Feb 20, 2015 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Giovanni Martinelli è un piccolo-grande uomo», scrive Michele Zanzucchi su Città Nuova online dopo un colloquio telefonico col vescovo di Tripoli. «Un uomo di coraggio che, nonostante un grave problema di salute che l’ha colpito due anni fa, continua “testardamente” a voler rimanere nella sua Libia, per accudire come un pastore amoroso le sue pecore, ormai ridotte a un manipolo di filippine che lavorano negli ospedali come infermiere e che “non possono” lasciare il Paese». Riportiamo da Città Nuova online alcuni passaggi della telefonata: «Non ho nulla di particolare da dire – esordisce –, siamo diventati orfani dell’ambasciatore partito. Ma lo ripeto, non ho nulla da dire, siamo qui perché Gesù ci vuole qui. Sono al servizio di questo popolo, non sono qui per chissà quale potere». E la comunità cattolica? «La comunità cristiana esiste ancora, siamo tranquilli». Siete tranquilli? «Abbiamo appena celebrato la messa, Dio è con noi, perché dobbiamo temere? ». Anche il vicario apostolico, padre Sylvester, è ancora a Bengasi? «Certamente – risponde mons. Martinelli –, anche lui dice che si può ancora restare per essere vicini a questo popolo così provato». Che cosa ipotizzate per il futuro? «Le previsioni sono molto difficili da fare, anzi è meglio non farne, perché troppe volte abbiamo fatto ipotesi che poi non si sono realizzate. Meglio vivere giorno dopo giorno, anzi momento dopo momento. Nel momento presente c’è tutto. In quel momento incontro Gesù, incontro i fratelli, amo questo popolo». Come è la situazione a Tripoli? «Mi sembra abbastanza calma, non ci hanno proibito niente. Il clima è tranquillo e pacifico. Non c’è grande pericolo a circolare durante il giorno. Certo, la sera stiamo a casa». Paura? «Per il momento non abbiamo avuto minacce dirette. Stiamo a vedere come si svilupperanno le cose. Forse ci taglieranno la testa… Ma io gliela darò su un piatto, perché sono qui per morire per la mia gente». Come vede il ruolo dell’Italia in questa vicenda? «Si è molto impegnata, in particolare l’ambasciatore, per tenere aperto il canale del dialogo tra le diverse tribù, tra le diverse fazioni. L’Italia ha fatto finora propaganda di pace». Come vede un intervento armato straniero? «Non credo proprio che sia la soluzione». Nel 2011, quando spiravano venti di guerra, lei disse che se ciò fosse accaduto la Libia rischiava di esplodere nelle sue divisioni tribali e politiche. Ma purtroppo gli europei sembravano sicuri che la democrazia elettiva avrebbe contagiato positivamente il Paese… «La prudenza sarebbe stata utile, allora come ora. La diplomazia internazionale dovrebbe fare la sua parte per rimettere assieme i pezzi della Libia. Non si debbono imporre visioni politiche che non appartengono a questa gente». Poi riprende e conclude: «Se si viene qui solo con le armi e senza una forte volontà di dialogo, non serve a nulla. Bisogna venire qui per amare questo popolo, non per fare gli interessi degli occidentali, non per sfruttare il petrolio e altre risorse. Qui ci si può venire solo se si ha la volontà di dialogare coi musulmani. Io sono qui per questo e per null’altro scopo». Fonte: Città Nuova online (altro…)
Gen 23, 2015 | Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
Conosciuto semplicemente come Peppuccio, a lungo responsabile della Scuola Abbà, il centro culturale dei Focolari, Giuseppe Maria Zanghì si è spento improvvisamente all’età di 85 anni, dopo una breve malattia, il pomeriggio del 23 gennaio 2015. “Lui, che tante volte ci ha parlato del Paradiso, ora può goderne pienamente” – afferma Maria Voce, presidente dei Focolari nel darne notizia. Lo ricordiamo con alcuni stralci di un’intervista rilasciata nel 2009 alla rivista Città Nuova: Hai condiviso con Chiara Lubich gli inizi del Movimento Gen, che riunisce i giovani dei Focolari. Come mai lei ha deciso di comunicare anche alla nuova generazione quelle realtà mistiche note col nome di “Paradiso del ’49”? «In fondo cosa è questo “Paradiso del ‘49”? È la narrazione per iscritto che Chiara faceva a Igino Giordani di quello che accadeva in lei nell’estate del 1949 a Fiera di Primiero, un periodo contemplativo nel quale Dio le stampava nell’anima, come col ferro rovente, il progetto dell’Opera che doveva iniziare. Dio fa questo con tutti i mistici che devono essere fondatori di realtà nella Chiesa. La caratteristica del ‘49 è che a fare questa esperienza contemplativa con Chiara è stato – per partecipazione – un gruppo di focolarine e focolarini che trascorrevano con lei un periodo di vacanza, fusi in uno dall’amore di Dio: una fusione però che lasciava intatte le diverse individualità. Si tratta di una esperienza originalissima anche sotto l’aspetto culturale, perché riguarda quello che io chiamo un “soggetto collettivo”. Ogni cultura, infatti, nasce da un soggetto; e l’uomo di oggi è alla ricerca proprio di un soggetto per la cultura che deve nascere. Questo è per me il contributo più grande, e tutto ancora da capire, di Chiara alla nascita di una nuova cultura. Ma, lasciando da parte questo aspetto, sul quale dovremo lavorare e studiare, la realtà in cui Dio aveva aperto a Chiara l’abisso della sua vita facendole capire, allo stesso tempo, tante cose dell’Opera che sarebbe nata, in lei non era qualcosa solo da ricordare, ma vita attuale. E questo lo sentivi standole accanto; sentivi che seguire l’ideale dell’unità non era tanto conoscere una dottrina o sentir parlare dell’esperienza fatta da una persona, no; ma entrare nella realtà in cui Chiara aveva vissuto nel ‘49 e che continuava. Ora per lei anche i giovani del Movimento dovevano entrare nel vivo di questa esperienza insieme umana e divina, spirituale e culturale, e restarci, sviluppandola e portandola avanti». Fonte: Città Nuova (altro…)
Ott 6, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Economia, gender, educazione, famiglia, immigrazione e intercultura, gioco d’azzardo, riforme e partecipazione politica; imprese che “prediligono” i poveri al profitto: sono tra i temi toccati nei 15 laboratori di LoppianoLab, dal 3 al 5 ottobre. Sulla questione del gender, si è dato spazio non solo alla riflessione sulla scottante problematica, ma soprattutto alla condivisione di storie, dolori, esperienze, nello sforzo di stimolare il dialogo tra le diverse sensibilità. Riguardo al gioco d’azzardo, si è parlato delle oltre 60 città raggiunte dal Movimento Slotmob, in sostegno agli esercenti di bar e luoghi pubblici che hanno rifiutato le slot machine, numerose le iniziative sociali e culturali per il risanamento di persone, luoghi e comunità da questa piaga. Sul fronte economico, la Virtual Expo e la Convention di Economia di Comunione hanno permesso di disegnare una vera e propria mappa nazionale delle aziende che aderiscono al progetto EdC. Inoltre, al Polo Lionello Bonfanti, è in partenza il progetto “La Toscana verso Expo 2015” in collaborazione con la Regione Toscana: una serie di eventi preparatori sui temi del bene comune, della biodiversità e forme d’impresa, dell’economia civile e della felicità pubblica.
Una Workshop School di EdC, un Seminario delle Scuole di Formazione Politica promosse dal Movimento Politico per l’Unità, e le proposte dell’Istituto Universitario Sophia, hanno sottolineato l’impegno dei numerosi giovani presenti a LoppianoLab a costruire reti trasversali sul territorio non solo con le istituzioni e la politica, ma anche con il mondo imprenditoriale e del lavoro. «Solo una società in cui tornare a fidarsi l’uno dell’altro può definirsi correttamente civile; solo allora potremo dirci l’un l’altro: ‘non importa da dove vieni, purché si possa andare avanti insieme’», ha affermato Luca Gentile, direttore editoriale di Città Nuova.
Una partecipazione inattesa nei 3 giorni di LoppianoLab: 3.000 sono, infatti, le presenze registrate. Tra queste, il premier Matteo Renzi, che ha fatto tappa nella cittadella dei Focolari nel corso della festa per il 50° per «portare la stima, l’amicizia, la vicinanza di tutte le istituzioni italiane». Il Presidente del Consiglio ha riportato l’attenzione su tre tematiche: l’unità, prima di tutto, che definisce «scelta politica con la “P” maiuscola», «una grande sfida politica che nasce da una straordinaria intuizione». Il Polo imprenditoriale e la scommessa dell’Economia di Comunione, che costituiscono «un nuovo modello per l’economia, un paradigma economico per il nostro tempo», in cui «c’è bisogno di riflettere su come la crisi ha cambiato il nostro sistema produttivo e occupazionale». Infine, ricordando la definizione di Loppiano dello scienziato Ugo Amaldi («Città della fiducia»), Renzi ha sottolineato quanto oggi ci sia bisogno di fiducia: «Fiducia venuta meno ormai non solo nelle relazioni interpersonali, ma soprattutto nel futuro». Mentre accoglienza, dialogo e cura dell’istruzione per generare il bene comune – non solo dell’Italia, ma dell’umanità – sono i punti emersi nel video messaggio di papa Francesco, vera sorpresa per gli abitanti della cittadella e tutti i partecipanti a LoppianoLab, con il suo augurio a «guardare avanti e puntare in alto con fiducia, coraggio e fantasia».
Foto su Flickr: www.flickr.com/photos/sif_loppiano/15436576965/ Rivedi la diretta http://vimeo.com/album/2594769/video/108039234 (altro…)
Set 24, 2014 | Centro internazionale, Cultura, Spiritualità
«Alla nuova presidente augurerei di saper ascoltare sempre lo Spirito Santo e, di conseguenza, costruire tutto “in unità”» – aveva dichiarato Maria Voce pochi giorni prima della sua rielezione, senza sapere che queste parole sarebbero diventate l’incipit del suo secondo mandato. Approfittando di una delle pause dell’assemblea dei Focolari ancora in corso (si concluderà il 28 settembre prossimo), le diverse edizioni Città Nuova intervistano la neo rieletta presidente dei Focolari e Jesús Morán, copresidente. Le domande riguardano la vita del Movimento e le grandi sfide che lo attendono. Ne riportiamo di seguito alcuni stralci; qui l’intervista integrale in lingua italiana. In che modo ascoltare e mettere in pratica quanto sta dicendo papa Francesco alla Chiesa e alla società di oggi? Maria Voce: «Dobbiamo farlo a partire dal carisma dell’unità: anche noi dobbiamo pensare ai poveri e agli emarginati, ma partendo dal nostro specifico, non solo a livello personale, il che è necessario, ma senza mai prescindere dal carisma». «Mi sono entusiasmata quando papa Francesco ha detto a Redipuglia che “la guerra è una follia”. È una malattia, quindi è da curare. Quale tipo di cura possiamo offrire noi focolarini? L’unica che abbiamo è il nostro carisma, non abbiamo altro. Un carisma che ci chiede di costruire rapporti di pace, di conoscenza reciproca anche fra persone che non si guardano in faccia, tra persone che si odiano, per contribuire al cammino verso l’unità». Jesús Morán: «Noi non ci caratterizziamo per la frenetica ricerca di spazi di potere, non è nel nostro stile. Piuttosto cerchiamo di iniziare dei processi». «Papa Francesco paragona la Chiesa non tanto a una sfera quanto a un poliedro, affermando così che le tendenze più importanti sono spesso emerse in periferia. Tutto ciò mi sembra che si combini perfettamente con un’Opera che ha un principio di unità molto forte. D’altronde anche Chiara (Lubich) stessa ha fondato molto spesso in periferia, valga per tutti l’esempio dell’Economia di Comunione nata in Brasile, oppure quello dell’ecumenismo che ha acquisito nuove prospettive negli incontri di Chiara con Athenagoras a Istanbul, mentre a Fontem [Camerun] è emersa l’inculturazione “alla focolarina”… Questo principio possiamo viverlo anche noi, e cioè andare alla periferia e cogliere quel qualcosa che vi emerge e che poi diventa universale». Come rispondere alle grandi sfide poste dalla situazione mediorientale, nella quale i focolarini sono in prima linea? Maria Voce: «Ho l’impressione che il Movimento stia facendo molto di più di quanto non appaia. Ho ricevuto in questi giorni una lettera dalle focolarine di Damasco che mi chiedevano il consenso di recarsi a trovare la comunità di Aleppo, dove già ci sono dei focolarini. Ho risposto di sì, anche se i rischi sono innegabili: il carisma dell’unità può e deve essere presente in questi posti per costruire rapporti, per portare un po’ di pace. Ovviamente le soluzioni politiche a livello internazionale sono necessarie, così come gli aiuti umanitari che peraltro arrivano e sono più o meno ben distribuiti; il Movimento da parte sua contribuisce a sradicare l’odio dal cuore degli uomini, operazione senza la quale non potranno mai essere trovate delle soluzioni politiche vere e durature». «Se c’è qualcosa che il carisma può fare è di diffondere la cultura dell’incontro, la cultura della fiducia reciproca, la cultura dell’amore, aiutando ad esempio chi è nel bisogno indipendentemente della religione di appartenenza o dallo status sociale, dal confine che lo divide da un’altra fazione. (…) Bisogna anche chiedersi che cosa abbia da dire il carisma dell’unità di fronte a questi conflitti, quale sia l’incidenza possibile… Ricordo che Chiara, citando un episodio vero accaduto in Colombia, disse che si può fermare la mano d’un terrorista semplicemente facendo un atto d’amore. Tutto ciò dobbiamo farlo impegnandoci di più e meglio, tutti insieme». Jesús Morán: «Si tratta in sostanza di sviluppare i dialoghi che ci sono tipici. Questi giorni in Assemblea nel mio gruppo di riflessione c’era un musulmano: avere un fratello di un’altra religione con cui condividere tutto non è cosa da poco, un fratello che si sente rappresentante del Movimento dei Focolari musulmano. È un miracolo! Questa presenza dei Focolari nelle terre islamiche va perciò sviluppata, così come va promosso il nostro dialogo interreligioso. Poca cosa? Forse, ma mi sembra che sia qualcosa di fondamentale». «Una chance che abbiamo è quella di avere contatti diretti con persone del Movimento in questi luoghi di sofferenza: è importante dare voce alla realtà vera, a quello che si sta vivendo attraverso le parole dei protagonisti. Ciò vuol dire spesso trasmettere una visione diversa dei fatti e dei problemi rispetto a quella diffusa generalmente dai media. C’è spesso una grande confusione, e spesso non si dà voce a chi è in favore della pace». La Chiesa e la società si confrontano con la questione famiglia. In questo campo i Focolari hanno una lunga esperienza da offrire… Maria Voce: «Non si può ridurre la questione familiare nella Chiesa a una questione esclusivamente sacramentale. I sacramenti sono segni efficaci della grazia, ma restano segni e possono essercene anche altri. Una persona mi ha scritto dopo aver ascoltato l’introduzione ad un mio tema sull’Eucaristia. È una donna separata che convive con un divorziato con figli e che sente fortemente di essere cristiana e cattolica, e avverte il disagio di questa sua posizione che, in un certo senso, la mette al di fuori della Chiesa cattolica. Ma lei mi scrive: “Non mi sono mai sentita fuori da essa e continuo a frequentare la chiesa. Quando vado a chiedere la benedizione al sacerdote che distribuisce il sacramento, in quel momento Gesù entra anche dentro di me. Io cerco di vivere, di fare la mia parte. Sto facendo un cammino”». «Dio ci chiede in effetti di aiutare tutti a percorrere il proprio cammino di santità, cioè di avvicinarsi a Dio con i mezzi a disposizione (…). Chiara ci spiegò a suo tempo le “fonti di Dio”: non aveva messo l’accento solo sulla sua presenza nell’Eucaristia, ma anche su altre presenze di Dio nel mondo, anche nella Parola e nel fratello. Penso che il Movimento possa essere l’abbraccio a queste famiglie; ma siccome esso è parte della Chiesa, abbracciando queste persone le facciamo sentire meno estranee perché abbracciate da una porzione di Chiesa. Più tardi si potranno proporre altre esperienze, altre vie; vediamo cosa dirà il Sinodo. Mi sembra però illusorio pensare che emergano delle soluzioni straordinarie; verranno fuori piuttosto delle esperienze plausibili ed efficaci, non tanto delle soluzioni universali». Jesús Morán: «Il problema della famiglia prima di essere un problema sacramentale è antropologico. È in gioco il disegno stesso di Dio sull’uomo, sul rapporto tra uomo e donna, sulla relazionalità in quanto tale, quindi sulla dinamica del dono, dei rapporti (che potremmo definire “trinitari”). Senz’altro ci stiamo giocando tanto e il papa lo ha anche detto: non facciamo il Sinodo per risolvere il problema dei divorziati, non è quello che ci preoccupa perché alla fine si potranno trovare delle soluzioni già provate nei secoli passati. Il problema è molto più serio: cosa succede all’uomo d’oggi, come cresce, che tipo di relazionalità impara e dove la impara? Questo è il vero problema della famiglia. Ci conforta sapere che anche tante voci laiche, non necessariamente cattoliche, mettono l’accento su questo problema della relazionalità e sul futuro della famiglia e dell’umanità». (altro…)
Giu 18, 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
Un altro passo avanti per Slot Mob, campagna contro il gioco d’azzardo sostenuta da numerose associazioni e media, anche grazie ai ragazzi: è successo a Catania, dove il Comune si è impegnato sul fronte delle slot machines, approvando un emendamento all’interno della delibera sull’imposta unica comunale su casa e rifiuti (IUC), che riduce del 50% la tassa sui rifiuti a quegli esercenti che le toglieranno dal proprio negozio. Si tratta di una riduzione per due anni complessivi, con l’impegno a non installare nessun altro strumento per il gioco d’azzardo per 10 anni. La manifestazione per promuovere gli esercizi pubblici che non tengono slot machines e videopoker è arrivata a Catania lo scorso 22 febbraio. In quell’occasione i Ragazzi per l’Unità nella loro pubblicazione Grafoteens – foglio di informazione dei Ragazzi di Sicilia, Calabria e Malta – si erano interrogati su «un’etica che viene meno per il mondo del gioco d’azzardo in genere, che colpisce sempre di più le fasce povere della città» – minori compresi, a dispetto dei divieti – e per converso su «un’etica che emerge forte invece nell’uso dei beni confiscati alla mafia, e che in Calabria la ‘ndrangheta continua ad attaccare». Da qui si capisce il senso del sommario dell’articolo, «Ma lo Stato da che parte sta?». Una precisa richiesta dunque alle istituzioni di prendere una posizione decisa, per sostenere quell’etica che nonostante tutto è viva. E la risposta è arrivata a giugno, con la delibera del Comune. Comprensibile la «grande soddisfazione» non solo del comitato «Mettiamoci in gioco», che aveva promosso Slot Mob, ma anche dei Ragazzi per l’Unità stessi, che si erano a loro volta impegnati a portarne avanti le istanze. «È un segnale di distacco dalle logiche clientelari e delle lobby molto forti dei gestori delle slot machines – scrive Giancarlo Morello nell’editoriale del numero di giugno di Grafoteens – . Infine, apprezziamo l’impegno e il mantenimento della promessa che alcuni consiglieri comunali avevano fatto nei giorni di realizzazione dello Slot Mob, che si sarebbero impegnati nella logica di premiare chi avrebbe tolto queste macchinette. Un primo segnale per realizzare l’obiettivo del “Comitato Mettiamoci in Gioco” e anche nostro di Grafoteens, di una “Città senza slot”». La città di Catania è, inoltre, al lavoro su un regolamento comunale per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo patologico. Come Catania, sono tante i comuni dove la lotta al gioco d’azzardo, con la mobilitazione civile, ha preso le forme più diverse attraverso la campagna Slot Mob. L’iniziativa è sostenuta, tra gli altri, anche dalla rivista Città Nuova e da Economia di Comunione. Per saperne di più o per organizzare uno Slot Mob nella tua città: http://www.nexteconomia.org/le-attivita/slot-mob http://www.edc-online.org/it/home-it/slotmob.html http://vimeo.com/98152196 (altro…)