Movimento dei Focolari
Diffondere una mentalità solidale, valorizzare le risorse

Diffondere una mentalità solidale, valorizzare le risorse

In una delle regioni più povere del Nordest brasiliano, afflitta da grande siccità, è stato dato il via ad un progetto di sviluppo che prevede la costruzione di infrastrutture, interventi di educazione alla salute, informazione su metodi di coltivazione, valorizzazione delle risorse e d’irrigazione. L’aspetto più innovativo è illustrato dal prof. Luigino Bruni, tra i responsabili del progetto: «I contadini devono scoprire le proprie risorse e i propri talenti: imparano a condividere le scoperte, le abilità, i progressi, e mettere in comune anche i benefici che questo percorso porta loro. Se la comunione non diventa cultura non c’è speranza che il problema sociale possa un giorno essere risolto». Con l’obiettivo di raggiungere 4 milioni di contadini nei 180 comuni del semi-arido, il progetto governativo Sertão vivo, inaugurato ufficialmente nel luglio scorso, è il risultato della collaborazione tra il governo del Ceará, la Comunità Shalom, e l’esperienza dell’Economia di Comunione, nata proprio in Brasile 15 anni fa, per iniziativa di Chiara Lubich. Lo Stato del Cearà, appena sotto la linea dell’equatore, ha 7 milioni di abitanti, un reddito di gran lunga inferiore a quello nazionale, ed un elevato tasso di disoccupazione, mortalità infantile, analfabetismo. Sviluppi futuri – Dopo il primo corso di Economia umana e reciprocità, e l’apertura, nel giugno 2005, di un centro di animazione culturale gestito dai tre Enti, il futuro prevede due corsi di Economia all’anno, rivolto ai formatori, e poi studi sul territorio attraverso la collaborazione delle università e l’offerta di borse di studio. La direzione scientifica del progetto è affidata a Emmir Nogueira, confondatrice di Shalom, e a Luigino Bruni, docente di economia all’università Bicocca di Milano (Italia) e responsabile della Commissione internazionale dell’Economia di Comunione. (da articolo su “Il Regno” N. 2/2006) (altro…)

Attenzione globale alla persona, e non solo assistenza

Attenzione globale alla persona, e non solo assistenza

Ayubu ha 42 anni e vive ad Akum, in Camerun. Confeziona borse di rafia, una tipica attività artigianale nel suo villaggio: «Quando mi hanno detto che avevo l’Aids camminavo come un uomo morto. Ero due persone allo stesso tempo: una era già morta, l’altra il corpo che si muoveva. Mi hanno invitato al Club. Ero sorpreso a vedere tanta gente nelle mie stesse condizioni che rideva e parlava normalmente. Poco a poco sono tornato alla vita: non ero più due, ma uno. Sono tornato ad essere un uomo vivente. Anche le mie borse si vendono e sto imparando a lavorare la ceramica». Il “Club” al quale Ayubu si riferisce è uno dei gruppi di sostegno per i malati di Aids realizzati dal Movimento dei Focolari in Nigeria, Camerun, Kenya e Repubblica Democratica del Congo. Attraverso la rete dei “Club” in diversi distretti, si offre un approccio globale alla persona, per sostenere i pazienti, le loro famiglie, le persone a rischio. Il progetto è divenuto parte del progetto ONU, e i risultati raggiunti, cioè la costituzione in ogni comunità locale di una rete di solidarietà sociale in espansione che si autopromuove, con costi di intervento bassissimi, sono stati presentati alla XIV Conferenza mondiale sull’AIDS (Barcellona, 7-12 luglio 2002) e sono pubblicati negli Atti tra gli “Interventi e programmi di miglioramento”. Come nasce l’idea – Il progetto è iniziato nel 1992, in un ospedale di una missione in Nigeria, sotto la guida di due medici e una suora; insieme si resero conto che per controllare la diffusione del virus ed evitare l’emarginazione degli ammalati, non è sufficiente seguire il protocollo ospedaliero per il trattamento dei malati di Aids. Occorre, infatti, anche la collaborazione tra operatori sanitari, membri della famiglia, insegnanti, autorità locali, guaritori tradizionali, per costruire un senso di fraternità e una cultura di accettazione verso le persone sieropositive. La testimonianza di uno degli iniziatori, il medico spagnolo Fernando Rico Gonzàles: «Per diverse ragioni, specie per carenza di formazione e di conoscenza, le persone sieropositive spesso rifiutano di accettare la loro diagnosi. Mi sono sentito interpellato dalla sofferenza profonda e senza speranza che ho incontrato in molti. Ho cominciato allora a parlare di questo ai miei pazienti e a chieder loro se erano contenti di trovarsi insieme ad altre persone con gli stessi problemi, per aiutarsi reciprocamente». Dalla Nigeria l’esperienza si è ripetuta in altri Paesi africani. Ad esempio oggi sono circa un centinaio le persone associate ai due club di Akum e Bali, in Camerun. Una ventina di loro sono bambini. Altre persone gravemente malate vengono curate e visitate a casa. Questi “club” sono sostenuti dall’ong Azione per un Mondo Unito (AMU). Per questo progetto sono stati raccolti sinora € 16.048,24. Il preventivo di spese annuale si aggira sui 18.600 €. La causale di versamento all’AMU – Azione per un Mondo Unito è “Progetto Bamenda”. (da Amu Notizie 1/2004 – 2/2005 – 4/2005 e Living City 5/2005) (altro…)

Intervista della Radio Vaticana all’Arcivescovo Mons. Rylko

D. – Qual è la realtà dei Movimenti ecclesiali in America Latina? R. – La presenza dei Movimenti ecclesiali e delle nuove comunità in America Latina è molto forte. Oltre ai grandi Movimenti internazionali come il Rinnovamento nello Spirito, i Focolarini, il Cammino Neocatecumenale, ci sono delle realtà nate proprio in America Latina, come ad esempio il Movimento di vita cristiana, nato in Perù, la comunità Shalom, nata in Brasile, tutte e due ormai di carattere internazionale. E’ un segno di forte vitalità missionaria della Chiesa latino-americana. Il Congresso sarà una buona occasione per un rendimento di grazie per i frutti preziosi di santità e di slancio missionario che i Movimenti e le nuove comunità generano in quel grande continente. D. – Questi Movimenti cosa possono dare specificatamente alla Chiesa latino-americana? R. – I Movimenti e le nuove comunità, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, e oggi ci insegna Benedetto XVI, portano nella Chiesa uno slancio missionario molto forte. Hanno una incredibile fantasia e coraggio missionario. Offrono anche degli ambienti educativi di grande forza persuasiva in cui si formano veri discepoli di Cristo. Formazione e annuncio sono due grandi sfide che deve affrontare la Chiesa nei nostri giorni. D. – Un argomento delicato è come armonizzare carismi e Istituzione … R. – Papa Giovanni Paolo II ci ha insegnato che l’istituzione e il carisma non sono contrapposti, ma sono co-essenziali nella vita della Chiesa. Papa Benedetto XVI ha ribadito che il rapporto tra il carisma e l’istituzione non si risolve mediante una semplice dialettica dei principi, perché il carisma ha bisogno dell’istituzione per essere confermato, per durare nel tempo. Dall’altra parte l’istituzione ha bisogno del carisma per non perdere l’anima. Non c’è, dunque, una contrapposizione, ma una organica complementarità. Come armonizzare queste due dimensioni della Chiesa? Giovanni Paolo II ha indicato una strada maestra: che i movimenti sappiano inserirsi con umiltà, diceva il Papa, nel vivo tessuto delle Chiese locali, con spirito di servizio, di collaborazione, e che i pastori li sappiano accogliere con cordialità e accompagnarli con amore paterno. D. – In America Latina c’è purtroppo il fenomeno delle sette … R. – Infatti, il fenomeno della diffusione delle sette costituisce una delle grandi sfide della Chiesa in America Latina. La forza delle sette sta nelle piccole comunità e in un calore umano molto forte che sanno generare. Ecco, dunque, i Movimenti e le nuove comunità, che sono proprio una risposta provvidenziale ad una tale sfida. Una volta il cardinale Ratzinger, futuro Papa, ha detto che i Movimenti, grazie a quella rete di piccole comunità che creano, permettono ai fedeli di sentirsi nella Chiesa come a casa propria, senza formare però un ghetto chiuso; al contrario, coltivando un’apertura universale, fino ai confini della terra. Ecco, dunque, la risposta dei Movimenti alla sfida delle sette: le piccole comunità. (altro…)

Un atto di verità … e gli opposti si riconciliano

Sono avvocato di un Comune. Per il trasferimento imprevisto del segretario comunale ho dovuto svolgere anche le funzioni di segretario generale dello stesso Comune. E’ stato un periodo di più intenso impegno lavorativo, anche per la diversità dei ruoli che mi trovavo a ricoprire. Durante un Consiglio comunale, a seguito di un’animata disputa tra i consiglieri, il gruppo di minoranza abbandona l’aula, facendo così venir meno il numero legale per la validità della seduta. In quel momento stava parlando un consigliere di maggioranza. Faccio notare la mancanza del numero legale, come da regolamento, al Presidente del Consiglio comunale, che, concorde con i miei rilievi, lo comunica all’assemblea, ma il capogruppo di maggioranza, adducendo argomentazioni contrarie, continua a parlare, nella speranza che arrivi qualche consigliere di maggioranza per ripristinare il numero legale; cosa che si verifica poco dopo. Il Consiglio prosegue i lavori, con i soli consiglieri di maggioranza e si conclude senza alcuna opposizione. Nei giorni successivi lavoro a lungo alla stesura del verbale. Relativamente alla delibera in cui era mancato il numero legale mi interrogo con sofferenza su cosa scrivere e come far emergere la verità senza procurare problemi maggiori al Consiglio stesso. Studio intensamente per una settimana, esaminando precedenti simili, leggendo pareri legali, consultando colleghi, lo stesso segretario trasferito che mi è stato di grande aiuto. Tutti gli studi e approfondimenti si fermano però davanti a un punto fondamentale: in verità, sia pure per pochi minuti, il numero legale dei consiglieri è venuto meno. E’ costante la mia ricerca interiore sulla strada da percorrere: attestare la verità voleva dire mettermi contro la maggioranza consiliare; non dire nulla sul punto significava non dire la verità. Fra l’altro, mentre mi chiedevo come agire, uno dei consiglieri di maggioranza, si è recato presso gli uffici della segreteria generale, “suggerendo” al responsabile del servizio le parole da scrivere nel verbale. Avvertivo perciò sempre più chiaramente di non poter far altro che dire la verità; sentivo che questo era un atto di amore e di fedeltà verso ciascun consigliere, l’intero Consiglio comunale e la città che esso rappresenta. Redigo quindi il verbale nella stesura definitiva, riportando i fatti esattamente come si erano svolti. Nei giorni successivi alla sua pubblicazione, le reazioni e i commenti non sono stati così forti e pesanti come temevo. Nel successivo consiglio comunale, durante la lettura dei verbali delle sedute precedenti, i consiglieri di minoranza hanno presentato osservazioni relativamente alla validità della seduta nella quale era venuto meno il numero legale. Mi chiedono di dare un parere sulla validità delle deliberazioni prese. E’ stato un momento difficile, anche per le accese reazioni della maggioranza prima che io parlassi. Con una calma inattesa, dopo aver ribadito la verità dei fatti esposti nel verbale da me sottoscritto, ho riferito un parere del Consiglio di Stato, secondo cui sarebbe doverosa la verifica del numero legale soltanto al momento della votazione e quindi, pur non concordando con tale orientamento giurisprudenziale, davo atto che in base a questa interpretazione la seduta sarebbe stata valida. A quel punto il capogruppo di minoranza fa una dichiarazione di voto, dicendo che “per quell’atto di verità che era contenuto nel verbale della seduta consiliare precedente, il suo gruppo, che avrebbe votato contro le deliberazioni consiliari, voterà invece a favore di tutte le deliberazioni poste all’ordine del giorno da quel momento in poi”. (P.T. – Italia) Pubblicato in La Parola e la giustizia, Gianni Caso ed., 2005 (altro…)

Commento di Chiara Lubich alla Parola di vita del mese di marzo 2006

“Operare” la verità? La verità si apprende, si dice… Per Gesù la verità si “fa”. Ci sorprende sempre Gesù.
Rimase sorpreso anche Nicodemo, un rabbino membro del Sinedrio. Andato da Gesù per interrogarlo su come entrare nel Regno di Dio, si sentì rispondere che avrebbe dovuto rinascere, ossia accogliere la vita nuova che Gesù era venuto a portare, lasciarsi trasformare interiormente fino a diventare figlio di Dio ed entrare così nel suo stesso mondo. La salvezza più che una conquista umana è un dono dall’Alto.
Nicodemo, andato da Gesù di notte, nelle tenebre, ne esce illuminato.

«Chi opera la verità viene alla luce»

Questa Parola di vita è un invito ad agire in conformità con la verità, in coerenza con il Vangelo. Essa ci domanda di essere persone che mettono in pratica la Parola di Dio e non soltanto ascoltatori 1. Come afferma un padre della Chiesa, Ilario, vescovo di Poitiers, “non vi è nulla delle parole di Dio che non si debba compiere; e tutto ciò che è detto ha in sé l’esigenza di essere messo in opera. Le parole di Dio sono decreti” 2.
Fede e comportamento morale sono in intimo rapporto.
Se in Gesù, come appare chiaramente nell’intenso discorso rivolto a Nicodemo, luce, vita e amore operante coincidono, non altrimenti potrà essere per quanti lo accolgono e diventano, in lui, figli di Dio. “Chi obbedisce al Signore e per suo mezzo segue la Scrittura – scrive Clemente Alessandrino, un altro padre della Chiesa -, viene trasformato pienamente a immagine del Maestro: egli giunge a vivere come Dio in carne” 3.
La stessa coerenza è richiesta a chi non professa un particolare credo religioso. Le più profonde convinzioni che gli sono dettate dalla coscienza domandano di essere tradotte in fatti.

«Chi opera la verità viene alla luce»

Frutto del vivere la verità è venire alla luce, “accogliere” Cristo. Lo ha promesso Gesù: “A chi mi ama (…) mi manifesterò” 4. Lui è la “luce vera” 5.
Ma frutto del fare la verità è anche la testimonianza che si irradia all’esterno, nella società nella quale siamo inseriti. Lo ha detto ancora Gesù invitandoci a far risplendere la luce “davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” 6.
La coerenza di vita è eloquente più di ogni discorso. I figli domandano coerenza ai genitori: li vogliono uniti, intenti a consolidare l’armonia familiare. I cittadini aspettano coerenza dai politici che hanno eletto: che siano fedeli al programma concordato, che si dedichino al bene comune, che siano onesti nell’amministrare le risorse finanziarie. Gli studenti chiedono coerenza agli insegnanti nel loro impegno didattico ed educativo. Onestà, trasparenza, competenza sono esigite dai commercianti, dagli operai, dai professionisti…
La società si costruisce anche attraverso la testimonianza della consonanza tra i propri ideali e le scelte concrete di ogni giorno.

«Chi opera la verità viene alla luce»

È l’esperienza di uomini come Nelson Mandela, che ha saputo mantenere fede al suo impegno per l’uguaglianza pagato con lunghi anni bui di carcere e poi venuto alla ribalta nella guida del suo Paese; come Martin Luther King, che ha pagato con la vita la sua coerenza.
È anche l’esperienza di tanti uomini e donne sconosciuti, ma non meno autentici nelle loro scelte. È stato così, ad esempio, per l’imprenditore di una azienda a cui viene richiesta la tangente in cambio di nuove forniture. Non viene meno ai suoi principi. È una decisione sofferta ma ferma la sua, nella consapevolezza che, mantenendo fede alla sua onestà, avrebbe rischiato di perdere una grossa parte del suo fatturato. In effetti il grande magazzino che ne distribuisce i prodotti ritira gli ordini, portando l’impresa sull’orlo del fallimento. Dopo qualche mese, però, il magazzino è costretto a tornare sui suoi passi: i clienti protestano perché non trovano più i prodotti di quella impresa sugli scaffali. La coerenza di vita è stata riconosciuta.

 

Chiara Lubich

 

1 Cf Gc 1,22.
2 Tract. in Psalmum, 13, 1: PL 9, 295.
3 Clemente Alessandrino, Stromatum, VII, 16, in PG 9, 539C.
4 Gv 14,21.
5 Cf Gv 1, 8-13.
6 Mt 5, 14-16.

 

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Al fisico Ugo Amaldi il Premio Renata Borlone

Domenica 26 febbraio si è svolta a Loppiano – cittadella internazionale del Movimento dei Focolari, situata nei pressi di Firenze – la cerimonia del conferimento del Premio Renata Borlone 2006. Alla sua prima edizione, il riconoscimento è andato allo scienziato Prof. Ugo Amaldi, del CERN di Ginevra, “per aver custodito e coltivato in sé, durante la sua ricca carriera scientifica nel campo della fisica delle particelle, la tensione al trascendente che caratterizza ogni autentico sapere; per aver curato sempre con grande impegno la formazione scientifica e morale delle giovani generazioni e per aver utilizzato le sue preziose conoscenze nell’ambito della fisica medica a beneficio della salute di molti uomini e donne”. La manifestazione è stata aperta dalla tavola rotonda “Scienza e fede in dialogo”, percorsi della cultura dell’unità, con l’intervento, oltre che del prof. Amaldi, del prof. Thomas Norris della Commissione Teologica Internazionale e del prof. Sergio Rondinara dell’Università Pontificia Salesiana. Il Premio è stato creato dall’Associazione culturale Renata Borlone nel febbraio 2005, quindicesimo anniversario della morte di Renata Borlone, grande appassionata della scienza, che vedeva come possibile strumento per contribuire alla realizzazione dell’unità della famiglia umana. L’istituzione del Premio, che ha coinciso con il 2005, ”Anno mondiale della fisica”- proclamato tale dall’UNESCO e dall’ONU – è stata patrocinata dai Comuni di Incisa Valdarno e Civitavecchia. Renata Borlone, tra le prime compagne di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, dopo aver portato il carisma dell’unità in varie città italiane ed estere, per più di vent’anni è stata responsabile della cittadella di Loppiano, sostenendone lo sviluppo e la formazione delle nuove generazioni del Movimento. La cittadella di Loppiano, che conta oggi circa 900 abitanti provenienti dai cinque continenti, per la sua caratteristica di internazionalità è un luogo privilegiato per il dialogo fra popoli e culture. Per gli alti valori umani e spirituali che Renata ha testimoniato con la sua vita, è in corso nella Diocesi di Fiesole il suo processo di canonizzazione. Ugo Amaldi, laureatosi in fisica, è stato chiamato al CERN nel 1973 come Dirigente di Ricerca. Ha lavorato nel campo delle particelle subatomiche, delle forze fondamentali e, in particolare, del problema della loro unificazione. Ha fondato nel 1980, dirigendola fino al 1993, la Collaborazione DELPHI, costituita da circa cinquecento fisici, che ha costruito il rivelatore omonimo per la raccolta di dati presso il collisore LEP del CERN, dal 1989 al 2000. Nel 1991 ha lanciato il Progetto Adroterapia, seguito nel 1992 dalla creazione della Fondazione TERA per diffondere in Italia e all’estero questa innovativa tecnica di radioterapia detta “adroterapia”. A Pavia è attualmente in costruzione il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, per il trattamento dei tumori radio-resistenti. I primi pazienti verranno trattati a partire dal 2008. Per saperne di più: tel. 055/8335169 – e-mail: ass.renataborlone@loppiano.it Addetto stampa: Stefania Tanesini – 338/5658244 – 055/8334404 – sif@loppiano.it (altro…)

“Noi e l’Islam”

Il seminario “Noi e l’Islam” si pone una sfida: rispondere al bisogno dei giornalisti di approfondire le conoscenze necessarie a saper “leggere” al di là delle precomprensioni e degli stereotipi, alcuni aspetti del mondo islamico, in particolare il rapporto con l’Europa, per “tradurli” più fedelmente in informazione. Una nuova grammatica dell’informazione – Di fronte ai recenti fatti riguardanti le vignette satiriche sull’Islam, le associazioni e gli enti promotori, ACLI, Legambiente, Movimento politico per l’unità, Comunità di Sant’Egidio e Comune di Montepulciano, lanceranno un appello per un’alleanza tra i media e la società civile: “Occorre una nuova consapevolezza di essere cittadini del mondo – è stato detto dagli organizzatori -. La categoria dell’interdipendenza si traduce in una nuova grammatica dell’informazione e può ispirare opportunità e strumenti ancora inediti al servizio di una convivenza più matura e fraterna tra persone e popoli della terra”. “Noi e l’Islam” è promosso nel quadro delle Giornate dell’Interdipendenza. L’iniziativa è realizzata, tra gli altri, con il Patrocinio della Fnsi (Federazione Nazione della Stampa italiana) e dell’Usigrai (Sindacato giornalisti RAI) e si svolgerà dal 23 al 25 febbraio a Montepulciano. Terrorismo, guerra, dialogo interreligioso, questione palestinese: queste le quattro sessioni tematiche di approfondimento del rapporto con il mondo islamico in cui si articola il seminario, e che si svolgeranno sotto il profilo politico, economico, culturale, religioso, con interventi di esperti e testimoni provenienti da vari Paesi. L’iniziativa culminerà con una giornata aperta su “L’Islam di casa nostra”, alla quale prenderanno parte rappresentanti delle istituzioni politiche italiane. Giornate dell’Interdipendenza – L’appuntamento di Montepulciano è, nelle intenzioni dei promotori, la prima di una serie di giornate di studio e di dibattito, in cui confrontarsi sull’idea dell’interdipendenza positiva come chiave per affrontare la grande sfida del saper vivere insieme, posta dalla società attuale: la scelta del dialogo rispetto all’egemonia, della condivisione rispetto alla concentrazione delle risorse e dei saperi in una sola area del mondo, e della costruzione di reti sociali e linguistiche che favoriscano il dialogo interculturale e religioso. Ideata dal politologo americano e professore dell’Università del Maryland, Benjamin Barber, la Giornata dell’Interdipendenza si è svolta per la prima volta il 12 settembre 2003 a Philadelphia, per contribuire nel mondo alla maturazione di una cultura della pace, del dialogo, della solidarietà e della fraternità universale. Per saperne di più: Ufficio Stampa di Legambiente – Tel: +39-06-86268399/80 (altro…)

Eliminazione della povertà, identità cristiana e pluralità religiosa

Eliminazione della povertà, identità cristiana e pluralità religiosa

La strategia del Consiglio Mondiale delle Chiese sulla giustizia economica, l’eliminazione della povertà, l’identità cristiana e la pluralità religiosa è al centro della IX Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, in corso a Porto Alegre, dal 14 al 23 febbraio. Significativa la scelta del titolo: “Signore, nella tua grazia trasforma il mondo”. Sono presenti 4 mila persone, tra cui 1.200 delegati delle 347 Chiese del Consiglio, alle quali appartengono 550 milioni di fedeli protestanti, anglicani e ortodossi. All’Assemblea partecipa anche una delegazione della Chiesa cattolica guidata dal card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, che, in apertura, ha letto il messaggio del Papa in cui viene riaffermato l’impegno a “cooperare sempre più efficacemente nel compito di testimoniare l’amore divino di Dio”. Della delegazione fa parte anche Joan Back, (Centro Uno per il Dialogo Ecumenico dei Focolari). Pur non aderendo direttamente all’organismo, la Chiesa cattolica collabora con esso, sia attraverso le riunioni di un Gruppo misto di lavoro congiunto, sia attraverso l’impegno nella realizzazione di progetti comuni. Nella sessione “Economic Justice”, tra le varie esperienze alternative all’attuale sistema economico, promosse dalle Chiese, Vera Araujo, sociologa brasiliana, ha presentato il progetto dell’Economia di Comunione, avviato quindici anni fa dai Focolari. I responsabili delle Chiese esprimono la loro preoccupazione di fronte alla “ineguaglianza crescente, alla concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di pochi e alla distruzione del pianeta, il tutto aggravato dallo scandalo della povertà del Sud che si sta espandendo anche al Nord”. E’ quanto si legge nell’appello – redatto dalla Commissione “Giustizia, pace e creato” – che sottolinea il significato della scelta del luogo dell’Assemblea: “Riuniti a Porto Alegre, luogo che ha accolto il Social Forum mondiale, siamo incoraggiati dal messaggio costruttivo e positivo” lanciato da quei Movimenti che “ci dicono che altre soluzioni sono possibili”. (altro…)

Sports4Peace in Austria

Realizzata nell’anno scolastico 2003 – 2004, l’iniziativa ha coinvolto circa 20.000 giovani di diverse scuole superiori austriache, che hanno potuto sperimentare uno sport che non muove soltanto … palloni, ma che è via verso una società solidale e orientata alla pace. Guidati da sei semplici regole (gioca seriamente, gioca onestamente, non mollare mai, tieni gli occhi aperti agli altri, gioca per giocare, fai la differenza) stampate sulle facce di un dado, espressioni di una unica regola, la “regola d’oro”, presente in ogni religione: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”, i ragazzi coinvolti hanno fatto sport, organizzato tornei, eventi sportivi e musicali, hanno raccolto firme per la pace olimpica. Ogni evento o gesto sportivo vissuto dopo aver lanciato il dado, consentiva ai ragazzi di collezionare degli “anelli olimpici”. Ogni passo verso la pace, attraverso piccole o grandi azioni di comunione o di perdono, consentiva invece di conquistare degli “anelli d’oro”. Obiettivo finale: raggiungere i 51.000 anelli olimpici e anelli d’oro ed avvolgere così simbolicamente la superficie dei 510 chilometri quadrati della terra con una rete di pace. L’iniziativa ha avuto il patrocinio ed il sostegno dei massimi organismi sportivi e scolastici austriaci e di diversi campioni dello sport, tra i quali Ralf Schumacher, Hermann Mayer, Michael Walchhofer ed altri, che hanno accettato di fare da testimonial, trovando l’idea del dado molto originale ed efficace. Sportmeet è oggi l’espressione nel mondo dello sport di quel rinnovamento spirituale e sociale che è alla base dell’esperienza del Movimento dei Focolari. (altro…)

Il progetto “Sport, Peace & Development”

Il mondo dello sport interseca il sociale a molti livelli: quello della politica, dell’economia, della salute, della comunicazione e così via. Sportmeet non si pone solo l’obiettivo di mettere in rete i propri operatori, offrendo il modo di valorizzare il proprio impegno e creando le condizioni per conoscersi reciprocamente. Il suo impegno primario è quello di contribuire ad una cultura dello sport improntata alla fraternità universale ad ogni livello: fra persone, popoli, culture, etnie e religioni. Questa cultura dello sport si fa reale se a tutti è garantito il diritto alla pratica dell’attività fisica e sportiva. Per questo gli atleti, gli operatori ed i professionisti dello sport legati a Sportmeet si sono fatti promotori del progetto Sport, Peace & Development che vede oggi attive numerose iniziative di carattere sportivo a valenza sociale. Si tratta di progetti continuativi, piccoli e grandi, aperti in diverse parti del mondo, in particolare in paesi in via di sviluppo o nell’Est – Europa. A tali progetti Sportmeet da il proprio sostegno culturale, e anche economico e di risorse umane perché possano avere solidità e continuità. Chi intende conoscere più a fondo i progetti, collaborare o contribuire concretamente (attraverso un fondo di solidarietà, con donazioni economiche o materiali) lo può fare nelle modalità indicate per ciascuno di essi alla pagina Sport, peace and development. (altro…)