Movimento dei Focolari

Dio è vicino a chi soffre

Oggi il calore del Natale porta a sentirci tutti più famiglia, più uno fra noi, più fratelli: a condividere quindi ogni cosa: gioie e dolori. Dolori soprattutto con quelli che, per le più varie circostanze, trascorrono questo Natale a tu per tu con la sofferenza: una malattia, una disgrazia, una prova, una circostanza dolorosa … […] Se guardiamo con occhio umano la sofferenza, siamo tentati di cercarne la causa o in noi, o fuori di noi, nella cattiveria umana ad esempio, o nella natura, o in altro … Quell’incidente è colpa di Tizio; quella malattia è colpa mia; quella prova dolorosa risale a Caio … E tutto ciò può essere anche vero, ma, se pensiamo solo in tal modo, dimentichiamo il più. Ci scordiamo che dietro la trama della nostra vita sta Dio con il suo amore, che tutto vuole, o permette, per un motivo superiore, che è il nostro bene. […] Che dire allora, oggi, ai nostri che si dibattono nella sofferenza? Che augurio far loro? Come comportarci nei loro riguardi? Avviciniamoli anzitutto con sommo rispetto: anche se ancora forse non lo pensano, essi sono in questo momento visitati da Dio. Poi condividiamo, in tutto quanto è possibile, le loro croci. Assicuriamoli del nostro continuo ricordo e della nostra preghiera, perché sappiano prendere direttamente dalle mani di Dio quanto li angustia e li fa soffrire. Aiutiamoli poi ad avere sempre presente il valore della sofferenza. E ricordiamo loro quel meraviglioso principio cristiano per il quale un dolore amato come volto di Gesù crocifisso e abbandonato si può tramutare in gioia. […] Essendo a conoscenza che chi si mette a camminare nella via di Dio non può sottrarsi al patire, auguriamo a tutti di saper cogliere ogni piccolo o grande dolore che incontreranno con amore, con grande amore, per donarlo a Gesù Bambino, come i Magi hanno offerto i loro doni. Sarà il migliore incenso, il migliore oro, la migliore mirra che potremo deporre nel presepio. Chiara Lubich, 25 dicembre 1986 (altro…)

La scoperta di Gesù Abbandonato

La scoperta di Gesù Abbandonato

In una conversazione del 2000 Chiara ricorda la prima “scoperta” di Gesù Abbandonato: «In un episodio nei primi mesi del 1944 abbiamo una nuova comprensione di Lui. In una circostanza veniamo a sapere che il più grande dolore che Gesù ha sofferto, e quindi il Suo più grande atto d’amore, è stato quando in croce ha sperimentato l’abbandono del Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). Siamo profondamente toccate da questo. E la giovane età, l’entusiasmo, ma soprattutto la grazia di Dio, ci spingono a scegliere proprio Lui, nel suo abbandono, quale via per realizzare il nostro ideale d’amore. Da quel momento, ci è parso di scoprire il suo volto dovunque.» Un altro momento chiave per la comprensione di questo “mistero di dolore-amore”. Ci troviamo nell’estate del 1949. Igino Giordani raggiunge Chiara Lubich che si è recata per un periodo di riposo nella valle di Primiero, sulle montagne del Trentino (Italia). Insieme al primo gruppo vivono intensamente il passo del Vangelo sull’abbandono di Gesù. Saranno giorni di luce intensa, tanto che alla fine dell’estate, dovendo scendere da quel “piccolo Tabor” per rientrare in città, Chiara scrive di getto quel testo che inizia con un verso ormai celebre: «Ho un solo sposo sulla terra, Gesù abbandonato… Andrò per il mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita» Tanti anni dopo, spiegherà: «Sin dall’inizio si è capito che il tutto ha un’altra faccia, che l’albero ha le sue radici. Il Vangelo ti copre d’amore, ma esige tutto. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore – si legge in Giovanni – rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Ne è la personificazione Gesù crocifisso, il cui frutto è stata la redenzione dell’umanità. Gesù crocifisso! Egli, che aveva sperimentato in sé la separazione degli uomini da Dio e fra loro, e aveva sentito il Padre lontano da sé, fu da noi ravvisato non solo in tutti i dolori personali, che non sono mancati, e in quelli dei prossimi, spesso soli, abbandonati, dimenticati, ma anche in tutte le divisioni, i traumi, gli spacchi, le indifferenze reciproche, grandi o piccole: nelle famiglie, fra le generazioni, fra poveri e ricchi; nella stessa Chiesa a volte; e, più tardi, fra le varie Chiese; come in seguito, fra le religioni e fra chi crede e chi è di diversa convinzione. «Ma tutte queste lacerazioni – continua Chiara – non ci hanno spaventato; anzi, per l’amore a Lui abbandonato, ci hanno attratto. Ed è stato Lui ad insegnarci come affrontarle, come viverle, come concorrere a superarle quando, dopo l’abbandono, aveva rimesso il suo spirito nelle mani del Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46), dando così all’umanità la possibilità di ricomporsi in sé stessa e con Dio, e indicandole il modo. Egli ci si è manifestato perciò chiave dell’unità, rimedio a ogni disunità. Egli era colui che ricomponeva l’unità fra noi, ogni qualvolta si fosse incrinata. Egli è divenuto il nostro unico Sposo. E la nostra convivenza con un tale Sposo è stata così ricca e feconda che mi ha spinto a scrivere un libro, come una lettera d’amore, come un canto, un inno di gioia e di gratitudine a Lui». (altro…)

La scelta esclusiva di Chiara Lubich

La scelta esclusiva di Chiara Lubich

20170916-02aIn Gesù Abbandonato si manifesta l’infinito amore di Dio che viene messo dal Padre nel cuore dei credenti per realizzare fin d’ora il suo disegno sull’umanità: l’unità. Amare Gesù Abbandonato significa allora rivivere in noi stessi la sua Pasqua, il passaggio continuo, per noi ancora in cammino, dalla morte alla vita, dall’assenza di Dio alla sua presenza, che caratterizza l’esistenza cristiana. Non si tratta di rassegnarsi o di voler soffrire come Gesù ha sofferto, ma piuttosto di ripercorrere la strada da lui aperta e di riconoscere – al di là delle apparenze – la sua presenza attiva in tutto ciò che non è Dio in noi e attorno a noi. È un dire di sì a Lui e come Lui, così che lo Spirito Santo possa irrompere nel nostro nulla voluto ed espandervi il dono dell’agape divina che ci apre alla vita futura, eterna, e ce ne rende partecipi. Gesù Abbandonato, al contempo, ci fa andare incontro all’umanità, proprio là dove essa maggiormente soffre e vive nell’oscurità. Gesù Abbandonato abbracciato e amato mette così amore dove c’è odio, vita dove c’è morte, comunione e unità dove c’è divisione. Amare Gesù Abbandonato è quindi speranza contro ogni speranza, vicinanza di Dio dove non c’è Dio, presenza di Dio dove c’è il silenzio di Dio. E questa speranza è certezza di un mondo e di una storia umana che non si chiudono su se stesse, ma si aprono al sempre nuovo incontro con Dio e, in Lui, si aprono al sempre nuovo incontro degli uomini tra di loro, in una comunione fraterna dalle dimensioni veramente universali”.   Da Pasquale Foresi LUCE CHE SI INCARNACittà Nuova 2014 pagg. 172-3   (altro…)