Nov 30, 2008 | Parola di Vita
Ricordi? E’ la parola che Gesù rivolge al Padre nel giardino del Getsemani e dà senso alla sua passione, seguita dalla resurrezione. Essa esprime in tutta la sua intensità il dramma che si svolge nell’intimo di Gesù. E’ la lacerazione interiore provocata dalla ripugnanza profonda della sua natura umana dinanzi alla morte voluta dal Padre.
Ma Cristo non ha atteso quel giorno per adeguare la sua volontà a quella di Dio. Lo ha fatto tutta la vita.
Se questa è stata la condotta di Cristo, questo deve esser l’atteggiamento di ogni cristiano. Anche tu devi ripetere nella tua vita:
“Non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
Forse finora non ci hai pensato, anche se battezzato, anche se figlio della Chiesa.
Forse hai ridotto questa frase ad una espressione di rassegnazione, che si pronuncia quando altro non si può fare. Ma non è questa la sua vera interpretazione.
Stammi a sentire: nella vita puoi scegliere due direzioni: fare la tua volontà o liberamente scegliere di fare la volontà di Dio.
Ed avrai due esperienze: la prima, presto deludente, perché ti vuoi arrampicare sul monte della vita con le tue idee limitate, con i tuoi mezzi, con i tuoi poveri sogni, con le tue forze.
Di qui, presto o tardi, l’esperienza del tran tran di un’esistenza che conosce la noia, l’inconclusione, il grigiore e, a volte, la disperazione.
Di qui una vita piatta, anche se la vuoi rendere colorita, che non soddisfa mai l’intimo più profondo di te. Lo devi confessare, non puoi negarlo.
Di qui ancora, alla conclusione, una morte che non lascia traccia: qualche lacrima e l’inesorabile totale universale dimenticanza.
La seconda esperienza: quella nella quale ripeti anche tu:
“Non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
Vedi: Dio è come il sole. Dal sole partono tanti raggi che baciano ogni uomo. Sono la volontà di Dio su di loro. Nella vita il cristiano, e anche l’uomo di buona volontà, è chiamato a camminare verso il sole, nella luce del proprio raggio, diverso e distinto da tutti gli altri. E compirà il meraviglioso, particolare disegno che Dio ha su di lui.
Se anche tu così farai, ti sentirai coinvolto in una divina avventura mai sognata. Sarai attore e spettatore insieme d’un qualcosa di grande, che Dio opera in te e, attraverso te, nell’umanità.
Tutto quello che ti succederà, come dolori e gioie, grazie e disgrazie, fatti notevoli (quali successi e fortune, incidenti o morti di cari), fatti insignificanti (come il lavoro quotidiano in casa, in ufficio o a scuola) tutto, tutto acquisterà un significato nuovo perché a te offerto dalla mano di Dio che è Amore. Egli vuole, o permette, ogni cosa per il tuo bene. E se prima lo penserai solo con la fede, poi vedrai con gli occhi dell’anima un filo d’oro legare avvenimenti e cose e comporre un magnifico ricamo: il disegno, appunto, di Dio su di te.
Forse questa prospettiva t’attira. Forse vuoi sinceramente dar il più profondo senso alla tua vita.
Allora ascolta. Anzitutto ti dirò quando devi fare la volontà di Dio.
Pensa un po’: il passato se n’è andato e non puoi rincorrerlo. Non ti resta che metterlo nella misericordia di Dio. Il futuro ancora non c’è. Lo vivrai quando diverrà attuale. In mano hai solo il momento presente. E’ in quello che devi cercare di adempiere la parola:
“Non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
Quando vuoi fare un viaggio – e la vita è pure essa un viaggio – stai buono sul tuo sedile. Non ti viene in mente di camminare su e giù per il vagone.
Così farebbe chi volesse vivere la vita sognando un futuro che ancora non c’è, o pensando al passato che mai tornerà.
No: il tempo cammina da sé. Occorre star fermi nel presente e arriveremo al compimento della nostra vita quaggiù.
Mi chiederai: ma come distinguere la volontà di Dio dalla mia?
Nel presente non è difficile sapere quale sia la volontà di Dio. Ti indico una via. Ascolta dentro di te: c’è una voce sottile, forse da te soffocata troppe volte e divenuta quasi impercettibile. Ma sentila bene: è voce di Dio . Essa ti dice che quello è il momento di studiare, o di amare chi ha bisogno, o di lavorare, o di superare una tentazione, o di seguire un tuo dovere di cristiano, o un altro di cittadino. Essa t’invita ad ascoltare qualcuno che ti parla in nome di Dio, o ad affrontare con coraggio situazioni difficili…
Ascolta, ascolta. Non far tacere quella voce: è il tesoro più prezioso che possiedi. Seguila.
Ed allora momento per momento tu costruirai la tua storia, che è storia umana e divina insieme, perché fatta da te in collaborazione con Dio. E vedrai meraviglie: vedrai cosa può operare Dio in una persona che dice, con tutta la sua vita:
“Non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
Chiara Lubich
Nov 26, 2008 | Cultura
Il Punto
Giustizia, virtù destabilizzante di Michele Zanzucchi
Editoriali
Kivu, non è scontro etnico di Vincenzo Buonomo Caso Eluana, serve una legge di Daniela Notarfonso Musulmani e cattolici, si va avanti di Adnane Mokrani e Roberto Catalano
Primo Piano
Istituto universitario Sophia. Un’avventura di pensiero e vita di Giulio Meazzini Dal carisma dell’unità nasce un tipo di università basato su interdisciplinarietà e sapienza: con la verità, un dialogo corpo a corpo.
Uomini e vicende
Elezioni USA. Obama, la novità alla Casa Bianca di Aldo Civico da New York Netto successo del candidato democratico, che ha saputo accendere interesse e partecipazione. Su di lui le grandi attese di un Paese che ha voluto cambiare. Adesso è atteso alla prova. Viaggio nella psichiatria. Quando la mente va in tilt di Aurora Nicosia A trent’anni dalla legge Basaglia, che portò alla chiusura dei manicomi, sono molti gli interrogativi aperti e i problemi da risolvere. Festival internazionale del film di Roma. Il cinema nel Belpaese? Si può fare di Mario Dal Bello L’Italia protagonista nella terza edizione della rassegna. Sguardi sul dolore e brevi speranze. Dall’estero, un caleidoscopio di proposte.
Dal vivo
Percorsi. Incontrarsi trent’anni dopo di Oreste Paliotti Quando il paziente si chiama Chiara Lubich. Così la ricorda Diana Piazzini, medico fisiatra. Nord-est brasiliano. Dove si ingegnano per lo sviluppo di Benedetto Gui Alcune significative realizzazioni di una comunità che si attiva per la crescita integrale dei suoi membri più svantaggiati. Testimoni. Il confidente di tutti di Bennie Callebaut Mons. Paul Schruers, già vescovo di Hasselt. Una vita spesa “per l’altro”. Accanto a chi soffre. Benedetti fumetti! di Piero Santoro Saro e il suo paziente Francesco: dallo scontro all’amicizia.
Cultura
Relazioni di armonia. Matematica della bellezza di Cesare Ciancianaini Una mirabile proporzione naturale, scoperta nell’antichità, è canone estetico di riferimento anche oggi. Niente paura delle formule! Pensiero dell’unità. Vivere fuori del tempo di Pasquale Foresi È possibile attingere l’eterno, riducendo la distanza tra ciò che sono e ciò che sento di dover essere. Cultura e tecnica. Disumanizzazione prossima ventura di Giovanni Casoli Si discute se sappiamo fare o no tante cose. A qualcuno interessa ancora interrogarsi se è bene o male farle? La nostra carne. Il corpo: fisica, armonia e gloria di Michele Genisio Da san Francesco a Tertulliano, da Platone al burqa, fino alla cura ossessiva di oggi. C’è ancora qualcosa da scoprire? Liceo. A che serve la scuola? di Claudio Guerrieri Abbattere le mura che separano le aule dalla società, valorizzare le capacità e le motivazioni di studenti e insegnanti.
Nov 23, 2008 | Cultura
“Sophia”, che è un’istituzione di alta cultura, nasce da un paradosso: il “mettere i libri in soffitta” di Chiara Lubich… Maria Emmaus Voce: Chiara aveva un grande desiderio di conoscere la verità e sperava di conoscerla attraverso lo studio della filosofia. A un certo momento ha sentito dentro di sé che Gesù le chiedeva di non cercare la verità nei libri, ma di seguire Lui che era la Verità incarnata. Per questo ha scelto di mettere i suoi libri in soffitta, di rinunziare al sogno dello studio per seguirlo. Ha sentito anche che Gesù le diceva: “Sarò io il tuo maestro”, le prometteva di rivelarle la Sua verità, il Suo sapere. E’ quanto si è realizzato col dono di un carisma, il carisma dell’unità. Proprio dalla profonda convinzione che il carisma dell’unità ha in sé la capacità di generare una dottrina tale da illuminare i vari ambiti del sapere, nasce oggi un istituto universitario. “Sophia” – è stato detto – vuole essere un laboratorio di formazione e ricerca in cui si riconnettono i legami profondi tra vita e pensiero, tra studio ed esperienza. Cosa significa questo concretamente? Maria Emmaus Voce: Il tentativo di vivere l’unità tra questi aspetti significa che coloro che si iscrivono a questo istituto universitario vengono già con una pre-condizione, quella di essere disposti ad amare gli altri, essere aperti a tutte le persone, a prescindere dalla cultura, dalla religione, dal mondo e dalla razza alla quale appartengano. Gli studenti di “Sophia” accettano di fare e fanno un’esperienza di vita nella quale scoprono che non solo come persone possono essere aperte le une alle altre, ma che anche le proprie culture possono essere aperte le une alle altre. Scoprono, inoltre, che ogni disciplina è legata profondamente alle altre discipline e il fondamento di tutto il sapere è la Sapienza, cioè la visione di Dio sugli uomini e sulla realtà umana. Quali sono le aspettative, del Movimento e sue personali, nei confronti del percorso intrapreso con “Sophia”? Maria Emmaus Voce: Ci auguriamo di formare degli uomini e delle donne che sappiano coniugare la dottrina con la vita e siano quindi capaci di portare un contributo d’unità – di essere uomini e donne costruttori di unità –, laddove la società li condurrà, attraverso i propri cammini professionali e le attività sociali. Noi ci aspettiamo veramente che queste persone, inserite come catalizzatori in qualsiasi gruppo sociale, possano piano piano costituire un punto di attrazione, un fulcro attorno al quale si costruiscano cellule d’unità che si allarghino sempre di più nella società fino a quando “tutti saranno uno”, fino a quando la famiglia umana sarà ricomposta in unità. Questa è la preghiera di Gesù al Padre, è il sogno di Chiara, il nostro e, quindi, anche il mio personale. di Chiara Santomiero – 20 novembre 2008 (altro…)
Nov 10, 2008 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Sono ostetrica e per anni ho lavorato nel reparto gravidanze anomale dell’ospedale di Lubiana, nell’impegno costante a intessere rapporti veri con le pazienti, i colleghi, i superiori. Ho cercato sempre di difendere la vita, subendo spesso umiliazioni e rischiando col mio comportamento di perdere il posto. Tanti genitori hanno riscoperto la gioia della maternità e della paternità, e alle madri che volevano abortire è stato risparmiato il dramma del rimorso. Pian piano colleghi e superiori cominciavano a rispettare le mie scelte e spesso si sono trovati a consultarsi con me prima di prendere decisioni importanti. Poi mi sono ammalata, era una malattia rara: niente sforzi, forti dolori alla testa e alle articolazioni, gonfiori, perdita di concentrazione. I colleghi mi hanno aiutata come potevano. Ero limitata nel lavoro, ma sentivo che c’era ancora bisogno di me. Una volta è stata ricoverata una mamma al sesto mese di gravidanza. Si erano rotte le acque e la dottoressa di turno ha consigliato l’aborto. Ho cercato allora di convincere la madre a non farlo, ma non sono riuscita. Mi sono rifiutata però di fare l’iniezione, e così le altre infermiere dopo di me. Il bimbo è nato vivo. I genitori hanno rivalutato la loro scelta: adesso il bambino vive e il papà è fiero di avere questo figlio maschio. Con il diffondersi della pratica della fecondazione assistita, poi, è entrata in ospedale una certa cultura della morte, con l’eliminazione degli embrioni soprannumerari. Con questo tipo di fecondazione poi, spesso vengono concepiti più figli, ma uno solo viene aiutato a vivere. Per me è un dolore insopportabile, che trova senso solo se unito a quello di Gesù in Croce. Per questo continuo andare controcorrente, alla fine qualcosa è cambiato all’interno del reparto. Molte compagne di lavoro hanno cominciato a lottare con me per la vita. E anche la responsabile del reparto, che non ha alcun riferimento religioso, mi sostiene, pur non capendo da dove traggo la forza per agire in questo modo, dove è racchiuso il mio segreto. (J. P. – Slovenia) (altro…)
Nov 10, 2008 | Spiritualità
Se osserviamo le persone che vivono la Parola, possiamo notare in loro una grande varietà di effetti. Infinite sono infatti le situazioni in cui si trovano le persone, infinite le applicazioni della Parola alla vita di ciascuno, e infiniti quindi i risultati. Se volessimo perciò elencare i frutti che essa produce, non si finirebbe più. Ma a qualcuno si può accennare. La Parola provoca un mutamento di mentalità. Infonde nei cuori di tutti (europei, asiatici, australiani, americani, africani) i sentimenti di Cristo di fronte alle circostanze, al singolo e alla società. Porta nell’uomo una rievangelizzazione del suo modo di pensare, di volere e di amare. Chiunque poi frequenta un ambiente dove la Parola è vissuta come va vissuta, cioè dai singoli e dalla comunità, coglie un altro frutto: s’accorge che lì “si vive”, si vive soprannaturalmente. La Parola infatti fa vivere. Come dice la liturgia: splende la vita per mezzo del Vangelo (cf 2 Tm 1,10). La Parola inoltre rende liberi: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32) leggiamo nel Vangelo. La verità fa liberi perché in chi la vive, vive Cristo, l’uomo nuovo, e l’uomo vecchio di conseguenza è morto: non si è schiavi dell’uomo vecchio. Per la Parola, ognuno si sente dunque libero da se stesso. Ma la Parola anche libera anche perché non si è più schiavi dei condizionamenti umani; si ama Cristo in tutti e non ci si aspetta nulla da nessuno. Libera inoltre dall’oppressione delle circostanze: nulla può infatti succedere a caso, o per il solo volere degli uomini. Il Padre è sempre presente nella nostra vita, o con la sua volontà o con la sua permissione. La Parola dà gioia, dà felicità, dà pace, dà pienezza, dona luce: ecco altri frutti. Perché vive l’uomo nuovo, nei cuori lo Spirito elargisce i suoi doni. E la gioia, la pace, la luce, tanto caratteristiche nel nostro Movimento e frutto della Parola, sono poi anche una forza di espansione del regno di Dio. Chi vede gruppi dove la Parola viene vissuta, infatti, si chiede e vuol sapere quale sia la causa di questi effetti. E, conosciuto il segreto, il più delle volte si unisce a noi per farli propri. Tratto da: Vivere. La Parola che rinnova – Città Nuova Editrice, Roma 2008
Nov 6, 2008 | Spiritualità
Un contributo alla riflessione della Chiesa sulla Parola di Dio. Questo vuole essere per i curatori, il volume “Vivere. La parola che rinnova” edito da Città Nuova e pubblicato in concomitanza con lo svolgimento dell’assemblea sinodale di ottobre. Vi sono raccolte 5 conversazioni nelle quali Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari scomparsa nel marzo scorso, espone la sua esperienza personale a contatto con il Vangelo. Ma quale la specificità di questo rapporto? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Michel Vandeleene uno dei curatori del volume: Una delle cose che contraddistingue anche la sua esperienza, e del Movimento dei Focolari dietro di lei, è proprio la spinta ricorrente a mettere la Parola in pratica, cioè a non essere soltanto gente che la medita, che vi aderisce, ma che cerca di tradurla in vita. E da qui anche il titolo di questo libro: “Vivere”. D. – In questo modo si può arricchire la riflessione della Chiesa? Sì, nel senso, di mettere l’accento su questa dimensione, che poi è del tutto evangelica, perché Gesù stesso ammonisce di non essere soltanto ascoltatore della Parola. E’ molto importante. Nell’esperienza di Chiara, però, non c’è soltanto il metterla in pratica, c’è anche dopo il condividerne i frutti. D. – Cosa genera vivere la Parola? Intanto, la Parola è veramente guida e permette appunto di orientarsi, di sapere in fondo cos’è il giusto e per quello dà anche sicurezza. Le cose fatte vivendo il Vangelo sono cose solide. Poi una cosa splendida, nell’esperienza fatta da Chiara nella Parola, è scoprire che nelle parole di Dio se noi facciamo la nostra parte, Dio fa la sua. E allora si vedono realizzare le promesse del Vangelo, il centuplo a chi lascia tutto per seguire Gesù. Si sperimenta che la vita fa veramente un balzo di qualità, che si colora, c’è un di più. D. – Quali le parole su cui è stato incardinato lo stesso Movimento dei Focolari? Alcune parole cardine sono appunto: “Amatevi”, che è il comandamento nuovo di Gesù, fino a dare la vita l’uno per l’altro, come Gesù l’ha data a noi; e da qui l’unità: che siano uno affinché il mondo creda. Questa spiritualità che è la spiritualità di comunione, dell’unità, è nata tutta da parole evangeliche che si concatenano e che fanno vedere il Vangelo dalla prospettiva dell’unità del testamento di Gesù. D. – Nel libro si parla di nuova evangelizzazione. E’ la linea del Movimento? In che cosa consiste? Chiara Lubich parla in questo libro di nuova evangelizzazione, evidenziando quali sono i cardini della nuova evangelizzazione nel magistero di Giovanni Paolo II, che ha lanciato la nuova evangelizzazione. Si parte dalla proclamazione dell’amore di Dio, per cui non il Dio giudice o lontano, ma il Dio vicino. Oppure, questa nuova evangelizzazione ha un ardore nuovo, che parte anche dalla vita. Gesù parlava con autorità, perché “era” quello che “diceva”. Di qui anche per esempio nelle omelie, tutta l’assemblea è sempre più attenta quando un sacerdote dà anche del proprio, mostrando come il Vangelo in lui ha portato frutti. Oppure una nuova evangelizzazione non fatta solo da sacerdoti o da missionari o da persone consacrate, ma da tutto il popolo di Dio che evangelizza.
Ott 31, 2008 | Parola di Vita
Non credere che, perché sei nel mondo, tu possa nuotarvi come un pesce nell’acqua. Non credere che, perché il mondo t’entra in casa attraverso certe radio e la televisione, tu sia autorizzato ad ascoltare ogni programma o a vedere ogni trasmissione. Non credere che, perché giri per le strade del mondo, tu possa guardare impunemente tutti i manifesti e possa comprarti dal giornalaio o in libreria qualsiasi pubblicazione indiscriminatamente. Non credere che, perché sei nel mondo, ogni maniera di vivere del mondo possa essere tua: le facili esperienze, l’immoralità, l’aborto, il divorzio, l’odio, la violenza, il furto. No, no. Tu sei nel mondo. E chi non lo vede? Ma tu non sei del mondo . E questo comporta una grande differenza. Questo ti classifica fra coloro che si nutrono non delle cose che sono del mondo, ma di quelle che ti sono espresse dalla voce di Dio dentro di te. Essa è nel cuore di ogni uomo e ti fa entrare – se l’ascolti – in un regno che non è di questo mondo, dove si vivono l’amore vero, la giustizia, la purezza, la mansuetudine, la povertà, dove vige il dominio di sé. Perché molti giovani scappano nell’Oriente, come ad esempio nell’India, per trovare un po’ di silenzio e cogliere il segreto di certi grandi spirituali che, per la lunga mortificazione del loro io inferiore, lasciano trasparire un amore (…) che impressiona tutti quelli che li avvicinano? E’ la reazione naturale al baccano del mondo, al chiasso che vive fuori e dentro di noi, che non lascia più spazio al silenzio per udire Dio. Ahimè! Ma occorre proprio andare in India, quando da duemila anni Cristo ti ha detto: “rinnega te stesso… rinnega te stesso…”? Non è del cristiano la vita comoda e tranquilla; e Cristo non ha chiesto e non ti chiede di meno, se lo vuoi seguire. Il mondo t’investe come un fiume in piena e tu devi camminare contro corrente. Il mondo per il cristiano è una fitta boscaglia nella quale bisogna vedere dove mettere i piedi. E dove vanno messi? In quelle orme che Cristo stesso ti ha segnato passando su questa terra: sono le sue parole. Oggi Egli ti ridice:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso…»
Ciò t’esporrà forse al disprezzo, alla incomprensione, agli scherni, alla calunnia; ciò t’isolerà, t’inviterà ad accettare di perdere la faccia, a lasciare un cristianesimo alla moda. Ma c’è di più:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua»
Che tu lo voglia o no, il dolore amareggia ogni esistenza. Anche la tua. E piccoli e grandi dolori arrivano tutti i giorni. Vuoi scansarli? Ti ribelli? Suscitano in te l’imprecazione? Non sei cristiano. Il cristiano ama la croce, ama il dolore, pur in mezzo alle lacrime, perché sa che hanno valore. Non per nulla fra gli innumerevoli mezzi che Dio aveva a sua disposizione per salvare l’umanità, ha scelto il dolore. Ma Lui – ricordatelo – dopo aver portato la croce ed esservi stato inchiodato, è risorto. La risurrezione è anche il tuo destino , se anziché disprezzare il dolore che ti procura la tua coerenza cristiana e quanto altro la vita ti manda, saprai accettarlo con amore. Sperimenterai allora che la croce è via, sin da questa terra, ad una gioia mai provata; la vita della tua anima comincerà a crescere: il regno di Dio in te acquisterà consistenza e fuori il mondo man mano scomparirà ai tuoi occhi e ti parrà di cartone. E non invidierai più nessuno. Allora ti potrai chiamare seguace di Cristo:
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua»
E, come Cristo che hai seguito, sarai luce e amore per le piaghe senza numero che lacerano l’umanità di oggi. Chiara Lubich (altro…)
Ott 29, 2008 | Spiritualità
Vivendo il momento presente, vivo tutto il Vangelo. Se la Scrittura insegna a far bene le piccole cose, questa è proprio la caratteristica di chi altro non fa, con tutto il cuore, che ciò che Dio gli chiede nel presente. Se uno vive nel presente Dio vive in lui e se Dio è in lui, in lui è la carità. Chi vive il presente è paziente, è perseverante, è mite, è povero di tutto, è puro, è misericordioso perché ha l’amore nella sua espressione più alta e genuina; ama veramente Dio con tutto il cuore, tutta l’anima, tutte le forze; è illuminato interiormente, è guidato dallo Spirito Santo e quindi non giudica, non pensa male, ama il prossimo come se stesso, ha la forza della pazzia evangelica di porgere l’altra guancia, di andare per due miglia… È nell’occasione spesso di dare a Cesare quel che è di Cesare perché in molti attimi presenti dovrà vivere pienamente la sua vita come cittadino… e così via. Chi vive il presente è nel Cristo Verità. E ciò sazia, sazia l’anima che sempre anela a possedere tutto in ogni attimo della sua vita. (da Essere tua Parola, Città Nuova Editrice – 2008 p. 51) (altro…)
Ott 18, 2008 | Chiesa
Fin dagli albori del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, insieme ad un piccolo gruppo di compagne, intraprendeva un cammino spirituale tracciato da una profonda riscoperta e vita del Vangelo. Effetto di questa vita fu la nascita di una comunità formata da quanti, venendo in contatto con loro, cominciavano a loro volta a vivere con impegno ed entusiasmo il Vangelo comunicandosene le molte sorprendenti esperienze. Ancora oggi la Parola di Dio occupa un posto centrale. Si sperimenta la Parola come una fonte di Dio (cf DV 7) cui abbeverarci, con cui nutrire l’anima, come con l’Eucaristia (cf DV 21). La consuetudine di comunicarsi reciprocamente le esperienze scaturite dalla vita della Parola contribuisce a suscitare una sempre più autentica evangelizzazione. Si può allora comprendere l’anelito di Chiara a lasciare a chi l’avrebbe seguita solo il Vangelo. “Ciò che resta e resterà sempre – ha detto – è il Vangelo, che non subisce l’usura del tempo” (…) “così, l’Opera di Maria rimarrà sulla terra veramente come altra Maria: tutto Vangelo, nient’altro che Vangelo, e, perché Vangelo, non morirà” (C. Lubich, Essere tua Parola, Roma p. 85).
Ott 13, 2008 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
I tre cappotti
Una mamma di New York ha tre bambini piccoli. E’ povera, e quell’inverno bisognava comprare i tre cappotti ai tre bambini, perché ormai erano consumati. Lei non ha soldi, ma attraverso il giornale vede che c’è un negozio che svende cappotti a prezzo minimo. Allora lei dice: bisogna che ne approfitti, entro oggi devo andare a comprare i tre cappotti per i bambini. Ma in quel momento la suocera – che viene solo di rado – telefona per fare una visita ai bimbi. Dapprima pensa: io dico che devo uscire. E subito dopo: ma Gesù riterrà fatto a sé quello che io dico a lei, perché c’è Gesù anche dietro di lei. Allora dimentica i cappotti, con grande dolore per i suoi bambini, e risponde al telefono: “Vieni pure.” Finalmente arriva, suona il campanello ed entra questa signora anziana con un grande pacco, va lì dai tre bambini e lo apre. Cosa conteneva? Tre cappotti, piccolini, per i bambini. E’ proprio Gesù che risponde.
Per un atto d’amore
Mentre faccio la passeggiata giornaliera, indicata dal medico, cerco di conoscere il quartiere dove risiedo da poco tempo: sono, infatti, il nuovo vescovo del posto. Alcuni giorni dopo, mi trovo a mettere un po’ d’ordine nella casa vescovile, cercando di far sì che essa esprima meglio Dio, che è bellezza. Trovo alcuni candelabri di bronzo che non vanno d’accordo col resto. Mi viene in mente un piccolissimo negozio di compravendita, scoperto durante le passeggiate. Penso che, data la difficile situazione economica dell’argentina, il suo proprietario possa trovarsi in gravi difficoltà, e vedo in lui Gesù. Chiedo alla segretaria di fare un pacco con i candelabri e consegnarli a quel signore con un bigliettino che dice: “Sono un piccolo dono del vescovo. Se riesce a venderli, la prego di dare i soldi ai poveri. Ma, se lei ne avesse bisogno, può tenerseli.” Nel pomeriggio improvvisamente viene al vescovado questo signore. Insiste che vuol vedermi. Quando ci troviamo di fronte mi dice: “Oggi volevo suicidarmi. Ma, quando è arrivata la sua segretaria, ho capito che io interessavo ancora a qualcuno, e ho cambiato idea. Mille grazie!” (Argentina)
Come i primi tempi
Un sabato mattina arriva una persona a farci una breve visita. Quando sta per uscire, sapendo che la sua famiglia ha tanti figli ed economicamente non va troppo bene, noi, focolarine, le abbiamo dato tutta la frutta che avevamo in casa: le nostre provviste per la settimana. Dopo un po’ arriva a visitarci un’altra famiglia che, essendo passata dal mercato, ci offre delle pere e mele fresche. Eravamo contente perché vi vedevamo il “date e vi sarà dato”. Nel pomeriggio, per fare un altro atto d’amore, avevamo promesso di andare ad una festa organizzata dalla comunità italiana del posto. Prima di arrivarvi però, abbiamo pensato di passare da un’altra famiglia bisognosa e di portare tutte le pere e le mele che avevamo ricevuto. Finita la festa, prima di partire, la famiglia che ci aveva invitato ci ha dato una scatola grande, piena di pere e mele del suo frutteto, di prima qualità, e in più un grandissimo cocomero. Eravamo felicissime, perché queste esperienze non succedevano soltanto ai primi tempi del Movimento, ma anche oggi. Il “date e vi sarà dato, una misura piena e traboccante vi sarà versata in grembo“, è di tutti i tempi. Pubblicato su I Fioretti di Chiara e dei Focolari, ed. San Paolo 2003