contenuti, le competenze e i metodi da proporre? I miei genitori mi incoraggiano, mi sostengono e mi guidano sempre. Mi hanno trasmesso il senso di responsabilità fin da quando ero piccolo. Ricordo ancora le parole di mio padre: “Amine, rendici orgogliosi di te”. Diceva sempre di mettere “Allah”, “Dio”, al primo posto in tutto quello che facevo: solo così sarei stato una persona di successo. Così il primo pilastro dell’educazione secondo me è la famiglia. Poi ci sono alcune competenze su cui lavorare: bisogna dare ai bambini più responsabilità, fidarsi di loro e guidarli perché le capacità di leadership si sviluppano fin da piccoli; è necessario dare loro fiducia, sostenerli e usare parole positive, in modo che possano sviluppare la loro autostima, i loro desideri e gli obiettivi; dobbiamo incoraggiare nei bambini il pensiero critico e insegnargli a condividere le loro opinioni di fronte agli altri. Tutte queste competenze si acquisiscono solo lavorando sul campo, anche attraverso programmi di scambio dove si incontrano giovani di paesi diversi, e anche cambiando il metodo di insegnamento tradizionale per rendere l’apprendimento facile e divertente. I leader religiosi, le istituzioni e le ONG chiedono attenzione per l’ambiente, ma le loro iniziative risultano insufficienti. Mentre per la giovane svedese Greta Thunberg, promotrice delle marce giovanili per il clima in tutta Europa, si parla di una nomination per il Nobel per la Pace. Significa che abbiamo bisogno di giovani per risvegliare gli adulti? Ammiro molto il coraggio e la determinazione di questa ragazza, che pur essendo molto giovane ha piena consapevolezza dei problemi ambientali, e questo è molto raro oggi, anche fra gli adulti. Questa grande “combattente” sta inviando un messaggio forte al mondo, ho molto rispetto per lei, dovremmo ispirarci al suo esempio. Credo infatti che le grandi conquiste partono da piccolo cose. Salire in bicicletta e attraversare l’Algeria, dal confine con il Marocco a quello con la Tunisia, può essere un modo per sollecitare l’impegno per l’ambiente. Puoi dirci com’è andata? Siamo un gruppo di amici pieni di passione e motivazione, e con il desiderio di ispirare i giovani. Dal 2012 la nostra filosofia è: se vuoi un cambiamento duraturo, inizia a cambiare te stesso. Con il tempo i nostri obiettivi sono cresciuti e abbiamo deciso di raccogliere la sfida di un nuovo progetto: attraversare l’Algeria da est a ovest in 15 giorni. Un progetto nato per sensibilizzare alla tutela dell’ambiente, promuovere i valori di cittadinanza, educare attraverso lo sport. Io e i miei due amici, Elhadi e Naim, abbiamo realizzato un video sul nostro progetto e in una sola settimana il video si è diffuso così velocemente che la gente ha iniziato a contattarci e offrirci aiuto. Anche durante il viaggio – nell’agosto 2017 – abbiamo ricevuto tanto sostegno e i risultati sono stati incredibili: 2 milioni di follower sui social media e in TV; abbiamo collaborato con più di 15 associazioni, strutture per bambini e club per ciclisti. Abbiamo sentito “Allah”, “Dio”, con noi ogni giorno e gli abbiamo chiesto coraggio, sostegno e forza per portare a termine la missione. E’ stata anche un’esperienza spirituale, abbiamo ricevuto le preghiere di tutti gli algerini e il sostegno delle nostre famiglie. In due sole settimane abbiamo suscitato altre campagne di sensibilizzazione, e dopo il progetto molte persone hanno seguito la nostra strada.
Claudia Di Lorenzi
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Apr 4, 2019 | Focolari nel Mondo
A fine marzo il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari si è attivato per aiutare le comunità colpite dall’alluvione in Africa sudorientale, in particolare una missione a Dombe. Ildo Foppa, il responsabile, ci ha mandato un messaggio. “Qui abbiamo quattro case di recupero, una scuola agricola e un centro diurno, che sono stati completamente sommersi dall’acqua. Abbiamo perso tutto: mobili, documenti, animali, trattori. Ora siamo alloggiati nel nostro piccolo ospedale, che si è salvato insieme alla chiesa, alla casa delle suore e al collegio. Ci stiamo prendendo cura di 1.300 persone ospitate in due scuole. I bisogni sono molti. Abbiamo bisogno soprattutto di tende, cibo, coperte, barche semplici per attraversare il fiume. Intorno alla nostra missione molte persone sono morte, soprattutto bambini. Sono molti di più di quanto è stato comunicato. Quando il livello delle acque si è abbassato, sono stati trovati dei corpi appesi agli alberi. Ieri ho trovato per strada un giovane disperato, che non sapeva dove andare, cercando chissà chi. Quando mi ha raccontato la sua storia non sono riuscito a trattenermi, l’ho preso con me e l’ho portato alla missione a vivere con noi: “Le acque sono salite all’improvviso”, mi ha detto. “Ho preso il mio bambino di otto mesi, mia moglie e i miei due fratelli e siamo saliti su un albero. Improvvisamente l’albero è caduto e li ho visti uno per uno trascinati via dall’acqua. Solo io mi sono salvato, perché mi sono aggrappato ad un tronco. Sono rimasto 30 ore nell’acqua, a tre miglia da casa mia”. Il suo nome è Silvestre e ha 22 anni. Storie come questa ne ascoltiamo continuamente. Restiamo qui, decisi ad aiutare questa gente che già prima soffriva molto. Ma qualcosa mi dice che un gran bene ci aspetta. Vi chiediamo di pregare affinché abbiamo salute e forza sufficiente per andare avanti in questa missione che Dio ci ha affidato. Un grande abbraccio!” Ildo Foppa Chi volesse può contribuire con le seguenti modalità: Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT58 S050 1803 2000 0001 1204 344 Banca Popolare Etica BIC: CCRTIT2T Emergenza Mozambico Oppure: Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT55 K033 5901 6001 0000 0001 060 presso Banca Prossima Codice SWIFT/BIC: BCITITMX Emergenza Mozambico
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Apr 2, 2019 | Vite vissute
Profondo conoscitore del continente asiatico dove aveva vissuto quasi 30 anni e del quale parlava varie lingue, Silvio Daneo, spentosi recentemente, ha dato un importante contributo nell’ambito del dialogo interreligioso, non solo nel Movimento dei Focolari. Negli ultimi anni era impegnato per i più soli ed emarginati. Ora riposa nel cimitero di Loppiano. “Non è facile racchiudere in poche righe una vita intensa e avventurosa come la sua. Nel suo recente libro afferma di aver vissuto sette vite!‘, in una continua scoperta della ricchezza del divino in ogni persona incontrata“. Con queste parole Maria Voce, Presidente dei Focolari, ha ricordato Silvio Daneo, che per tutta la sua vita, per diffondere la spiritualità dell’unità, ha vissuto in molti Paesi dal nord America all’Asia: Usa, Filippine, Cina, Hong Kong, Macao, Taiwan, India, Thailandia, Pakistan e poi Singapore, Malesia, Indonesia e Vietnam. Il primo viaggio lo aveva affrontato a 21 anni nel 1962. Direzione gli Stati Uniti per dare vita, insieme ad altri due focolarini, al primo centro maschile del Movimento in Nord America. Quattro anni dopo vola dall’altra parte del mondo: con Guido Mirti, conosciuto nel Movimento come Cengia, arriva nelle Filippine. In Asia, nel corso degli anni, contribuirà alla nascita delle comunità dei Focolari in molti Paesi. Aveva un amore incondizionato per la gente, senza schemi prefissati, rivolto all’uomo ed al suo bene: aiutava tutti con cuore generoso affinché potessero percepire l’amore divino attraverso il servizio concreto e quotidiano. Pochi discorsi e molti atti concreti. Un giorno accompagnò un giovane del Movimento in un tempio buddhista per la sua ordinazione. Dormì per terra per giorni interi, mangiando quello che passavano i monaci, a temperature tropicali da capogiro, pizzicato dalle zanzare. Un gesto che segnò l’inizio del dialogo interreligioso in Thailandia. Silvio dette un contributo fondamentale per conoscere i monaci buddhisti thailandesi. Nel 1995 organizzò il primo incontro tra il monaco buddhista Phra Mahathongrattanathavorn e Chiara Lubich continuando a seguirne poi gli sviluppi fino a che la salute glielo ha permesso. Silvio conosceva musulmani, hindu, parsi, guru e lo faceva guardando e cercando il bene delle persone che aveva davanti. Personalmente Silvio mi ha donato tanto: devo a lui l’apertura che sento dentro di me per le grandi religioni ed il non sentire ostacoli di fronte a persone con credi diverso dal mio. “Ho ripetutamente descritto – diceva in uno dei suoi libri – che, in ogni Paese asiatico in cui ho abitato e di cui ho cercato di assimilare cultura e tradizioni, sono stato arricchito dalla conoscenza delle varie tradizioni religiose. Ho avuto molte concrete occasioni di conoscere persone praticanti le più diverse fedi, e proprio dalla loro testimonianza di vita, di preghiera, di meditazione, di coerenza, di dedizione agli altri, di onestà nel loro operare quotidiano, è nata in me l’esigenza di conoscere il contenuto delle dottrine insegnate dalle rispettive religioni”. Insieme abbiamo lavorato per l’apertura di una via commerciale in Vietnam nel 1990, con successo. Un giorno ci ha sorpreso a Bangkok quando l’abbiamo visto chinarsi per curare le ferite di alcuni lavoratori che costruivano la strada davanti casa: in ginocchio, ha disinfettato le loro ferite e le ha fasciate. Un gesto, per quei tempi, impensabile che ha colpito quei semplici lavoratori. Questi, poi, di loro spontanea volontà, costruirono, giorni dopo, la rampa di accesso tra la casa e la strada senza volere denaro, con grande sorpresa di tutti. Silvio ha incontrato vescovi, sacerdoti, Imam, Rabbini e monaci, salutandoli spesso nelle loro lingue originarie, con grande meraviglia di tutti. “Se venisse in mente a qualcuno di elogiarmi – scriveva Silvio Daneo nell’introduzione al suo ultimo libro – involontariamente commetterebbe un errore. Sono persuaso, almeno lo spero, di essere stato null’altro che uno strumento, spesso assai poco docile. (…) Tutto il merito e i riconoscimenti vanno a Lui, a Dio, il solo capace di compiere opere così grandi”. Negli ultimi anni a Roma, segnato dalla malattia, non ha mollato, spendendosi per carcerati, per gente sola, abbandonata, raccogliendo cibo e quant’altro poteva essere loro utile. Un anno fa circa, incontrandolo insieme ad un gruppo di monaci buddhisti thailandesi, mi sono accorto di quanto la malattia lo avesse purificato. Rimaneva il sorriso inconfondibile ed un viso luminoso, anche se pieno di dolore. Perché la vita è anche questo – ho pensato – saper arrivare in fondo conservando quello che conta, saper trasformare in amore, sempre più forte, tutto il dolore che ci viene incontro.
Luigi Butori
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Mar 31, 2019 | Dialogo Interreligioso
“A Dio importa che siamo uomini e viviamo l’amore scambievole”. Intervista a Claude Gamble, pioniere dei Focolari in Marocco. Dopo il viaggio apostolico negli Emirati Arabi, il viaggio del Papa in Marocco è stato un’altra importante occasione, come lui stesso aveva detto, “per sviluppare ulteriormente il dialogo interreligioso e la reciproca conoscenza fra i fedeli di entrambe le religioni”. Claude Gamble, che ha seguito la nascita delle prime comunità dei Focolari nel Paese, ci offre dei brevi flash tratti dalla sua esperienza. Quali sono oggi le sfide per i cristiani in Marocco? La sfida è quella di costruire ponti. Oggi siamo in una fase di estremismi che coinvolge tutti, cristiani e musulmani. Nei quartieri poveri è molto pericoloso perché le persone sono prese da idealismi che le radicalizzano. Andando alla messa, a Tangeri, con un gruppo di persone che condividono lo spirito dei Focolari, più volte fuori dalla chiesa abbiamo trovato pietre lanciate per intimidire, però noi crediamo alla fratellanza universale ed è questo che dobbiamo testimoniare. Pian piano qualcuno accetta questa amicizia. In Algeria, dove ho vissuto, gli esempi di fratellanza sono tanti: ogni volta che andavo a far visita ad una famiglia mi sentivo a casa. Erano tutti musulmani ma eravamo fratelli. L’amicizia è l’antidoto all’estremismo. A Dio importa che siamo uomini e viviamo l’amore scambievole.
Cosa possiamo aspettarci da questo viaggio sul fronte del cammino per il dialogo? Il dialogo non è la ricerca di chi ha la verità, perché la verità ce l’ha Dio solo. Io credo che il Papa, come rappresentante della Chiesa cattolica, possa mostrare come vive il suo essere cristiano. Dunque si tratta di una testimonianza e come tale non si può rifiutare. Soprattutto perché lui viene in pace. La bellezza della mentalità araba è l’accoglienza, dunque accoglieranno il Papa come un fratello caro. L’incontro fra il Papa e il re è un invito a procedere insieme per il bene dell’uomo. Nel Movimento parliamo di dialogo ma anche di “comunione”. Vivere in comunione significa che io posso parlare da cristiano e tu da musulmano ma possiamo vivere insieme condividendo le esperienze. Questo si può fare a livello di relazioni personali, non di popoli, perché il dialogo è a tu per tu. In che modo persone di fedi e convinzioni diverse posso sentirsi fratelli? A livello umano è necessario valorizzare ciò che è comune. Nel Corano tutte le sure, tranne una, cominciano con la frase “Nel nome di Dio, il Misericordioso”, e con la parola misericordia un musulmano si avvicina molto a quello che noi intendiamo per amore. Dunque con i musulmani possiamo condividere la parola misericordia, che viene dal termine rahmache significa il grembo materno, dove c’è la culla della vita. E Dio, che è misericordia, ricorda l’amore di una mamma che custodisce il suo bambino. La stessa cosa vale per l’ebraico rehem, che ha la stessa radice semantica di rahma, e traduce le “viscere”, anche qui, di nuovo, il grembo materno. Dunque anche per l’ebreo la misericordia di Dio significa che dobbiamo avere un amore di mamma per gli altri. Per gli atei è lo stesso: un ateo che crede nell’uomo, crede nell’amore materno per l’altro. San Francesco, 800 anni fa, incontrava il sultano al-Kāmil in segno di pace. In Marocco inviò i primi frati. Da allora la presenza dei francescani nel Paese ha sempre incontrato grande rispetto. In Marocco i Frati Minori si lasciavano mettere in prigione per dare coraggio ai detenuti nelle carceri. Due di loro sono stati martirizzati. Recentemente il vicario generale di Tangeri ha ritrovato nelle biblioteche spagnole e marocchine più di 160 lettere tra i francescani e i sultani del Marocco, dove i sultani esprimono apprezzamento per il loro lavoro. Questo mostra che c’è un profondo rispetto per la Chiesa Cattolica. Il Re attuale ha chiesto il libro che raccoglie le lettere per conoscere questo antico rapporto. In definitiva, quale terreno comune ci può essere fra cristiani e musulmani? In comune c’è Dio. A chi dice che non abbiamo lo stesso Dio rispondo che non è vero. È come in una famiglia dove ci sono più figli. Col primo il padre è forse stato duro per correggerlo. L’ultimo è forse il preferito. Se a entrambi chiedi com’è il padre, il primo ti dirà che ne ha paura, l’ultimo che è un amore di padre. Eppure è lo stesso padre visto da angolature diverse.
Claudia Di Lorenzi
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Mar 28, 2019 | Centro internazionale
A conclusione del primo convegno internazionale degli incaricati dei Focolari per la tutela dei minori la Presidente Maria Voce ed il Copresidente Jesús Morán hanno scritto una lettera a tutti i membri del Movimento sull’impegno dei Focolari in questo campo. “Invitiamo tutti voi ad impegnarci con grande responsabilità per lo scopo così importante della promozione del benessere e della tutela dei minori”. Sono queste le parole della Presidente Maria Voce e del Copresidente Jesús Morán in una lettera inviata il 27 marzo scorso a tutti i membri dei Focolari nel mondo a conclusione del primo convegno internazionale degli incaricati dei Focolari per la tutela dei minori. (Vedi lettera allegata) Con 162 partecipanti provenienti da 38 Paesi di tutti i continenti questo incontro, tenutosi dal 14 al 17 marzo a Castel Gandolfo (RM), è stato occasione per fare un bilancio dell’impegno dei Focolari per il benessere e la tutela di ogni persona; impegno da sempre presente nel Movimento come lo dimostrano le molteplici attività di formazione, le iniziative e i progetti realizzati in tutto il mondo per la promozione dell’infanzia e dell’adolescenza. Linee guida e commissioni per la tutela dei minori Dall’aprile 2014 il Movimento si è dotato anche di “Linee guida per la promozione del benessere e la tutela dei minori” (in allegato introduzione alla Linee guida) e nel 2015 si è costituita una Commissione Centrale per la Promozione del Benessere e la Tutela dei minori (CO.BE.TU.). Nel mondo si sono costituite commissioni locali o sono presenti incaricati qualificati. Loro compito è quello “di tutelare, ma anche di promuovere attività di formazione dei nostri membri, in particolare di quelli che svolgono attività con i minori”. Le Commissioni hanno anche il compito di accogliere le segnalazioni di presunti abusi e condurre verifiche interne. Maria Voce e Jesús Morán spiegano nella lettera che in questi anni sono giunte circa una ventina di tali segnalazioni e comunicano: “Con profondo dolore dobbiamo riconoscere che, anche nella nostra grande famiglia dei Focolari, si sono verificati alcuni casi di abuso nei confronti di minori provocati da persone del Movimento oppure da persone che hanno frequentato manifestazioni organizzate da noi. Sono in gran parte episodi avvenuti in un passato lontano (anche oltre 20 anni), ma purtroppo alcuni sono accaduti in un passato recente. E vi erano coinvolti anche membri consacrati”. L’istituzione della Commissione Centrale e di quelle locali – affermano con grande gratitudine la Presidente e il Copresidente – è stata di aiuto non solo per facilitare le segnalazioni di casi di presunti abusi, ma anche “per capire come rendere giustizia alle vittime, come accompagnare loro e le loro famiglie e quali provvedimenti interni attuare nei confronti degli autori degli abusi, oltre naturalmente al percorso giudiziario previsto dalle leggi dei rispettivi Paesi”. Tolleranza zero Maria Voce e Jesús Morán ribadiscono la linea di “tolleranza zero” del Movimento dei Focolari nei confronti di ogni forma di violenza, abuso, maltrattamento, bullismo, attuati direttamente o attraverso il Web, nei confronti di ogni persona, con particolare attenzione ai minori e agli adulti vulnerabili. “Ciò significa – spiegano – segnalare alle commissioni locali o a quella Centrale ogni sospetto di abuso o violenza”. E reputano “una vera tentazione pensare di non segnalare dei casi per il bene del nostro Movimento, per evitare uno scandalo, per proteggere la buona fama di qualcuno”. In particolare aggiungono che “ogni singolo caso significa una profonda purificazione per il Movimento. Accettiamola con umiltà e con profonda compassione per chi – magari anche per la nostra mancata attenzione – ha subito traumi indescrivibili.” Un impegno quindi globale, che non si limita ai soli membri dei Focolari e che, come Maria Voce e Jesús Morán osservano nella conclusione della lettera, dovrebbe aprirsi sempre di più su tutta l’umanità. “Non possiamo non sentire nostro il grido di dolore di tutti i bambini e ragazzi del mondo. (…) Fa parte della nostra vocazione andare loro incontro. Per questo dovremmo essere in prima linea nella difesa delle persone più deboli, ovunque esse siano vittima di qualsiasi forma di violenza o abuso”. Lettera di Maria Voce e Jesús Morán sulla tutela dei minori (altro…)
Mar 28, 2019 | Cultura
Europe time to dialogue è un’iniziativa del Movimento dei Focolari, concepita per contribuire al dibattito in vista delle prossime elezioni del Parlamento Europeo. L’appuntamento è su Facebook. La scelta di un Social Network come Facebook è decisiva: gli ultimi grandi appuntamenti elettorali – ci dicono gli esperti – sono stati influenzati dalle incursioni nelle reti sociali di gruppi interessati ai risultati, spesso sollecitati da visioni incompatibili con le ragioni della democrazia. I Social, dunque, sono un territorio nel quale si deve essere presenti, se si vogliono offrire i temi del bene comune, della partecipazione e della solidarietà.
Con la campagna Europe time to dialogue si offriranno le ragioni di un Europa più fraterna e più coesa in tempi in cui, da molte parti, sembrano sorgere, invece, le nubi dei nuovi egoismi sociali, dei neo-sovranismi, dei nazionalismi. La cultura dell’unità che scaturisce dal carisma vissuto dai membri del Movimento dei Focolari è al servizio di una politica nella quale le spinte alla collaborazione, alla condivisione e all’aggregazione, sono favorite e incoraggiate. D’altronde, fra i grandi testimoni dell’Europa unita vi sono anche Chiara Lubich e Igino Giordani, i quali hanno sempre avuto chiaro che l’Europa unita doveva farsi promotrice della pace mondiale e della condivisione planetaria. “Gli Stati Uniti d’Europa per gli Stati Uniti del Mondo”: in questo modo, Giordani fin dagli anni Venti del secolo scorso, e Chiara Lubich nelle numerose circostanze nelle quali ha parlato ai politici di tutto il mondo, hanno intravisto con lucidità il destino del Vecchio Continente. Ecco perché la comunicazione di Europe time to dialogue si presenta con un duplice volto: un messaggio proveniente dal passato, cioè la citazione di qualcuno dei passaggi sull’Europa unita e la sua missione universale di figure come Chiara Lubich, Igino Giordani, Pasquale Foresi, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak, Jean Monnet…, e un commento d’attualità, sulla visione che scaturisce dal messaggio di questi grandi testimoni nella lettura dell’oggi. Per seguirci, basta collegarsi a Europe time to dialogue su Facebook, e contribuire con un commento, una riflessione, e condividere i post con tutti i propri amici.
Alberto Lo Presti
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Mar 26, 2019 | Collegamento
Anna Maria, Jessica e Talat: una testimonianza di amicizia tra fedeli delle tre religioni monoteistiche. Quando crollano i muri di diffidenza e pregiudizi, si sperimenta la possibilità di guardare al futuro con coraggio e speranza. https://vimeo.com/319174337 (altro…)
Mar 24, 2019 | Cultura
Intervista al segretario per la Congregazione per l’Educazione Cattolica presente al convegno EduxEdu: “Occorre ricostruire il patto tra educando ed educatore”. Ci sono questioni che non trovano soluzioni definitive in un mondo in continua evoluzione. Bisogna sempre tenere il passo, correggere, reinterpretare e soprattutto trovare il modo di uscire dalle tante solitudini che attanagliano chi si occupa oggi di educazione. Da sempre, ma in particolare in questi ultimi anni, la Chiesa ha richiamato con accenti forti l’attenzione sull’emergenza educativa vista come una delle sfide antropologiche più coraggiose da attraversare nel nostro tempo. E su questa sfida Papa Francesco continua a insistere perché sta proprio qui il vulnus, il punto più fragile, la causa delle crescenti diseguaglianze sociali, è una sfida che viene molto spesso sottovalutata dalla politica e quindi scartata e isolata nella totale indifferenza. Mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ne ha parlato alla tavola rotonda dal titolo ”La vitalità dei sogni: dare un’anima all’educazione”, al convegno internazionale che si è da poco concluso a Castel Gandolfo, “Edu x Edu”, “Educarsi per educare – crescere insieme nella relazione educativa”. Il progetto è nato nel 2016 eha visto la partecipazione di circa 400 educatori, giovani, insegnanti dei focolari provenienti da diversi Paesi. Un cartello di promotori, oltre ilMovimento dei Focolari, ha sostenuto quest’anno l’iniziativa, come l’Università LUMSA, l’Istituto Universitario Sophia, AMU (Azione Mondo Unito onlus), EdU (Educazione e Unità) e AFN (Azione Famiglie Nuove onlus).
L’intervento di Mons. Zani ha puntato ad analizzare soprattutto la frattura tra le generazioni, una frattura fra culture, valori, ideali provocata anche dalla rivoluzione digitale, un potenziale straordinario ma che spesso disorienta. L’avvento dell’era dell’infosfera, gli sviluppi nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno modificando le risposte a domande fondamentali. Di fronte a tale scenario qual è la proposta di Papa Francesco? Se torniamo per un momento al passato, scopriamo che l’educazione era un compito comunitario, una condivisione relazionale. Fare rete, aprire un dialogo a 365 gradi fra tutte le agenzie educative è la chiave che può vincere questa sfida. Educare non è infatti rimanere fissi nelle proprie sicurezze e nemmeno abbandonarsi solo alle sfide, ma tenere insieme i valori, le proprie visioni e mettersi a confronto con le altre realtà e una di queste dimensioni è quella della trascendenza, del rapporto con Dio, ha sottolineato Mons. Zani. L’invito è quello di metterci in rapporto e in servizio con gli altri, proporre un sapere non di tipo selettivo ma relazionale, che tende a includere, ristabilire a tutti gli effetti le fondamenta per un “patto educativo” che lasci spazio alla responsabilità educativa sociale per ricostruire armonicamente la relazione tra famiglia, scuola, istituzioni educative e civili e cultura. Occorre quindi rifondare questa alleanza per essere all’altezza delle sfide che il Papa ci ha lanciato.
Ed è proprio per rilanciare l’impegno di ricostruire il patto educativo che Papa Francesco ha incaricato la Congregazione per l’Educazione Cattolica di promuovere un evento mondiale che si terrà il 4 ottobre prossimo a Roma. “Occorre, infatti, – ha affermato Mons. Zani -, accompagnare gli uomini e le donne del terzo millennio, ma soprattutto i giovani, a scoprire il principio di fraternità che soggiace all’intera realtà: principio reso sempre più evidente dall’interdipendenza planetaria e dal comune destino di tutte le creature. Il Papa proporrà una “Magna charta” di principi ed obiettivi che verrà sottoscritta da lui stesso e da una rappresentanza di persone autorevoli, espressione dei vari mondi vitali e istituzionali del mondo, affinché diventi un impegno da assumersi a tutti i livelli attraverso progetti concreti in ambito educativo. Ricostruire il patto educativo a livello globale, educando alla fraternità universale, significa ricomporre la trama delle relazioni sociali sofferenti, danneggiate dagli egoismi individuali e dalle avidità collettive, puntando invece sul rispetto e sull’amore verso l’altro per trasformare e migliorare la vita personale e sociale. Se vogliamo cambiare il mondo – ripete Papa Francesco – occorre cambiare l’educazione”.
Patrizia Mazzola
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Mar 22, 2019 | Sociale
In famiglia o nei luoghi di lavoro la condivisione di quanto abbiamo e di quello che siamo può contribuire a creare nuove relazioni. Un cambio di regalo Si avvicinava il nostro anniversario di matrimonio e, a nostra insaputa, i figli ci stavano preparando una sorpresa. Sono sposata da 46 anni ed ho cinque ragazzi. Due giorni prima che festeggiassimo l’anniversario con mio marito ci siamo visti donare i biglietti per un viaggio: era una vacanza in albergo pagata da loro. Eravamo raggianti. Pochi minuti dopo, però, a casa nostra ha squillato il telefono: era una signora che conosco che, molto addolorata, ci informava che una persona gravemente malata aveva bisogno di un’operazione urgente, ma non aveva le possibilità finanziarie per pagarla. L’importo necessario per l’intervento era proprio quello dei biglietti del viaggio. Non ci abbiamo pensato due volte: abbiamo rinunciato alla vacanza per aiutare questa persona. L’intervento chirurgico è avvenuto proprio il giorno del nostro anniversario. L’operazione è andate bene, adesso questa persona sta meglio. (A. – Angola) Salvare l’azienda Lavoro nell’amministrazione di una struttura sanitaria nella quale, negli ultimi anni, il bilancio è stato chiuso in perdita. Tra i soci amministratori, fino a poco tempo fa, c’erano grosse difficoltà di dialogo e, nonostante i miei segnali di allarme, nessuno prendeva in considerazione la possibilità di rivedere la gestione dei conti aziendali. Un giorno ho sentito che non potevo più tacere davanti alla cattiva gestione e alle esose parcelle dei vari professionisti che lavorano per noi. Mi sono accordata con una delle socie con la quale c’è un bel rapporto di fiducia e abbiamo chiesto di fare analizzare costi e ricavi da un serio professionista. Un’azione che ha portato a fare piccoli passi di miglioramento e, dalla primitiva decisione di chiudere l’attività, il mio capo ha concesso un altro anno di prova. Fin dal primo esame dei conti è emerso un esubero di personale, perciò è stato deciso di licenziare una persona e di ridurre a part-time un’altra. Ho proposto una riduzione di ore per tutti, piuttosto che la perdita del lavoro per una persona. La proposta è stata accettata. I problemi sono ancora tanti, ma cerco di essere disponibile anche da casa per ascoltare tutti, accogliere incertezze e timori dei colleghi, soprattutto la paura di perdere il posto di lavoro. (R. G. – Italia) Ho iniziato dal mio palazzo “Un sabato pomeriggio sono sceso nell’androne del mio palazzo ed ho ordinato con cura in un piccolo tavolo tutto quanto avevo raccolto nella mia cameretta” racconta G. di 7 anni. Nei giorni precedenti infatti G. aveva scelto con cura fumetti, giornalini e la sua collezione di conchiglie per allestire un piccolo mercatino per i suoi vicini di casa. “Ho anche scritto un annuncio – continua – invitando le famiglie che abitano nel mio stabile a visitare la mia bancarella e fare acquisti, regalandomi qualche minuto del loro prezioso tempo. Per circa due ore ho accolto le persone e spiegato loro che il ricavato della vendita sarebbe andato per aiutare alcuni miei coetanei più poveri”. Molti hanno comprato vari oggetti ed alla fine il ricavato era una bella cifra, divenuta contributo per un progetto di solidarietà. (G.- Italia) (altro…)
Mar 22, 2019 | Focolari nel Mondo
Colpite anche alcune comunità dei Focolari dall’alluvione in Africa sudorientale Nei giorni scorsi una violenta alluvione ha colpito l’Africa sudorientale, in particolare la parte centrale del Mozambico. Siamo in contatto con membri del Movimento dei Focolari nelle zone di Beira e di Chimoio. Alcuni di loro gestiscono una missione di circa 500 persone che ospita un centro di recupero (Fazenda da Esperança), una scuola, due college ed un ospedale. In questo momento tutta la missione è sommersa dall’acqua ed isolata, senza acqua potabile, luce e cibo. Fortunatamente non ci sono stati morti, ma nei dintorni ci sono state parecchie vittime. La Caritas e le autorità stanno lavorando per raggiungere le zone isolate per portare cibo e generi di prima necessità. Ma la sfida più grande arriverà quando l’acqua sarà scesa e quando – come afferma Mons. Dalla Zuanna, vescovo di Beira, “si dovrà iniziare la ricostruzione e le luci dell’emergenza si saranno spente.” Per questo il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari si è attivato per raccogliere contributi ed impiegarli per assistere la popolazione sul posto. Chi volesse può contribuire con le seguenti modalità: Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT58 S050 1803 2000 0001 1204 344 Banca Popolare Etica BIC: CCRTIT2T Emergenza Mozambico Oppure: Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT55 K033 5901 6001 0000 0001 060 presso Banca Prossima Codice SWIFT/BIC: BCITITMX Emergenza Mozambico (altro…)
Mar 20, 2019 | Famiglie
Scoprire che il proprio figlio ha un disturbo mentale può essere uno choc che può paralizzare la mente e l’agire dei genitori. Oppure può prevalere il desiderio di ascoltare, accompagnare, perseverare, donarsi. Vivere la disabilità crescendo insieme. È la strada che hanno scelto Natalija e Damijan Obadic, sloveni, sposati da 14 anni, genitori di quattro figli. Il più piccolo, Lovro, oggi ha sei anni e tre anni fa gli è stato diagnosticato un deficit di attenzione. Sembrava non ci fossero alternative ai farmaci e ai trattamenti standardizzati. Invece la coppia ha sperimentato che anche la relazione è cura. E potenzia il trattamento. Talvolta individua soluzioni originali. Ma nessun risultato è acquisito definitivamente, anzi il percorso è ogni giorno sfidante. L’unione della famiglia e l’unione con Dio sostengono il cammino. Natalija, come avete reagito alla notizia che vostro figlio soffre di un deficit di attenzione? Ho rivisto davanti a me i bambini con questo handicap che ho incontrato nel mio lavoro di educatrice e i loro enormi problemi. Quel giorno io e Damijan abbiamo capito che l’atto d’amore più grande che potevamo fare per Lovro e per tutti noi era che uno di noi due lasciasse il lavoro. Avevamo un mutuo e stipendi modesti, ma sapevamo che per aiutare Lovro nel modo giusto avremmo dovuto dargli tanto amore, tempo ed energie. È stato molto doloroso, e sentivamo una grande incertezza, ma eravamo sicuri che l’amore di Dio per noi ci avrebbe sostenuto.
Cosa vi insegna l’esperienza con Lovro? Abbiamo imparato ad ascoltarlo fino in fondo. Quando gli dai delle istruzioni devi controllare se le ha colte, seguirlo in ogni azione e farlo ritornare continuamente a quello che deve fare, altrimenti si mette a giocare. Per lui portare a termine un’azione è come scalare la cima di una montagna irraggiungibile e quindi si ribella per non farlo. A volte va in crisi, con un pianto sfrenato, butta via tutto ciò che vede, dà calci e pugni. Allora, con calma e gentilezza, devi trovare il modo per reindirizzarlo a fare quello che doveva fare. Abbiamo imparato che con il nostro amore reciproco è possibile aiutarlo e che l’amore per Lovro ci guida nel capire cosa fare per lui. Come affrontate le difficoltà quotidiane? Ogni giorno preghiamo con lui perché riesca a far fronte alle sue difficoltà. Lui è consapevole di avere un disturbo e questo lo aiuta ad affrontarle. Con il nostro amore reciproco, da soli, riusciamo a seguire le indicazioni degli specialisti. Abbiamo capito che Lovro deve sentire il nostro amore incondizionato sempre. Parlando con lui cerchiamo di trovare il modo per migliorare ogni giorno. Anche gli altri figli sono coinvolti in questa “cura speciale” per Lovro. Che rapporto c’è tra loro? Con gli altri figli abbiamo parlato di cosa fare per lui, cosa pretendere e come perseverare per poterlo aiutare. Siccome la cosa è molto impegnativa abbiamo deciso di dividerci i giorni della settimana. Abbiamo spiegato ai figli che non devono impietosirsi quando chiedono a Lovro di completare un compito, perché così lo aiuteranno a imparare che ha dei doveri e deve portare a termine gli incarichi. Ci hanno aiutato molto e dopo tre mesi abbiamo visto i primi risultati. Una sera abbiamo detto a Lovro di mettersi il pigiama e venire a tavola. Per la prima volta lo ha fatto da solo senza distrarsi. Abbiamo festeggiato!
A cura di Claudia Di Lorenzi
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Mar 19, 2019 | Testimonianze di Vita
Siamo figli di Dio e possiamo somigliargli in quello che lo caratterizza: l’amore, l’accoglienza, il saper aspettare i tempi dell’altro. In banca Lavoro presso una banca, e ho sempre cercato di essere un elemento di unione tra i colleghi, per cui mi ha fatto molto male scoprire, un giorno, che uno di loro si serviva di me per mettere in cattiva luce il suo responsabile. Quella sera, in chiesa, mi sono ripromesso di allontanare da me ogni pensiero negativo verso quel collega e di accoglierlo come sempre. In seguito, avendo trovato un altro lavoro, lui ha annunciato le sue dimissioni e mi ha salutato ringraziandomi per essere stato sempre per lui un amico. Non me l’aspettavo, ma ero felice di sapere che il mio sforzo non era stato vano. (F.S. – Svizzera) Una fede matura Giorno dopo giorno mio marito perde memoria e abilità e io stessa non riesco più a piegarmi per prendere qualcosa…ma è questa la vita? Ascoltando Papa Francesco parlare ai giovani degli anziani, mi è tornata la speranza e una nuova forza per affrontare le difficoltà della vecchiaia e delle malattie. Avevo sempre rifiutato la fede come panacea di ogni male, ci è voluta tutta una vita per arrivare ad una fede più matura. (F.Z. – Polonia) Due ore preziose Oggi era il mio turno di volontariato in ospedale, ma pioveva ed ero stanca: in fondo ho 62 anni e soffro di artrosi. Ma pensando a quei malati sono andata ugualmente. Giunta in ospedale, ho trovato un paziente depresso, nudo, paralizzato e nessuno che lo accudisse. Ho trascorso due ore con lui, cercando di dargli tutto quello di cui ero capace. E pensare che ieri sera, facendo il bilancio della giornata, mi ero sentita inutile! (M. – Italia) Da sola Quando è morto mio marito, dopo solo quattro anni di matrimonio, mi sono chiesta: come potrò crescere da sola le mie bambine? Ho trovato la risposta nella Parola di Dio, che è Padre di tutti. Bastava che io riuscissi a metterla in pratica. L’ho sperimentato tante volte, soprattutto quando i problemi sono diventati più complessi con la crescita: la scelta del tipo di scuola, le amicizie, gli svaghi… Talvolta provo la stessa desolazione di tante persone, sole come me nel portare avanti una famiglia: è allora che, continuando a credere all’amore di Dio, trovo l’equilibrio, la possibilità di rilanciare un dialogo con le mie figlie, anche sulle questioni più delicate. (I.C. – Italia)
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.2, marzo-aprile 2019)
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Mar 17, 2019 | Testimonianze di Vita
Storia di Marco Bertolini, educatore sociosanitario nella provincia di Roma (Italia): “Anche gli educatori hanno da imparare dagli educandi ed è possibile trasformare le difficoltà in opportunità”. Diagnosticata quando aveva pochi anni, la poliomielite non è stata per Marco una prigione da cui gridare la sua rabbia al mondo, ma un’occasione per cogliere la ricchezza della sua vita e il potenziale che la sua “condizione” nascondeva. Per poi aiutare da adulto tanti ragazzi “difficili” a scoprire la propria bellezza e la dignità dell’essere persona. Decisivo per lui l’incontro con i giovani del Movimento dei Focolari. A 59 anni, oggi Marco Bertolini – sposato e padre di due figli – lavora come educatore sociosanitario in una borgata della periferia di Roma. Lo abbiamo raggiunto al recente convegno sull’educazione “EduxEdu”, tenutosi al Centro Mariapoli di Castelgandolfo (Italia): Marco, la tua storia racconta di una difficoltà iniziale trasformata in opportunità. Cosa l’ha portata a questa maturazione? Fin da bambino ho avuto la chiara percezione della mia diversità fisica. Mentre le mie sorelle e i miei amici vivevano in famiglia io ero in collegio. Questo ha fatto crescere in me rabbia verso chi ritenevo più fortunato. E così cercavo lo scontro, mettevo alla prova i miei per vedere se mi volevano bene. Poi a vent’anni la svolta. Ero alla ricerca di un senso da dare alla mia vita quando incontrai i giovani dei Focolari che vivevano il Vangelo, erano uniti e si rispettavano. Io nella mia borgata, alla periferia di Roma, ne combinavo di tutti i colori e non avevo una buona fama, ma loro mi accettavano così com’ero. Mi facevano sentire una persona e non guardavano i miei difetti. Mi spiegavano che cercavano di voler bene al prossimo, come dice il Vangelo. Io ero incredulo, pensavo che il Vangelo è una bella cosa ma che nella vita bisogna sgomitare. E invece pian piano mi hanno mostrato che vivere il Vangelo è possibile e può cambiare la vita. Come sei diventato educatore? All’inizio studiai teologia. Scoprivo il rapporto con Dio e mi chiesi se la mia vocazione era il sacerdozio. Così entrai in seminario impegnandomi in vari servizi. A Roma collaboravo con la Caritas e nel centro di ascolto mi occupavo soprattutto dei clochard: lì capii che la mia strada era l’impegno nel sociale. Le persone che più avevo a cuore erano i ragazzi. Volevo condividere con loro il dono che avevo ricevuto incontrando i giovani del Movimento, perché anche loro potessero scoprire il valore profondo della vita. Sono uscito quindi dal seminario e ho iniziato a studiare come operatore sociale e educatore. Quando ci si approccia ai “ragazzi difficili” si pensa per lo più a “contenerli”. Ma cogliere la “ferita” che portano dentro è una sfida difficile: come la affronti? I ragazzi non vanno contenuti ma ascoltati e compresi. L’approccio che uso è quello che Dio ha avuto con me: mi ha accettato così come ero. E allora prima di tutto li accolgo così come sono, con il loro linguaggio, senza voler cambiare nulla, ma facendo capire che c’è l’opportunità che qualcuno gli voglia bene. Parto dalla mia esperienza con Dio e dalle loro emozioni. I ragazzi vanno aiutati facendo loro delle proposte di vita diverse. In qualche modo è un po’ come instaurare con loro un “patto educativo”. Ci racconti un’esperienza al riguardo? Da anni faccio parte di un’equipe che organizza un campo di lavoro, chiamato “stop’n’go”, dove a ragazzi adolescenti viene data un’opportunità formativa alla luce dell’ideale dell’unità. Ricordo una ragazza madre di 19 anni, con una storia dolorosa, che alternava atteggiamenti adulti e infantili. Ci chiedevamo se il suo inserimento sarebbe stato proficuo per lei e per gli altri. Decidemmo di fare un patto con lei: poteva uscire a turno con uno di noi adulti in cambio del rispetto delle regole del campo e della partecipazione alle attività. Lei accettò e fu una gara d’amore dell’equipe per farla sentire accolta e mai giudicata. Io sperimentai che anche gli educatori hanno da imparare dagli educandi, e che è possibile trasformare una difficoltà in opportunità.
Claudia Di Lorenzi
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Mar 15, 2019 | Nuove Generazioni
Sei tematiche per sei anni, un cammino di approfondimento che parte dall’ambito dell’economia, della comunione del lavoro. Il mondo unito, una meta impegnativa ma non utopica, che si può raggiungere se si agisce su tanti diversi fronti. Lo sanno bene le nuove generazioni dei Focolari alle quali Chiara Lubich aveva suggerito di incamminarsi sulle tante “vie” che conducono ad un mondo unito, di conoscerle e approfondirle per raggiungere questo obiettivo. Per questo, proprio dai giovani, è partita l’idea di un percorso mondiale in sei anni che hanno chiamato “Pathways for a united world”, percorsi per un mondo unito. Un cammino con azioni e approfondimenti su sei grandi tematiche. Nei prossimi mesi vi proporremo testimonianze ed esperienze di vita vissuta sulla prima di esse: economia, comunione e lavoro.
Donare quanto abbiamo in più – Da quando ci siamo sposati, ogni anno sentiamo di dover condividere con gli altri quanto abbiamo in più. L’esperienza è iniziata durante i preparativi per il matrimonio, quando abbiamo ricevuto tantissimo, in affetto e aiuti economici. Abbiamo scelto di fare una donazione ad una associazione di Timor Est che aiuta concretamente i bambini in difficoltà, gestita dal sacerdote che ci ha sposati. È stato incredibile ricevere, poco dopo la donazione, esattamente dieci volte tanto. Ogni anno, poi, abbiamo fissato di donare una parte dei nostri guadagni per alimentare la comunione dei beni che si vive nel Movimento dei Focolari. Proprio questa mattina avevo fatto un bonifico per questo, quando ho ricevuto in dono un cappotto. Bello, alla moda e…proprio della mia taglia. (S. e C – Italia) I risparmi del salvadanaio – Ho cinque anni e vivo ad Aleppo (Siria). Qualche tempo fa avevo saputo che i giovani del Movimento dei Focolari avevano deciso di trascorrere una serata in un monastero di suore che si occupano di persone anziane e portare loro la cena. Anche io volevo partecipare. Il giorno prima dell’appuntamento, però, non sono stato bene e sono dovuto andare dalla pediatra. Mentre mi visitava ho approfittato per raccontargli dell’iniziativa. “Dottoressa, domani con la mia famiglia volevamo andare a trovare alcuni anziani. Io per contribuire ho anche svuotato il mio salvadanaio. Ma io domani ci posso andare?”. E lei: “Sì, puoi andare perché stai bene di salute. Ma ti restituisco i soldi con i quali hai pagato la visita, perché anche io vorrei partecipare alla vostra iniziativa”. (G. – Siria) Coinvolgere la città – Conosco molte persone che non possiedono neppure l’indispensabile per vivere. Che fare? Parlandone con i colleghi, è nata una condivisione spontanea. Ricevevo molte cose che poi distribuivo a famiglie in difficoltà. L’idea si è diffusa e le cose ricevute aumentavano, avevo bisogno di più spazio e di qualche aiuto. Una coppia di amici ha messo a disposizione un negozio, un collega, con il quale siamo molto diversi per idee e cultura, e due giovani professionisti hanno messo a disposizione del tempo per questa iniziativa. Dopo un mese abbiamo inaugurato il nostro “Bazar comunitario”, presenti l’Assessore ai Servizi Sociali ed alcuni Consiglieri Comunali. Lavorando abbiamo iniziato a “fare rete” con le istituzioni sociali della città ed abbiamo elaborato una mailing-list per mettere in contatto chi ha qualcosa da donare con chi è in necessità. Riceviamo collaborazioni e oggetti di ogni tipo, da singoli e da aziende. Il Bazar è divenuto punto di riferimento anche per persone sole che hanno modo di rendersi utili. Un giorno, per aiutare una lavanderia sociale ad acquistare una macchina adeguata, ho chiesto ad un collega di accompagnarmi: “È la prima volta che termino un anno facendo qualche cosa per gli altri – mi ha detto al ritorno. – Sono felice. Grazie per avermi parlato di questa iniziativa!”. ( M.D.A.R. – Portogallo) (altro…)