Movimento dei Focolari

Febbraio 2006

Gen 31, 2006

«...si ritirò in un luogo deserto e là pregava» (Mc 1,35)

Che giornata piena aveva vissuto Gesù quel sabato nella città di Cafarnao! Aveva parlato nella sinagoga lasciando tutti stupiti del suo insegnamento. Aveva liberato un uomo posseduto da uno spirito immondo. Uscito dalla sinagoga si era recato in casa di Simone e di Andrea e lì aveva guarito la suocera di Simone. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati ed egli guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni. Dopo una giornata ed una notte così intense, al mattino, quando ancora era buio, Gesù si alzò e, uscito di casa

«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»

Era la nostalgia del Cielo. Da lì egli venne nel mondo a rivelarci l’amore di Dio, ad aprirci la via del Cielo, a condividere in tutto la nostra vita. Egli aveva percorso le strade della Palestina ad insegnare alle folle, a curare ogni sorta di malattie e di infermità tra il popolo, a formare i suoi discepoli. Ma la linfa vitale, che come acqua da fonte sgorgava dal suo seno, gli veniva dal rapporto costante con il Padre. Lui e il Padre si conoscono, si amano, sono l’uno nell’altro, sono una cosa sola. Il Padre è l’”Abbà”, e cioè il babbo, il papà cui rivolgersi con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore.

«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»

Giacché il Figlio di Dio è venuto in terra per noi, non gli è bastato essere Lui in questa condizione privilegiata di preghiera. Morendo per noi, redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, fratelli suoi. Così anche a noi è stata resa possibile quella sua divina invocazione: “Abbà, Padre”, con tutto ciò che essa comporta: certezza della sua protezione, sicurezza, cieco abbandono al suo amore, consolazioni divine, forza, ardore; ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato… Una volta entrati nel silenzio della “cella interiore”, della nostra anima, possiamo parlare con Lui, adorarlo, dirgli il nostro amore, ringraziarlo, chiedergli perdono, confidargli le necessità nostre e dell’umanità intera così come i nostri sogni e desideri… Cosa non si può dire ad una persona che sappiamo ci ama immensamente e che è onnipotente? E possiamo parlare col Verbo, con Gesù. Soprattutto possiamo ascoltarlo, lasciare che ci ripeta le sue parole: “Coraggio, sono io, non temete!”, “Io sono con voi tutti i giorni”; i suoi inviti: “Vieni e seguimi”, “Perdona settanta volte sette”, “Fai all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te”. Possono essere momenti prolungati, oppure attimi brevi e frequenti lungo tutta la giornata, quasi uno sguardo d’amore, un sussurrargli: “Sei tu l’unico mio bene”, “Per te questa mia azione”. Non possiamo fare a meno della preghiera. Non possiamo vivere senza respirare, e la preghiera è il respiro dell’anima, l’espressione del nostro amore a Dio. Usciremo da questo colloquio, da questo rapporto di comunione e d’amore, rinfrancati, pronti ad affrontare con nuova intensità e fiducia la vita d’ogni giorno. Ritroveremo anche il rapporto più vero con gli altri e con le cose.

«…si ritirò in un luogo deserto e là pregava»

Se non chiudiamo le imposte dell’anima col raccoglimento, tu non puoi, Signore, intrattenerti con noi come il tuo amore alle volte desidererebbe. Ma una volta staccati da tutto per raccoglierci in Te, non si tornerebbe più indietro, tanto è dolce all’anima l’unione con Te e caduco tutto il resto. Coloro che sinceramente ti amano, ti sentono spesso, Signore, nel silenzio della loro stanza, nel profondo del loro cuore, e questa sensazione commuove l’anima come toccasse ogni volta sul vivo. E ti ringraziano d’esser loro così vicino, così Tutto: Colui che dà senso al vivere e al morire. Ti ringraziano, ma spesso non sanno farlo, né dirlo: sanno solo che tu li ami ed essi ti amano e non c’è cosa così dolce, qui sulla terra, che possa almeno lontanamente somigliarle. Quello che sentono nell’anima, quando tu appari, è Cielo e “se il Cielo è così – dicono – oh, com’è bello!” Ti ringraziano, Signore, dell’intera vita, per averli portati fin qui. E se esistono ancora fuori ombre che potrebbero offuscare il loro paradiso anticipato, quando ti manifesti ogni cosa diventa remota e lontana: non è. Tu sei. Così è. Chiara Lubich

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