Lug 4, 2017 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Ogni vita ha in sé una speranza. Anche nel tunnel oscuro della dipendenza si può accendere una luce. Nel 1983, nella città di Guaratinguetá, nello Stato di San Paolo (Brasile), Nelson Giovanelli si avvicina a un gruppo tossicodipendenti, incoraggiato da Padre Hans Stepel, francescano tedesco. Il giovane Nelson si conquista la loro fiducia. Uno di loro, Antonio Eleuterio, chiede aiuto per uscire dal giro della droga. Sono i primi passi della grande famiglia della Fazenda da Esperança. Nel 1989, Iraci Leite e Lucilene Rosendo, due giovani ragazze della stessa parrocchia, seguendo l’esempio di Nelson lasciano tutto per dedicarsi totalmente a questa nuova missione. Nel 2007 papa Benedetto XVI visita la comunità di Pedrinhas, in Brasile, nei pressi del santuario di Aparecida. Da allora la proposta di vita della Fazenda da Esperança inizia a diffondersi in tutto il mondo. Gli operatori delle attuali 118 Fazende, sparse in 17 nazioni, sono persone volontarie, spesso reduci da un passato di droga e alcol, che dopo un cammino di recupero hanno avvertito la chiamata di Dio a diventare a loro volta portatori di speranza per quanti sono precipitati in quello stesso buio. Ai primi di maggio 2017, 60 volontari di varie Fazende del mondo si recano ad Assisi, la cittadella di San Francesco e Santa Chiara, e a Loppiano (Italia), per iniziare una nuova “missione di speranza” lungo le strade d’Europa. Per due settimane accanto a loro ci sarà anche il gruppo internazionale Gen Rosso. Germania, fine maggio. Raccontano alcuni componenti della band: «Ogni mattina una carovana di auto e minibus parte alla volta di una nuova destinazione, in un’area di 400 chilometri: scuole, comunità, gruppi, carceri. I ragazzi e le ragazze della Fazenda condividono la loro vita travagliata, suscitano interrogativi, rispondono a domande. Soprattutto accendono la speranza: se loro ce l’hanno fatta perché io no? Sono storie di droga, disperazione, solitudine, paura, crimini, carcere. Quando il buio è totale, una luce si è accesa nella loro vita: Dio mi ama, così come sono, così come mi sono ridotto. A cosa aggrapparsi per rinascere? Alla “Parola di vita”, all’amore scambievole, pane quotidiano per rialzarsi e ripartire». Un messaggio dirompente, che viaggia al suono delle parole, ma anche al ritmo della musica e su passi di danza, facendosi sempre più coinvolgente. Dapprima suscita semplice curiosità e momenti di sospensione. Poi la titubanza si scioglie, sulla bocca di tanti ragazzi si apre il sorriso. Fino ad arrivare a momenti di scambio profondo. «Anche oggi l’annuncio di speranza ha fatto breccia in molti cuori». Il tour “Every Life Has Hope” percorre chilometri, attraversa città e regioni diverse, testimoniando la presenza di Dio nell’oggi della società, e la possibilità per tutti, nessuno escluso, di ricominciare. Nel carcere di Bielefeld, la “carovana” incontra cento detenuti. Ad Arnsberg, città del nord-est della Germania, i componenti del Movimento Shalom. Il giorno di Pentecoste, a Colonia, il viaggio prevede una tappa in una comunità parrocchiale, e nel pomeriggio l’incontro con la Caritas. Su invito del Vescovo ausiliare, la band canta alla messa in Cattedrale, proponendo “Io ero lì”, composta appositamente per l’occasione. A Gut Hange si festeggiano i primi 5 anni di apertura di una Fazenda femminile. E ancora: visite a strutture di accoglienza per barboni, malati terminali, incontri con studenti e con ragazzi drogati ospiti di una struttura pubblica, con una congregazione di suore che si dedica all’accoglienza di ragazze in serie difficoltà. Il tour fa tappa anche in Belgio, presso la comunità di Peer, cittadina che vedrà a breve l’apertura di una nuova Fazenda. Dopo due settimane intense e gioiose, il gruppo della Fazenda prosegue per Berlino e la Polonia, mentre il Gen Rosso torna a Loppiano in vista delle prossime tappe del musical “Campus” in Puglia (sud Italia), dove vi sarà l’inaugurazione di una nuova Fazenda. Ancora insieme, per accendere nuova speranza. (altro…)
Giu 21, 2017 | Focolari nel Mondo
Il Convegno che si svolgerà a Zwochau è promosso dal Centro “Uno” e Begegnungszentrum Zwochau, centri del Movimento dei Focolari. Il programma prevede non solo seminari ma anche alcune visite alle città di Wittenberg, Wartburg, Erfurt e Leipzig, luoghi importanti nella vita di Lutero e di grande significato per la Chiesa luterana. Il Seminario si svolgerà nelle lingue italiana e tedesca. Invito
Giu 6, 2017 | Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
L´Università di Tubinga (Germania) ha conferito, lo scorso 31 maggio, il dottorato honoris causa al Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. La motivazione: per i lunghi anni di lavoro in favore della comprensione tra la Chiesa ortodossa e le Chiese protestanti, per l’impegno per la salvaguardia del creato, per l’Europa e per il dialogo con le altre Religioni. L’Ateneo è uno dei più antichi della Germania, fondato nel 1477, e tra i più importanti a livello internazionale per gli studi di medicina, scienze naturali, scienze umane e, in particolare, per gli studi germanici. Attualmente conta circa 28.500 studenti. (altro…)
Apr 24, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale
«I rifugiati non sono numeri che riempiono i telegiornali ma sono persone da accogliere anche nella loro dimensione umana di donne e uomini ai quali sono stati negati sentimenti e progetti». È la convinzione cui sono giunti i 18 giovani di 5 paesi europei e del Medio Oriente, riuniti a Bad Urach (Germania), dal 12 al 17 marzo, per la seconda tappa del progetto Host Spot, promosso da New Humanity e Starkmacher, insieme ad altre associazioni, e co-finanziato dal programma Erasmus+ (UE). Host Spot persegue due obiettivi: Host richiama l’accoglienza e Spot la realizzazione di brevi video-documenti per incidere sull’opinione pubblica.
Nella prima fase del progetto, tenutasi in Giordania nell’agosto 2016, i giovani avevano potuto raccogliere dalla viva voce dei rifugiati siriani e iracheni – ospiti di Caritas Giordania – le drammatiche storie della loro migrazione forzata, documentandole con registrazioni video. Un’esperienza che li ha resi consapevoli delle reali motivazioni che li hanno spinti a lasciare il proprio Paese, dei rischi che hanno corso durante l’esodo, del precario arrivo nella nuova terra. L’idea di rendere nota questa dolorosa situazione aveva preso corpo già nei giorni di Amman. I giovani si erano infatti convinti che portare alla ribalta queste informazioni, avrebbe potuto dare al dibattito in corso, incentrato per lo più su strategie politiche e costi economico-sociali, una visione veritiera del fenomeno della migrazione; un loro concreto apporto, attraverso una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Nell’incontro a Bad Urach si è puntato a sviluppare nei giovani delle competenze tecniche nel campo della comunicazione e della produzione di documentari sociali. Erano presenti anche alcuni esperti che lavorano a contatto diretto con i rifugiati, i quali hanno fornito molte informazioni sulla situazione in Germania e sui sistemi europei di hosting. Un contributo importante per una conoscenza corretta della situazione, spesso riportata dai media in modo parziale e manipolato. I giovani partecipanti portavano con sé il proprio bagaglio culturale e la visione della migrazione che si vive e si affronta nel loro Paese. Si sono messi in gioco, in un esercizio di riflessione e ascolto, per accogliere e capire il pensiero dell’altro; convinti che il contributo che avrebbero realizzato in quei giorni, anche se piccolo, avrebbe portato un cambiamento. Il successo di questa fase del programma è di aver realizzato un apprendimento internazionale in un clima di condivisione fra giovani di culture e lingue diverse. Attraverso workshop, seminari, dibattiti, sono crollati molti dei pregiudizi e stereotipi che sia europei che medio orientali avevano gli uni verso gli altri, scoprendo che, nonostante le diversità, ci sono molti valori comuni. Come risultato concreto sono stati prodotti tre video-spot da condividere con i coetanei dei loro Paesi, per incoraggiarli a fare esperienze simili, diventando così anch’essi promotori di cambiamento. La terza e ultima tappa del progetto si terrà in Egitto a fine ottobre 2017. Su Facebook (altro…)
Mar 1, 2017 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Klaus Hemmerle ha avuto un ruolo essenziale per far nascere, insieme a Chiara Lubich, la comunione tra i vescovi che aderiscono alla spiritualità dell’unità. I brani che seguono sono stati presi dal volume: “Klaus Hemmerle, La luce dentro le cose”, Città Nuova, Roma, 1998. «Anche dopo la radicale conversione della nostra vita avvenuta una volta per sempre nel Battesimo, noi tutti abbiamo incessantemente bisogno di convertirci. Anche nel caso in cui il battezzato non si separi da Dio, le pretese che la vita accampa su di lui e le tentazioni della vita quotidiana rischiano di incatenarlo talmente nel proprio io, che quella parola unica che il battezzato è divenuto grazie a Cristo, si vela, si altera, si spezza. La ferita inferta alla vita di Dio in noi necessita continuamente di essere risanata». (pag. 82) «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Gesù è realista, conosce le nostre debolezze. Non ci giudica, ma neppure dice: comunque tu viva è uguale. Ci chiama al pentimento, alla con-versione, a ricominciare incessantemente. Ci perdona, ci insegna a perdonare gli altri. L’amicizia con lui si arena, se la nostra vita non è un’incessante conversione». (pag. 73) «Per ognuno di noi, oggi, è pronta una croce da portare con sé. Ma deve essere portata oggi stesso! Diversamente, è la croce a portare noi, e allora ci sentiamo infinitamente oppressi, tormentati, annientati, e neppure ci rendiamo conto che è stata la croce a portarci via. Ma se noi stessi abbiamo il coraggio di caricarci della croce, allora essa è la cosa più preziosa del mondo». (pag. 89) «Quando i discepoli vedono in Gesù il Dio grande e potente, non riescono a trovarlo. Devono chinarsi sino a terra, guardare nella polvere: Gesù è là, che lava i piedi ai suoi. Il dono di sé, l’abbassamento, il servizio, la matura presa di coscienza della banalità dei bisogni umani, il farsi piccoli, la rinuncia, la durezza del darsi totalmente, il non apparire, il nascondimento: tutto ciò, che nulla a che fare col fulgore di Dio, è il fulcro più profondo e centrale del nostro culto a Dio, è eucaristia». (pag. 101) «Io, che ogni volta continuo a fallire, non posso che vivere del perdono di Dio. Ma questo perdono dà prova di sé nel perdono fraterno, ha in esso il suo sostrato, si ripercuote sulla comunità in cui ci vincoliamo reciprocamente a quella misericordia che ci rende sempre di nuovo liberi, per essere insieme figli del Padre con il Signore, l’unico Signore, in mezzo a loro». (pag. 74) (altro…)