Movimento dei Focolari

Tra i ragazzi di strada

Nel Focolare di Città del Messico, la Chiesa in uscita di Papa Francesco ha la voce e il volto anche di Reina Cruz, salvadoregna, animatrice di una comunità che condivide la parola di vita in situazioni difficili, a pochi chilometri dalla capitale messicana. Nel gruppo che si è scelto di accompagnare c’è anche chi spaccia e consuma droga. Le focolarine portano la voce del Papa nelle periferie, come egli spesso invita a fare, in sobborghi difficili, poveri, popolati da milioni di persone che, grazie a loro, per la prima volta possono ascoltare una pagina del Vangelo. Non è facile, confessa Reina, «ma andare in un contesto in cui ragazzi di 13-14 anni vivono praticamente senza familiari ci fa capire che dobbiamo portare almeno la nostra presenza. Un accompagnamento che si allarga alle zone più remote, come la visita ai missionari saveriani presenti nella foresta di Santa Cruz, intensificata nella settimana santa e nella Pasqua. Catechesi e aiuti materiali hanno creato un fecondo clima comunitario nelle parrocchie che abbiamo conosciuto». In questi angoli spesso dimenticati, le ragazze hanno presentato la spiritualità del focolare, ben diffusa oramai in centottantadue paesi del mondo, con centri in ottantasette nazioni, anche in Messico, e centodiecimila membri. Con l’ottica di accompagnare i fratelli, caratteristica del movimento fondato da Chiara Lubich (che con la visita del 10 maggio di Papa Francesco a Loppiano si sente maggiormente incoraggiato a continuare il cammino iniziato dalla serva di Dio), i gruppi messicani si sono inseriti in diverse esperienze sociali. «Con altre undici persone — racconta Reina — andiamo a visitare Santiago de Anaya, Actopan, nello stato di Hidalgo, nel cuore del Messico». Senza aspettare nulla in cambio, nemmeno l’interesse per la loro spiritualità, hanno iniziato un cammino con i padri missionari del Verbo Divino. Unico obiettivo, offrire spunti di riflessione comunitaria nella quotidianità: la parola di Dio e le sue conseguenze nella vita grazie alle coppie di laici impegnati. Il fenomeno dello spaccio e del consumo di droga tra gli adolescenti ha allertato i partecipanti al Focolare, spingendoli ad ascoltare le terribili esperienze e condividendo il messaggio evangelico anche con i ragazzi che vivono soli per strada. «Il 6 maggio, a esempio, si sono avvicinate due ragazzine di 14 e 17 anni per raccontarci, tra le lacrime, la crescita del consumo di droga tra i loro amici». La maggiore tra le due era stata cacciata di casa dalla mamma, ricorda Reina, e la ragazza era disperata per la rottura del legame con la madre. Che fare? Come aiutare? Accogliere le domande sulle ferite familiari è parte del compito di accompagnamento che vivono i seguaci di Chiara Lubich. Sfide sempre maggiori che descrivono una società con valori sempre più fragili, vincoli familiari deboli o molte volte assenti. Così la loro presenza rimane spesso l’unico punto di riferimento per persone che, nel momento della crescita, necessitano di uno scoglio al quale aggrapparsi per non rischiare di affogare nelle droghe o nella disperazione. Ecco l’importanza dell’ascolto, spiegano al Focolare di Città del Messico, di proporre la preghiera, e degli incontri di spiritualità per il rinnovamento della loro vita in Dio. L’obiettivo rimane l’unità e il dialogo con i sacerdoti del posto per agire insieme, evitando fratture, e guardare a progetti di sviluppo, come l’economia di comunione, occasioni per uscire dalla povertà e camminare verso la dignità. Un viaggio da fare in compagnia della Vergine Maria, una madre che non abbandona i propri figli, «nemmeno i più soli».   Fonte: Osservatore Romano (altro…)

Genfest 2000: un’onda di “Luce”

Genfest 2000: un’onda di “Luce”

«Sono passati 18 anni, ma l’onda di quell’evento ancora muove tutti noi che vi abbiamo partecipato. Qualche mese prima, nel dicembre del ‘99, ero arrivato a Roma. Cominciava per me un periodo in cui avrei lavorato, come grafico, al Centro gen internazionale, in preparazione al Genfest. Non potevo ancora immaginare quali sorprese mi avrebbe riservato quell’anno! Un giorno di febbraio, mentre mi trovavo solo con la mia chitarra, pensavo a Chiara “Luce” Badano: era una gen come noi, morta dieci anni prima, e nei suoi ultimi momenti di vita aveva offerto il suo dolore per la riuscita del Genfest. Mi venne l’ispirazione, tuttora non so spiegarmi come, di una canzone dedicata proprio a lei: “Corri, corri, dimmi che non c’è nulla da temere. Corri, corri, brilla, brilla che la tua luce ora è in me”. Non potevo che intitolarla: “Luz”, luce. Il giorno dopo, a Loppiano, era in programma il primo di una serie di appuntamenti con il gruppo che doveva curare le musiche. Si trattava di scegliere le quattro canzoni ufficiali del Genfest. Un po’ teso, proposi anche quella, cantandola davanti a tutti. “Luce” venne scelta, e da allora in poi, fino a oggi, è stata cantata e tradotta in diverse lingue, divenendo il simbolo di un’esperienza fatta propria da tantissimi giovani, dietro l’esempio di Chiara Badano, che nel 2010 è stata proclamata beata. Tempo dopo i suoi genitori, Maria Teresa e Ruggero, mi hanno detto, abbracciandomi: “Hai trovato il modo migliore per farla conoscere, perché chi canta prega due volte!”. Quel Genfest, il primo organizzato completamente da noi giovani, era una vera sfida, un’esperienza di unità tra noi e di maturità. Arrivato il momento della scelta di un logo, feci una proposta, il segno di un’onda che sarebbe rimasta incessante nel tempo. E, altro grande regalo, anche quel logo venne scelto! Tutto era pronto il 17 agosto. Di buon mattino eravamo già sul palco per il sound check e gli ultimi preparativi. Prima dell’inizio, 25 mila persone erano in attesa di entrare nello Stadio. Tre, due, uno…con una percussione dai ritmi diversi e un suono sottile e incessante, come un battito cardiaco, finalmente ebbe inizio quello che stavamo preparando da mesi. Un programma ricco, per mostrare ai giovani di tutto il mondo che l’unità era possibile. Intorno alle 18,30 era il mio turno, con una canzone che avevo composto in Costa Rica quattro anni prima (“Basta un sorriso”). La storia di Chiara “Luce” Badano, presentata come un esempio di santità a soli 18 anni, mentre scorrevano le immagini del suo volto luminoso e sorridente sul grande schermo, venne accolta in un silenzio assoluto. Sembrava di vivere un attimo di eternità. Subito dopo, i primi accordi di “Luce”. Infine il momento più atteso, la proposta di Chiara Lubich: “L’idea di un mondo più unito, per cui molti giovani oggi si battono, non sarà solo utopia, ma diverrà, nel tempo, una grande realtà. E il tempo futuro è soprattutto nelle vostre mani”. Quindi il lancio del “Progetto Africa”. Ma non era finita, ancora ci aspettava il grande appuntamento della GMG, il 19 e 20 agosto, nella vicina spianata di Tor Vergata, con Giovanni Paolo II. Un’altra giornata storica, con due milioni di giovani, a cui nemmeno il caldo del giorno e il freddo della notte avevano spento la gioia di stare insieme. Indimenticabile la consegna del Papa: “Non abbiate paura di essere i santi del Terzo millennio”. Prima di ritornare nel Costa Rica, nel dicembre di quell’anno, ho avuto la possibilità di salutare personalmente Chiara Lubich e di lasciarle un ricordo di quella magica esperienza che avevo vissuto quell’anno: un piccolo libretto. Ma i regali per me non erano finiti: dopo tanti anni, ho incontrato una ragazza austriaca che come me aveva partecipato a quel Genfest, Tina. Ora è diventata mia moglie!».

Sandro Rojas Badilla

Ascolta: “Basta un sorriso” Ascolta: “Luz” Foto: Sandro Rojas Badilla (altro…)

World Peace Forum a Toronto

World Peace Forum a Toronto

“Leadership for Peace” è il tema della XII edizione del World Peace Forum, dal 19 al 22 aprile. Il Forum internazionale collega e raccoglie ogni anno centinaia di giovani attivisti e promotori, nei rispettivi paesi, di iniziative per la pace. Dopo le recenti edizioni a Il Cairo (Egitto), Florianapolis (Brasile) e Madaba (Giordania), quest’anno sarà Toronto (Canada) ad ospitare l’evento, con un ricco programma di dibattiti, ricerche e analisi per lo sviluppo, scambio di buone pratiche, modelli di risoluzione dei conflitti, individuazione di valori e strategie comuni per creare una rete di leader motivati nel costruire la pace nel mondo. Il Forum 2018 è rivolto in particolare a dirigenti, amministratori pubblici e privati, insegnanti, formatori, presidenti di ong, leader religiosi e di agenzie governative, attivisti e membri di movimenti che operano in favore del dialogo, della pace e del disarmo. Per informazioni: www.worldpeaceforum.org (altro…)

El Salvador: la storia di Nelson

El Salvador: la storia di Nelson

Nelson_Genfest«Mi trovo per un periodo in Italia, a lavorare, insieme ad altri giovani della mia età, al prossimo Genfest 2018 a Manila». Fervono i preparativi per il primo Genfest della storia fuori dall’Europa. Al gruppo internazionale di ragazzi che vi lavorano si è unito Nelson, arrivato nel 2017 in Italia, prima a Loppiano (Firenze), poi al “Centro internazionale Gen2” nei pressi di Roma, dove lo intervistiamo. «Vengo da El Salvador, lo Stato meno esteso ma più popolato dell’America Centrale istmica. Un Paese bellissimo, ma colpito in anni recenti da una guerra civile, durata 12 anni e finita nel 1992, che l’ha lasciato distrutto». Spiega Nelson: «Dopo la fine della guerra, molte famiglie si sono trovate nella necessità di dover cercare altrove un sostentamento e tanti genitori sono emigrati, affidando i figli a parenti o a chi se ne poteva prendere cura. Ma nel clima di smarrimento generale, questo ha comportato che a una generazione di bambini e ragazzi è mancata una guida, o semplicemente chi se ne interessasse veramente. A ciò si è aggiunta le difficoltà di far giungere a destinazione, nel Paese d’origine, i soldi guadagnati all’estero, e tanti di questi ragazzi sono rimasti privi di tutto e hanno cominciato a lasciare la scuola, a girare per la strada, a cercare nella delinquenza l’attenzione che non avevano da nessuno. In breve, reclutando adolescenti e anche giovanissimi, si sono formati molti gruppi criminali sempre più radicati e pericolosi, ognuno con un nome e una identità precisa contraddistinta da simboli, rituali di iniziazione e gesti». Ogni gruppo si identifica con un tatuaggio, che fissa per sempre l’appartenenza dei membri, impossibilitati a uscirne se non finendo ammazzati, o in carcere, o scappando dal Paese. «Per sradicare quello che sembrava inizialmente un problema semplice da risolvere – continua Nelson – il governo ha avviato un piano, a sua volta violento, rinchiudendo ad esempio in prigione chiunque portasse un tatuaggio. Il risultato è stata una escalation di violenza senza precedenti, con una risposta efferata delle gang che hanno cominciato ad ammazzare senza ragione, a minacciare ragazzi sempre più giovani e costringerli ad entrare nel gruppo». «Prima di arrivare in Italia, lavoravo a San Miguel, in una scuola salesiana che si dedica, con vero spirito di accoglienza, a più di un migliaio di studenti che vengono da fuori città ogni settimana. Molti di loro hanno gravi problemi famigliari o parenti arruolati nei gruppi criminali, o peggio ancora, sono loro stessi in procinto di entrarvi. Insegnavo educazione fisica. Un giorno, durante l’ora di nuoto, un ragazzo voleva entrare in piscina senza togliersi la maglietta, nonostante la regola lo impedisse. Era nervoso e impaurito. Allora l’ho preso in disparte per parlare da solo con lui, e gli ho chiesto il motivo. Mi ha risposto che si era fatto tatuare il simbolo di un gruppo, e non voleva che nessuno lo sapesse. Gli ho dato il permesso di entrare in acqua con la maglietta, ma dopo, in classe, sono tornato sull’argomento e abbiamo cominciato a parlare dei modi per cercare strade alternative alla criminalità. Così, fino alla fine dell’anno, abbiamo provato a spiegargli, tutti insieme, che c’è sempre una via di uscita, un altro modo di vivere, lontani dalla violenza. Dopo di un paio di mesi l’ho rivisto, indossava fiero una uniforme di lavoro, era riuscito a lasciare il gruppo, che grazie a Dio lo aveva lasciato in pace. Ora aiutava la sua famiglia. “Grazie prof. È grazie a tutti voi se ho capito che potevo diventare una persona diversa da quella che cominciavo ad essere. E soprattutto a cambiare rotta nella mia vita”». Chiara Favotti (altro…)