Gen 13, 2022 | Chiesa
Un’ esperienza inedita quella della Chiesa in America Latina per la realizzazione dell’Assemblea Ecclesiale: il camminare insieme di tutto il Popolo di Dio in un processo che ha avuto un suo punto forte alla fine di novembre scorso, ma che continua adesso per attuare gli orientamenti pastorali prioritari emersi. “Abbiamo vissuto una vera esperienza di sinodalità, nell’ascolto mutuo e nel discernimento comunitario di quanto lo Spirito vuol dire alla sua Chiesa. Abbiamo camminato insieme riconoscendo la nostra poliedrica diversità, ma sopratutto quello che ci unisce e, nel dialogo, il nostro cuore di discepoli ha guardato la realtà che vive il continente, nei suoi dolori e speranze”.
Così si sono espressi i 885 membri dell’Assemblea Ecclesiale Latinoamericana e dei Caraibi, svoltasi dal 21 al 28 novembre in modo virtuale e presenziale in Messico con rappresentanti di tutti i Paesi del continente americano. “Papa Francesco – dice Susana Nuin, focolarina uruguaiana, coordinatrice del Cebitepal, l’organo della Consiglio Episcopale dell’America Latina e dei Caraibi (CELAM) che si dedica alla formazione – il 24 gennaio 2021 ha aperto il processo di questa prima assemblea ecclesiale, con l’indicazione che partecipi tutto il Santo popolo di Dio, cioè cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche, prendendo dentro tutte le generazioni e tutte le culture”. Un cammino che ha visto coinvolte tutte le diocesi, le parrocchie, le comunità ed i movimenti in un tempo di “ascolto”. Sono arrivate 70.000 risposte collettive o individuali che comporranno un libro. Da questo materiale sono sorte le grandi linee su cui si è lavorato nei diversi gruppi. “Secondo me – continua la Nuin – quello dei gruppi è stato uno spazio molto interessante, per l’impegno e l’interesse dei partecipanti. Si lavorava per 3 ore di continuo, con molta libertà di espressione, con desiderio di cambiamento”.
“Per me è stata un’esperienza di sinodalità vera e propria. – interviene Sandra Ferreira Ribeiro, focolarina brasiliana, corresponsabile del Centro “Uno” la segreteria per il dialogo tra cristiani di diverse Chiese dei Focolari – Ogni giorno, nei lavori di gruppo c’era una diversa domanda alla quale rispondere in base alla tematica che si era affrontata nella prima parte della giornata. Nel nostro gruppo eravamo 14 persone di diversi Paesi, vocazioni ed età, tutti collegati via zoom. In un primo momento si ascoltava il pensiero di ciascuno, in seguito si cercava di dare una priorità a ciò che era emerso, facendo una sintesi”. Un lavoro intenso e fecondo, intervallato da brevi pause, che a volte venivano perfino tralasciate per continuare il dialogo e così far arrivare sempre all’equipe di coordinamento qualche riflessione personale. I mezzi telematici hanno permesso una maggiore partecipazione malgrado questo abbia rappresentato un limite per la conoscenza reciproca, quella che si crea spontaneamente nei “corridoi”, negli intervalli e che, anch’essa, fa parte della sinodalità. I momenti di preghiera, molto ben curati specialmente dalle religiose e i religiosi, hanno espresso i diversi contributi culturali con simboli ed espressioni musicali sempre fondati sulla Parola. Come in ogni cammino sinodale c’è stato anche spazio per il dissenso, per lo scambio di diversi punti di vista a volte divergenti, ma che non ha mai portato a scontri o rotture. Appositamente non si è voluto realizzare un documento finale, perché ancora c’è ancora molto da mettere in pratica nel documento di Aparecida (2007). Inoltre questa Assemblea è solo un passo del cammino intrapreso che deve continuare e continuerà. La scelta è stata quella di lanciare un messaggio a tutto il Popolo di Dio dell’ America Latina e dei Caraibi, contenente le sfide e gli orientamenti pastorali prioritari, che vanno da un nuovo slancio come Chiesa in uscita al protagonismo dei giovani e delle donne; dalla promozione della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, alla formazione in sinodalità. Sfide che includono l’ascolto e l’accompagnamento dei poveri, esclusi e scartati, con la finalità di riscoprire il valore dei popoli originari, l’inculturazione e l’interculturalità; priorità alla messa in pratica dei sogni di “Querida Amazonia”[1] per la difesa della vita, la terra e le culture originarie e afrodiscendenti. Non ultimo, dare accuratamente attenzione alle vittime degli abusi avvenuti in contesto ecclesiale e lavorare per la prevenzione. Tra gli invitati, presenti il Cardinale Marc Ouelet, prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, il cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, rappresentanti delle conferenze episcopali regionali, che hanno seguito i lavori con molto interesse. “È stato un momento privilegiato in cui poter incontrare la Chiesa dell’America Latina. – conclude Sandra – Nel mio gruppo c’erano vescovi, sacerdoti, religiosi, laici. Ho ritrovato quella Chiesa proprio nei suoi membri, nelle persone che esprimevano le proprie ansie e preoccupazioni. È stato emozionante vedere la Chiesa latinoamericana viva, dinamica e il suo desiderio di portare la fraternità, il Regno di Dio; la voglia di portare davvero Gesù a tutti”.
Carlos Mana
Per scaricare il messaggio finale: https://www.cec.org.co/sites/default/files/MENSAJE%20FINAL-Asamblea-Eclesial.pdf [1]“Querida Amazonia” é una esortazione apostolica postsinodale del 2020 di Papa Francesco in risposta al Sinodo dei Vescovi della regione Panamazónica tenutosi a Roma nel ottobre del 2019. (altro…)
Gen 11, 2022 | Centro internazionale
Il cordoglio e le parole di Margaret Karram e del Movimento dei Focolari per la scomparsa del Presidente del Parlamento Europeo. “‘Di notte serve aprire la sede del Parlamento europeo ai senzatetto perché è doloroso vedere tante persone cercare riparo dal freddo intenso agli angoli dell’edificio che ci ospita a Bruxelles. I poveri non possono aspettare’. Queste parole del Presidente Sassoli nel 2019 mi danno la misura della sua statura umana e civile e della sua idea di Europa. Oggi insieme alla commozione per la sua grave perdita, con profonda gratitudine vogliamo raccogliere questi valori che sentiamo nostri e impegnarci sempre più nel realizzarli”. Margaret Karram, Presidente del Movimento dei Focolari, così si è espressa questa mattina alla notizia della scomparsa del Presidente del Parlamento Europeo. “La sua vita – ha aggiunto – di alto spessore umano e politico ci sta ora davanti come segno e testimonianza autorevole di chi ha vissuto la politica come servizio e ha lavorato ad una visione dell’Europa, come continente di popoli fratelli”. David Sassoli e i giovani Nel maggio 2021 così si esprimeva il Presidente Sassoli in dialogo con i giovani per un Mondo Unito dei Focolari a proposito di #daretocare, un progetto internazionale, nel quale lo avevano voluto come testimonial di una politica che si fa carico della cura del mondo a cominciare dalle sue ferite: “Molto bella questa immagine del ‘prendersi cura’, perché la politica ha questo orizzonte, non può averne altri; avere cura delle persone, della propria comunità, delle proprie città. Credo che questa sia una espressione che rappresenta davvero la voglia di scommettere sul futuro”. “Sono uno dei giovani europei che ha avuto il privilegio di dialogare con il Presidente Sassoli”, ricorda Conleth Burns, irlandese, ricercatore e organizzatore dell’evento. “Due cose ci hanno colpito di quanto ci ha detto: la sua convinzione che una politica profondamente radicata nella cura delle persone e delle comunità sia una politica migliore e capace di trasformare la società. Poi la sua spinta ad avvicinare la politica e le stesse istituzioni ai cittadini per rafforzare la nostra democrazia europea. La visione del Presidente Sassoli e la sua testimonianza al servizio del bene comune, come giornalista e politico, continueranno a ispirare tutti noi”. Anche Clara Verhegge, giovane belga, che ha dialogato con il Presidente, racconta: “Il suo impegno sul fronte dell’accoglienza europea per i migranti – nonostante si sentisse impotente – ha toccato il mio cuore e quello di tanti altri giovani. Quando abbiamo parlato con lui ho capito che non ero sola, anzi, spero fiducia che un giorno l’Europa trovi una voce unica anche per quanto riguarda i rifugiati”. Sempre in quell’occasione, alla domanda di Mátyás Németh, giovane ungherese, se la questione climatica fosse un’occasione di unione per i popoli europei, il Presidente Sassoli aveva risposto che il Covid rappresentava un’occasione per far ripartire una politica comune europea su cui fondare la ripresa post-pandemia, aggiungendo: “Penso che nelle difficoltà avremo bisogno di società aperte che collaborano e dobbiamo essere orgogliosi dei giovani che richiamano il mondo della politica alle condizioni del nostro pianeta”.
Stefania Tanesini
(altro…)
Gen 11, 2022 | Centro internazionale
Palmira Frizzera, una delle prime compagne di Chiara Lubich, che ci ha lasciati il 5 gennaio 2022, vivrà nel ricordo e nella vita di tanti – focolarine, focolarini, giovani, famiglie – che ha accompagnato nella loro formazione alla Mariapoli Foco (Montet, Svizzera), la cittadella dei Focolari nella quale ha vissuto per oltre 40 anni. Attingendo alle sue parole ricordiamo alcuni momenti che hanno segnato il suo cammino di vita . “Signorina, per i suoi occhi non c’è più nulla da fare”. Una diagnosi durissima quella che il medico dette a Palmira Frizzera qualche mese dopo il suo arrivo nel primo focolare di Piazza Cappuccini a Trento. Palmira aveva 18 anni quando, tre anni prima, nel 1945, aveva conosciuto il primo gruppo di focolarine. I problemi agli occhi li aveva da tempo, a causa di essi era crollato anche il suo sogno di partire come suora missionaria in India. Ma adesso si ripresentavano con gravità. Dopo varie visite specialistiche quel giorno era andata da un oculista di Trento accompagnata da un’altra delle prima compagne di Chiara Lubich, Natalia Dallapiccola. “Il medico mi ha visitato a fondo – raccontò Palmira ad un gruppo di ragazze nel 2004 – e poi ha detto: l’occhio destro ormai è perso e l’occhio sinistro lo sta per perdere”

Palmira Frizzera con Chiara Lubich. © CSC Audiovisivi
Che doccia fredda! “Appena ho lasciato quel medico, ancora sulle scale, sono scoppiata in un pianto dirotto, singhiozzavo e dicevo tra di me: a soli 21 anni diventerò cieca e proprio adesso che ho trovato l’ideale più bello della mia vita, che nessuno più mi può togliere. Adesso che ho trovato la gioia di vivere e che la vorrei gridare al mondo intero, dovrò diventare cieca. E piangevo”. Pioveva, e sotto l’ombrello Natalia la teneva sottobraccio e in silenzio l’accompagnava. “Ad un certo momento – continua – mi sono fermata in mezzo alla strada ed ho detto: Ma Natalia come mai sto tanto a piangere perché perderò la vista? Per vedere Gesù nel fratello non mi servono questi occhi, mi servono gli occhi dell’anima e quelli se non lo voglio non li perderò mai (…). Io adesso faccio un patto con Gesù e tu mi sei testimone. Se do più gloria a Dio con gli occhi che lui me li lasci, ma se gli do più gloria senza occhi che lui se li prenda, perché voglio fare solo la sua volontà. Poi ho pensato: Gesù nel Vangelo non ha detto che è meglio andare in Paradiso senza occhi che all’inferno con due occhi?. Da quel momento io non ho più sofferto”. “Dopo ho scritto a Chiara Lubich – continua Palmira – la mia esperienza, tutta di gioia, perché ero felice, non mi mancava proprio niente”. Intanto si consultano altri specialisti, tra loro uno che, dopo averla visitata attentamente le dice che la malattia è grave, però unilaterale, aveva intaccato cioè solo l’occhio destro che probabilmente l’avrebbe perso, però il sinistro era sano e non correva alcun pericolo. “E’ stato così – continua Palmira – ho perso il destro, ma il sinistro non mi ha mai creato, in tutti questi anni, il più piccolo problema. Si capisce che avrei dato più gloria a Dio con gli occhi. E vi dico la verità che con quest’occhio sinistro ho sempre visto per due”. E conclude: “Tante volte noi abbiamo paura a dare qualcosa a Gesù, un affetto, un attaccamento, qualcosa nello studio. Mentre invece varrebbe la pena darGli sempre tutto, perché Lui non si lascia vincere dalla nostra generosità che è sempre poca in confronto alla sua, perché Dio è Amore e lui risponde sempre con il centuplo”. 
© CSC Audiovisivi
Negli anni successivi Palmira ha avuto diverse responsabilità per il Movimento dei Focolari in Italia. Nel 1981 Chiara Lubich le chiese di andare, insieme ad altri focolarini, a Montet, in Svizzera, dove stava nascendo una cittadella. Doveva rimanere solo tre giorni per valutare i lavori di ristrutturazione necessari. Passati i tre giorni gli altri sono partiti e lei è rimasta sola, in un appartamento di Estavayer, la cittá vicina. Ad un certo punto, presa dalla sconforto di fronte alla grandezza di quanto l’attendeva, si inginocchia e recita il Padre Nostro. Ricorda: “Quando sono arrivata alla frase ‘sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra’ l’ho detta a voce alta e mi è entrata una pace che ancora non l’ho perso”. Quei tre giorni sono diventati 40 anni. Palmira ha costruito la cittadella insieme ad altri, ha accompagnato e formato generazioni di giovani. Con semplicità e schiettezza, sue caratteristiche peculiari, si domandava nel 2017: “Ce l’ho fatta? Non lo so. Io ho cercato sempre di amare con il cuore per non sbagliarmi, perché con la testa posso sbagliare sempre, ma se si ama col cuore, pronti a dar la vita no, Penso che chi ama, non sbaglia mai”.
Carlos Mana
(altro…)
Gen 10, 2022 | Chiara Lubich
La vita cristiana vissuta è luce anche al giorno d’oggi per portare gli uomini a Dio. I credenti, singolarmente e come comunità, hanno una funzione da svolgere, che Chiara Lubich spiega in questo brano: rivelare, attraverso la loro vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi. Il cristiano non può sfuggire il mondo, nascondersi, o considerare la religione un affare privato. Egli vive nel mondo perché ha una responsabilità, una missione di fronte a tutti gli uomini: essere la luce che illumina. Anche tu hai questo compito, e se così non farai la tua inutilità è come quella del sale che ha perso il suo sapore o come quella della luce che è divenuta ombra. (…) La luce si manifesta nelle “opere buone”. Essa risplende attraverso le opere buone che compiono i cristiani. Mi dirai: ma non solo i cristiani compiono opere buone. Altri collaborano al progresso, costruiscono case, promuovono la giustizia… Hai ragione. Il cristiano certamente fa e deve fare anche lui tutto questo, ma non è solo questa la sua funzione specifica. Egli deve compiere le opere buone con uno spirito nuovo, quello spirito che fa sì che non sia più lui a vivere in se stesso, ma Cristo in lui. (…) Se il cristiano fa così, egli è «trasparente» e la lode che si darà per quanto compie non arriverà a lui, ma a Cristo in lui, e Dio, attraverso di lui, sarà presente nel mondo. Il compito del cristiano è dunque lasciar trasparire questa luce che lo abita, essere il “segno” di questa presenza di Dio fra gli uomini. (…) Se l’opera buona del singolo credente ha questa caratteristica, anche la comunità cristiana in mezzo al mondo deve avere la medesima specifica funzione: rivelar attraverso la sua vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi.
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Città Nuova, 2017, pag. 145) (altro…)
Gen 7, 2022 | Testimonianze di Vita
Seguire la Stella che porta a Gesù Bambino e diventare pellegrini. Sull’esempio dei Re Magi questo tempo è un’occasione preziosa per rimetterci in cammino insieme testimoniando ogni giorno al prossimo la meraviglia che dimora in quella grotta e viene per far nuove tutte le cose. Il positivo nel cambiamento Mentre passo in rassegna la vita di un intero anno segnato dall’imprevisto della pandemia, ho l’impressione di assistere a un film d’azione che ha ci scombussolato un po’ tutti, genitori e figli. Dover cambiare programmi e ritmo di vita è stato spesso duro, faticoso, ma è anche vero che ha portato una ventata di novità nella nostra famiglia. Ci siamo accorti, infatti, di nuove possibilità di rapportarci fra noi, di bisogni ai quali prima non facevamo caso. Se con i figli la fede si era rivelata un tabù, eccoci ora davanti alle nostre fragilità, a paure di dimensioni planetarie, a interrogativi prima sopiti. Il vero cambiamento però è iniziato quando ci siamo chiesti il senso di quello che stava accadendo. Abituati ad avere risposte ad ogni domanda, stavolta rimanevamo interdetti davanti all’ignoto. In breve, ci siamo trovati più solidali non solo fra noi in famiglia,ma abbiamo allargato lo sguardo sugli altri. Ci siamo ritrovati a considerare l’umanità come una sola famiglia. (R.F. – Francia) Amore in circolo fra i detenuti Svolgo volontariato presso la Casa circondariale della mia città, e con altri mi occupo del “Progetto lettura Città Nuova”, al quale partecipano settimanalmente molti detenuti; inoltre animo la Messa domenicale. Uno di loro pare dispiaciuto di non potersi accostare all’Eucarestia in quanto privo di formazione catechistica, allora propongo di prepararlo io. Felice, mi ringrazia e insieme alcappellano stiliamo un programma per le lezioni. Spontaneamente si aggiunge qualche altro detenuto. Nel giro di alcuni mesi siamo pronti e alla data scelta per ricevere il Sacramento, con mia grande sorpresa, la chiesa si riempie: i compagni di sezione, che raramente partecipano alle funzioni religiose, si presentano a Messa, ben vestiti. Non solo: ripescando ricordi d’infanzia, si occupano dei canti, delle letture, delle preghiere dei fedeli. Emozionati come tutti noi, godono del clima di famiglia che si è venuto a creare, dove nessuno si sente solo. (Antonietta – Italia) In ginocchio Vive da solo in un tugurio sporco, mezzo paralizzato e ridotto a pelle e ossa. Deve avere poco più di 60 anni, ma ne dimostra di più. A quest’uomo che da anni aveva abbandonato la fede e i sacramenti, la prima volta in cui sono andato a portargli dei viveri e un po’ di vestiario ho proposto di pregare insieme. Non ricordava più il Padre nostro, sapeva solo l’Ave Maria. Al momento di andar via gli ho chiesto la benedizione, anche se ero più giovane di lui, straniero e, ai suoi occhi, un ricco straniero. Gli ho alzato la mano paralizzata e ho segnato la croce sulla mia testa. Lui, quel pover’uomo, mi ha guardato con gli occhi pieni di gioia, sorpresa e lacrime. Il nostro è diventato ormai un appuntamento settimanale. Ogni volta diciamo insieme alcune preghiere riaffiorate alla sua mente. Le recita a voce alta. L’unica posizione possibile per stargli più vicino è mettermi in ginocchio accanto al suo giaciglio, e intanto penso: “Eccomi, Signore, sono in ginocchio davanti a te”. (L.B. – Thailandia)
A cura di Maria Grazia Berretta
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VIII, n.1, gennaio-febbraio 2022) (altro…)
Gen 5, 2022 | Centro internazionale
Oggi, 5 gennaio 2022, ci ha lasciati Palmira Frizzera, una delle prime compagne di Chiara Lubich. Nata a Terlago (Trento), il 9 aprile del 1927, Palmira Frizzera conosce Chiara Lubich nel 1945 a Trento (Italia), nella casa di Piazza Cappuccini, che diventerà il primo focolare. Colpita dall’ideale della “fraternità universale” decide di seguirla. Nel 1947 entra in focolare a Trento dove rimane per diversi anni prima di spostarsi in Sicilia, a Torino ed ancora a Roma. Nella Cittadella Foco di Montet (Broye, Svizzera) vive poi per oltre 40 anni, diventando responsabile della Cittadella del Movimento dei Focolari e seguendo la formazione delle future focolarine. https://www.youtube.com/watch?v=mATNZqc7Cp0&list=PLKhiBjTNojHoPfT9syIwfyLI4sPeqBV0P&index=1 (altro…)
Gen 5, 2022 | Collegamento
A Parintins, nel cuore della foresta amazzonica, parte il progetto “Proteggere l’infanzia e l’adolescenza” per la prevenzione delle violenze sui minori, indirizzato a ragazzi, genitori, educatori, insegnanti. https://www.youtube.com/watch?v=qT-4RP3831s (altro…)
Gen 4, 2022 | Chiara Lubich, Sociale
Cos’ha lasciato la visita di Papa Francesco in Grecia e a Cipro, ad un mese di distanza? L’abbiamo chiesto alla comunità dei Focolari dei due Paesi. Ad un mese dal viaggio di Francesco in Grecia e a Cipro, questo quadrante del globo continua ad essere sotto i riflettori internazionali. Tra le notizie di questi giorni leggiamo la storia di speranza di Grace Enjei, ventiquattrenne camerunense che, grazie alla visita del Papa e all’aiuto della Comunità di Sant’Egidio, dalla “no man’s land” di Cipro è arrivata a Roma assieme ad altri 10 richiedenti asilo; ma apprendiamo anche dell’ennesimo naufragio nel Mar Egeo, quello del giorno di Natale, in cui hanno perso la vita 13 migranti. Grecia e Cipro. Due Paesi con una popolazione relativamente piccola (i cattolici costituiscono una minoranza religiosa) ma che sono lo specchio delle principali crisi globali: dalle forti correnti migratorie alla crisi finanziaria oltre che sanitaria. In particolare, soffrono per le preoccupanti influenze di carattere politico dei vicini di casa turchi. Alla comunità dei Focolari di questi Paesi abbiamo chiesto cos’ha lasciato questo viaggio apostolico, quali sono i passi da compiere verso la pace e una convivenza più umana per tutti.
Lina Mikellidou, ortodossa e responsabile della comunità dei Focolari di Cipro non ha dubbi: “Quando Papa Francesco ha affermato che occorre fare di questa isola ‘un laboratorio di fraternità’ ha centrato il punto. Cipro dal 1974 è occupata dai turchi e la capitale Nicosia è l’ultima città europea divisa con filo spinato. I tentativi di ricomporre tali fratture non hanno portato a risultati concreti nonostante l’impegno negli ultimi anni della comunità internazionale e delle due parti. Penso sia necessario sviluppare o rafforzare delle piattaforme, dei luoghi di dialogo fra le diverse realtà che esistono a Cipro, ovvero fra cristiani di diverse denominazioni (come Armeni, Latini, Maroniti e Ortodossi) e anche con i Musulmani. Poi occorre coltivare lo spirito di ‘unità nella diversità’ fra le due Chiese sorelle, quella Cattolica e quella Ortodossa. Infine, c’è il capitolo dei migranti. Il loro numero non è sostenibile per il nostro Paese, sia dal punto di vista logistico che economico. Il mio popolo è noto per la sua generosità e per lo spirito di accoglienza: si è fatto già tanto per i profughi ma sicuramente si può migliorare, cercando di sensibilizzare le coscienze, trovando fondi e strutture per far sì che questi nostri fratelli vivano in condizioni più umane e dignitose”. “Il Papa ci ha incoraggiati ad avere un nuovo sguardo – conclude Lina –, un’attenzione viva per tematiche scottanti come quella dei migranti e del dialogo ecumenico. Ci dà grande speranza la ricerca dell’unità tra Papa Francesco e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli S. B. Bartolomeo: un rapporto fraterno, fatto di gesti concreti e di profondo dialogo”. Alexandros Oshana, giovane di Atene della comunità locale dei Focolari sostiene che la strada del dialogo ecumenico è ancora lunga: “In questo senso – afferma – la visita del Papa ha offerto la possibilità di un nuovo inizio. Nei suoi interventi usava spesso le parole ‘unità’, ‘fraternità’, ‘dialogo’. Il Papa auspicava una chiesa inclusiva, aperta a chi soffre. Francesco ha espresso tutti noi greci cattolici al 100%, la nostra intenzione di essere vicini ai fratelli ortodossi e di sentirci prima di tutto cristiani”. A tal proposito, non è sfuggito a nessuno l’esempio che Papa Francesco ha voluto dare in prima persona. Per sottolineare che l’unità è possibile solo attraverso un completo atto di umiltà, lui stesso ha chiesto ancora perdono all’Arcivescovo ortodosso Ieronimos per gli errori commessi in passato dai cattolici nei confronti degli ortodossi. Lo stesso Arcivescovo si è detto certo che sarà possibile “scrollare i pesi del passato, in particolare quelli collegati con gli avvenimenti della guerra d’indipendenza greca”. In segno di fratellanza ha anche detto di volersi unire a Francesco “nell’enorme sfida” riguardante la sorte dei migranti e di voler intraprendere “un’azione comune per l’ambiente”.
Lorenzo Russo con la collaborazione della comunità dei Focolari di Grecia e Cipro
(altro…)
Gen 3, 2022 | Chiara Lubich
Il 1° gennaio scorso, in occasione della 55° Giornata Mondiale della Pace, nel suo messaggio Papa Francesco affermava che: “Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme. Favorire tutto questo tra le generazioni vuol dire dissodare il terreno duro e sterile del conflitto e scarto per coltivarvi i semi di una pace duratura e condivisa”. Anche Chiara Lubich in questo brano ci invita a stabilire rapporti di dialogo per arrivare ad una pace vera. Gesù è venuto per costruire rapporti totalmente nuovi tra le persone, tra uomo e donna, tra ragazzo e ragazza, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra insegnanti ed alunni, tra lavoratori e datori di lavoro, tra dipendenti e dirigenti, tra cittadini e governanti, tra razza e razza, tra popolo e popolo, tra Stato e Stato. Gesù vuole costruire un nuovo ordine sociale, fondato sulla giustizia, sul rispetto e la vera fraternità umana. Gesù vuole donare a noi, come singoli e come collettività, la vera pace, quella pace divina che lui solo può dare. Ma, perché ciò avvenga, occorre seguirlo, anche se egli a prima vista sembra essere così esigente. Occorre vivere la sua Parola, ciascuno nella condizione di vita nella quale è stato chiamato.
Chiara Lubich
(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Cittá Nuova, 2017, pag. 362) (altro…)
Gen 1, 2022 | Chiesa, Sociale
Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace che ricorre oggi 1° gennaio, lancia un monito ai politici che investono sugli armamenti piuttosto che sull’istruzione. Cosa fare per dare speranza ai giovani e invertire la rotta? Lo abbiamo chiesto al prof. Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense Oggi secondo la Banca Mondiale ci sono quasi 100 milioni di persone in più che vivono in stato di impoverimento a causa della pandemia da Covid-19. E la spesa militare nel mondo nel 2020 nonostante il Covid è aumentata sfiorando i 2.000 miliardi di dollari (nel 2019 era di 1650 miliardi) secondo il rapporto dell’Istituto di ricerca internazionale per la pace di Stoccolma (Sipri). Dati che hanno spinto Papa Francesco a lanciare un messaggio duro ma pieno di speranza per la 55° giornata mondiale della pace che ricorre oggi 1° gennaio 2022. Il Papa propone tre elementi: dialogo tra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura. Come contestualizzare questo messaggio nelle sfide che la società vive oggi? Lo abbiamo chiesto al prof. Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense. Come si avvia il dialogo tra le generazioni per costruire la pace? Su quale fiducia si basa oggi, visto che sia la pandemia che lo sviluppo della tecnologia hanno creato tanta solitudine e indifferenza? “Anzitutto il messaggio del Papa presenta il dialogo non come obiettivo soltanto per i rapporti tra generazioni ma come metodo. E questo credo che sia l’aspetto più importante che si può cogliere ed è l’aspetto che ci consente anche di poter fare del dialogo uno strumento effettivo per la pace, perché molto spesso noi leghiamo all’elemento dialogo soltanto la possibilità di comunicare. In realtà il dialogo presuppone qualcosa in più: c’è un patto tra le generazioni, un patto in cui la parola data ha un suo significato. Molto spesso abbiamo fatto del dialogo soltanto uno strumento tecnico e non qualcosa che condividiamo e che pertanto diventa un metodo o un agire quotidiano”. L’istruzione e l’educazione negli ultimi anni sono considerate delle spese piuttosto che investimenti. E sono aumentate le spese militari. Quali passi devono fare i politici per promuovere una cultura della “cura” piuttosto che della “guerra”?
“Il rapporto tra l’educatore e colui che viene educato è un rapporto che va costruito quotidianamente sulla base di rinunce da parte di ambedue. Questo tipo di metodologia dell’educazione dovrebbe servire anche alle grandi questioni che l’umanità ha di fronte. Il problema della corsa agli armamenti e quindi la sottrazione di risorse per altri ambiti, è soprattutto il legare gli armamenti ad un concetto di potenza. Quindi attraverso l’educazione dobbiamo cercare di far correre dei valori condivisi. Questo è l’aspetto che il messaggio del Papa mette in evidenza, perché se ci sono valori condivisi – la pace per esempio – questo diventa un modo per superare il conflitto. Ma il conflitto si supera eliminando gli armamenti, quindi è un concetto che va poi a catena”. Il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello ed è un fattore per preservare la pace. La precarietà e lo sfruttamento lavorativo però sono aumentati con la pandemia. Cosa si può fare allora per dare speranza ai giovani lottare contro la precarietà e lo sfruttamento? “Il lavoro non è semplicemente un elemento che garantisce la pace sociale come tradizionalmente viene detto. Il lavoro è qualcosa che garantisce la pace. Se manca il presupposto del lavoro, manca l’educazione, manca il rapporto intergenerazionale, manca il dialogo. Perché dal lavoro la persona non trae soltanto sostentamento, ma esprime la propria dignità. Questo lo troviamo nel magistero della Chiesa e di Papa Francesco che ha sottolineato più volte. Di conseguenza oggi i politici, o meglio coloro che hanno responsabilità, i cosiddetti ‘decisori’, devono fare del lavoro una priorità e non una delle tante voci nell’agenda politica. Credo che le giovani generazioni abbiano bisogno non soltanto del posto di lavoro ma di un lavoro che riesca a esprimere le loro qualificazioni e soprattutto a farli sentire protagonisti in quelle che sono le decisioni in materia di lavoro. L’elemento quindi che collega le tre voci – dialogo, educazione, lavoro – è la parola patto. Il patto tra generazioni, il patto educativo, il patto del lavoro: questa è la parola chiave che li mette in funzione della pace. Perché altrimenti sarebbero tre elementi dispersi e non tra di loro coniugati”. Clicca qui per leggere il messaggio del Papa per la 55° giornata mondiale della pace.
Lorenzo Russo
(altro…)