L’incidenza delle Religioni nelle relazioni internazionali, un ruolo chiave nella promozione di forme organizzate di collaborazione internazionale. Lo scenario politico e sociale internazionale è oggi in profonda trasformazione. L’attentato alle Torri Gemelle, la globalizzazione, l’emergere di nuovi giganti economici hanno ridisegnato il quadro geopolitico mondiale. In tale contesto gli analisti di politica internazionale guardano con sempre maggiore interesse alle religioni come ad un elemento chiave. Alcuni importanti processi che vedono coinvolti come attori importanti le religioni infatti ne hanno determinato la riapparizione sulla scena pubblica: come elemento talvolta problematico (ad esempio la rivoluzione islamica in Iran, l’11 settembre 2001 e la minaccia del terrorismo di Al Qaeda) o come straordinaria risorsa per il ruolo sempre più rilevante nella promozione di forme organizzate di collaborazione internazionale. L’Autore, grazie anche ad una ampia e lunga esperienza diplomatica, offre una lettura originale, approfondita e ben documentata dell’incidenza delle religioni nelle relazioni internazionali attuali. Ulteriori informazioni su Citta’ Nuova Online
Il Festival per la pace conclude in Ecuador la Settimana Mondo Unito, expo di azioni fraterne promossa dai giovani del Movimento dei Focolari. Il racconto di Francesco Ricciardi, della delegazione internazionale che ha percorso le strade del paese latino americano, in un’esperienza in cui è emersa fortemente la vocazione comunitaria dell’America del Sud. «Strumenti tradizionali e moderni si uniscono per dar vita ad una festa. Sul palco, si susseguono giovani dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa, delle Americhe… Insomma, oggi tutto il mondo è presente a Quito! “Anche nella distruzione delle scorse settimane – ci dice Juan Carlos – abbiamo visto generarsi una catena di generosità e solidarietà”. Sul palco si susseguono tante esperienze concrete del dopo terremoto. Jesús, ad esempio, racconta: «Quando abbiamo visto le prime immagini, ci siamo resi conto della gravità dei danni. Con alcuni amici abbiamo organizzato una raccolta di beni di prima necessità, lavorando dalla mattina fino a notte fonda, per amore dei nostri fratelli e sorelle». Continua Natalia: «Ci siamo diretti nei luoghi devastati dal terremoto per rispondere a questo grido di dolore. All’inizio non era chiaro come poter essere di aiuto. Ho capito, che potevo amare ascoltando, per accogliere il dolore di chiunque incontravo». David racconta che «ho visto mani disinteressate che non hanno tardato un solo secondo a donare cibo, acqua, medicine, denaro; e mani che, anche se non avevano niente, si sono messe a disposizione per aiutare. Ho assistito ad un Ecuador frantumato da disperazione, paura, fame e sete; ma ho anche visto volti di gioia, la soddisfazione e la speranza di ricevere un aiuto disinteressato. Ho lavorato a fianco di persone che si sono lasciate tutto alle spalle: il lavoro, gli studi e le proprie famiglie per aiutare chi aveva perso tutto. Ho potuto guardare da vicino la bontà degli ecuadoriani e non solo». Momenti artistici rendono la festa ancora più gradevole e preparano ad accogliere le tante testimonianze. Melany racconta: «Quando ho iniziato a cantare nel coro universitario, ho capito che per guadagnare un posto nel gruppo i miei compagni non esitavano ad offendere ed insultare. Un giorno ho deciso di condividere le canzoni che avevo scritto. È stato il primo passo. Da allora, tutto è cambiato. Anche altri hanno cominciato a condividere tanti talenti nascosti che, finalmente, potevano mostrarsi senza timore! Il rapporto tra tutti è migliorato moltissimo. L’8 maggio 2015, abbiamo organizzato un concerto di musica latino americana con l’obiettivo di trasmettere il valore della fraternità». Giorgio e Lara, giovani libanesi che, seppur in mezzo ad una delle più sanguinose guerre della storia, trovano la forza per amare tutti: «La guerra in Siria ha causato più di 6,5 milioni di rifugiati nello stesso Paese e 3 milioni sono fuggiti verso i Paesi vicini. Nonostante ciò, centinaia di manifestazioni sono state organizzate in tutto il Medio Oriente per raccogliere fondi e beni di ogni genere e testimoniare insieme, cristiani e musulmani, che l’unità è possibile. Concerti, feste, veglie di preghiera hanno trasformato la paura in speranza, l’odio in perdono, la vendetta in pace. Tante famiglie, pur se con poche risorse economiche, hanno accolto i rifugiati iracheni. In Siria molti ci hanno detto che “l’amore vince tutto, anche quando sembra impossibile”». David e Catalina, presentano le “Scuole di Pace”, iniziativa promossa in collaborazione con l’Istituto Universitario Sophia: «L’obiettivo è quello di creare spazi di formazione teorica e pratica per approfondire la relazioni con se stessi, con gli altri, con il creato, con gli oggetti e con la trascendenza. La fraternità universale può creare una politica al servizio dell’uomo; un’economia basata sulla comunione; un’ecologia in equilibrio: la Terra casa di tutti». Una realizzazione concreta dello United World Project. Il festival dell’inculturazione si conclude con Samiy, giovane indigeno della comunità Kitu Kara: «Abbiamo vissuto una settimana nella quale abbiamo sperimentato che è possibile portare la fraternità, l’unità, la solidarietà e la pace nella nostra vita, nel nostro ambiente ed in tutto il nostro pianeta. L’umanità è viva; il nostro impegno è personale, ma possiamo farcela solo se ci sentiamo parte di una comunità. Oggi abbiamo assistito alla bellezza della diversità e alla ricchezza delle culture». La gioia, ormai, è incontenibile. E così, durante le canzoni conclusive, ci si trova a ballare tutti nell’arena! Giovani e adulti, bambini e ragazzi. Tutti a far festa e gioire. Ma non è gioia effimera, è consapevolezza che siamo in tanti, un popolo che vuole fare dell’Amore la propria bandiera. E come dicono Lidia e Walter «questa non è una conclusione. Questo è solo l’inizio!». Fonte: Città Nuova online(altro…)
In questo periodo per tutto l’emisfero sud – in prossimità della festa di Pentecoste – come anche in alcune chiese evangeliche del nord, su invito del Consiglio ecumenico delle Chiese insieme alla Chiesa cattolica si celebra la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, sul tema “Chiamati ad annunziare a tutti le opere meravigliose di Dio”. Il Movimento dei Focolari, insieme ad altri, in varie parti del mondo, è attivo nel lavoro di preparazione di momenti di incontro e riflessione tra i fedeli, con i rappresentanti delle varie chiese, e di azioni comuni tra le chiese locali a sostegno dei più svantaggiati. Così, ad esempio, a Rosario (Argentina), dove l’anno scorso si è raccolta una somma a favore di un posto di accoglienza notturna per persone senza casa. O in Cile, dove si sono trovate insieme le autorità ecclesiastiche: il cardinale di Santiago, l’arcivescovo della Chiesa siro-ortodossa, la vescovo luterana e numerosi pastori e dirigenti di movimenti e comunità cristiane. La settimana di preghiera è anche punto di partenza per altre attività durante l’anno. (altro…)
«“La storia di una famiglia è solcata da crisi di ogni genere”. Esordisce così papa Francesco, nell’accingersi a parlare della crisi di coppia in Amoris Laetitia (AL 232 e segg.), intercettandone con grande realismo i vari passaggi. Pagine che sembrano raccontare la mia storia. Di me, bambino di 5 anni, che la guerra rende orfano di padre e di prospettive. Di me, giovane, che nell’amore di una ragazza ritrova un soffio di vita nuova e una speranza di felicità. Di me, uomo, deluso e rimasto solo. Ma anche il racconto di una comunità che accoglie e che salva. Terminati gli studi nautici e imbarcato sulle navi della Marina Mercantile, in una licenza conosco Mariarosa e sboccia l’amore. Un sentimento così grande che non ammette distanze. Per lei lascio il mare. Il nuovo lavoro ci porta a vivere lontani dalle nostre famiglie, dagli amici, dalla vita di sempre. Tutto l’universo è circoscritto a noi due avvolti nel sogno: sia io che lei puntiamo sull’altro ogni aspettativa di felicità. Tutto fila fino a che le nostre diversità, dapprima attraenti, iniziano ad infastidirci. Fino ad apparirci inaccettabili, fino a non riconoscerci più e a convincerci di aver sbagliato persona. E con amara delusione dobbiamo ammettere che il sogno è finito. E con esso il nostro matrimonio. Ci lasciamo. Mi ritrovo solo, nella casa vuota, in preda a rabbia e disperazione.
1971: quando erano giovani sposi, da poco riconciliati, con i primi cinque figli
Alla festa di nozze di un collega, uno degli invitati mi offre un passaggio per tornare a casa. Incoraggiato dalla profondità del suo ascolto gli racconto della mia situazione. Egli si offre di diventare amici ma io, deluso dalla vita e dalle persone, gli dico di non credere nell’amicizia. “Io ti propongo un’amicizia nuova – rilancia fiducioso –, di amarci “come Gesù ci ha amato”. Quel “come” apre un varco nella mia anima. Comincio a frequentare la sua famiglia e i suoi amici del Focolare, amici che diventano anche miei. È ciò di cui ho davvero bisogno: la vicinanza di persone che non mi giudicano, non danno consigli, non ostentano la propria felicità. Sanno invece comprendere l’angoscia di chi come me è allo sbando. Il loro modo di vivere è come uno specchio in cui rivedo tutto il mio passato, il concatenarsi di errori e di egoismi che l’avevano sciupato. Sul loro esempio comincio anch’io a fare qualcosa di bello per gli altri.
Renzo e Maria Rosa con tutta la famiglia
Due anni dopo, del tutto inaspettata, arriva una lettera di Mariarosa. Anche lei, per strade del tutto diverse, nella sua città ha conosciuto persone che l’hanno fatta incontrare con lo sguardo d’amore di Gesù. Titubanti ci rincontriamo e in quel momento avvertiamo che Dio ci aveva dato un cuore nuovo e la certezza che il nostro amore poteva sbocciare di nuovo. Un amore la cui misura non era più aspettare ma, dare. Nella misericordia inizia un percorso fino alla rifondazione della nostra famiglia, che sarà allietata da sei figli, fra cui tre gemelle. Ma non più isolati: con altre coppie condividiamo il ricominciare di ogni giorno, sperimentando che pur in mezzo alle fatiche e alle prove, che non mancano mai, possiamo costruirci coppia con un orizzonte di felicità. In un quotidiano intessuto di comunione, di reciprocità, di profonda condivisione di sentimenti, di propositi, di donazione verso i figli e verso tutti. Sperimentando, nella gioia, come scrive Francesco, che una crisi superata porta davvero a “migliorare, a sedimentare e a maturare il vino dell’unione”. E che ogni crisi è l’occasione per “arrivare a bere insieme il vino migliore” (AL 232)». (altro…)
Il 5 maggio 2016 The Associated Church Press (Florida) ha attribuito alla rivista Living City – periodico del Movimento dei Focolari pubblicato in Hyde Park (New York) – due prestigiosi premi giornalistici. Sulla base di tre numeri dell’annata 2015 (febbraio, aprile e ottobre), per la categoria “Best in Class – Riviste nazionali/internazionali per un pubblico vasto”, Living City ha ottenuto una menzione d’onore (subito dopo due famose testate: Christian Century e Sojourner), per “l’uso coraggioso del colore sulle copertine e le foto a piena pagina”. Riguardo ai contenuti, sono stati apprezzati gli articoli scritti in prima persona che, a parere della giuria sono fra i più coinvolgenti. Incoraggiante anche il commento: “Prospettive uniche, sempre in sintonia con il fine della rivista: una pubblicazione originale e interessante”.
Il Premio di Eccellenza è stato assegnato invece per la categoria “Reportage e Articoli: interviste (tutti i media)”, all’articolo “La pace attraverso il perdono”, pubblicato nel numero di Living City del dicembre 2015. E’ stato scritto da Jade Giacobbe a seguito dell’incontro con Rahel Muha il cui figlio di 18 anni nel 1999 è stato assassinato. I giudici così si sono espressi: “Sarebbe stata una storia straziante se non fosse stata raccontata nell’ottica del perdono. Qui la madre dà una forte testimonianza: una storia di grande impatto e descritta molto bene. Che fa capire come attraverso il perdono, anche dal male può scaturire il Bene”.
«Sentivamo forte l’esigenza di calarci nelle ferite della nostra città. Siamo stati coinvolti da Patrizia, insegnante e collaboratrice della rivista Città Nuova, che stava scrivendo un libro sui minori figli di detenuti e aveva appena conosciuto il comitato Break the Wall. Si tratta di 7 detenuti che, tra le varie attività della sezione, si stavano impegnando per consentire ai bambini di avere qualcosa di più del freddo incontro negli stanzoni dei colloqui. Volevano realizzare delle feste, degli eventi per far divertire i bambini e lasciar loro un bel ricordo dei padri da cui vivono separati. Tra noi e i detenuti del comitato, le educatrici e la direttrice della sezione si è subito instaurata una fiduciosa collaborazione.Il primo incontro con i detenuti è avvenuto nel Natale del 2014. Ci colpì, entrando, l’ordine della polizia penitenziaria di lasciare tutto prima di varcare la soglia del cancello: si riferivano agli oggetti personali, per motivi di sicurezza. Ma per noi suonò come un richiamo simbolico, come una spinta a lasciarci dietro tutti i pregiudizi.I detenuti erano increduli che tanti giovani potessero spendere un sabato mattina lì per loro. Da quella festa è iniziato un percorso più che di volontariato, di rapporto vero e profondo costruito con i detenuti stessi. Qualcuno, sentendoci parlare di ciò che facevamo, ci diceva che ci voleva un grande coraggio. Per noi, invece, si trattava di avere fiducia nell’altro, anche se ha commesso un crimine; speranza che si può cambiare e ricominciare. Ricordiamo la gioia di quel detenuto felice di poter investire i suoi talenti in qualcosa di legale, pur non traendone profitto, come accadeva invece con le attività illecite. Per lui che non ha figli, lavorare per i bambini, lo faceva sentire pieno e soddisfatto. L’anno scorso ci siamo incontrati con i detenuti del comitato, per progettare un nuovo evento. Una loro lettera di ringraziamento ha confermato l’entusiasmo e la gioia di quell’incontro, in cui abbiamo potuto sederci insieme, come se non fossimo in una stanza interna alle mura di un carcere. E anche fare merenda insieme, sì, perché ci hanno accolto calorosamente, come si fa con dei vecchi amici. Ormai ci chiamano “i ragazzi del comitato esterno”. In quell’occasione si sono aperti raccontando gli effetti concreti della detenzione sulla vita quotidiana. Ad esempio, ci dicevano che chi è in carcere non riesce più a mettere a fuoco lo sfondo; gli occhi devono riacquistare la capacità di guardare lontano, avendo perso l’abitudine a guardare l’orizzonte. Uno di loro ci ha salutato con un messaggio:“Ai giovani dico di continuare a dedicarsi a queste attività, perché spesso chi sta dentro ha bisogno solo di vedere che dall’esterno c’è un interesse verso i nostri problemi, per avere una seconda possibilità. Spesso il carcere taglia i ponti e l’abbandono crea dei mostri. Per questo da parte mia vi ringrazio”.Nel marzo scorso, per la festa del papà, abbiamo organizzato dei giochi e attività con cui abbiamo animato mattinate o pomeriggi. Mezze giornate così semplici, hanno permesso a quelle famiglie, solitamente divise, di vivere dei bei momenti insieme; e a quei bambini di conservare dei bei ricordi nell’ambito dei rapporti tanto delicati e difficili con i loro papà. Alcuni dei nostri amici erano presenti alla visita che Papa Francesco ha fatto al carcere il Giovedì Santo dello scorso anno, hanno partecipato alla celebrazione della S. Messa e ci hanno raccontato dell’emozione vissuta. È stato per loro un momento prezioso. «Il carcere – ci dicono spesso –, toglie le emozioni oltre che la libertà». Ma in questo tempo forse qualcosa è cambiato: c’è la gioia di incontrarsi e di collaborare senza pregiudizi. In loro abbiamo scoperto il volto di Gesù prigioniero, di Gesù emarginato. Ogni volta, andando via dal carcere di Rebibbia, sentiamo di aver imparato il coraggio di voler cambiare, di ammettere i propri sbagli, di ricominciare. Sperimentiamo l’amore personale di Dio e della sua immensa Misericordia». (altro…)
15 maggio: festa di accoglienza alla “Mariapoli Piero”
17-20 maggio: partecipazione in vari momenti alla Scuola per l’Inculturazione
21-22 maggio: partecipazione all’incontro pan-africano delle Famiglie Nuove
25 maggio: saluto al consiglio accademico della CUEA (Catholic University of Eastern Africa)
27 maggio: intervento alla conferenza organizzata dall‘International Ecumenical Movement-Kenya
28-29 maggio: incontro con la comunità del Movimento dei Focolari in Kenya, e una rappresentanza da Burundi, Rwanda, Uganda, Tanzania – inaugurazione della Chiesa “Maria della Luce”