Movimento dei Focolari
50° dei Focolari in Africa

Africa, “Ora tocca a noi”

“Ora tocca a noi”. “Sarà una grande festa, un evento storico”. “Un passo importante nella formazione delle nuove generazioni in Africa”. Così i giovani del Movimento dei focolari dell’Africa presentano il “Congresso panafricano Gen”, che si terrà nella cittadella dei Focolari in Kenya, conosciuta come Mariapoli Piero, dal 27 al 31 dicembre 2011. Le radici.La recente lettera apostolica di Benedetto XVIPorta Fidei’ e il prossimo Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione – dicono i giovani dei Focolari – ci hanno fortemente interpellati. Sentiamo di vitale importanza rispondere alla sfida già rilevata da Giovanni Paolo II nell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale ‘Ecclesia in Africa’, cioè la necessità dell’inculturazione e la sua priorità per un reale radicamento del Vangelo in Africa”. È la prima volta che il Movimento Gen promuove nel continente africano un evento di questo tipo, con giovani provenienti da 15 paesi dell’Africa sub-sahariana, fra i più impegnati, appunto i e le gen. Circa 200 giovani dai 19 ai 30 anni, si troveranno in un clima di festa ma anche di riflessione per approfondire l’eredità del Vangelo vissuto, la spiritualità dell’unità che Chiara Lubich ha lasciato ai giovani. “Anche qui da noi – si chiedono i gen africani –, i giovani vengono sempre più e rapidamente assorbiti nella mentalità materialista; è ancora possibile fare delle scelte forti e radicali?” Obiettivo. Il progetto, di cui il Congresso panafricano fa parte, prevede la durata di un anno, e include un processo di formazione sul posto e giornate d’incontro per l’annuncio del Vangelo vissuto, coinvolgendo il maggior numero possibile di giovani. Quindi, un seminario conclusivo nel Centro internazionale dei Focolari, che culminerà con l’udienza con il Santo Padre, la visita ai luoghi dei martiri a Roma e un’immersione del cuore della cristianità. Infine, la valutazione sul posto e congressi locali per arricchire la comunità cristiana del posto dell’esperienza vissuta e la proposta di nuovi progetti. Sfida. Radunare in Kenia 200 giovani di paesi così distanti fra loro potrebbe sembrare un traguardo irraggiungibile. Come James dice: “La maggior parte di noi sono studenti e quelli che lavorano hanno lavori mal retribuiti“. I gen stanno lavorando, quindi, dallo scorso anno, per raccogliere i fondi necessari per i lunghi viaggi, in modo che – attraverso una grande comunione dei beni – ciascuna regione geografica possa essere rappresentata. A Nairobi, il 28 novembre hanno presentato il Congresso al Nunzio Apostolico, l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin che ha parlato ai gen dell’Esortazione apostolica Africae munus che il Papa ha personalmente consegnato al popolo africano nel suo ultimo viaggio in Benin, dove invita i giovani a non lasciarsi scoraggiare e non rinunciare ai loro ideali. “L’avvenire è nelle mani di chi sa trovare ragioni forti per vivere e sperare (…), è nelle vostre mani”. (Benedetto XVI, n.63 Esortazione apostolica Africae munus) Maria Voce, presidente dei Focolari, ha inviato ai gen dell’Africa un messaggio in cui tra l’altro scrive: “Se mantenete la presenza di Gesù sempre tra voi, in quei giorni, ci sarà un’esplosione di gioia e di vita nuova tra tutti i Gen che parteciperanno. Avanti allora, con coraggio ed entusiasmo! Mettete l’amore alla base di tutto, e ogni piccola cosa durante la giornata acquisirà un significato profondo e diventerà un mattone per la crescita del Movimento Gen in Africa “. [nggallery id=80] (altro…)

50° dei Focolari in Africa

Costa d’Avorio: la forza di una comunità unita

Glolé è un villaggio della Costa d’Avorio di circa 1000 abitanti, situato a 30 km da Man. La popolazione è composta in maggioranza da coltivatori, spesso privi di istruzione. La comunità del Movimento è nata dalla Parola di vita messa in pratica, dapprima da una persona, poi da un gruppo sempre in crescita. Attualmente, una sessantina di persone del villaggio si costituiscono in gruppi per intraprendere tante azioni in vista del bene comune. Gilbert racconta: Le iniziative concrete scaturiscono dalla Parola di vita vissuta. Non potevamo solo ascoltarla per poi restare con le mani in mano. Ogni volta che un ospite veniva in villaggio, qualcuno di noi cedeva il proprio letto e dormiva per terra. Un giorno abbiamo deciso assieme di costruire dei monolocali di accoglienza. Abbiamo fabbricato noi stessi i mattoni ed eretto i muri tra canti di gioia. Oggi ne abbiamo 12. È in via di costruzione un altro monolocale vicino alla strada asfaltata, per il pernottamento di chi non riesce a compiere in giornata tutto il tragitto fino a Man (7 km a piedi, e 30 km in macchina), per raggiungere l’ospedale più vicino. Si tratta di costruzioni molto semplici. Una volta abbiamo dovuto trasportare una partoriente in ospedale su di una carriola. Questo ci ha spinti a fare qualcosa di nuovo: un piccolo “reparto maternità” con l’indispensabile per casi d’emergenza, con alcune levatrici, utile anche per la campagna vaccinazioni. Il personale vi lavora gratuitamente e, in cambio, riceve doni dalla comunità. Avevamo anche un grave problema per la mortalità infantile causata dalla malnutrizione, non tanto per negligenza, quanto per mancanza d’istruzione da parte delle madri. Un proverbio della nostra tradizione dice che “il bambino appartiene alla comunità”. Così, con l’aiuto del “Centro Nutrizionale” che portiamo avanti a Man, ci siamo organizzati per formare le madri. Quando un gruppo di loro è formato si occupa della formazione di altre mamme. Ci siamo resi conto che se siamo uniti, possiamo fare molto. Abbiamo perfino potuto cambiare qualche pratica culturale del villaggio, che non era conforme alla dignità umana. Nell’ambito agricolo, abbiamo istaurato una “Banca del riso” che è un granaio di riserva per i tempi di penuria, al servizio di tutti. Sono più di 100 le famiglie che collaborano e usufruiscono della banca. Parecchi villaggi nei dintorni hanno voluto adottare questa pratica. Grazie al dono di un ettaro di palude, offerto da una persona della comunità, abbiamo coltivato una risaia che aiuta 12 villaggi. Si tratta di un campo comunitario. Il ricavato serve anche per sostenere la formazione sanitaria, i costi per trasportare i bambini all’ospedale, e per altri progetti come la scolarizzazione dei bambini che guariscono dalla malnutrizione. Inoltre, produciamo l’olio rosso di palma per sovvenire ai nostri bisogni. Ciò che rimane lo teniamo in deposito in vista dei periodi difficili o lo vendiamo quando il prezzo è vantaggioso. Abbiamo ricevuto in dono un pannello solare, molto utile al “piccolo reparto maternità” e una moto-coltivatrice che serve, oltre che per alcuni lavori agricoli, a trasportare i malati fino alla strada asfaltata. Tutti questi doni vengono accettati solo a condizione che servano a far crescere la fraternità tra di noi. La comunità di Glolé ha fatto della fraternità la sua forza e non vuole perderla. Infatti, è stata capace di rifiutare un dono considerevole in denaro che rischiava di portare la divisione. Durante una recente visita pastorale del Vescovo, ci siamo presentati a lui così: “Qui a Glolé, grazie allo spirito di fraternità, cristiani, animisti e musulmani, viviamo tutti in armonia.” [nggallery id=75] (altro…)

50° dei Focolari in Africa

Costa d’Avorio: la testimonianza dei Focolari nel Paese

L’emergenza umanitaria generata dal conflitto in Costa d’Avorio, con la presenza di migliaia di profughi e sfollati, vede impegnate nel Paese diverse organizzazioni non governative internazionali che, insieme alla Chiesa locale, si adoperano per offrire, a quanti più possibile, rifugio e assistenza. Nei pressi di Man, a 600 km ad ovest della capitale, sorge una cittadella del Movimento dei Focolari che vuol essere testimonianza stabile di una vita improntata all’amore evangelico e alla fratellanza. In che modo i suoi abitanti sono coinvolti in questo momento nella difficile situazione del Paese?   Adriana Masotti lo ha chiesto a Vitoria Franciscati, responsabile della cittadella, da 20 anni in Costa d’Avorio. Siamo coinvolti in modo abbastanza diretto: attualmente Man è diventata una città di accoglienza, perché c’è un fronte ad 80 km da qui, sempre ad Ovest, dove la situazione non è semplice e da dove vengono e son venuti tanti e tanti rifugiati. Vengono, però, anche da giù, dalla capitale: da Abidjan. E noi siamo coinvolti, insieme a tutte le altre forze della diocesi, della città, ad accogliere il più possibile questi rifugiati. Nella Cittadella abbiamo un dispensario, un ambulatorio medico e un centro di lotta alla malnutrizione. E’ aumentato molto il numero degli ammalati e dei bambini lasciati abbandonati molto piccoli, a volte con un nonno o una nonna che non sanno come fare. Quindi, tutto questo lavoro è davvero moltiplicato e va avanti. Siamo anche un punto di riferimento per gli organismi umanitari, che arrivano per lavorare nella regione contro la fame: Medici senza frontiere, Croce Rossa e così via. Nella città manca l’acqua e vengono quindi a prenderla nel nostro pozzo. Spesso manca la corrente e noi abbiamo un generatore che funziona per qualche ora della giornata e che mettiamo a disposizione. C’è, dunque, tanta collaborazione con tutti. Voi siete lontani dalla capitale, ma ci sono alcuni appartenenti alla comunità dei Focolari che vivono proprio ad Abidjan e vicino alla residenza stessa di Gbagbo, che in questo momento, è presa in questi scontri. Qual è la loro esperienza in questi giorni?Laggiù abbiamo dei nostri in tutti i quartieri della città, ma più precisamente nel quartiere accanto alla casa del presidente uscente. Siamo in contatto con loro più volte al giorno e sono decisi e veramente impegnati a vivere e diffondere la vita del Vangelo, ad essere costruttori di pace attraverso la vita dell’amore, perché è l’unica forza capace di disarmare i cuori, che è la cosa più difficile e la cosa più necessaria.   Nel Paese si sono formati due blocchi contrapposti, una contrapposizione che c’è anche nelle stesse famiglie. Come vivono questa divisione? Certo, è proprio lì il punto: cominciare da casa, in famiglia. Alcuni ragazzi dicono: “Io non conosco più mio padre, non lo riconosco”, perché la divisione entra, è qualcosa che penetra profondamente. Prima non era così. Gli ivoriani, però, sono anche molto sensibili e sono pronti a cambiare e non sono poi così duri. Quindi, bisogna credere nella loro capacità, essendo un popolo capace di accoglienza, abituato alla convivenza etnica e tra le religioni. Non ci sono mai stati problemi! Allora, qual è il contributo principale che voi sentite di voler dare e vi impegnate a dare alla società ivoriana? Proprio quello della fraternità. La “regola d’oro”: fare agli altri quello che vorreste fosse fatto a voi. È il contributo specifico. Che si concretizza nel quotidiano, cercando ognuno di vivere l’amore verso l’altro, anche se diverso… Sì, proprio così nell’accogliere l’altro che è diverso da me, che pensa diversamente da me. Ed io credo che verranno fuori, dovranno venire fuori, sistemi politici dalle culture, dalle radici culturali africane. E’ però molto importante la preghiera, in questo momento, perché ora i cuori sono diventati duri e allora ci vuole proprio una grazia di Dio. Fonte: Radio Vaticana – Radio Giornale del 10/04/2011 (altro…)