Gen 31, 2006 | Parola di Vita
Che giornata piena aveva vissuto Gesù quel sabato nella città di Cafarnao! Aveva parlato nella sinagoga lasciando tutti stupiti del suo insegnamento. Aveva liberato un uomo posseduto da uno spirito immondo. Uscito dalla sinagoga si era recato in casa di Simone e di Andrea e lì aveva guarito la suocera di Simone. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati ed egli guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni. Dopo una giornata ed una notte così intense, al mattino, quando ancora era buio, Gesù si alzò e, uscito di casa
«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»
Era la nostalgia del Cielo. Da lì egli venne nel mondo a rivelarci l’amore di Dio, ad aprirci la via del Cielo, a condividere in tutto la nostra vita. Egli aveva percorso le strade della Palestina ad insegnare alle folle, a curare ogni sorta di malattie e di infermità tra il popolo, a formare i suoi discepoli. Ma la linfa vitale, che come acqua da fonte sgorgava dal suo seno, gli veniva dal rapporto costante con il Padre. Lui e il Padre si conoscono, si amano, sono l’uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre è l’”Abbà”, e cioè il babbo, il papà cui rivolgersi con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore.
«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»
Giacché il Figlio di Dio è venuto in terra per noi, non gli è bastato essere Lui in questa condizione privilegiata di preghiera. Morendo per noi, redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, fratelli suoi. Così anche a noi è stata resa possibile quella sua divina invocazione: “Abbà, Padre”, con tutto ciò che essa comporta: certezza della sua protezione, sicurezza, cieco abbandono al suo amore, consolazioni divine, forza, ardore; ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato… Una volta entrati nel silenzio della “cella interiore”, della nostra anima, possiamo parlare con Lui, adorarlo, dirgli il nostro amore, ringraziarlo, chiedergli perdono, confidargli le necessità nostre e dell’umanità intera così come i nostri sogni e desideri… Cosa non si può dire ad una persona che sappiamo ci ama immensamente e che è onnipotente? E possiamo parlare col Verbo, con Gesù. Soprattutto possiamo ascoltarlo, lasciare che ci ripeta le sue parole: “Coraggio, sono io, non temete!”, “Io sono con voi tutti i giorni”; i suoi inviti: “Vieni e seguimi”, “Perdona settanta volte sette”, “Fai all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te”. Possono essere momenti prolungati, oppure attimi brevi e frequenti lungo tutta la giornata, quasi uno sguardo d’amore, un sussurrargli: “Sei tu l’unico mio bene”, “Per te questa mia azione”. Non possiamo fare a meno della preghiera. Non possiamo vivere senza respirare, e la preghiera è il respiro dell’anima, l’espressione del nostro amore a Dio. Usciremo da questo colloquio, da questo rapporto di comunione e d’amore, rinfrancati, pronti ad affrontare con nuova intensità e fiducia la vita d’ogni giorno. Ritroveremo anche il rapporto più vero con gli altri e con le cose.
«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»
Se non chiudiamo le imposte dell’anima col raccoglimento, tu non puoi, Signore, intrattenerti con noi come il tuo amore alle volte desidererebbe. Ma una volta staccati da tutto per raccoglierci in Te, non si tornerebbe più indietro, tanto è dolce all’anima l’unione con Te e caduco tutto il resto. Coloro che sinceramente ti amano, ti sentono spesso, Signore, nel silenzio della loro stanza, nel profondo del loro cuore, e questa sensazione commuove l’anima come toccasse ogni volta sul vivo. E ti ringraziano d’esser loro così vicino, così Tutto: Colui che dà senso al vivere e al morire. Ti ringraziano, ma spesso non sanno farlo, né dirlo: sanno solo che tu li ami ed essi ti amano e non c’è cosa così dolce, qui sulla terra, che possa almeno lontanamente somigliarle. Quello che sentono nell’anima, quando tu appari, è Cielo e “se il Cielo è così – dicono – oh, com’è bello!” Ti ringraziano, Signore, dell’intera vita, per averli portati fin qui. E se esistono ancora fuori ombre che potrebbero offuscare il loro paradiso anticipato, quando ti manifesti ogni cosa diventa remota e lontana: non è. Tu sei. Così è. Chiara Lubich (altro…)
Gen 30, 2006 | Non categorizzato
Uomini politici, amministratori, funzionari pubblici e cittadini di Verona e provincia, di vari partiti e di tutti gli schieramenti, si sono interrogati sul senso della loro esperienza politica. La serata è stata dedicata al tema: “La città: luogo di sfida e realizzazione della fraternità”, una riflessione su che cosa significa e comporta l’ideale della fraternità per la vita della città. “Esso – secondo il pensiero della fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich – non si aggiunge dall’esterno alla riflessione e alla pratica politica, ma si può considerare l’anima con la quale affrontare i problemi di oggi”. Dopo la presentazione dell’argomento e l’ascolto, in video conferenza, del discorso tenuto da Chiara Lubich al Consiglio comunale di Trento, nel giugno 2001, sono state presentate due esperienze di come sia possibile vivere la fraternità anche in politica. Gli interventi del pubblico presente hanno sottolineato la difficoltà di vivere il valore della fraternità all’interno di un mondo minato da lotte, complesso e difficile, che porta spesso a perdere la dimensione dell’originario spirito di servizio al bene
comune. Tuttavia, da un lato la testimonianza di chi già da tempo si impegna in questa direzione, dall’altro la presenza e gli interventi di tante persone, hanno fatto intravedere la possibilità che nelle città possa nascere un clima più sereno e collaborativo in chi si occupa di politica. La serata è stato un piccolo segno di come, recuperando la dimensione del dialogo e dell’ascolto reciproco, si possano creare le condizioni per un’esperienza politica che sappia promuovere la fraternità. (da un articolo di Lino Cattabianchi – da L’Arena, 6.02.2006) (altro…)
Gen 28, 2006 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Una cultura dell’unità nella diversità, per contribuire all’unità della famiglia umana. Non solo una proposta questa, ma esperienza viva per i circa 250 cristiani, ebrei, numerosi musulmani, e rappresentanti di altre religioni, presenti al Forum svoltosi al Centro di incontri «Unità», del Movimento dei Focolari, a Rotselaar, in Belgio, nei pressi di Lovanio.
La sopravvivenza passa per il dialogo – Albert Guigui, Grande Rabbino di Bruxelles, alludendo al racconto biblico di Caino e Abele, ha evidenziato che l’assenza della comunicazione molto spesso è fonte di conflitto. Ha pure evocato il tema scottante del fanatismo religioso. Il credente si mette al servizio di Dio, mentre il fanatico mette Dio al suo servizio. Opposto al fanatismo è l’atteggiamento di chi accetta l’altro così com’è e non come vorrebbe che egli fosse. «La sopravvivenza passa per il dialogo», ha affermato con forza e convinzione il Grande Rabbino. Dialogo del popolo da portare avanti con continuità – Mohammed Boulif, consulente in economia musulmana, ha sottolineato l’importanza di prediligere ciò che ci unisce per giungere ad una conoscenza approfondita e ad un mutuo arricchimento. In questa dinamica, la sincerità è di rigore. Nella sua esposizione ha ricordato che alcuni suoi amici musulmani dell’Algeria, grazie ai contatti avuti con degli amici cristiani dei Focolari, hanno riscoperto, in profondità, il senso religioso. Il sig. Boulif ha sottolineato quindi l’importanza del «dialogo del popolo» da portare avanti «in permanenza». Le chiavi del dialogo – Paul Lemarié, del Centro internazionale per il dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari, ha condiviso la sua esperienza – 25 anni vissuti in Algeria e in Medio Oriente – durante i quali i contatti con i musulmani e gli ebrei gli hanno fatto riscoprire alcuni aspetti della sua fede cattolica. Paradossalmente, dunque, il dialogo interreligioso rafforza la propria credenza pur aprendosi a quella dell’altro. Ha poi indicato nell’arte di amare evangelica, le chiavi del dialogo: si tratta di un amore che spinge a prendere l’iniziativa, a considerare l’altro come un altro se stesso, ad amare con amore gratuito e concreto. È un’arte che richiede esercizio ed impegno, un’arte che eleva il dialogo ad un livello tale che porta frutti fecondi ed apre sempre nuovi orizzonti. Educazione al dialogo per impedire ogni fondamentalismo – Ha commosso il pubblico la testimonianza di un gruppo di bambini della scuola St. Joseph di Uccle (Bruxelles): nel marzo 2005, hanno organizzato un grande incontro con 1500 bambini, ebrei, musulmani e cristiani. Comunicare-dialogare-conoscere-amare: le tappe da loro proposte a tutti per giungere al vero dialogo. La loro testimonianza è stata sottolineata durante la tavola rotonda che ne è seguita: l’educazione al dialogo impedisce qualsiasi fondamentalismo. (altro…)
Gen 25, 2006 | Spiritualità
“Dio è amore”. Quale gratitudine per Papa Benedetto XVI sin dall’annuncio del titolo della sua prima enciclica! Ha acceso in noi una speranza: che il grande annuncio “Dio è amore”, che la parola “amore”, riportata al suo “splendore originario”, dilaghino all’infinito, come quando si butta un sasso nell’acqua e si formano cerchi sempre più ampi. L’interesse dei media, ancor prima della sua presentazione e tanto più ora, lo fa prevedere. “Dio è Amore” è di certo la Parola che Gesù vuol dire oggi, in questo nuovo millennio. Sì, l’amore è iscritto nella natura stessa della Chiesa, come scrive il Papa. All’eredità della sua ricchissima storia, in questi ultimi decenni si sono aggiunti nuovi carismi suscitati dallo Spirito. Di bocca in bocca, avvalorato dalla testimonianza, l’annuncio “Dio è amore! Dio ti ama così come sei”, ha trasformato la vita di milioni di persone. Per noi è stata una luce – balenata nell’ora più buia della storia, il secondo conflitto mondiale – che ha illuminato tutto il Vangelo, facendoci scoprire che Gesù non aveva temuto di pronunciare la parola amore. Anzi capivamo che proprio l’amore è il cuore del Suo annuncio, è, sì, “la potenza creatrice primordiale che muove l’universo”, muove la nostra piccola storia personale, come la grande storia del mondo. Sono certa che l’enciclica del Papa susciterà un’eco spontanea da tutta la Chiesa e oltre: se vivere l’amore non si limita all’aiuto concreto del prossimo, ma spinge anche a “comunicare agli altri l’amore di Dio che noi stessi abbiamo ricevuto”, emergerà la ricchezza di quell’amore vissuto spesso con eroismo, nel silenzio, all’interno delle famiglie, nei Parlamenti e nelle fabbriche, nelle università e nei quartieri, nelle aree più depresse del mondo, e tra chi ha impresso sul proprio volto, il volto stesso dell’Uomo-Dio che grida l’abbandono del Padre. Si renderà così “visibile in qualche modo il Dio vivente”, la sua azione nel nostro tempo, come auspicato da Benedetto XVI. E Dio, riscoperto Amore, attirerà il mondo. (altro…)
Gen 19, 2006 | Ecumenismo
Il premio intitolato a Klaus Hemmerle viene conferito quest’anno al Vescovo luterano Christian Krause, il 20 gennaio, nel duomo imperiale di Aquisgrana. Per Christian Krause ha un significato del tutto particolare: «È un premio che prima di tutto tocca il cuore perché è innanzitutto il ricordo di una persona meravigliosa: Klaus Hemmerle». È la seconda volta che questo premio viene assegnato in commemorazione del defunto vescovo di Aquisgrana, un pioniere della vita ecumenica della Chiesa tedesca e nel contempo grande teologo che nell’ambito dei Focolari aveva trovato la sua “linfa vitale”. La prima edizione del premio era stata al professore ebreo Ernst-Ludwig Ehrlich, nel 2003; questa seconda volta il beneficiario è un esponente eminente del luteranesimo mondiale e un ecumenista di vera passione. Krause, amico di Hemmerle, è stato costruttore di ponti nelle più svariate situazioni della sua vita. Nel 1971 fu chiamato a dirigere un grande progetto in favore dei profughi dalla Federazione luterana mondiale in Tanzania. Dal 1972 al 1985 gli furono affidati i rapporti con l’estero della Chiesa evangelico-luterana in Germania. In tale funzione, e successivamente come segretario generale della “Giornata evangelica della Chiesa” (1985-1994), si è dedicato con grande impegno all’ecumenismo e alla solidarietà, a livello mondiale. Una profonda amicizia lo lega a numerosissimi cristiani in tutto il mondo, soprattutto in Africa, Asia e America latina. Frutto di questa fiducia è stato il fatto che, dopo la sua consacrazione a vescovo della Chiesa regionale del Braunschweig, durante la riunione plenaria della Federazione mondiale luterana a Hongkong nel 1997, ne venne eletto presidente. In questo ruolo ha firmato poi nel 1999 ad Augsburg la Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione, assieme al cardinale cattolico Edward I. Cassidy. Oggi il vescovo Krause dirige il Centro luterano di Wittenberg, nella città dalla quale partì nel 1517 la riforma di Lutero. L’idea che ha dato origine a questo Centro è di conferire al sempre crescente “turismo luterano” «un respiro spirituale, ecumenico e mondiale». Per il futuro della Chiesa, auspica un nuovo rapporto tra gerarchia e movimenti spirituali e carismatici. «Ne potrebbe nascere una comprensione della Chiesa del tutto nuova», afferma Christian Krause. Il suo modello di ecumenismo è quello condiviso con lo stesso Klaus Hemmerle: «Dobbiamo imparare, a tutti i livelli, a diventare amici e a trattarci come tali». (di Joachim Schwind – Rivista Città Nuova – n. 1/06) (altro…)
Gen 9, 2006 | Focolari nel Mondo
Sposati da quasi 35 anni, con tre figlie ormai grandi e un nipotino. La moglie è cattolica, lui evangelico. Trentacinque anni fa, non era certo facile affrontare una vita matrimoniale appartenendo a Chiese diverse. E.: Sono cresciuta in un piccolo paese di soli cattolici. Mi resi conto della divisione fra le confessioni al momento di proseguire gli studi per insegnare alle elementari. Vivevo a Norimberga dove c’era un’università evangelica di pedagogia. Le scuole allora erano rigidamente divise in cattoliche ed evangeliche. Per non rischiare di non trovare mai un posto di lavoro, dovetti cercarmi un’università cattolica e trasferirmi ad Eichstätt. P.: Ho trascorso la mia fanciulezza a Ochsenfurt sul Meno. Noi evangelici vivevamo in diaspora. Non avevamo alcun contatto con la parrocchia cattolica. Alla fine degli anni ’60 frequentai a Monaco un corso di specializzazione per scuole differenziali. E.: Anch’io facevo parte dello stesso corso e lì ci siamo conosciuti e frequentati. In un primo tempo abbiamo spostato il pensiero di formare una famiglia. Allora tutte e due le nostre Chiese mettevano in guardia sui matrimoni cosiddetti “misti”. Per una coincidenza ricevetti da un’amica un invito per un viaggio a Roma. Lo lessi di sfuggita, pensando a una gita turistica e decisi di prendervi parte. Mi ritrovai in un incontro ecumenico del “Centro Uno” del Movimento dei Focolari, del quale non conoscevo nulla. All’inizio non ero per niente entusiasta, ma poi mi ha affascinata la spiegazione fatta da Chiara Lubich della parola di Gesù del Vangelo di Matteo: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). Non si diceva. “Dove sono due o più cattolici…”, e neanche “Dove due o tre evangelici…”, ma: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. All’incontro successivo ho invitato anche il mio amico. P.: Abbiamo trovato il coraggio di fondare assieme una famiglia. Mi sono riproposto di amare la Chiesa di mia moglie come la mia. Naturalmente avevo anch’io difficoltà ad accettare forme di pietà tipicamente cattoliche, come quando le nostre figlie presero parte con orgoglio nei loro vestiti bianchi alla processione del “Corpus Domini”. Ci andai anch’io, ma solo per amore della mia famiglia. E.: Per me era nuovo e inconsueto che lui leggesse ogni giorno un pezzo della Bibbia, secondo la sua tradizione evangelica. Per poco tempo l’ho lasciato da solo, poi – all’inizio solo per amore a lui – l’ho accompagnato. Ormai non potrei più farne a meno. Da quando abbiamo fatto nostra la meditazione di Chiara Lubich su Gesù in mezzo, concludiamo con la promessa comune di far di tutto perché Lui sia presente fra noi. Nonostante tutti i nostri sbagli, limiti e debolezze cerchiamo di rimanere nell’amore scambievole e di ricominciare sempre. (E. e P. – Germania) (altro…)
Gen 9, 2006 | Focolari nel Mondo
Al 16 gennaio 2006, i fondi pervenuti per l’emergenza nel Sud-Est asiatico attraverso l’Ongs AMU, (Organizzazione Non Governativa di sviluppo, che si ispira alla spiritualità dell’unità), ammontavano a circa un milione di Euro. Sono stati destinati per la maggior parte a progetti in Indonesia, in Sri Lanka, in Thailandia ed in India.
I fondi residui saranno assegnati a nuovi progetti che si stanno valutando o agli stessi progetti in corso, sulla base del loro stato di avanzamento e delle necessità. L’origine di questi fondi, raccolti in tutto il mondo, sono provenienti spesso dal poco di molti: dai bambini del Kenya, dalla Colombia, dalla Russia e da tanti altri paesi dove anche un solo euro donato è un grande atto di generosità. Riportiamo ora gli appunti di viaggio di Stefano Comazzi, rappresentante dell’AMU, ad un anno dalla catastrofe ambientale che ha colpito il Sudest asiatico: Sono stato in viaggio per visitare le diverse attività svolte dai nostri volontari e collaboratori nella regione, e ho condiviso una parte del percorso con il gruppo di giovani europei del Movimento dei Focolari, che già precedentemente si erano recati presso le popolazioni aiutate dai progetti AMU in Indonesia. Prima erano stati sull’isola di Nias, a sud di Sumatra, dove hanno effettuato un campo di lavoro, collaborando alla ricostruzione di un villaggio ed animando molte iniziative per i bambini. In seguito si sono recati nella provincia di Aceh, la più colpita dal maremoto del 26 dicembre 2004, all’estremità settentrionale dell’isola di Sumatra. L’arrivo a Banda Aceh, ed al vicino villaggio di Lampuuk, dove anche i giovani indonesiani del Movimento hanno trascorso molte settimane convivendo con la popolazione locale, è stato davvero impressionante. A tanti mesi dal maremoto molto è cambiato, ma alcuni segni restano a ricordo della forza straordinaria della natura e di quell’evento, come un’enorme barca trasportata dal mare a diversi chilometri dalla costa ed abbattutasi su un quartiere della città. Interi rioni di Banda Aceh sono diventati degli acquitrini stagnanti, totalmente rasi al suolo, e così anche molti villaggi vicini, come Lampuuk. Tra la popolazione interamente musulmana, i nostri giovani collaboratori hanno guadagnato la stima e l’amicizia che si esprime con tanti piccoli gesti ed attenzioni; la casa che è stata offerta loro gratuitamente durante questi mesi, e dove molti di noi abbiamo alloggiato, ne è un eloquente esempio. A Lampuuk con i fondi dell’AMU si è dato avvio alla costruzione di barche per pescatori. A Medan, la più estesa città dell’isola ed una delle principali dell’Indonesia, ho fatto conoscenza con molti dei giovani del luogo che nei mesi scorsi hanno collaborato al progetto sostenuto dall’AMU. Si tratta di ragazze e ragazzi appartenenti al Movimento dei Focolari; ve ne sono di cristiani, buddisti e musulmani, e già questa è una testimonianza forte. Inoltre non tutti sono indonesiani, come ad esempio J. P. W., studente malese, che ha sospeso per alcuni mesi la sua frequenza universitaria per potersi dedicare a tempo pieno alle attività del progetto. Anche altri giovani vi si sono impegnati a tempo pieno, sia nella gestione delle attività logistiche ed organizzative, sia con soggiorni prolungati nelle province di Aceh e Nias. Passato il confine tra la provincia di Medan e quella di Aceh, abbiamo incontrato alcune comunità di pescatori che vivono nella parte meridionale della provincia. Sono ormai diventati “amici” dei nostri volontari, ed al nostro arrivo ci hanno accolto con calore e con un’amicizia straordinaria, con uno striscione di benvenuto della loro neonata associazione chiamata “SILATURRAHMI” (“tutti sono benvenuti”). I giovani indonesiani che ci accompagnano li avevano già conosciuti durante i viaggi precedenti, avevano condiviso con loro i pochi beni materiali che avevano portato con sé, ma soprattutto ascoltato le storie di ciascuno, la sofferenza e lo smarrimento dei sopravvissuti. Grazie agli aiuti raccolti, sono poi stati in grado di tornare ed organizzare, insieme agli abitanti dei villaggi, azioni di ricostruzione e rinascita. A Blang Nibong ed a Padan Kasab, sempre nella provincia di Aceh, abbiamo constatato direttamente quante barche erano già costruite e quante erano in costruzione. A Blang Nibong eravamo attesi per la consegna ufficiale delle prime dieci già completate ed assegnate secondo criteri di composizione del nucleo familiare (famiglie numerose hanno ricevuto una barca, mentre gruppi più piccoli condivideranno la stessa barca), e dei danni subiti. I giovani che ci accompagnavano hanno anche partecipato al varo di una delle barche già pronte, e tutti abbiamo fatto un giro inaugurale nel caldo mare di Malacca. Questo viaggio è stato davvero costruttivo e ci ha confermato come sia importante lavorare “con” le persone, dal basso, privilegiando l’ascolto e la condivisione che diventa reciprocità. (dal periodico AMU NOTIZIE n. 4/2005) (altro…)
Dic 31, 2005 | Parola di Vita
“Emmanuele”, “Dio è con noi!”. Questa la grande straordinaria notizia con cui si apre il Vangelo di Matteo . In Gesù, l’Emmanuele, Dio è sceso in mezzo a noi.
Il Vangelo si chiude poi con una promessa ancora più grande e stupefacente: “Io sono con voi fino alla fine del mondo” .
La presenza di Dio fra noi non si è limitata ad un periodo storico, alla permanenza fisica di Gesù sulla terra. Egli rimane con noi per sempre.
Come rimane? Dove possiamo incontrarlo?
La risposta è proprio al centro del Vangelo di Matteo, là dove Gesù dà le linee di vita per la sua comunità, la Chiesa. Egli ha parlato più volte di essa: l’ha detta fondata sulla roccia di Pietro, la vede raccolta dalla sua parola e riunita attorno all’Eucaristia… Ma qui Egli ne svela l’identità più profonda: la Chiesa è Lui stesso presente tra quanti sono riuniti nel suo nome.
Possiamo averlo sempre presente tra noi, possiamo fare esperienza di Chiesa viva, vivere la realtà costitutiva della Chiesa.
«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»
Se è Lui, il Signore Risorto, che raduna e riunisce a sé e tra loro i credenti e fa di tutti il suo corpo, ogni divisione nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità altera il volto della Chiesa. Cristo non è diviso. Un Cristo frammentato è irriconoscibile, sfigurato.
Questo vale anche per i rapporti tra le diverse Chiese e comunità ecclesiali. Il cammino ecumenico ci ha resi consapevoli che “è più ciò che ci unisce di ciò che ci divide”. E se pure rimangono alcuni aspetti della dottrina e della prassi cristiana nei quali non c'è ancora unità nella fede, già “il fulcro di quanto ci unisce è la presenza del Cristo Risorto” .
Radunarci nel nome di Gesù per pregare insieme, per conoscere e condividere le ricchezze della fede cristiana, per reciprocamente chiedersi perdono è la premessa a superare tante divisioni. Potranno sembrare piccole iniziative, ma “nulla è insignificante di quanto fatto per amore”. Gesù fra noi “sorgente della nostra unità”, ci indicherà “la strada per divenire strumenti dell'unità voluta da Dio” .
Così scrivono la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Pontificio Consiglio per la promozione dell'Unità dei cristiani nel proporre questa “parola di vita”, il cui materiale è stato preparato da un gruppo ecumenico di Dublino. E' infatti dal 1968 che durante la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani tutti insieme viviamo una medesima “parola di vita”: un segno e una speranza per il cammino verso la piena e visibile comunione tra le Chiese.
«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»
Ma cosa vuol dire essere uniti nel nome di Gesù?
Significa essere uniti in Lui, nella sua volontà. E noi sappiamo che il suo più alto desiderio, il “suo” comandamento è che tra noi ci sia l'amore reciproco. Ecco allora che, dove sono due o più persone pronte ad amarsi così, capaci di posporre ogni cosa pur di meritare la Sua presenza, tutto intorno cambia. Gesù potrà entrare nelle nostre case, nei luoghi di lavoro e di studio, nei parlamenti e negli stadi e trasformarli.
La Sua presenza sarà luce per la soluzione dei problemi, sarà creatività per affrontare nuove situazioni personali e sociali, sarà coraggio per portare avanti le scelte più ardue, sarà fermento per l'esistenza umana nelle sue molteplici espressioni.
La Sua presenza spirituale, ma reale, sarà lì nelle famiglie, fra gli operai nelle fabbriche, nelle officine, nei cantieri, sarà con i contadini nei campi, lo si troverà tra i commercianti, fra gli addetti a servizi pubblici, in ogni ambiente.
Gesù che vive in mezzo a noi per l'amore reciproco continuamente rinnovato e dichiarato, si farà nuovamente presente in questo mondo e lo libererà dalle sue nuove schiavitù. E lo Spirito Santo aprirà vie nuove.
«Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»
Per la nostra esperienza possiamo dire con gratitudine a Dio quanto è vero ciò che scrivevo molti anni fa, che se siamo uniti Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più d’ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda con i fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima!
Che testimonianza viene data al mondo, ad esempio, dall'amore reciproco del Vangelo tra un cattolico ed un armeno, tra un metodista e un ortodosso!
E allora anche oggi viviamo la vita che Egli ci dà attimo per attimo nella carità.
È comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: ché Iddio è Padre e ha nel cuore sempre e solo i figli.
Viviamo per avere Gesù sempre con noi, per portarlo nel mondo ignaro della sua pace.
Chiara Lubich
Dic 29, 2005 | Focolari nel Mondo
Oggi so che l’amore di Dio è sempre più grande dei nostri errori. Ma è stata una scoperta progressiva … Dall’età di 13 anni, infatti, ho iniziato ad avere problemi con la giustizia. A 15 anni poi sono rimasto orfano e dopo alcuni mesi ero già in un carcere minorile. Uscito dal carcere non avevo più nessuno a cui rivolgermi, e ho ripreso la vita sbandata di prima. Appena qualche mese di libertà e accidentalmente causo la morte di un giovane. Torno in prigione, stavolta per 10 anni. Durante la reclusione imparo un mestiere, come falegname, ma una volta uscito nessuno voleva assumermi. Mi sono trovato senza soldi e senza altre possibilità. Ho assaltato una banca. Pensavo: se va bene, ho qualcosa per non morire di fame, finché non trovo lavoro; se non va bene, trovo comunque tetto e pane per alcuni anni. Alcune ore dopo l’assalto, ero di nuovo dentro, condannato a 15 anni. Non avevo più un motivo per vivere finché ho incontrato un religioso con cuore largo che ci ha annunciato l’esistenza e l’amore di Dio per noi. Mi ha incoraggiato anche la stima di alcuni funzionari dell’ordine giudiziario, che mi hanno dato un posto di responsabilità nella falegnameria. Prima del rilascio, mi hanno concesso 3 giorni di libertà per la ricerca di alloggio e lavoro. Ma era una libertà che non sapevo gestire; mi sentivo “perso”. Come potevo io, che dai 15 ai 42 anni avevo trascorso 26 anni in prigione, riuscire a prendere in mano la mia vita? Il religioso conosciuto in carcere mi telefona e mi invita a presentarmi presso una comunità nata per aiutare gli ex-detenuti nella delicata fase del reinserimento sociale e fondata da persone che ispirano la loro vita al Vangelo. Il giorno del mio rilascio sono venuti a prendermi dall’istituto di pena. Nella comunità andavo imparando passo a passo la vita in libertà. Avevo una stanza, un lavoro, un guadagno e prima di tutto una comunità. Mi hanno accolto tra di loro senza riserve. Dopo sei mesi ho trovato lavoro in una falegnameria e dopo due anni sono stato in grado di lasciare la comunità. Lì avevo conosciuto anche la persona che sarebbe diventata mia moglie. Sono adesso un collaboratore della comunità, diventando responsabile di una delle case dove, con gli ospiti senza lavoro, mi occupo della manutenzione. Forte della mia esperienza, cerco di incoraggiare sempre i nostri ospiti a non mollare mai, anche se hanno rovinato parte della loro vita. Adesso so che l’amore di Dio è sempre più grande della nostra colpa. (altro…)
Dic 24, 2005 | Spiritualità
E’ Natale
Le vetrine dei negozi sono addobbate a festa, palle dorate, piccoli alberelli di Natale, offerte di regali preziosi. Le strade la notte brillano di stelline cadenti o di stelle comete; gli alberi che costeggiano i marciapiedi con i rami carichi di lucette rosse o blu o bianche creano viali dall’atmosfera surreale… C’è aria d’attesa. Tutti vi sono coinvolti…
Natale non è solo un ricordo tradizionale: la nascita di quel bambino 2005 anni fa… Natale è vivo! E non solo nelle chiese con i presepi, ma tra la gente per il clima di gioia, di amicizia, di bontà che ogni anno crea. Eppure ancor oggi il mondo è sconvolto da enormi problemi: la povertà fino alla fame, il terremoto in Pakistan, decine di guerre, il terrorismo, l’odio tra etnie, ma anche fra gruppi e fra persone… Occorre l’Amore. Occorre che Gesù ritorni con potenza. Gesù Bambino è sempre l’immenso dono del Padre all’umanità, anche se non tutti lo riconoscono. Noi dobbiamo offrire anche per loro il nostro ringraziamento al Padre. Dobbiamo festeggiare il Natale e rinnovare la nostra fede nel piccolo bambino-Dio venuto a salvarci, a creare una nuova famiglia di fratelli uniti dall’amore, estesa su tutta la Terra. Guardiamoci attorno… Che quest’amore si rivolga a tutti, ma in particolare a chi soffre, ai più bisognosi, a quanti sono soli, poveri, piccoli e malati… Che la comunione con loro d’affetto e di beni faccia risplendere una famiglia di veri fratelli che festeggia insieme Natale e vada oltre. Chi potrà resistere alla potenza dell’amore? Alla luce del Natale facciamo gesti, suscitiamo azioni concrete. Saranno rimedi ai mali che sembrano piccoli, ma applicati su vasta scala potranno essere luce e soluzione ai gravi mali del mondo. Chiara Lubich (altro…)