Mar 15, 2008 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura
L’universalità del messaggio di Chiara rimbalza fra le testate giornalistiche, i network e le varie agenzie: Chiara incarnazione di un «cristianesimo mite» (Osservatore Romano) che ha creato una «famiglia con i confini del mondo» (Il Sole 24 ore), scaturita «dalle macerie della guerra a un’umanità senza confini» (l’Unità). Sorprende la forza umana e spirituale che sgorga da colei che appare come «una piccola grande donna […] una protagonista della storia che propone un cristianesimo mite, aperto e solidale» (il Giornale). «Chiara Lubich, però, era un vulcano […] la sua testimonianza evangelica doveva essere declinata in ogni ambiente, per fare ritrovare tutti attorno al “focolare”. Il fuoco dell’amore per il prossimo la scaldava. Era il suo motore» (Il Messaggero). Un «Fuoco evangelico», un «Carisma fecondo» sottolinea l’Avvenire, mettendo in rilievo come l’ideale dell’unità rivelato da Chiara abbia tessuto legami di comunione con uomini e donne di diverse culture, confessioni e fedi religiose. «Una vita per gli altri. Una lunga esistenza spesa per intero a praticare il dialogo […] facendo tesoro del Vangelo e del testamento di Cristo. Chiara Lubich, una piccola, grande donna che ha sparso nel mondo il seme della fratellanza» (Corriere della Sera). Lei, una donna che imprime una svolta alla storia della cristianità e della civilizzazione umana con un contributo tipicamente femminile: «donna di un Dio appartato: un carisma femminile e silenzioso. Un’operosità che rifugge dagli scontri e dalle battaglie culturali […] un movimento per il quale vale davvero la massima per cui “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” […] così è avvenuto che la foresta crescesse e portasse frutti» (Il Foglio). Chiara, «una figura che con il suo genio femminile ha fatto del Magnificat mariano la Magna Charta di una “rivoluzione sociale” cristiana» (Il Mattino), e in tanti paragonano Chiara alle straordinarie figure della storia della spiritualità, al pari di Caterina da Siena – per esempio – Chiara è «donna minuta ma la sua divina avventura è radicata in 182 paesi» (Il Mattino), e ancora «Signora innamorata di Gesù […] che si dedicò instancabilmente al dialogo interreligioso» e che fece di «unità, pace e dialogo tra popoli e culture i tre pilastri del movimento nato dal desiderio di vivere quotidianamente il Vangelo» (Il Tempo). Chiara visse un’amicizia speciale con Giovanni Paolo II, al quale Chiara rappresentava «una delle forme del genio femminile, di cui amava tanto parlare» (La Stampa). La figura di Chiara è ricordata nella saldatura con la storia del Movimento dei focolari: «il suo è tra i movimenti più innovativi del mondo ecclesiastico […] nato quando Chiara scelse “Dio Amore” come proprio motto di vita» (la Padania). Ma Chiara non è solo i focolari ma «un faro nell’arcipelago dei movimenti ecclesiali laici contemporanei e delle nuove comunità che Giovanni Paolo II definì “dono dello Spirito e speranza per gli uomini» (Il Mattino). È impossibile separare la storia personale di Chiara con quella del movimento che da lei ha preso vita: «piovevano le bombe su Trento» e Chiara «cominciò a dire alle persone che impaurite la circondavano che però c’è l’Unico che nessuna bomba avrebbe fatto crollare, e ha continuato a insegnarlo a quanti, poi, l’hanno seguita» (Avvenire). «Chiara aveva scoperto Dio come l’unico ideale che rimane […] e aveva compreso che lo scopo della sua esistenza era quello di contribuire ad attuare le parole del testamento di Gesù “Che tuti siano una cosa sola”» (il Giornale). «In questa unità d’amore si sostanzia il programma e il carisma dei Focolari» (Avvenire). Il Vangelo vissuto da Chiara non è fatto per essere solo contemplato: in esso è vivo un disegno sociale che si pronuncia come rimedio efficace e storico alle lacerazioni del nostro vissuto: «Chiara Lubich, dalla parte dei poveri», è riuscita a «coniugare le ragioni della fede cristiana con quelle della solidarietà umana», «una donna coraggiosa, forte della sua fede, tra i poveri del mondo, la figlia di un tipografo socialista […] capace di costruire un grande movimento laico nella Chiesa cattolica con l’ambizione di realizzare l’unità» (l’Unità). Chiara «dà il via ad un movimento economico con il progetto dell’economia di comunione che ispira la gestione di oltre settecento aziende di produzione e servizi “for profit” nei cinque continenti, con la destinazione di parte degli utili ai meno abbienti. Si abbozzano le linee di una nuova economia capace di incidere sugli enormi squilibri tra ricchi e poveri» (Osservatore Romano). «La cultura del dare e la nascita di “Economia di comunione”, 800 imprese che nel mondo investono i profitti per aiutare i poveri e creare lavoro. O, in politica, il “Movimento per l’unità”, cui aderiscono tanti parlamentari» (Corriere della sera). «Santa Chiara», titola a grandi lettere Liberal, che ravvisa che Chiara «è stata come le montagne del suo Trentino: tutta protesa verso l’alto […] e questo le ha permesso di entrare in contatto con tutti: credenti non credenti, cristiani e musulmani, ricchi e poveri. Un dialogo che è una risposta attuale a questa nostra società lacerata»: «la Lubich una maestra del dialogo tra religioni» (la Repubblica) «che apre nel Movimento i dialoghi prospettati dal Concilio Vaticano II. Si riveleranno vie privilegiate per contribuire a comporre in unità la famiglia umana. Si sviluppa il dialogo a tutto campo che mira ad approfondire la comunione, a sanare le divisioni e a suscitare la fraternità» (Osservatore Romano). Le biografie di Chiara che si moltiplicano in queste ore sulle pagine dei quotidiani più importanti rivelano tutte come la sua storia sia inestricabilmente connessa con la spiritualità che in lei si è rivelata: «questa corrente di spiritualità di amore si rivela sempre più universale, perché l’amore e l’unità che sono al cuore sono iscritti nel Dna di ogni uomo. È da questa vita nuova vissuta da persone di ogni età, categoria sociale, cultura, razza e credo che dà vita a un movimento di rinnovamento spirituale e sociale a dimensione mondiale, il Movimento dei Focolari di cui Chiara sarà la guida. Continuamente vi imprimerà nuovo sviluppo, con l’unico obiettivo di contribuire a comporre in unità nella fraternità la famiglia umana, secondo quel progetto divino iscritto nel Vangelo» (Osservatore Romano).
Mar 14, 2008 | Chiara Lubich, Spiritualità
Chiara Lubich: Il Testamento di Gesù
da «Città Nuova» del 15 dicembre 1959
«Che tutti siano uno»
Se hai l’avventura di portarti in Terra Santa, verso primavera, fra le mille cose che Gerusalemme ti offre alla contemplazione e alla meditazione, una ti colpisce in modo singolare, per quanto ricorda nella sua estrema semplicità. Resistita al tempo e lavata dalle intemperie di duemila anni, una lunga scala di pietra, puntualizzata qua e là di papaveri, rosseggianti come il sangue della Passione, si spiega, quasi un nastro increspato, discendente, limpida e solenne verso la valle del Cedron. E’ rimasta nuda all’aperto, costeggiata da una cornice di prato, quasicché nessuna volta di tempio potesse sostituire il cielo che l’incorona. Di là – la tradizione racconta – Gesù discese quell’ultima sera, dopo la cena, quando, «alzati gli occhi al cielo» gonfio di stelle, ebbe a pregare: «Padre, l’ora è venuta…». Fa impressione metter i propri piedi dove i piedi d’un Dio hanno toccato e tutta l’anima t’esce dagli occhi guardando la volta celeste che occhi d’un Dio hanno guardato. E tale può essere lì l’impressione che la meditazione ti fissa in adorazione. Fu una preghiera unica la Sua prima di morire. E quanto più splende Dio questo «Figlio dell’uomo», che tu adori, tanto più lo senti uomo e t’innamora. Il Suo è un discorso che solo il Padre comprese appieno, eppure lo fece a voce dispiegata, forse perché anche a noi arrivasse un’eco di tanta melodia. 1943. Non si sa perché, ma certo fu così, che quasi ogni sera, radunate le prime focolarine fra loro in cerca dell’amor di Dio, al lume di candela – perché la luce spesso mancava – leggevano quel brano. Era la magna carta del cristiano. Di lì parole ignote a loro brillarono come soli nella notte: notte d’un tempo di guerra. Gesù aveva per tre anni parlato spesso agli uomini: aveva detto parole di Cielo, aveva seminato nelle dure cervici, aveva annunziato un programma di pace, ma aveva offerto il Suo divino patrimonio adattandosi quasi alla mente dei suoi, e le parabole ne sono una testimonianza. Ma ora che non parla alla terra, e la Sua voce è rivolta al Padre, sembra non frenare più la Sua foga. E’ splendido quell’Uomo, che è Dio, e versa – come fontana fluente di Vita Eterna – Acqua che inabissa l’anima del cristiano, perduta in Lui, nei mari sconfinati della Trinità beata. E bello come Lui appariva quell’ultimo discorso: «Io prego per loro, non prego per il mondo… Conserva nel Tuo Nome coloro che mi hai dato affinché siano uno come siamo noi». Esser uno come Gesù è uno col Padre: ma che significava? Non si capiva troppo, ma si comprendeva che doveva essere una grande cosa. Fu per questo che, unite un giorno nel Nome di Gesù, strette attorno ad un altare, chiedemmo a Lui d’insegnarci a vivere questa verità. Egli sapeva che significasse ed Egli solo ci avrebbe potuto aprire il segreto per realizzarla. «… Ma ora io vengo a Te affinché abbiano in sé la pienezza del gaudio». Per quella breve esperienza d’unità che avevamo fatto non s’era forse sperimentata una «nuova» gioia? Era forse quella di cui Gesù parlava? Certo che la gioia è il vestito del cristiano e dentro di noi Qualcuno ci faceva intendere che, per chi segue Cristo, la gioia è un dovere, perché Dio ama l’ilare donatore. «Non domando che Tu li tolga dal mondo, ma che li preservi dal male». Affascinante e nuova – almeno per noi – questa vita: vivere nel mondo, che tutti sanno in antitesi con Dio, e vivervi per Dio in un’avventura celeste… «Santificali nella verità. E prego non solamente per essi, ma anche per quelli che, mediante la loro parola, crederanno in me, affinché siano tutti uno». Ma che cristianesimo avevamo vissuto prima, se eravamo passati accanto l’uno all’altro con indifferenza se non con disprezzo e giudicandoci, quando il nostro destino era fonderci nell’unità invocata da Cristo? Con questi accenti ci sembrava che Gesù gettasse un laccio al Cielo e legasse noi membra sparse, in unità – per Lui – col Padre, e in unità fra noi. E il Corpo mistico si spiegava a noi in tutta la sua realtà, verità e bellezza. «Come Tu, Padre, sei in Me e io in Te, che anch’essi siano uno in noi». Come Gesù è uno col Padre così ognuno di noi avrebbe dovuto essere uno con Gesù e, di conseguenza, uno con gli altri: era un modo di vivere a cui poco o nulla noi prima avevamo pensato: un modo di vivere «alla Trinità»… «Affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato». La conversione del mondo che ci circondava sarebbe stata la conseguenza della nostra unità. Era forse per questo che, sin dal primo sorgere del Movimento, molte anime tornavano a Dio, senza che noi ci fossimo curate di convertirle, ma solo di mantenere l’unità fra noi e di amarle in Cristo. «…Io ho dato loro la gloria che Tu hai dato a Me affinché siano perfetti nell’unità e il mondo riconosca che Tu mi hai mandato…». Gli uomini avrebbero creduto a Cristo se noi fossimo stati perfetti nell’unità. Ci si doveva dunque perfezionare in questa vita. Avremmo dovuto posporre ogni cosa all’unità. 1943 era stato anche l’anno della Mystici Corporis: Cristo nel Papa Pio XII riecheggiava il Suo Testamento. Che Gesù, il quale vive nel suo Capo e nel suo Corpo, abbia spinto anche noi a sottolineare l’esigenza dell’unità e a farne un dono a tanti? Unità, unità, tutti uno! In tempi in cui l’idea fondamentale del Cristo stava divenendo, deformata e depauperata del divino, l’idea-forza della rivoluzione atea, Dio aveva voluto forse sottolinearcela nel Vangelo. Non si sa. Si sa solo che il Movimento dei Focolari ebbe quel timbro inconfondibile e che per noi niente ha più valore dell’unità: perché formò il soggetto del Testamento di Colui che vogliamo amare sopra ogni cosa; perché dall’esperienza fin qui avuta essa è ricchissima e fecondissima di frutti per il Regno di Dio, per la Sua Chiesa. «Io ho fatto loro conoscere il Tuo Nome e lo farò conoscere affinché l’amore con cui Mi hai amato sia in essi ed Io in loro». Gesù dopo aver dette queste cose uscì coi suoi discepoli oltre il torrente Cedron… (altro…)
Mar 13, 2008 | Chiara Lubich
In un clima sereno, di preghiera e di intensa commozione, Chiara Lubich ha concluso a 88 anni il suo viaggio terreno questa notte, 14 marzo 2008, alle ore 2 nella sua abitazione di Rocca di Papa (Roma), dove in nottata di ieri era rientrata per sua espressa volontà dopo il ricovero al Policlinico Gemelli. Per tutta la giornata, ieri, centinaia di persone – parenti, stretti collaboratori e suoi figli spirituali – sono passati nella sua stanza, per rivolgerle l’ultimo saluto, per poi fermarsi in raccoglimento nell’attigua cappella, sostando poi a lungo attorno alla casa in preghiera. Una ininterrotta e spontanea processione. A taluni Chiara ha potuto anche fare cenni d’intesa, nonostante l’estrema debolezza. Continuano a giungere dal mondo intero messaggi di partecipazione e di condivisione da parte di leader religiosi, politici, accademici e civili, e da tanta gente del “suo” popolo. (altro…)
Mar 13, 2008 | Chiara Lubich
«Ho appreso con profonda emozione la notizia della pia morte della signorina Chiara Lubich, sopraggiunta al termine di una lunga e feconda vita segnata instancabilmente dal suo amore per Gesù abbandonato. In quest’ora di doloroso distacco sono spiritualmente vicino con affetto, ai familiari e all’intera Opera di Maria-Movimento dei Focolari che da lei ha avuto origine, come pure a quanti hanno apprezzato il suo impegno costante per la comunione nella Chiesa, per il dialogo ecumenico e la fratellanza tra tutti i popoli. Ringrazio il Signore per la testimonianza della sua esistenza spesa nell’ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo in piena fedeltà alla Chiesa e al Papa e mentre ne affido l’anima alla divina bontà affinché la accolga nel seno del Padre auspico che quanti l’hanno conosciuta e incontrata, ammirando le meraviglie che Dio ha compiuto attraverso il suo ardore missionario, ne seguano le orme mantenendone vivo il carisma. Con tali voti invoco la materna intercessione di Maria e volentieri imparto a tutti la benedizione apostolica». Benedictus XVI
Mar 13, 2008 | Chiara Lubich
“Ho appreso con profonda emozione la notizia della morte di Chiara, sopraggiunta al termine di una lunga e feconda vita segnata instancabilmente dal suo amore per Gesù abbandonato”. Così inizia il telegramma a firma di Papa Benedetto XVI giunto questa mattina. “In quest’ora di doloroso distacco”, il Santo Padre assicura la sua spirituale vicinanza “con affetto”, “ai familiari e all’intera Opera di Maria-Movimento dei Focolari che da lei ha avuto origine, come pure a quanti hanno apprezzato il suo impegno costante per la comunione nella Chiesa, per il dialogo ecumenico e la fratellanza fra tutti i popoli”. Il Papa ringrazia il Signore “per la testimonianza della sua esistenza spesa nell’ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo in piena fedeltà alla Chiesa e al Papa”. Benedetto XVI esprime l’auspicio che “quanti l’hanno conosciuta e incontrata, ammirando le meraviglie che Dio ha compiuto attraverso il suo ardore missionario, ne seguano le orme mantenendone vivo il carisma”. Il Papa conclude invocando “la materna intercessione di Maria” e impartendo “a tutti” la sua benedizione apostolica. L’ultimo saluto a Chiara Lubich avrà luogo martedì 18 marzo alle ore 15 nella Basilica romana di San Paolo Fuori le Mura. La cerimonia sarà presieduta dal cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Sarà trasmessa in diretta via internet e via satellite. Per tutta la mattina c’è stato un continuo flusso di visite nella sua abitazione. La camera ardente sarà allestita questo pomeriggio, a partire dalle ore 16 sino a martedì alle ore 11, presso il Centro internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa (via Frascati 306). Sarà sepolta nella Cappella del Centro Internazionale del Movimento a Rocca di Papa. A Trento il sindaco Alberto Pacher ha proclamato il lutto cittadino.
Mar 12, 2008 | Chiara Lubich
Da giorni Chiara Lubich aveva espresso il desiderio di “tornare a casa”. Ieri sera è stata presa questa decisione. Dal Policlinico Gemelli dove era ricoverata per una insufficienza respiratoria che poi si è rivelata grave, è rientrata nella sua abitazione a Rocca di Papa. Come ha dichiarato il prof. Salvatore Valente, titolare della cattedra di Pneumologia del Policlinico Universitario: “Per suo espresso desiderio Chiara Lubich è stata portata a casa”. E assicura: “Continua a ricevere tutti i supporti farmacologici e ventilatori necessari. Purtroppo – aggiunge – allo stato attuale non si rileva alcuna risposta al trattamento applicato”. Sino a ieri pomeriggio Chiara è stata informata dalla sua segretaria personale, Eli Folonari, della corrispondenza arrivata. Questa mattina ha voluto salutare i e le focolarine che con lei hanno dato inizio al Movimento. Chiara continua a ispirare grande serenità. Due giorni or sono ha confidato di aver avvertito la presenza spirituale di Maria. Chiara ha vissuto tutta la vita in profonda comunione con lei. L’Opera da lei fondata infatti porta il nome di Opera di Maria, il nome con cui è stato approvato dalla Chiesa il Movimento dei Focolari. Questi momenti sono accompagnati dall’intensa comunione e continua preghiera di tutto il movimento nel mondo. Si associano anche Andrea Riccardi e Salvatore Martinez che assicurano preghiere della Comunità di Sant’Egidio e del Rinnovamento nello Spirito. (altro…)
Mar 11, 2008 | Chiara Lubich
Tutto il movimento, anche gli amici ebrei, musulmani, buddisti e indù, e senza un riferimento religioso, si stringono intorno a Chiara ricoverata al Policlinico Gemelli di Roma, intensificando comunione ed iniziative di preghiera. Chiara vi si era recata per un check up programmato nel febbraio scorso. Sono poi sopravvenute difficoltà respiratorie. Come informa il prof. Salvatore Valente, titolare della cattedra di Pneumologia del Policlinico Universitario: “Persiste la condizione di insufficienza respiratoria grave che richiede ancora l’applicazione di un supporto ventilatorio. Al momento non si riscontra la tendenza al recupero di un’autonomia respiratoria adeguata”. Ciononostante Chiara continua a seguire la vita del Movimento. Con grande gioia, nei giorni scorsi ha ricevuto una lettera personale di Papa Benedetto XVI. Si legge: “Sono a conoscenza della prova che sta vivendo e desidero farle giungere in questo momento difficile l’assicurazione del mio ricordo nella preghiera, affinché il Signore le dia sollievo nel fisico, conforto nello spirito e, mostrandole i segni della sua benevolenza, le faccia sperimentare il valore redentivo della sofferenza vissuta in profonda comunione con lui. Con questo auspicio le imparto una speciale benedizione”.
A sorpresa poi, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a Roma in occasione della suo incontro in Vaticano con il Papa, ha voluto far visita a Chiara. Cordialissimo, si è intrattenuto con lei in un momento ricco di spiritualità e di profonda comunione. Al termine ha dichiarato: «Ho voluto venire qui per portare il saluto mio personale e del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli alla carissima Chiara Lubich, che tanto ha dato e dà con la sua vita alla Chiesa intera. Le ho pure impartito con riconoscenza la mia benedizione. Sono felice di averla incontrata». I rapporti tra Chiara Lubich e il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli risalgono a oltre 40 anni fa, al tempo del Patriarca Athenagora I. Nei giorni scorsi Chiara ha ricevuto in visita anche il card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga e il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio.
Mar 5, 2008 | Spiritualità
Questo pensiero di Chiara Lubich è tratto da una lettera del dicembre 1959 in cui lanciava la proposta di vivere nel quotidiano, ogni mese, una frase del Vangelo: la Parola di vita. Una pratica attuata da Chiara e dai primi focolarini sin dagli inizi, quando, per la luce del carisma, le parole del Vangelo sono apparse loro “uniche, affascinanti, scultoree”, parole che tutti possono tradurre in vita. “Gesù, come dimostra il Vangelo, ha un modo di ragionare, di amare, di volere tutto Suo, unico, e talmente superiore al modo di vivere anche di noi cristiani, che per tutti i tempi Egli saprà far cavare dal Vangelo «qualcosa» che servirà all’umanità di quell’epoca e di secolo in secolo quel «qualcosa» apparirà talmente nuovo e rivoluzionario da sembrare prima quasi ignorato. Ora questo modo di vivere di Gesù vogliamo farlo nostro. E niente appare più opportuno per raggiungere lo scopo di risciacquare, di tempo in tempo, l’anima nostra nel Vangelo. Ne conseguirà che verremo ad assomigliare sempre più a Gesù. Siamo certi che Dio gradirà il nostro sforzo e siamo felici pensando che in tanta notte che oscura il mondo, in tanta confusione nulla potrà risultare più efficace di riportare la luce evangelica viva in noi e attorno a noi. Se Dio ha parlato in Gesù dobbiamo aver fede che quelle Parole contengono il fuoco da Lui menzionato.
Feb 28, 2008 | Parola di Vita
Ecco una meravigliosa parola di Gesù che ogni cristiano può, in certo modo, ripetere per se stesso e che, se praticata, è in grado di condurlo assai lontano nel Santo Viaggio della vita.
Gesù, seduto presso il pozzo di Giacobbe, in Samaria, sta concludendo il suo colloquio con la Samaritana. I discepoli, tornati dalla vicina città, dove sono andati a fare provviste, si meravigliano che il Maestro stia parlando con una donna, ma nessuno gli chiede perché lo faccia e, partita la Samaritana, lo sollecitano a mangiare. Gesù intuisce i loro pensieri e spiega loro ciò che lo muove, rispondendo: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”. I discepoli non capiscono: pensano al cibo materiale e si domandano l’un l’altro se qualcuno, durante la loro assenza, ne abbia portato al Maestro. Gesù allora dice apertamente:
“Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”.
Di cibo si ha bisogno ogni giorno per mantenersi in vita. Gesù non lo nega. E qui parla proprio di cibo, quindi della sua naturale necessità, ma lo fa per affermare l’esistenza e l’esigenza di un altro cibo, di un cibo più importante, di cui Egli non può fare a meno.
Gesù è disceso dal Cielo per fare la volontà di Colui che lo ha mandato e compiere la sua opera. Non ha pensieri e progetti suoi ma quelli del Padre suo, le parole che dice e le opere che compie sono quelle del Padre; non fa la propria volontà ma quella di Colui che lo ha mandato. Questa è la vita di Gesù. Attuare ciò sazia la sua fame. Così facendo, si nutre.
La piena adesione alla volontà del Padre caratterizza tutta la sua vita, fino alla morte di croce, dove porterà veramente a termine l’opera che il Padre gli ha affidato.
“Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”.
Gesù considera suo cibo fare la volontà del Padre, perché, attuandola, “assimilandola”, “mangiandola”, identificandosi con essa, da essa riceve la Vita.
E qual è la volontà del Padre, l’opera sua, che Gesù deve portare a compimento? E’ dare all’uomo la salvezza, dargli la Vita che non muore.
E un germe di questa Vita, Gesù, poco prima, col suo colloquio e col suo amore l’ha comunicato alla Samaritana. Presto, infatti, i discepoli vedranno questa Vita germogliare ed estendersi perché la Samaritana comunicherà la ricchezza scoperta e ricevuta ad altri samaritani: “Venite a vedere un uomo… che sia il Messia?”
E Gesù, parlando alla Samaritana, svela il piano di Dio che è Padre: che tutti gli uomini ricevano il dono della sua vita. E’ questa l’opera che a Gesù urge di compiere, per affidarla poi ai suoi discepoli, alla Chiesa.
“Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”.
Possiamo vivere anche noi questa Parola così tipica di Gesù, sì da riflettere in modo tutto particolare il suo essere, la sua missione, il suo zelo?
Certamente! Occorrerà vivere anche noi il nostro essere figli del Padre per la Vita che Cristo ci ha comunicato, e nutrire così la nostra vita della sua volontà.
Lo possiamo fare adempiendo momento per momento ciò che Lui vuole da noi, compiendolo in modo perfetto, come non avessimo altro da fare. Dio, infatti, non vuole di più.
Cibiamoci allora di ciò che Dio vuole da noi attimo dopo attimo e sperimenteremo che fare in questo modo ci sazia: ci dà pace, gioia, felicità, ci dà un anticipo – non è esagerato dirlo – di beatitudine.
Concorreremo con Gesù così anche noi, giorno per giorno, a compiere l’opera del Padre.
Sarà il modo migliore per vivere la Pasqua.
Chiara Lubich
Feb 28, 2008 | Chiesa
Il messaggio evangelico può diventare “forza trasformante e umanizzante in aree di crisi”. A testimoniarlo sono stati alcuni dei Vescovi provenienti da tutto il mondo e riuniti da domenica scorsa, 24 febbraio, fino a venerdì 29, presso il Centro Mariapoli di Castelgandolfo. Circa 90 tra Vescovi e Cardinali di 42 nazioni hanno partecipato infatti al 32° Convegno internazionale dei Vescovi amici del Movimento dei Focolari che quest’anno ha come tema: “La Parola è viva: persone, ambienti e strutture che si trasformano”. Mercoledì scorso, dopo aver partecipato all’Udienza generale del Papa, alcuni Vescovi, in rappresentanza delle diverse aree geografiche, sono intervenuti ad una conferenza stampa presso la sede della Federazione della Stampa italiana. Nel prendere la parola, il Cardinale Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, ha detto che “dalle molte testimonianze abbiamo potuto costatare come la Parola rinnova la vita delle famiglie, dei giovani, delle parrocchie, un rinnovamento profondo nella comunione”. “Ci siamo rafforzati nella convinzione che la testimonianza alla Parola di Dio, ascoltata, vissuta, incarnata nella vita, lo scambio di esperienze suscitate dalla Parola è una via importantissima per l‘evangelizzazione oggi”. “La gente non vuol sentire solo parlare di Gesù, ma vuole vederlo – come ha scritto Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte -. E i Movimenti in qualche modo fanno ‘vedere’, fanno toccare con mano la presenza del Signore, la potenza della sua parola che è creatrice di vita nuova”. Dal canto suo, l’Arcivescovo di Palmas (Brasile), monsignor Alberto Taveira Corrêa, ha posto l’accento sull’importanza del dialogo e sulle sette, sottolineando che su questo fronte “l’impegno è duplice: formare i singoli cristiani alla vita del Vangelo e costruire rapporti anche con le persone che seguono questi gruppi, cercando di stabilire un dialogo”. L’Arcivescovo emerito di Bamenda (Camerun), monsignor Paul Verzekov, ha invece testimoniato l’impegno della Chiesa nella difficile opera di riconciliazione, tanto che “in ben 4 Paesi (Togo, Benin, Congo e Repubblica Democratica del Congo) – ha raccontato –, su richiesta del popolo, e con l’autorizzazione della Santa Sede, le commissioni nazionali per la mediazione e riconciliazione, sono presieduti da Vescovi cattolici, senza nessuna intenzione di sostituirsi ai governi”. Monsignor Verzekov ha poi fatto cenno all’azione pacificatrice di movimenti e comunità, come la comunità di Sant’Egidio in Mozambico e a quella che porta avanti il movimento dei Focolari, diffuso in tutto il continente, grazie “all’impegno a vivere nel quotidiano il Vangelo”. A questo punto ha citato la vasta azione di evangelizzazione portata avanti dagli stessi capi-tribù a Fontem e in altri villaggi, col coinvolgimento del popolo e i frutti di riconciliazione e di pacifica convivenza che si riscontrano in queste aree del suo Paese. A parlare della grave situazione politica e religiosa attraversata dal Libano, è stato il Vescovo maronita di Baalbek, monsignor Simon Atallah, il quale ha detto che “mentre, proprio i giovani avevano creduto che fossero le armi ad aprire vie di speranza al Paese, ora giovani, sia musulmani che cristiani, stanno scoprendo che la vera forza è soprattutto nella religione. Hanno visto che non c’speranza, né nelle armi, né nella politica”. “Importante – ha detto – è accompagnare la gente a leggere alla luce della Parola gli avvenimenti, a saper trovare nella religione non l’odio dell’altro, ma l’amore dell’altro”. Successivamente ha parlato di riscoperta del Vangelo e del Corano, di incontri tra giovani delle due religioni ed ha citato il movimento “Attese della gioventù” che raggruppa cristiani e musulmani con incontri anche di più di 1000 giovani: “insieme leggono le parole del Vangelo e del Corano sulla solidarietà, sulla fratellanza, l’amore del prossimo”.
Sulle crescenti persecuzioni nei confronti dei cristiani in India e in special modo nello Stato dell’Orissa, l’Arcivescovo di Delhi, monsignor Vincent Michael Concessao, ha detto che “non possiamo colpevolizzare gli indù, ma solo certe forze violente, che del resto sono presenti in tutte le religioni. Purtroppo i partiti politici stanno usando le religioni e questi gruppi per i loro scopi”. “Si stanno ostacolando le conversioni, perché si crede avvengano attraverso la forza o ad incentivi disonesti – ha continuato –. Abbiamo discusso questo problema nelle conferenze episcopali e stiamo cercando di capire come rispondere”. “In questo contesto, partecipare a questo incontro di Vescovi, mi rafforza nella convinzione che la risposta a tutti i problemi è l’amore, è la forza più potente, perché è partecipazione alla vita stessa di Dio che è amore”. E “queste atrocità contro i cristiani – ha aggiunto – sono una nuova opportunità di testimoniare l’amore cristiano, l’amore ai nemici”. Di speranza ha parlato anche il Cardinale Miloslav Vlk, Arcivescovo di Praga e moderatore del Convegno: “Per me questi incontri sono un rafforzamento nella speranza, soprattutto spalancano un orizzonte mondiale e già si intravede attuato quanto è scritto nell’Apocalisse: ‘Ecco io faccio nuove tutte le cose. Già appaiono i germogli, non lo vedete?’”. Il Cardinale ha poi dato testimonianza di questa speranza, raccontando degli anni a partire dal 1952, da quando cioè, una volta terminati gli esami di maturità, si vide preclusa ogni possibilità perché non faceva parte della gioventù comunista, e di come venne illuminato dalla Parola: “Sottomettetevi alla potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno”. Da allora molte porte si sono aperte: “La Parola di Dio si realizza sempre. Questa è la mia grande speranza, anzi è una sicurezza che mi ha accompagnato tutta la vita”, ha concluso. Dall’Agenzia ZENIT del 28 febbraio 2008 (altro…)