Feb 26, 2014 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Sarebbe diventato un medico se per i casi imprevedibili della vita non avesse cambiato radicalmente il suo orientamento professionale. Elio Cimmaruta, una passione per la fotografia e per i film coltivata fin da ragazzo, si diploma all’Istituto di Stato per il Cinema e la Televisione di Roma. Dopo trentadue anni intensissimi trascorsi al Centro Audiovisivi dei Focolari, intitolato a santa Chiara d’Assisi, lascia il suo compito di responsabile della produzione che lo ha portato in giro per il mondo, per documentare soprattutto le visite di Chiara Lubich alle comunità del Movimento e i suoi incontri con personalità del mondo ecumenico, interreligioso e civile». Così scrive Oreste Paliotti, giornalista napoletano come Elio, in un’intervista a lui rilasciata nel settembre 2010. Grati per la sua vita di donazione e l’impegno a comunicare con competenza e intelligenza tanti eventi che rimangono dei veri documenti della storia del Movimento dei Focolari, lo ricordiamo con alcune sue risposte a quell’intervista: Elio, hai ripreso Chiara in tante occasioni pubbliche. Cosa ti colpiva più di lei nel suo contatto con la gente? «L’effetto che produceva il suo modo di rapportarsi con tanti che, dopo averla sentita parlare, desideravano salutarla. Il più delle volte c’era giusto il tempo per un sorriso, una stretta di mano, un ciao, una carezza se si trattava di un bambino… Ma anche se erano incontri fugaci, negli altri rimaneva l’esperienza di aver avuto un rapporto profondo con lei. Questo io me lo spiego ricordando una sua raccomandazione su come trattare il prossimo: amare uno alla volta senza “rimasugli d’affetto”, cioè dimenticando la persona appena incontrata prima, per serbare totale disponibilità alla successiva. Evidentemente, in quei brevi istanti, quelle persone avevano sentito Chiara veramente tutta per loro. È un fatto che ho potuto costatare innumerevoli volte. Per lei i rapporti erano così importanti che non poche volte ci ha messo in difficoltà riguardo al nostro lavoro…». Ad esempio?
«Quando parlava in pubblico, voleva vedere in faccia tutti, anche se aveva davanti uno stadio pieno: proprio perché per lei non esisteva una folla generica, esisteva la singola persona. Noi ormai lo sapevamo, per cui illuminavamo la sala quasi come il palco dal quale lei parlava, per darle la possibilità di vedere la gente. Ma alle volte capitavano degli imprevisti che potevano crearci qualche problema. Come quando, su un palco dove avevamo allestito una specie di salottino per Chiara ed altri che dovevano porle delle domande, all’improvviso lei faceva spostare alcune poltrone che le impedivano la visuale completa del pubblico, mandando all’aria, inconsapevolmente, tutta la nostra organizzazione delle riprese: posizione delle telecamere, puntamento delle luci. Una volta – eravamo nella cittadella di Loppiano – queste poltrone coprivano al massimo una decina di persone del pubblico. Ad ogni buon conto, sono andato da Chiara: “Posso chiederti un favore?”. “Dimmi, dimmi”. “Non far spostare le poltrone altrimenti ci troviamo in difficoltà per le riprese”. “Va bene”».
E invece come è finita? «Salgono sul palco quelli che devono fare le domande, si siedono, e m’accorgo con una certa apprensione che Chiara comincia a muovere la testa di qua e di là, guardando verso la sala. Finché la sento dire: “Se voi state seduti lì, io non riesco a vedere quel gruppetto laggiù, e questo mi dispiace. Siccome però Elio non è contento che si spostino le poltrone, vi chiedo di sedervi per terra”. Questo per dirti com’era importante per Chiara il rapporto, far contenti tutti». Leggi l’intervista completa (altro…)
Feb 8, 2014 | Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Senza categoria
«Approdano sulle spiagge italiane in cerca di pace, futuro, di una vita degna di essere chiamata tale: in questi ultimi mesi sono soprattutto le vittime della guerra in Siria, protagoniste di un nuovo “esodo biblico” come tanti lo definiscono». Marigen, racconta così quanto lei e le altre focolarine di Catania (Sicilia) si siano sentite direttamente interpellate dai volti dei profughi e dagli sbarchi sempre più incalzanti: «E io, noi, cosa possiamo fare?», si chiedono. Da Valeria, una giovane del Movimento, vengono a sapere che quotidianamente alla stazione di Catania si affollano siriani per iniziare il viaggio verso i paesi del nord Europa. «Hanno bisogno di tutto – racconta Valeria -: indumenti, scarpe, borsoni, valige, cibo, medicine». Immediatamente le focolarine si mobilitano: «Apriamo i nostri armadi, tiriamo via tutto quanto si è accumulato e può servire ad altri – aggiunge Paola -. C’è chi attacca un bottone, chi stira una camicia, chi prepara buste di indumenti suddivisi per tipo. Abbiamo ben presente l’esperienza di Chiara Lubich e del primo focolare a Trento nei tempi di guerra». Il giorno dopo, si recano alla stazione e consegnano tutto ad una giovane marocchina che coordina gli aiuti. Scoprono allora che c’è bisogno di un luogo in cui depositare tutto ciò che viene donato. Quella stessa sera una famiglia mette a disposizione il proprio garage. Hanno anche l’opportunità di portare aiuto e conoscere i migranti ospiti della moschea, divenuta un dormitorio per profughi musulmani e cristiani. Lina, focolarina proveniente dalla Giordania, traduce le loro storie piene di dolore e di speranza. Nel frattempo, la comunità dei Focolari di Siracusa condivide con l’intera città il dolore per la perdita di Izdihar Mahm Abdulla, la 22 enne siriana morta in mare per non aver potuto assumere in viaggio le consuete medicine. Ancora Marigen racconta: «Ci siamo stretti intorno ai profughi cercando di portare loro aiuto materiale e conforto. Abbiamo partecipato al funerale in rito musulmano sul sagrato del Duomo. Si prega insieme accanto all’Imam di Catania, il Sindaco e l’Arcivescovo di Siracusa. Si respira un’aria sacra. Siamo attorno alla bara uniti tutti da questo grande dolore. L’imam regala al vescovo il Corano come gesto di amicizia e comunione». Anche nell’isola di Lampedusa, con la tragedia dei tanti morti in mare, la comunità del Movimento ha affrontato, insieme a tanti, l’emergenza offrendo: ospitalità, cibo, le proprie case, condividendo con gli immigrati non solo il superfluo, ma anche il necessario.
Nella vicina Malta la comunità dei Focolari si è sentita direttamente interpellata dal sopraggiungere di profughi sulle coste dell’Isola. «Qui la sfida dell’emigrazione e dell’integrazione è molto forte – racconta Vanessa -. Già da due anni abbiamo iniziato a prendere coscienza dei passi da fare ed a chiedere i permessi per entrare nei centri di detenzione dove sono radunati molti profughi». Si organizzano dei gruppi con l’intento di agire su diversi fronti. «Faccio parte del gruppo che va al centro di detenzione – prosegue Vanessa – dove abbiamo conosciuto una cinquantina di donne somale dai 16 ai 50 anni, la maggior parte musulmane e alcune cristiane. Facciamo lezioni di inglese, lavori manuali, danza, ma la cosa più importante è il rapporto con ciascuna: ascoltare e condividere le frustrazioni, le storie di vita… Veniamo a conoscenza di situazioni tanto delicate, da far pensare perfino al suicidio… Costatiamo che la disponibilità all’ascolto è una risorsa importante, e vediamo con gioia che queste visite portano sollievo e speranza. Ed è questo atteggiamento di accoglienza che cerchiamo di vivere e trasmettere, per promuovere una cultura d’integrazione». (altro…)
Feb 7, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Da quando avevo sentito la chiamata a donarmi a Dio nel focolare, sembrava che il mondo dell’arte e i tanti anni di studio della musica, non trovassero più posto nella mia vita. Paradossalmente però diversi incontri e rapporti che nascevano mi spingevano ad ascoltare la mia parte artistica e a seguirne gli stimoli. Ho sempre sentito tanta fiducia nei confronti dei miei amici del Focolare, che non hanno tanto cercato di darmi risposte ma di starmi vicino, condividendo le mie domande. Nel frattempo, svolgevo anche altri lavori, perciò mi sembrava che tutto quel mondo artistico fosse per me come un treno già partito e su cui non ero salito. Ho scoperto, intanto, che quello che Dio ci dona non corrisponde mai esattamente a quello che pensiamo noi. Per esempio, avevo cercato lavoro nel campo della musica nei quartieri più difficili della mia città, tra gli immigrati ed i più poveri, per mettermi a loro disposizione. In tanti anni di intensa ricerca, però, non è mai venuto fuori nulla. È stata una collega, invece, a farmi notare che il liceo nel quale lavoro adesso, mi offriva una sfida completamente diversa ma ugualmente affascinante: giovani pieni di ricchezza materiale, ma spesso anche di povertà spirituale, sazietà di tutto e insoddisfazione profonda. Così ora da due anni e mezzo, lavoro nel liceo umanistico Christianeum ad Amburgo, una scuola con una vasta attività musicale con cori, brass band e orchestre che coinvolge centinaia di ragazzi. Dirigo le due orchestre sinfoniche della scuola: quella dei ragazzi dai 10 ai 12 anni (attualmente con 65 membri) e quella dei giovani dai 13 ai 18 (52 componenti).
Questo lavoro esige soprattutto la capacità di creare rapporti con i ragazzi, ma anche con i genitori ed i colleghi. Tante volte vuol dire imparare a perdonare (me stesso e gli altri), ricominciare ogni volta, credendo negli altri al di là di qualsiasi delusione, impegnarsi disinteressatamente, prestando attenzione ad ogni singola persona e non solo al gruppo. E tutto questo con il presupposto della continua ricerca di una sempre maggiore competenza professionale, cercando di coinvolgere il più possibile i colleghi; infatti, siamo in tre ad occuparci dell’orchestra. Prima di decidere qualcosa, cerchiamo di capire cosa pensano gli altri, ascoltandoci con attenzione. Così sperimento la reciprocità dell’amore con i ragazzi e con gli adulti. Sono stato sorpreso quando mi hanno fatto notare che nelle attività musicali della scuola “soffia sempre di più uno spirito buono che crea un’atmosfera di collegialità amichevole che coinvolge tutti”. Avverto che la mia vita si unifica in quanto sono e resto coerente nella mia scelta di vita e provo la stessa freschezza e novità dei tempi in cui ho iniziato a vivere il Vangelo convinto, allora come oggi, che solo così, insieme a tanti altri, si può cambiare il mondo». Profilo Christian Kewitsch (altro…)
Gen 31, 2014 | Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Lavoro come impiegato pubblico nel settore della pesca e risorse marine, e nei miei 22 anni di matrimonio ho traslocato 5 volte in diverse zone del Giappone a causa del lavoro”. A raccontare è Nagatani Hiroshi, focolarino sposato, tre figli ormai grandi. Nato e cresciuto in una famiglia buddista, Nagatani decide di farsi battezzare seguendo la moglie, cattolica. “Pensavo in tal modo – racconta – di offrire ai figli un unico riferimento religioso, in un contesto sociale spiritualmente piuttosto variegato”. Nel 1993 Nagatani e la moglie entrano in contatto con la spiritualità dell’unità, ed in questo trovano una spinta a vivere le parole del Vangelo mettendosi a servizio degli altri, specie curando la formazione spirituale dei laici della propria parrocchia. La vita della famiglia è tuttavia costellata di cambiamenti di sede e, sottolinea Nagatani, ciò “comporta anche un aspetto di avventura. Una volta – racconta – siamo andati ad abitare tutti insieme nell’isola di Tsushima dove non c’era la chiesa cattolica. All’inizio ci sentivamo completamente persi, poi siamo diventati amici del pastore anglicano dell’isola, e la domenica abbiamo iniziato a frequentare la liturgia anglicana. Grazie a quest’amicizia, quando un sacerdote cattolico ha iniziato a venire a farci visita, il pastore anglicano ben volentieri ha messo a disposizione la sua chiesa per la messa cattolica. In tal modo i cattolici dell’isola hanno iniziato a riunirsi ed abbiamo ancora avuto occasione di occuparci della loro crescita spirituale”. Recentemente Nagatani e la moglie sono entrati a far parte dello staff che, nella loro Diocesi, è incaricato di organizzare i corsi prematrimoniali per le giovani coppie; affrontano in particolare le lezioni sulla procreazione e la vita. “Mia moglie, che è ostetrica, lo fa dal punto di vista tecnico specifico, io curo più l’aspetto dei rapporti familiari, e cioè come affrontare e risolvere insieme le varie problematiche. Svolgendo questo servizio mi trovo a trasmettere ai giovani quanto è stato importante per la nostra vita familiare un pensiero di Igino Giordani, secondo cui quando la coppia non sta vivendo l’amore scambievole sta sprecando il tempo”. (altro…)
Gen 26, 2014 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Chiara Lubich ha ravvisato sempre in Pasquale Foresi un particolare ruolo nello sviluppo del Movimento dei Focolari: quello dell’incarnazione del carisma dell’unità, e per questo lo considera, insieme a Igino Giordani, cofondatore del Movimento. Pasquale Foresi nel 1949, anno della sua conoscenza di Chiara e del Movimento, era un giovane alla ricerca. Dopo aver sentito la vocazione al sacerdozio, frequentava il seminario di Pistoia e il Collegio Capranica a Roma. Racconta: «Ero contento, soddisfatto della mia scelta. Ad un dato momento però, ho avuto non una crisi di fede, ma un semplice ripensamento. (…) Mi è sorto così il dubbio di potermi avviare al sacerdozio con queste difficoltà in cuore e ho sospeso momentaneamente lo studio. È stato a quel tempo che ho conosciuto il Movimento dei Focolari (…). Notavo, nelle persone che vi appartenevano, una fede assoluta nella Chiesa cattolica e contemporaneamente una vita evangelica radicale. Ho capito così che quello era il mio posto e ben presto l’idea del sacerdozio è ricomparsa». Sarà il primo focolarino sacerdote. Dopo di lui, altri focolarini sentiranno questa particolare chiamata al servizio del Movimento. Pasquale riconosce nei primi passi mossi da Chiara Lubich e le sue compagne “una polla evangelica sgorgata nella Chiesa”, ed inizia un sodalizio che lo conduce, rivestito del ministero sacerdotale, a dare un fondamentale contributo allo sviluppo del Movimento come stretto collaboratore della fondatrice. Riguardo ai principali comp
iti a lui affidati, scrive lo stesso Foresi: «Perché sacerdote, sono stato incaricato di tenere i primi rapporti del Movimento dei Focolari con la Santa Sede. Altro mio compito particolare, nel tempo, è stato quello di seguire, lo sviluppo del Movimento nel mondo e di collaborare, direttamente con Chiara, alla stesura dei vari Statuti. Ho ancora potuto dar vita e seguire opere concrete al servizio del Movimento, quali il ‘Centro Mariapoli’ per la formazione dei membri a Rocca di Pappa, la cittadella di testimonianza a Loppiano, la casa editrice Città Nuova a Roma e altre opere che si vennero poi moltiplicando nel mondo». Ma c’è ancora un aspetto particolare della sua vita accanto a Chiara, che forse rappresenta meglio degli altri il suo particolare apporto allo sviluppo del Movimento. Scrive: «È nella logica delle cose che ogni nuova corrente di spiritualità, ogni grande carisma, abbia dei risvolti culturali a tutti i livelli. Se si guarda la storia si constata come ciò si è sempre avverato, con influssi nell’architettura, nell’arte, nelle strutture ecclesiali e sociali, nei vari settori del pensiero umano e, specialmente, nella teologia». Infatti, egli è intervenuto innumerevoli volte con la parola e con lo scritto a presentare la teologia del carisma di Chiara nella sua dimensione sociale, spirituale, sottolineandone con autorevolezza la novità, sia in ordine alla vita che al pensiero. Dalle sue pagine scaturisce “un acume di analisi, un’ampiezza di vedute e un ottimismo nel futuro, resi possibili dalla sapienza che proviene da una forte e originale esperienza carismatica, oltre che da quegli abissi di luce e di amore, di umiltà e fedeltà, che solo Dio può scavare nella vita di una persona”. (dalla Prefazione di “Colloqui”, domande e risposte sulla spiritualità dell’unità). (altro…)