Movimento dei Focolari
Al via la raccolta fondi per le popolazioni filippine

Al via la raccolta fondi per le popolazioni filippine

Parte una raccolta fondi straordinaria a sostegno delle popolazioni delle Filippine colpite dal super-tifone Odette-Rai tra il 16 e il 17 dicembre scorsi. Di seguito tutte le indicazioni per inviare contributi attraverso le ONLUS Azione per un Mondo Unito (AMU) e Azione per Famiglie Nuove (AFN) “Sono appena rientrata in Italia da Cebu e anch’io ho ricevuto notizie sporadiche via Messenger – racconta Alessandra Emide, responsabile dei programmi di Bukas Palad Cebu Foundation – perché al momento non è facile l’accesso a internet in quelle zone. I danni più grossi sono stati nelle isole Visayas, l’arcipelago al centro del Paese con capoluogo Cebu”. A dieci giorni di distanza i numeri del super tifone Odette-Rai, come è stato rinominato, sono infatti impressionanti:  secondo il principale coordinatore umanitario delle Nazioni Unite nelle Filippine, Gustavo Gonzalez, da quando la tempesta si è abbattuta sull’Arcipelago, circa 2 milioni di persone sono state colpite dalla catastrofe e almeno 300 sono morte, ma si teme che questo numero cresca, perché non tutte le vittime sono state segnalate ufficialmente; le inondazioni sono molto estese e le frane che hanno travolto abitazioni sono moltissime. Con circa 300.000 persone evacuate mentre il super tifone colpiva le regioni centrali delle Filippine, i bisogni immediati e prioritari includono cibo, acqua pulita, riparo, carburante, kit igienici, medicinali e servizi di protezione. Alessandra aggiunge poi che il problema principale sono le linee elettriche completamente distrutte con il conseguente blocco della rete idrica. Per procurarsi l’acqua la gente deve fare lunghe file e la mancanza di elettricità rende difficilissime le comunicazioni, i trasporti e i rifornimenti. I supermercati stanno esaurendo i beni di prima necessità, la benzina scarseggia e il prezzo è alle stelle; senza contare gli enormi danni subiti dalle abitazioni, molte delle quali rase al suolo. “Anche il centro dei Focolari di Bukas Palad, sull’isola di Cebu, dove lavoro – prosegue Alessandra – è stato danneggiato: vetri, porte e finestre rotte, alberi caduti e, nonostante ciò, ospita alcune famiglie che hanno perso tutto. Le autorità locali dicono che ci vorrà un mese per iniziare a ripristinare corrente e acqua, intanto ci stiamo attivando per far arrivare alle famiglie contenitori di acqua potabile, torce solari e batterie ricaricabili, riso e cibi a lunga conservazione”. Giò Francisco racconta che assieme ai soccorritori anche i Giovani per un Mondo Unito delle Filippine (Y4UW PH) hanno concentrato i loro sforzi su quattro delle sei regioni più colpite, compresa la provincia di Cebu dove si trova Bukas Palad. Finora, Y4UW ha raccolto fondi per fornire centinaia di pacchi di cibo e acqua alle famiglie nelle aree meno accessibili. Si tratta di aiuti di prima emergenza che tuttavia non basteranno. “Le famiglie dovranno rimettersi in piedi – racconta Giò Francisco – e al lavoro, specialmente i molti che dipendono dall’agricoltura e dalla pesca. Le barche dei pescatori sono state distrutte. Gli agricoltori hanno perso il raccolto. Pensate che una città, nota per le piantagioni di banane, si è vista spazzar via fino all’ultima pianta”. Il Coordinamento Emergenze del Movimento dei Focolari ha avviato una raccolta fondi straordinaria in sostegno alle popolazioni filippine colpite e per sostenere la ricostruzione. È possibile donare attraverso i seguenti conti correnti:

Azione per un Mondo Unito ONLUS (AMU) IBAN: IT 58 S 05018 03200 000011204344 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T

Azione per Famiglie Nuove ONLUS (AFN) IBAN: IT 92 J 05018 03200 000016978561 presso Banca Popolare Etica Codice SWIFT/BIC: CCRTIT2T84A Causale: Emergenza Tifone Filippine                                                                                                                                                                                                                      

 Stefania Tanesini

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Cinque anni al ritmo internazionale di “Milonga”

Cinque anni al ritmo internazionale di “Milonga”

Un’iniziativa che unisce la voglia di fare ai tanti bisogni che ci sono nel mondo. È il desiderio che nel 2016 ha generato“Milonga”, un programma di volontariato internazionale interculturale e fraterno. Una nuova opportunità, una proposta rinnovata per portare aiuto dove necessario. È la mission che ancora oggi, a distanza di 5 anni, “Milonga” porta avanti. Nata dal contributo di New Humanity,  Giovani per un Mondo Unito e la Rete Latinoamericana delle organizzazioni sociali ispirate al carisma dell’unità, con la collaborazione di Sociedade Movimento dos Focolares-Brasile, Sumà Fraternidad e Promoción Integral de la Persona, questa piattaforma di volontariato internazionale è frutto di un desiderio sempre più diffuso tra i giovani di fare esperienze sociali globali. I primi volontari sono partiti nel 2016 con destinazione Bolivia e Brasile. In seguito, oltre 200 giovani hanno seguito i loro passi, attraversando le frontiere per offrire il loro tempo, i loro talenti, le loro professionalità. Un piccolo ma importante contributo al superamento delle disuguaglianze nel mondo. Ma cosa ha di caratteristico “Milonga” rispetto ad altri programmi di volontariato? Per Virginia Osorio, uruguaiana dell’Equipe di Coordinamento, “Milonga è stata l’opportunità di mettere in rete diversi attori e così generare un sistema di cooperazione internazionale diverso, che mette la fraternità al centro, in cui il servizio viene potenziato dall’interculturalità e la formazione alla cittadinanza globale e locale, intessendo dei legami non solo dal nord verso il sud, ma in tutte le direzioni”. Ragazzi tra i 21 e i 35 anni, collaborano così, ancora oggi, in sinergia col lavoro delle ONG che, ogni giorno, si spendono nelle diverse periferie del pianeta. Marco Provenzale, italiano, dice: “Per queste ragioni il programma prende il nome di una danza latinoamericana con radici africane e gioca con l’acronimo ONG: Mille ONG in Azione”. A tale iniziativa hanno aderito anche le comunità e le cittadelle del Movimento dei Focolari quali significativi spazi di azione e formazione per giovani motivati e desiderosi di impegnarsi nel sociale. In questi cinque anni, “Milonga” ha constatato quanto questo percorso abbia segnato la vita di tanti ragazzi. “L’esperienza che fanno fra loro si riflette sul ruolo che ognuno svolge come cittadino del mondo – continua Virginia Osorio –, e li stimola a voler agire sul posto, lì dove nasce la sofferenza”. Ai tanti che hanno svolto volontariato in presenza in questi anni, durante la pandemia se ne sono aggiunti oltre un centinaio che hanno realizzato un’esperienza interculturale virtuale. Questa possibilità ha permesso di sostenere delle azioni quali raccolta fondi, aiuto ai bambini in età scolare, preparazione di esami, pratica delle diverse lingue e tanto altro. Antonella, una giovane argentina, ha svolto volontariato virtuale in Brasile e ora si prepara a farlo finalmente di persona: “Prima non partecipavo a cose simili. Oggi, invece, se non faccio qualcosa di concreto, mi sento come vuota. Questa coscienza nuova me l’ha trasmessa l’esperienza fatta con Milonga”.

Janeth Lucía Cárdenas e l’equipe di MilONGa

(assistente sociale, impegnata con Milonga e nel progetto globale di comunicazione)

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Vangelo Vissuto: Sentirsi guardati da Dio

Nell’Incarnazione gli occhi di Dio hanno rivelato a Maria che la sua piccola e fragile umanità serviva al Suo disegno di salvezza. Natale può essere per tutti noi l’occasione per ricominciare a vivere l’esperienza più bella: sentirsi guardati da Dio e farsi condurre da Lui, come ha fatto Maria, per poi affrontare ogni giorno con una gioia profonda nel cuore e un canto di lode sulle labbra. Tornare a vivere Un amico impegnato nel reinserimento degli ex-detenuti aveva proposto alla nostra comunità religiosa di accogliere per alcuni mesi uno di loro, quasi al termine della sua pena. Pietro, così si chiamava, si è rivelato un esperto nella manutenzione degli infissi e instancabile nel riparare tutto ciò di cui c’era bisogno. Una vera benedizione per noi che, scarsi di mezzi economici, a certi lavoretti non avevamo neanche il tempo di dedicarci. Un dopocena, in giardino, Pietro ha cominciato ad aprirsi: “Vi sono grato non soltanto per l’ospitalità ricevuta, ma per il rispetto nei miei riguardi. Gli ex-detenuti vengono spesso considerati come degli appestati e la gente li tiene a distanza. Eppure l’inclusione sarebbe l’unica medicina capace di sanare certe ferite”. Prima di partire ha lasciato un biglietto: “Grazie. Ora posso tornare nella società perché so che anch’io ho qualcosa da dare”. (F. di O. – Italia) Come il figliol prodigo Quando un clochard di nome A. si è confidato con me, raccontandomi come mai si fosse ridotto in quello stato di miseria, mi è sembrato di rivedere in lui il figliol prodigo della parabola, che smania per riscattare la sua libertà. Alla mia proposta di farsi vivo con i suoi famigliari, la prima reazione è stata di rifiuto, impossibile mostrare loro come si era ridotto. La sola idea di presentarsi ai fratelli e alle sorelle, tutti “riusciti” e con una vita realizzata, accresceva la sua umiliazione. Eppure – gli ho ricordato a quel punto – loro non avevano smesso di amarlo, di attenderlo. Non ha replicato ed è rimasto in silenzio. A. si è rifatto vivo dopo qualche giorno. Stavolta chiedeva il mio aiuto per comprare il biglietto aereo e tornare nella sua patria. Senza esitare, gli ho fornito la somma necessaria. Non molto dopo ho ricevuto sue notizie: “Era come mi avevi raccontato. La gioia di riabbracciarmi è stata il vero dono che potevo fare ai miei. Grazie per avermi ricordato perché sono qui”. (J.G. – Spagna) Per mano A causa di un ictus mi ero trovato paralizzato nella parte sinistra del corpo. Di colpo la mia vita era cambiata. A lasciarmi avvilito era anche lo scombussolamento che procuravo nella piccola impresa avviata da poco, nell’andamento della famiglia, nei figli in età adolescenziale. Ho dovuto esercitarmi a lungo per accettare un nuovo regime di vita. Tuttavia, mentre crollava un mondo, vedevo aprirsi dimensioni trascurate e non apprezzate prima: la vita di fede. Da anni, infatti, non pregavo. Dacché riconoscevo la mia fragilità, è stato spontaneo per me riprendere a pregare, non con parole imparate al catechismo, ma dialogando. Ho imparato di nuovo a colloquiare con Dio. Intanto le cure proseguivano.  A un certo punto la ripresa di tutte le funzioni a livello motorio mi ha colto di sorpresa. Ora che sono in convalescenza, posso affermare che l’amore di Dio ha voluto immergermi nella vita in modo pieno e non superficiale. Mi ha preso per mano ed io mi sono aggrappato. (D.A. – Argentina)

A cura di Maria Grazia Berretta

(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VII, n.4, novembre-dicembre 2021) (altro…)

Chiara Lubich: credere alla Parola di Dio

In questo tempo di Natale, la Parola di Vita di dicembre 2021, ci invita a vivere parole dedicate a Maria: “ “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Anche il testo che segue è dedicato alla Madre di Dio, in esso Chiara Lubich ci invita ad avere, come Maria, totale disponibilità a credere e mettere in pratica quanto annunciato dal Signore. C’è uno stretto legame, in Maria, tra fede e maternità, come frutto dell’ascolto della Parola. E Luca qui ci suggerisce qualcosa che riguarda anche noi. Più avanti nel suo Vangelo Gesù dice: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8, 21). Anticipando quasi queste parole, Elisabetta, mossa dallo Spirito Santo, ci annuncia che ogni discepolo può diventare “madre” del Signore. La condizione è che creda alla Parola di Dio e che la viva. (…) Maria, dopo Gesù, è colei che meglio e più perfettamente ha saputo dire “sì” a Dio. È soprattutto questa la sua santità e la sua grandezza. E se Gesù è il Verbo, la Parola incarnata, Maria, per la sua fede nella Parola è la Parola vissuta, ma creatura come noi, uguale a noi. Il ruolo di Maria come madre di Dio è eccelso e grandioso. Ma Dio non chiama solo la Vergine a generare Cristo in sé. Seppure in altro modo, ogni cristiano ha un simile compito: quello di incarnare Cristo fino a ripetere, come san Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20). Ma come attuare ciò? Con l’atteggiamento di Maria verso la Parola di Dio, e cioè di totale disponibilità. Credere dunque, con Maria, che si realizzeranno tutte le promesse contenute nella Parola di Gesù e affrontare, come Maria, se occorre, il rischio dell’assurdo che alle volte la sua Parola comporta. Grandi e piccole cose, ma sempre meravigliose, accadono a chi crede nella Parola.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Cittá Nuova, 2017, pag. 610-612) (altro…)

Natale: far fiorire sulle stalle le stelle

Accogliere Gesù bambino nella grotta fredda del nostro cuore; dare ospitalità a quella Luce che non aveva trovato posto altrove e decide di splendere su di noi rendendo nuove tutte le cose. Igino Giordani, in poche parole, ci racconta il Natale. Gesù nacque in una stalla, per dimostrarci che può nascere anche nel cuore nostro, che è un locale non dissimile. E quando nasce nel cuore nostro, come sulla grotta, si levano a cantare gli angeli, splende nella notte la luce, e piove in terra la pace. Gesù, col suo Natale, iniziò una Rivoluzione: prese l’uomo dalle stalle e lo innalzò alle stelle. Schiavo del più forte, ne fece il fratello, l’eguale. Non si può ridurre tutto a canzoncine e candelette. Dio non si prende in giro. Il Padre nostro in cielo reclama il pane nostro in terra. E’ chiaro: permane l’azione di chi vuol renderci schiavi di nuovo; riprenderci la libertà. E questo con pressioni di vario genere (…). Si decade dalla libertà e si decade dalla carità: e così si vive secondo la carne, e invece che servi volontari del fratello diveniamo suoi sfruttatori. E invece questa è la legge, questa la giustizia: trattare il fratello come tratto me. Servizio reciproco, dove giustizia e carità sono tutt’uno. Sono Dio che vive in noi: il Verbo – la Ragione – che si incarna fra noi, e fa fiorire sulle stalle le stelle.

Igino Giordani, «La Via», 24.12.1949

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SCOZIA | Glasgow: grandi religioni, custodi del creato

Lorna Gold, presidente del Movimento Laudato Si’, e Martin Palmer, fondatore e presidente di Faith Invest, spiegano come le grandi religioni del mondo possono essere una forza trainante per la società civile a riguardo del cambiamento climatico. Durante la conferenza COP26, i leader religiosi presenti hanno partecipato a vari eventi, occasioni di conoscenza reciproca e di dialogo. Tra questi, un evento tenutosi alla Moschea e uno ospitato dal Movimento dei Focolari. Martin Palmer (Inghilterra) ha trascorso tutta la sua vita lavorativa impegnandosi con le principali religioni di tutto il mondo sulle questioni ambientali. Questo iniziò nel 1986, quando il principe Filippo (il Duca di Edimburgo) – che era presidente internazionale del World Wildlife Fund (WWF) – gli chiese di riunire i rappresentanti di cinque delle principali religioni del mondo per esaminare i modi in cui in queste fedi veniva compreso il loro posto nella natura. Hanno creato un programma completo per portare le fedi a collaborare con i principali gruppi ambientali, l’ONU, la Banca Mondiale e altri organismi. Lorna Gold è vicepresidente del consiglio del Global Catholic Climate Movement e presidente del Movimento Laudato Si’. Coordina il loro lavoro sull’azione per il clima all’interno delle comunità di fede e ha guidato il lavoro per far sì che la Chiesa cattolica in Irlanda e a livello globale disinvesta dai combustibili fossili. Nelle nostre interviste, abbiamo parlato di molti argomenti riguardanti la COP26, la crisi climatica e la situazione attuale… Naturalmente, non è stato possibile includere tutto nel servizio trasmesso durante il Collegamento. Per esempio, Martin Palmer ci ha parlato del periodo particolare che stiamo attraversando dicendo: “Penso che siamo all’apice di un grande cambiamento. Il grande cambiamento è che, invece di aspettare che siano i governi a dare l’esempio, è la società civile, sono i giovani e gli anziani a farlo. Ho lavorato a questo da 40 anni. Penso all’ascesa delle organizzazioni femminili, che semplicemente non c’erano nel 1997. Penso a tutto il ruolo degli indigeni, penso a tutto il ruolo delle comunità di fede, del mondo delle ONG, del mondo educativo. Vedo che, ora, siamo in un momento di svolta. Ci sono ancora molte persone che pensano che se protestiamo, possiamo influenzare i governi… Devo dire che non ci credo”. “Le fedi si stanno incontrando con il mondo finanziario, con il mondo dell’educazione e stanno dicendo: come possiamo creare delle partnership? Dove abbiamo i soldi, possiamo influire. Abbiamo le strutture. Abbiamo i mezzi per generare un cambiamento…”. E dopo abbiamo avuto uno scambio molto interessante con Lorna Gold su ciò che ha definito “ansia da clima”, dove ha detto: “Penso sia qualcosa che tutti noi affronteremo, in una misura o nell’altra, perché una volta che accetti che c’è una crisi climatica e che tutto non sarà così ‘roseo’ nel futuro – come forse avremmo voluto – la prospettiva di un mondo unito è abbastanza lontana se il cambiamento climatico non può essere risolto… “(…) Cerco di gestire quest’ansia. Un modo è trascorrere del  tempo nella natura. La natura è un grande guaritore. Stare all’aperto, meditare nella natura, trovare Dio nella creazione. Ti fa capire che la natura è abbastanza resiliente. La vediamo rigenerarsi intorno a noi”. “Credo veramente che questo momento che stiamo vivendo sia una crisi, ma può essere anche un kairos. Un kairos, come dice Papa Francesco, è un’opportunità, un momento, un momento opportuno per ripensare, per convertirci, per subire quella profonda conversione ecologica e iniziare a muoversi in una direzione diversa.” https://www.youtube.com/watch?v=dLt4AqX6LPE   (altro…)

Chiara Lubich: condividere

Chiara Lubich in questo brano ci invita a condividere con il prossimo quanto gli manca per avere una vita degna. E’ il miglior modo di prepararci al Natale che festeggeremo tra pochi giorni. La conversione del cuore, richiesta per andare incontro a Gesù, non consiste in belle parole e slanci sentimentali, ma nel fare la volontà di Dio e soprattutto nell’amare il nostro prossimo, nel solidarizzare concretamente con lui e condividere con lui, quando manca del necessario, i nostri beni: cibo, vestito, alloggio, assistenza, ecc. È quanto Gesù insegna. La vita cristiana, infatti, non consiste principalmente in lunghe preghiere e penitenze estenuanti; non domanda di cambiare mestiere o professione – a meno che questa non sia cattiva in se stessa –, bensì di vivere, nell’attività e nello stato di vita a cui apparteniamo, l’amore del prossimo. “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” (Lc 3,11). (…) Siamo nel mese in cui si celebra la festa del Natale. Il Natale per la Chiesa non è semplice commemorazione di un avvenimento passato, ma è la celebrazione di un mistero sempre presente, sempre attuale: la nascita di Gesù in noi e in mezzo a noi. Come allora prepararci a Natale? Come fare in modo che Gesù nasca o rinasca in noi e fra noi? Con l’amare concretamente. Stiamo attenti che il nostro amore al prossimo non si fermi alle dichiarazioni o al sentimento, ma passi sempre all’azione, alle opere piccole e grandi.

Chiara Lubich

(Chiara Lubich, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi, Opere di Chiara Lubich, Cittá Nuova, 2017, pag. 422-423) (altro…)

Università Popolare Mariana: Lo spazio della coscienza

Università Popolare Mariana: Lo spazio della coscienza

Inaugurato il 6 novembre 2021 il ciclo di lezioni del nuovo corso dell’Università Popolare Mariana (UPM) del Movimento dei Focolari che quest’anno ha come titolo“Dove l’uomo è solo con Dio: la coscienza”. Catherine Belzung, neuroscenziata, ed Emanuele Pili, docente, relatori della seconda lezione, rispondono ad alcune domande. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità”. Le parole che ritroviamo nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, ispirano il titolo del nuovo corso dell’UPM (Università Popolare Mariana) dei Focolari pensato per l’anno accademico 2021-2022: “Dove l’uomo è solo con Dio: la coscienza”. Uno spazio “santo” quello della coscienza morale, come ha spiegato Renata Simon, co-responsabile per l’aspetto della sapienza e dello studio del Movimento dei Focolari, durante il primo incontro di questo percorso, il 6 novembre 2021: “La coscienza non chiude l’uomo dentro un’impenetrabile solitudine, come in una cella isolata, ma lo apre alla chiamata di Dio”. Analizzare il tema nelle sue varie declinazioni e, nel contesto della spiritualità dell’unità, riflettere sulla capacità di agire secondo la responsabilità di ciascuno di entrare in dialogo con sé stessi e con questa voce, sono solo alcuni degli obiettivi che questo corso si propone di raggiungere. Una grande sfida soprattutto nel mondo di oggi, come ci spiegano Cahterine Belzung, neuroscienziata e professoressa del dipartimento “Imagerie et Cerveau” dell’Università  François Rabelais di Tours (Francia) e Emanuele Pili, professore aggiunto al Dipartimento di teologia, filosofia e scienze umane dell’Istituto Universitario Sophia. Entrambi saranno relatori durante il secondo incontro in programma il 18 dicembre 2021 sul tema: La coscienza in un mondo plurale, diverse prospettive. La lezione tratterà degli aspetti psicologici in relazione alla coscienza morale, introducendo in qualche modo la questione della libertà e dei suoi possibili condizionamenti, materia di riflessione durante il terzo incontro. Ciascuno di noi si ritrova a dover scegliere secondo dei valori, e questo lo ritroviamo in varie prospettive disciplinari – spiega Catherine Belzung. Quel che varia spesso sono i concetti e il linguaggio utilizzato. Nelle neuroscienze parliamo di ‘meccanismi per prendere una decisone’, in altri campi di ‘coscienza morale’. Si deve costruire un dialogo per capire se le varie parole utilizzate corrispondono ad un concetto comune”. Nell’agire siamo condizionati neurologicamente o siamo liberi? Siamo persone completamente libere.  – afferma Catherine Belzung- Alcune ricerche sono state interpretate male e identificano l’uomo come una marionetta nelle mani del proprio materiale genetico, del proprio cervello. In realtà noi non siamo determinati dalla nostra biologia”. Capire cosa ostacola l’ascoltarsi e l’ascoltare la voce di Dio in una realtà rumorosa come quella che abitiamo, sembra essere il vero quesito. “Il tempo nel quale viviamo – spiega Emanuele Pili – è così chiassoso e frenetico che, talvolta, si crea come una cappa soffocante intorno ai nostri desideri più intimi e autentici. La pervasività e l’onnipresenza della tecnologia mutano lo stesso processo attraverso cui si forma l’identità personale. Pertanto, la sfida dell’ascolto della nostra interiorità è effettiva e non semplice da affrontare”. Come uscire da questa impasse? Il punto, credo, stia nel trovare il modo di bucare la cappa che tende a ostacolare la possibilità di rientrare in noi stessi. – continua Emanuele Pili – Molto, penso, passa dalla riscoperta – aiutata anche dall’esperienza della pandemia – delle relazioni vere e semplici, vissute nella loro dimensione corporea ed emozionale, capaci di lasciar da parte superficialità e mediocrità. (…) riscoprire l’interiorità e il desiderio che la anima è il gioco serio, non serioso, della normalità della vita. Forse, oggi, bucare la cappa che non ci permette di accedere all’interiorità passa anche e soprattutto dal saper ascoltare questo grido, talora muto o soffocato, di cui ad esempio i più giovani sono, nel bene e nel male, la più viva ed efficace testimonianza”.

Maria Grazia Berretta

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Musica di fraternità sulla rotta balcanica

Musica di fraternità sulla rotta balcanica

Il viaggio della band internazionale Gen Rosso nella rotta balcanica dove migliaia di migranti vivono situazioni drammatiche cercando di raggiungere l’Europa in cerca di futuro migliore. Da questa esperienza nasce anche il loro prossimo concerto di Natale dal titolo “Refugee” che sarà trasmesso gratuitamente in streaming. “Siamo stanchi, molto stanchi di vivere in queste condizioni, ma oggi abbiamo ritrovato e sperimentato la gioia”. Queste le parole di Mariam, visibilmente emozionata, nel ringraziare il gruppo internazionale Gen Rosso al campo rifugiati in Bosnia, dopo una giornata trascorsa insieme. Mariam è iraniana e insieme ad altri migranti oggi vive in quel campo profughi perché è in cerca di un futuro migliore, dove non ci sono guerre, odio e persecuzioni. Migliaia di rifugiati come lei sono bloccati al freddo e al gelo, nella cosiddetta “rotta balcanica”, con la speranza di raggiungere l’Europa. Il Gen Rosso nel mese di ottobre 2021 è andato in Bosnia per portare sollievo e speranza a questi migranti anche attraverso l’arte, la musica, il ballo. Un campo profughi gestito dalla Jesuit Refugee Service (Jrs), il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati che fornisce alloggi e aiuti essenziali ai richiedenti asilo e ai migranti che tentano di superare il confine croato. “Non avevamo la minima idea di cosa e chi avremmo incontrato – spiegano dalla band -, ma avevamo il desiderio di fare sentire la fraternità a queste persone forzate ad un doloroso peregrinare di anni”. I migranti hanno bisogno non solo di cibo e vestiti ma anche di momenti di accoglienza e serenità. All’inizio “ci siamo ritrovati sotto lo sguardo interrogativo e un po’ diffidente di famiglie che si tenevano a distanza. Non era semplice iniziare con persone provenienti da diverse culture e tradizioni, abituate all’indifferenza, se non all’ostilità, di tanti” spiegano dalla band. A rompere il ghiaccio iniziale sono stati i bambini. Incoraggiati, si sono avvicinati per provare a suonare un tamburello brasiliano di Ygor del Gen Rosso. Piano piano tutti si sono fatti coraggio. “Chissà cosa hanno vissuto questi bambini e cosa portano nel cuore – racconta Michele, cantante solista della band -. Si è creata subito una bella atmosfera. Il fatto che i bambini fossero presenti, con la loro immediatezza e semplicità, ha aiutato molto”. Così sono cominciati i primi dialoghi. Come ti chiami? Da dove vieni? E la diffidenza ha iniziato a lasciare spazio alla fiducia. “Avevamo previsto di dividerci in gruppetti – raccontano i musicisti -, ma abbiamo capito che loro tutti desideravano rimanere insieme e dopo tanto tempo, fare festa, con canti e danze di singoli e di popolo, secondo le proprie tradizioni. Alcune mamme, per mostrarci una danza tipica, ci hanno lasciato i loro bimbi in braccio con la fiducia che si ripone in fratelli”. Un rifugiato con una gamba ferita “ha afferrato il mio tamburo – racconta Helânio – i suoi occhi brillavano, era quasi il suo unico modo di esprimersi. Ero felice di dargli questa opportunità”. “Una donna ha chiesto se poteva ballare. – racconta Raymund, ballerino -. Sentiva che qualcuno la stava apprezzando. Ho capito cosa significa andare loro incontro attraverso la musica, capace di ricostruire l’anima delle persone, ed era evidente nei loro occhi lucidi, che erano felici”. Un’esperienza indelebile che ha ispirato anche il prossimo Concerto di Natale che il Gen Rosso ha intitolato appunto “Refugee”. Si svolgerà il 18 dicembre 2021, alle ore 21:00 (UTC+1), presso l’auditorium di Loppiano – puoi acquistare i biglietti qui o presso l’auditorium – e sarà trasmesso gratuitamente in streaming sulla piattaforma web publica.la. Una serata dedicata in particolare a tutti coloro che in questo momento si trovano in situazioni di sofferenza e disagio, con il desiderio di portare sollievo, pace e speranza.

Lorenzo Russo

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