Lug 29, 2020 | Testimonianze di Vita
“Siate una famiglia – fu l’invito di Chiara Lubich rivolgendosi a persone desiderose di vivere la Parola di Dio -. E dove andate per portare l’ideale di Cristo, (…) niente farete di meglio che cercare di creare con discrezione, con prudenza, ma decisione, lo spirito di famiglia. Esso è uno spirito umile, vuole il bene degli altri, non si gonfia… è (…) la carità vera”[1]. Il nuovo direttore Nel suo “discorso programmatico” il nuovo direttore aveva parlato dell’azienda come di una famiglia nella quale tutti eravamo corresponsabili. Il clima tra noi era leggero e cordiale… ma alle prime difficoltà, forse per inesperienza, lui si circondò di alcuni fidatissimi e nelle decisioni escludeva praticamente tutti gli altri. Mi feci coraggio e, per amore suo e dei dipendenti, un giorno andai in direzione a chiedergli quali preoccupazioni lo stessero schiacciando. Sembrava un’altra persona rispetto agli inizi, come uno che vedesse soltanto nemici. Forse avevamo fatto qualcosa contro di lui che lo spingeva ad agire così? Non rispose e mi congedò giustificandosi con un impegno urgente. Qualche giorno dopo mi chiamò e, scusandosi, mi confidò di sentirsi incapace a sostenere una solidarietà che gli faceva sfuggire tutto dalle mani. Mi chiese aiuto. Lo convinsi ad aprirsi con tutti noi, chiedendo se veramente volevamo stare al suo progetto. Fu un momento di grande intesa. Qualcosa cominciò a cambiare. (H.G. – Ungheria) Alla posta Agli inizi del coronavirus, andai alla posta per spedire un pacco. Nella fila per le pensioni una signora anziana con mascherina, colta da malore, si accasciò a terra. Corsi da lei, ma non ebbi la forza di alzarla. Alla mia richiesta di aiuto notai negli altri una certa esitazione: rispose solo un ragazzo pieno di tatuaggi, che aveva assistito alla scena fuori della posta. Fatta sedere l’anziana, che a parte qualche dolore per la caduta s’era ripresa, chiesi al ragazzo di aiutarla a sbrigare quello che doveva fare, mentre io spedivo il mio pacco. Lui non solo mi aiutò poi a farla salire in macchina, ma volle venire con noi fino a casa della signora. Siccome lei aveva gli strumenti, le misurai la pressione. Una volta scesi in strada, il ragazzo mi disse: “Stavo ridendo con gli amici per vedere come si comporta la gente guidata dalla paura. Quello che ha fatto lei è grande”. Dopo qualche giorno volli far visita all’anziana. Rimasi sorpresa e anche commossa venendo a sapere da lei che quel ragazzo le aveva portato dei biscotti preparati da sua madre. (U.R. – Italia) Risanare il passato Peccato! Era una collega competente nel suo lavoro, ma affliggeva gli altri con il suo pessimismo. Fra l’altro la sua invidia non solo verso di me, ma verso gli altri colleghi e colleghe, la induceva a sparlare sempre di tutti. Di conseguenza, con una scusa o l’altra, nessuno voleva lavorare con lei. Che fare? Lasciare che le cose andassero avanti così, tra il disagio comune? In occasione del suo compleanno ho avuto un’idea: organizzare in ufficio una colletta per farle un regalo. Quando l’abbiamo chiamata per festeggiarla con dolci portati da casa, disegni fatti per lei dai bambini delle colleghe, una bella borsa come dono, era commossa e incredula. Per giorni non ha pronunciato una parola. Ci guardava come un uccello ferito. Poi lentamente ha cominciato a parlarmi della sua infanzia, dei suoi amori sbagliati, delle divisioni in famiglia… Siamo diventate amiche. Ora frequenta la nostra casa e aiuta i miei figli per la matematica e per l’inglese. Ormai è una di famiglia. Sembra che anche il suo passato si stia risanando. (G.R. – Italia)
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.4, luglio-agosto 2020) [1] C. Lubich, in Gen’s, 30 (2000/2), p. 42. (altro…)
Giu 29, 2020 | Chiara Lubich
Quante persone, anche autorevoli, hanno sottolineato in questi mesi che uno degli effetti della pandemia è l’averci messi tutti di fronte all’essenziale, a quello che vale e rimane. Quanti di noi hanno perso parenti o amici e hanno toccato con mano la vicinanza della morte. Il seguente scritto di Chiara Lubich tocca questi due argomenti così vicini a quanto stiamo vivendo nel mondo. (…) L’inizio dell’avventura divina del nostro Movimento (…) è ambientato (…) in una circostanza particolare: la guerra; la guerra con le sue bombe, le sue rovine e i suoi morti. (…) Penso che per noi non sarà possibile vivere con perfezione e intensità il nostro Ideale, se non tenendo sempre presente quel clima, quell’ambiente, quelle circostanze. E il Signore ancora oggi, dopo più di quarant’anni, non ci fa mancare le occasioni: le frequenti «dipartite» dei nostri (…) sono un continuo richiamo al «tutto passa», al «tutto crolla», sfondo necessario per capire ciò che veramente vale. Fa impressione quello che ci mandano a dire con insistenza questi nostri fratelli «in partenza». (…) Nelle situazioni in cui si sono trovati, hanno visto più lontano, come, quand’è notte, si possono vedere le stelle. Colgono, per una luce particolare, l’assoluto valore di Dio e lo dichiarano amore. Anche noi, mentre stiamo quaggiù, se vogliamo fare della vita un vero santo viaggio, dobbiamo avere, come loro hanno avuto, le idee chiare: considerare ogni cosa che non sia Dio transitoria e passeggera. Tuttavia la nostra fede e il nostro Ideale non si fermano al traguardo della morte. Il grande annuncio del cristianesimo è: «Cristo è risorto». E il nostro Ideale ci chiama sempre ad andare «al di là della piaga» per vivere il Risorto. Noi siamo chiamati, dunque, a pensare soprattutto al «dopo». Ed è su questo «dopo», il misterioso ma affascinante «dopo», che vorrei soffermarmi questa volta. Succede a me abbastanza spesso, e forse anche a voi, di chiedermi: dove saranno i nostri? (…) Mi passano questi pensieri perché, qui in terra, fino a poco tempo fa, sapevo dov’erano, quello che facevano. Ora tutto mi è ignoto. Certamente, la fede dà le risposte a questi nostri interrogativi e noi le conosciamo. Una parola di Gesù, però, mi ha dato in questi ultimi giorni luce e conforto, grande conforto. L’ha detta Gesù al buon ladrone: «Oggi sarai con me nel paradiso»[1]. Oggi: dunque subito, subito dopo la morte. (…) Cosa dobbiamo ricavare allora da questi pensieri? Cerchiamo di vivere in maniera che anche a noi sia detto quell’«oggi»: «Oggi sarai con me nel paradiso». Ma lo sappiamo: sarà dato a chi ha: «a chi ha sarà dato»[2]. Se qui in terra saremo, per amore di Dio, paradiso per i nostri fratelli; se saremo gioia, conforto, consolazione, aiuto, per i singoli, per la nostra Opera, per la Chiesa, per il mondo, il Signore ci darà il paradiso. (…)
Chiara Lubich
(in una conferenza telefonica, Rocca di Papa, 10 maggio 1990) Tratto da: “Essere per tutti causa di letizia”, in: Chiara Lubich, Conversazioni in collegamento telefonico, pag. 399. Città Nuova Ed., 2019. [1] Lc 23, 43. [2] Mt 13, 12. (altro…)
Mag 29, 2020 | Famiglie
La testimonianza di Rolando, manager di una ditta di San Salvador: preoccupazioni e attese per il suo Paese in tempo di pandemia e la scelta, come famiglia, di vivere per gli altri. Nel Salvador, siamo in quarantena come nel resto del pianeta. La paura, comprensibile ma, a mio parere, sovradimensionata ha guadagnato spazi e con il fine di contenere i contagi si sono incoraggiate misure che vanno contro i diritti umani. Approfittando dell’emergenza si mina la democrazia e, sempre per la paura, buona parte della popolazione esige una mano forte. Così la pandemia ha generato, come misure per combattere il virus, un ritorno verso l’autoritarismo. Un ritorno all’intolleranza, al non dialogo con sentimenti di rabbia e di vendetta. Da aggiungere l’impatto negativo sull’economia con la chiusura delle attività non essenziali, l’alta percentuale dell’economia informale, la riduzione delle rimesse e l’alto livello di indebitamento motivato dall’emergenza. Per me, questa situazione è una desolazione collettiva. Da giovane ho vissuto la guerra civile e, con tante illusioni, l’arrivo del dialogo e la firma della pace. Ho seguito il lento processo verso la democrazia, mai soddisfatto, ma sempre con speranza. Mai avrei immaginato che avrei rivisto le forze armate dominare la scena politica e la rottura dell’ordine costituzionale. È un dolore personale e sociale che, a volte, mi ha fatto perdere l’ottimismo. Penso che ci sarà nel prossimo futuro una crisi economica e sociale che colpirà la democrazia e, in particolare, le persone più vulnerabili. La spiritualità dell’unità che cerchiamo di vivere nella mia famiglia, ci spinge tutti a fare delle azioni concrete in favore di chi ci è vicino. Personalmente, immerso nel telelavoro, cerco innanzitutto di amare Irene, mia moglie, valorizzando lo sforzo che fa per reggere la difficile situazione, aiutandola e coprendo i vuoti, anche perché per la pandemia non ci sono le persone che ci aiutavano in casa. Preparo con gioia le pietanze che piacciono a Roxana, la figlia più giovane, e faccio coraggio a Irene Maria, la figlia più grande, che studia all’estero. Ogni giorno sento i miei genitori e mi occupo dei loro bisogni. Cerchiamo di sostenere e dare serenità alle persone che aiutano in casa, garantendo i loro stipendi, finché riusciremo…
Con gli impiegati della compagnia dove lavoro, insieme ad altri dirigenti, stiamo implementando politiche di sostegno economico, facilitando il lavoro a distanza dei dipendenti per garantire il loro posto di lavoro. M’impegno a rapportarmi meglio che posso con il mio team e ad essere comprensivo per la loro minore produttività. Con alcuni esperti delle diverse aree ci scambiamo le esperienze, studiamo la crisi, i modelli economici, lo sviluppo dei mercati, la politica, consapevoli dell’opportunità che ci si presenta per imparare cose nuove e trovare delle idee innovatrici per affrontare il futuro. Senza rendermi conto, le giornate passano in fretta, e una sensazione di pace inonda spesso la mia anima. Continuo a preoccuparmi per la situazione sanitaria del Paese, per la democrazia in pericolo, per l’economia, ma sento, sempre più forte, la forza di continuare a lottare per tenere alti i valori nei quali credo, nonostante che fuori, la tempesta sia forte.
Rolando, El Salvador (Raccolta da Gustavo E. Clariá)
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Apr 29, 2020 | Testimonianze di Vita
Tutto dipende da come guardiamo “l’altro”, il fratello o la sorella: le situazioni possono ribaltarsi se scegliamo di amare. Tempi duri Krystyna mi parlava dei tempi duri della Polonia in stato di guerra: «Mancavano generi alimentari e prodotti per l’igiene, ricevevamo roba da amici dell’allora Germania Orientale. Invece i nostri vicini facevano feste con abbondante uso di alcolici. Un giorno però notammo nel loro appartamento un insolito silenzio e dalla bambina, rimasta sola, venimmo a sapere che la mamma era in ospedale. Andai a trovarla portando con me sapone e dentifricio, prodotti allora introvabili. Quando lei mi vide, rimase di stucco: “Proprio lei, a cui ho dato sempre disturbo, è venuta da me? Nessuno degli amici che ci frequentano è venuto: Una volta dimessa dall’ospedale, mi invitò a casa sua. L’accoglienza fu calorosa. Poi prese a confidarmi qualcosa della sua triste infanzia, il non senso della sua vita e il bisogno di uscire da un certo giro. L’ascoltai con amore e le assicurai la mia preghiera. In seguito, l’uomo che viveva con lei se ne andò e la rumorosa compagnia smise di frequentare quella casa. Ora quella mamma poteva offrire una vita “normale” alla sua bambina». B.V. – Polonia Giovane coppia del Sud Venuti dal Sud Italia, si erano trasferiti al Nord per uscire da un paesino dove dominava la mafia. Avevano necessità di trovare casa e lavoro per entrambi. La mia situazione economica non era delle più floride, ma con fede mi sono messa ad aiutarli a cercare un alloggio. Purtroppo, quando dicevo che erano del Sud, tanti chiudevano la porta. Ho pianto con loro e ancora una volta mi sono resa conto che soltanto un povero può capire un altro povero. Ho vissuto con quella giovane coppia tante umiliazioni e, quando alla fine abbiamo trovato la casa e il lavoro, mi sono scoperta arricchita da questa condivisione. V.M. – Italia Le tovaglie rubate Lavoro come cassiera in un ristorante. Non ho ritegno a chiedere in cucina gli avanzi per portarli ai bambini che vivono sulla strada. Sono sempre tanti quelli che tutti i giorni incontro lungo il tragitto verso casa. Un giorno, mentre sto scendendo dal bus, qualcuno mi strappa dalle mani la borsa e via! Rimango interdetta: dentro c’erano dieci tovaglie del ristorante appena ritirate dalla lavanderia. Come fare? Come lo dirò al mio datore di lavoro? Comprare la stoffa per rifarle è impensabile, date le mie possibilità, e non so come dirlo a mia madre e al direttore del ristorante. Sono certa però che l’Eterno Padre mi aiuterà. Il giorno dopo riferisco al mio datore di lavoro quello che mi è successo e lui, senza scomporsi, dice che attende le tovaglie prima possibile. A questo punto una cliente che ha ascoltato la nostra conversazione si avvicina e si dichiara disponibile a comprare la stoffa necessarie per confezionarne di nuove. Da non crederci! Il mio primo moto di gioia è stato pensando ai bambini che avrei potuto ancora aiutare con il cibo. D.F. – Filippine Fiducia Incontrai Alvaro in una trattoria: 35 anni, trasandato e con la barba incolta. Quando mi chiese di aiutarlo a compilare delle domande di lavoro, gli diedi appuntamento per il giorno dopo nel mio studio. Si presentò verso sera, dicendo che in realtà chiedeva solo amicizia. Mi fece compassione e, superando il disgusto per l’odore che emanava, gli offrii del brandy. Lui capì che non lo giudicavo e cominciò a raccontarmi i suoi problemi, da quando, bambino, era stato abbandonato dalla madre e il padre era finito in prigione. Le ore passavano e lui, come in confessione, continuava a dirmi di sé. Albeggiava quando si accorse che era giorno e, scusandosi, mi salutò. Lo rividi altre volte, gli feci conoscere i miei amici che lo accolsero con eguale familiarità. Lui ricambiava con vari lavoretti: un vero aggiusta-tutto. Riuscì poi a trovare un lavoro stabile, fece anche carriera, si sposò e divenne padre di due bambini. Quando, anni dopo, mi raccontò tutto questo, era un’altra persona. Aveva ritrovato la sua dignità, grazie alla fiducia che gli avevamo dimostrato. A.C. – Italia
a cura di Stefania Tanesini
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno VI, n.2, marzo-aprile 2020) (altro…)