16 Set 2016 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Nel 2011 Maria Clara, neopensionata, si trasferisce nei pressi del penitenziario femminile di Pozzuoli (Napoli), una grande struttura di detenzione tra le più sovraffollate d’Italia. Colpita dal grido di dolore che arriva dalle finestre sbarrate, ne parla con gli amici della locale comunità dei Focolari e in 25 di loro (giovani, ragazzi, famiglie…) decidono di rispondere all’appello. In accordo con la Caritas diocesana e con altri Movimenti, il gruppo si immerge così in quell’umanità sofferente che sta dietro le sbarre. Un’esperienza non facile, che porta ad affinare, nel segno della misericordia, ogni gesto e parola per essere davvero quella vicinanza d’amore che quel mondo aspetta. Ognuno diventa sempre più consapevole che non va lì per “assolvere”, giudicare, o per fare semplice assistenzialismo, ma soltanto per amare, puntando alla ricostruzione della persona. Ed è forse per questo loro atteggiamento che ben presto vedono emergere in ciascuna il lato positivo. “Quando uscirò da qui voglio essere una persona nuova”, confida una di loro. E un’altra: “Adesso che so cosa vuol dire essere cristiana, voglio vivere secondo il Vangelo amando le mie compagne di cella, anche se mi rendono la vita impossibile”. E un’altra ancora: “Ho capito che il vero aiuto viene da Gesù Eucaristia e non dai ‘potenti’ della terra”. Questo fluire di luce e di grazia non si conquista con la bacchetta magica. È il frutto di una continua attenzione ai bisogni delle detenute, sostenendole nel ritrovare la propria dignità in una discreta e perseverante formazione a vivere il Vangelo. È andare con loro alla messa domenicale, animandola di canti, e mettersi a disposizione per ristrutturare la cappella. È chiedere ed ottenere il permesso dalla direzione del carcere di organizzare, nella Casa famiglia “Donna Nuova” che ospita donne a regime di detenzione alternativo, tutta una serie di laboratori di educazione sanitaria, corsi di cucina, yoga, cucito, ecc. Una delle necessità delle detenute – non detta, ma subito rilevata – è la cura della propria immagine. Ed è così che è nata l’idea della “Boutique rosa”, un luogo gratuito all’interno del carcere, con le pareti tinteggiate di rosa, con tende e mensole colorate in contrasto con il grigiore delle celle. Un punto in cui le recluse, spesso abbandonate o lontane dalla propria famiglia, settimanalmente possono ricevere prodotti per l’igiene e la cura della persona, vestiario, biancheria, ecc. Insomma tutto ciò che serve per migliorare il “look” ed aumentare la propria autostima. E intanto si ascoltano le loro difficoltà con le altre detenute o con gli agenti, si dà conforto al loro dispiacere di non potersi occupare dei figli a casa, costruendo rapporti sempre più stretti. È anche l’occasione per condividere piccole o grandi gioie, come ad esempio uno sconto di pena, una visita inattesa, i passi fatti nel ricominciare. Tante di loro sono di etnie e culture diverse e appartengono a varie chiese cristiane e diverse religioni. “Ricordo una donna ortodossa – racconta Maria Clara – che nella settimana di preghiere per l’unità dei cristiani ha voluto partecipare con un suo canto-preghiera. Piangendo, mi ha poi detto che offriva l’immenso dolore della detenzione per l’unità delle chiese. Siamo poi andati a Napoli a conoscere il marito e i 5 figli, portando loro degli aiuti. Abbiamo condiviso questa esperienza con alcune persone appartenenti a chiese cristiane di diverse denominazioni con cui in diocesi è aperto un dialogo ecumenico, proponendo loro di venire anch’esse in carcere per aiutare nella “Boutique rosa”. Non aspettavano altro! Adesso collaborano con noi anche 4 sorelle evangeliche. Grazie ad esse, i rapporti con le detenute di chiese diverse diventano sempre più stretti e, talvolta, continuano anche quando escono dal carcere”. (altro…)
9 Mag 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
E
ra l’estate del 2013, e dalla condivisione tra un gruppo di ragazzi di Roma nasce l’idea di fare qualcosa per frenare il proliferare del gioco d’azzardo. Sempre più capitava di vedere anziani e giovani incollati davanti alle slot machine, presenti in moltissimi bar. Negli ultimi anni, nonostante la crisi economica, l’offerta e il consumo di azzardo in Italia sono cresciuti vertiginosamente: gli italiani spendono 85 mld all’anno e le slot macchine di ultima generazione sono più di 50.000, gli “azzardopatici” stimati sono circa 800.000. Vediamo come l’azzardo stia devastando le nostre città, impoverendo il tessuto sociale, creando solitudine e isolamento. A guidare l’esponente crescita dell’offerta di azzardo c’è una visione dell’economia in cui importa il solo profitto delle multinazionali del settore, con il consenso da uno stato che vede in esso la possibilità di guadagnare. Davanti a questo scenario desolante quel gruppo di ragazzi romani si è domandato cosa poter fare… e da lì è nata l’idea di premiare quei baristi che hanno scelto di non avere l’azzardo nel proprio locale, andando a fare colazione in massa nei loro bar: facendo quindi uno Slotmob. Inizialmente si pensava di proporlo a Roma e Milano, ma l’idea semplice e concreta ha affascinato diverse persone dal nord al sud della penisola. In questi due anni e mezzo sono stati realizzati 120 slotmob, che hanno visto la partecipazione di più di 10.000 persone, mettendo in rete più di 200 associazioni. Si sono creati così rapporti tra realtà molto diverse tra loro, creando spazi di incontro e conoscenza, ritessendo quel legame sociale che l’azzardo aveva disgregato. «A Roma abbiamo concentrato le nostre forze su una zona soprannominata la “Las Vegas” di Italia – racconta Maria Chiara –. In poco tempo si è creata una rete che coinvolge 7 associazioni locali, che si occupano di azzardo sotto diversi profili. È nato un rapporto sincero, non privo delle difficoltà dal lavorare insieme. Così è partito il progetto “Non Azzardiamoci”, che vede coinvolte alcune scuole della città. Parlare con i ragazzi del potere delle nostre scelte e di come possiamo cambiare una realtà ingiusta a partire da noi, non è affatto facile; ma è davvero importante costruire un mondo più giusto e coinvolgere i giovani in questo processo di cambiamento».
«Nell’esperienza Slotmob – continua – stiamo incontrando tante persone, tante storie, che ci fanno capire quanto l’azzardo sia una ferita aperta nella nostra società. Durante uno di questi slotmob, un signore che ci aveva aiutato ad organizzare i giochi con i ragazzi, prende il microfono e ci racconta la sua esperienza in quanto assiduo consumatore di azzardo. Ci dice:“La mia vita è fatta di luci ed ombre e quello che mi spinge a giocare d’azzardo è la solitudine, ma oggi che vedo tutti voi qui non mi sento più solo. Quindi mi impegno a non giocare più d’azzardo e se mi doveste trovare davanti ad una slot machine, siete autorizzati a riprendermi ricordandomi questa promessa che vi faccio oggi”». «Se guardiamo indietro – conclude Maria Chiara – abbiamo raggiunto risultati impensabili: sono state bloccate due leggi che avrebbero ridotto i poteri dei sindaci nella limitazione dell’azzardo; abbiamo ottenuto il divieto parziale di pubblicità in televisione ed una maggiore attenzione dei media sull’argomento. Siamo consapevoli che la strada è ancora lunga, vogliamo che la pubblicità dell’azzardo sia vietata totalmente e vogliamo che si rimetta in discussione la possibilità di affidare la gestione dell’azzardo alle multinazionali. Per queste ragioni il 7 maggio saremo in più di 40 piazze in tutta Italia, per ribadire il nostro Sì ad un’economia diversa, premiando quei bar che hanno detto no all’azzardo». (altro…)
2 Mag 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Melbourne, Australia – Latitudine: 37°52’S Longitudine: 145°08’E Tom, un signore alto e simpatico a detta dei suoi amici, nel 2005 si è dovuto trasferire con la propria famiglia in un quartiere appena edificato di Melbourne, dove erano carenti strutture e programmi ricreativi. Poteva decidere di andar via ed invece ha cercato il modo di fare qualcosa per la propria comunità perché nel quartiere ci fosse un’opportunità per aggregarsi, condividere, incontrarsi. «E cosa c’è di meglio dello sport per aggregare le persone e le varie generazioni? In quel nuovo quartiere – racconta – c’era un parco vuoto. Allora ho iniziato a diffondere l’idea che mi era venuta in mente: creare uno spazio dove poter giocare a calcio. Non sapevo chi si sarebbe aggregato e c’era il forte rischio che mi trovassi da solo. Invece, erano tante le famiglie accomunate dallo stesso desiderio ed entusiasmo. Così, ben presto, i partecipanti sono stati così tanti che abbiamo potuto formare una squadra e poi, addirittura, un soccer club! Ora siamo 38 squadre con oltre 400 bambini e 40 anziani. Ogni settimana ci incontriamo per giocare. Il parco è stato ristrutturato e ora ci sono diversi campi con una propria illuminazione. Ma non è finita qui, perché si sono aggiunti anche gli spogliatoi, una cucina e una mensa. Insomma, è diventato un vero e proprio punto di aggregazione». Fonte: Unitedworldproject (altro…)
24 Apr 2016 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria

Foto: P. Gábor
“Voi trasformate deserti in foreste”. Lo ha affermato Papa Francesco accantonando il testo preparato per l’occasione e suscitando l’entusiasmo e la commozione delle migliaia di persone che, nel pomeriggio di domenica 24 aprile, hanno visto l’auto con a bordo il Santo Padre fare ingresso a sorpresa nel “Villaggio per la Terra”, la manifestazione organizzata da Earth Day Italia e dal Movimento dei Focolari di Roma nel cuore verde della Capitale: il Galoppatoio di Villa Borghese. Il Papa si è presentato inatteso salutato con affetto da famiglie, giovani e persone di tutte le età che da venerdì 22 aprile partecipano agli eventi ospitati nel Villaggio, incentrati sui temi della tutela del Pianeta, della Legalità, del Dialogo Interreligioso e della Solidarietà. Donato Falmi e Antonia Testa, responsabili del Movimento dei Focolari di Roma, assieme a Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia hanno accolto il Santo Padre sul palco del Villaggio e illustrato lo spirito dell’iniziativa. Falmi ha introdotto il Papa nell’esperienza della Mariapoli 2016, dal titolo “Vivere insieme la Città”, sottolineando in particolare tre parole-guida, spesso ripetute da Francesco, e adottate con spunto di ispirazione dal Villaggio: “misericordia”, “tenerezza”, “diversità come ricchezza”. Antonia Testa, invece, ha illustrato la collaborazione instaurata dal Movimento dei Focolari con Earth Day Italia e spiegato come in particolare il programma della Mariapoli abbia voluto lanciare uno sguardo su Roma, sulle sue povertà ma soprattutto sul “tanto bene” che in modo silenzioso ma incisivo viene operato quotidianamente nel suo tessuto sociale. 
Foto: Thomas Klann
Il Presidente di Earth Day Italia Pierluigi Sassi ha quindi spiegato a Papa Francesco come la strada per arrivare a questo Villaggio sia partita proprio dalla Laudato si’ e dalla “Marcia per la Terra” che l’associazione aveva organizzato coinvolgendo oltre 130 realtà in vista della firma degli Accordi sul Clima, COP21. Papa Francesco ha ascoltato intense testimonianze di partecipanti alla Mariapoli – alcuni “spaccati” di solidarietà vissuti nel mondo del carcere e con gli immigrati; iniziative dei giovani in favore del disarmo, sul valore della legalità e contro il gioco d’azzardo. Pierluigi Sassi ha concluso sottolineando il significato della partita di calcio che si giocherà lunedì al Villaggio tra la Liberi Nantes – la squadra di calcio interamente formata dai richiedenti asilo e rifugiati politici – e la rappresentativa degli studenti universitari della LUISS. “Non abbiate paura del conflitto che ha in sé rischio ed opportunità – ha detto Francesco –. Conoscere è un rischio per me e per la persona a cui mi avvicino. Ma mai, mai, mai girarsi per non vedere. Avvicinarsi all’altro, prenderlo per mano, andare ad asciugare tante lacrime… così dal deserto nasce il sorriso”. “Vi do un compito da fare a casa – ha concluso il Papa –. Quando andate per strada vedete che manca la tenerezza. Ognuno è chiuso in se stesso. Manca l’amicizia. Al centro del mondo oggi c’è il dio denaro, ma la parola chiave è ‘gratuità’ per far sì che questo deserto diventi foresta. Come si fa questo? Sempre nella consapevolezza che tutti abbiamo da farci perdonare… Lavorare insieme, rispettarci, così avviene il miracolo del deserto che diviene foresta. Grazie per tutto quello che fate”. Prima del saluto finale, un ragazzo ha donato a Francesco il “Dado della terra”, un cubo che insegna ai giovani come un gioco i principi della difesa del Creato. Discorso integrale di papa Francesco Comunicato Stampa SIF – Servizio Informazione Focolari Servizio fotografico di Thomas Klann su Flickr Produzione video: CSC Audiovisivi https://vimeo.com/164233694 https://vimeo.com/164066584 (altro…)
11 Mar 2016 | Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Se dalla capitale dell’Argentina s’imbocca l’autostrada verso il sud, dopo mezz’ora di viaggio si arriva a Plátanos, barrio di periferia con circa 20.000 abitanti. Gente lavoratrice che ha costruito le proprie abitazioni con tanto sforzo e pochi soldi. La parrocchia, intitolata a Santa Elisabetta dell’Ungheria, è molto attiva. Quasi 30 anni fa don Francesco Ballarini, italiano, ha portato lì lo spirito dei Focolari. Oggi sono i laici che continuano a vivere questo spirito di unità insieme ad altre parrocchie della Diocesi. «All’inizio di quest’anno – raccontano – abbiamo organizzato una festa per i bambini della borgata più periferica di Plátanos, i cui abitanti non frequentano molto la parrocchia. Ciascuno era invitato a mettere in comune i propri talenti: chi insegnava a impastare il pane, chi a dipingere, un laboratorio di ceramica, un papà catechista mago, alcune signore del quartiere per preparare il mate (la tipica infusione che si beve nel Cono Sud)». In quest’occasione conoscono una quindicenne al termine di una gravidanza. «Aveva bisogno di tutto. È iniziata una gara di solidarietà per riuscire a soddisfare le necessità sue e del bambino, che è nato dopo pochi giorni. Arrivando a casa sua siamo rimasti impressionati dalla precarietà dell’ambiente: piccolo, senza pavimento, senza finestre, con la porta rotta, dove abitavano oltre lei ed il neonato, 6 fratellini e i genitori. Informata la comunità di questa situazione, sono cominciati ad arrivare tanti aiuti. Siamo già quasi pronti per collocare finestre, porta, una stufa e altre persone hanno offerto la mano d’opera. Alcune signore sono andate ad insegnare a M. come accudire il meglio possibile il bambino. M., che abbiamo conosciuto triste e irascibile, ha cominciato a sorridere. È la carità vissuta insieme che fa questi piccoli miracoli». «Un’altra iniziativa che stiamo portando avanti insieme – proseguono – è il progetto Sachetera: si tratta di fabbricare dei sacchi a pelo con dei sacchetti del latte, per i senza tetto. Come parrocchia vogliamo continuare a sostenere questo progetto e, anche se potremmo lavorare ognuno a casa, preferiamo lavorare insieme: ragazzi, giovani e adulti. In una giornata di forte pioggia, dubitavamo di riuscire a riunirci, ma il pensiero dei nostri senza tetto ci ha spinti a lavorare ancora più sodo».
«Ci siamo poi incontrati a Bernal (altro barrio) con persone di altre parrocchie e con i giovani dei Focolari che portano avanti progetti di aiuto ai bisognosi. Per noi è importante condividere le nostre esperienze con altre parrocchie, anche per non chiuderci solo nella “nostra” periferia e, invece, imparare dagli altri». Quando a settembre si è incendiata – distruggendo tutto – la casa di una famiglia di un quartiere vicino, «ci siamo messi in moto per aiutare, portando il necessario dalle nostre case. Con la comunione dei beni comunitaria abbiamo contribuito alla costruzione delle pareti. Così, con molto entusiasmo, hanno potuto ricostruire la loro casetta. Solo più tardi abbiamo saputo che la famiglia appartiene alla chiesa pentecostale, e lui ne è Pastore. Ci siamo commossi perché l’Amore non ha guardato, ancora una volta, nè alla confessione religiosa, nè alle altre differenze». Nei giorni successivi il Pastore, muratore di professione, si è offerto di intonacare la parete della chiesa destinata alla costruzione di un altare per l’immagine della Vergine di Luján. «Vi ringrazio per l’amore che che avete dato senza chiedere niente – ha detto il Pastore alla comunità cattolica riunita per la messa domenicale alla quale hanno voluto partecipare – mi avete aiutato a vincere i pregiudizi che molti di noi (pentecostali) abbiamo verso i cattolici; anche voi siete miei fratelli». (altro…)