Dic 10, 2018 | Cultura
Nell’odierna crisi della rappresentatività politica, le idee e le prassi di Igino Giordani e Tommaso Sorgi incoraggiano a lavorare a tutti i livelli per riportare la democrazia alla sua essenza che è il “noi”. Due recenti convegni su Igino Giordani e di Tommaso Sorgi che si sono svolti in Italia, rispettivamente a Cremona e a Teramo, hanno riproposto la figura del politico come colui che pone al centro il bene comune, non solo della propria comunità e nazione, ma dell’umanità intera. Un concetto e una pratica poco popolari oggi, in epoca di rivendicazioni nazionalistiche e di localismi esasperati. Sull’attualità del pensiero dei due politici, abbiamo rivolto due domande ad Alberto Lo Presti, docente di Dottrina Sociale della Chiesa alla LUMSA e presidente del Centro Igino Giordani e a Letizia De Torre, già deputata al Parlamento italiano e coordinatrice internazionale del Movimento Politico per l’unità. Cos’hanno da dirci oggi due figure come Giordani e Sorgi, in un’epoca in cui il bene comune pare venga ricompreso secondo i principi dei vari nazionalismi e protezionismi regionali? Alberto Lo Presti: Abbiamo un grande bisogno di sintonizzarci con figure come Igino Giordani e Tommaso Sorgi. Hanno vissuto in epoche segnate da divisioni laceranti, apparentemente insanabili. Ma hanno creduto nell’amicizia fra i popoli quando tutta la storia sembrava volgere al peggio, forti di una visione del mondo autenticamente cristiana. Giordani visse di persona la tragedia delle due guerre mondiali, schierato fra i fautori della pace e della giustizia sociale, pagando di persona per le scelte di libertà e solidarietà. Sorgi fu artefice della ricostruzione dell’Italia nel secondo dopoguerra, ponendosi come elemento di dialogo costruttivo fra le forze politiche antagoniste nel clima ideologico segnato dalla Guerra Fredda. Oggi c’insegnano che ogni sforzo impiegato per la pace e la cooperazione è un tassello decisivo per edificare un ordine civile fondato sul bene comune e rimarrebbero assai sorpresi di come si possano, nel Ventunesimo secolo, avanzare delle tesi neo-sovraniste e nazionaliste, avendo sperimentato di persona la distruzione che tali prospettive politiche portano. Ovviamente, sta a noi non rendere vano la loro testimonianza. Entrambi hanno dato grande peso alla qualità del rapporto tra cittadini e chi è chiamato a governare, tanto che Sorgi formulò il cosiddetto “patto politico”. È ancora attuale e praticabile?
Letizia De Torre: Igino Giordani, per cui “la politica è carità in atto, ancella e non padrona”, non avrebbe potuto né intendere né praticare la politica come sopruso e inganno verso i cittadini per ricavarne consenso e ricchezza personale. I cittadini per lui erano i ‘padroni’, che era chiamato a servire. Così anche per l’on. Tommaso Sorgi, a cui toccò di assistere agli scandali della corruzione e dei suoi effetti devastanti, e tutt’ora presenti, in Italia. Fu allora che, dopo tanti confronti con politici e amministratori pubblici, stese le linee di un patto vincolate tra eletti ed elettori, di natura etica, programmatica e partecipativa. Fu una geniale intuizione, di estrema attualità nella mondiale crisi democratica.
Viviamo un tempo ‘post-rappresentativo’ dove i politici non rappresentano le nostre società super-complesse e i cittadini vogliono e sanno influire collettivamente e direttamente. Occorre superare la lunga deriva individualista e riportare la democrazia alla sua essenza che è il “noi”. Per questo, durante il prossimo convegno internazionale ‘Co-Governance, corresponsabilità nella città oggi’ (17-20 gennaio 2019, Castelgandolfo – RM, Italia) costruiremo, in modalità partecipativa, le linee di un ‘Patto per la Città’, che altro non è che l’attualizzazione della politica intesa come carità di Giordani e della visione profetica del ‘patto’ di Sorgi.
Stefania Tanesini
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Nov 17, 2018 | Centro internazionale, Spiritualità

Igino Giordani durante una vista a Loppiano
“Se due o tre, adunandosi in nome di Gesù, chiamano Gesù e Cristo è in mezzo a loro, senz’altro essi compongono una società perfetta: due uomini e l’Uomo-Dio, ed ecco in embrione la società umano-divina: la Chiesa. Ma è importante notare che egli chiede questo adunarsi, cioè questo mettersi insieme; questo «dialogo», come dice la filosofia sociale d’oggi. Dove uno sta a sé, individualisticamente segregato dagli altri, avviene come di un polo che non faccia contatto con l’altro polo: non genera la luce. Come la grazia di Dio impiega anche mezzi umani per passare, e anche mezzi naturali: acqua (Battesimo), pane (Eucaristia) ecc., quasi per promulgare e ripetere l’incarnazione, così, ponendo accanto all’uomo il fratello, fa scattare l’amore: accende sulla terra la luce, che è Cristo, l’Amore, e apre l’accesso alla fonte. Venuto a rompere l’isolamento, che accresce l’angoscia dell’esilio, Gesù non ha costituito delle individualità, ma una società, vale a dire una convivenza organica: per la quale, come per ogni forma di vita, ha posto, quale legge, l’amore. Per amare, bisogna essere almeno in due; e per consociarsi bisogna amare. Poiché «l’amore viene da Dio» (1 Gv. 4, 7) amare è far vivere in noi Dio: un mettere Dio tra noi. L’amare perciò, e quindi il mettere in comune (comunicare) la propria anima con l’anima della persona amata, non serve tanto per ricavare gioia e pace per sé o non tanto per dare pace e gioia all’altra, quanto perché tra le due anime viva Dio: e quindi il coronamento dell’amore è farsi uno, l’Uno che è Cristo: si arriva così a costruire in chi ama e in chi è amato il Cristo mistico. Con questa costruzione noi attendiamo a compiere la pienezza del Cristo: a fare il Cristo totale. Per tal modo chi ama una persona, in Cristo, mette a circolare lo Spirito Santo, fra sé e l’altra; ed è lo Spirito stesso che circola da Padre a Figlio: è dunque un mettere a vivere in loro la vita della Santa Trinità. E allora si vede che, per tutte le ventiquattro ore della giornata, noi compiamo contemporaneamente un’altra opera misteriosa, immensa, nelle profondità dello Spirito: la costruzione, pietra su pietra, della Chiesa, quale Corpo mistico di Cristo; e in ciò collaboriamo con Dio mentre ne usiamo le forze e ne viviamo la vita: e intanto realizziamo la comunione dei santi. In tale impresa, ciascuno è Cristo per il suo fratello: e ogni fratello è Cristo per ciascuno. Questa società con la Trinità è la Chiesa: e amarsi in Cristo è vivere con la Chiesa, vivere la Chiesa e nello stesso tempo completarla, arrivando alla pienezza di essa. La perfezione del cristianesimo sta nel capire e soprattutto nel vivere il Corpo mistico, dal cui ordinato funzionamento dipende, in proporzione, la sanità di tutte le membra: e se egli immette salute, anche i fratelli godono; se inocula tossine, anche gli altri soffrono. Non i discorsi, non le querimonie curano i mali nel corpo della Chiesa: ma la propria santità, e cioè i globuli sani, che ciascuna cellula immette nel comune apparato circolatorio. Il Corpo mistico reagisce sul corpo sociale come l’anima sul corpo. Tutto il bene che il Corpo mistico realizza sulla terra è spirito di Dio che si inserisce nell’umanità: è Dio che vive tra gli uomini e li recupera a sé. Sì che la Chiesa è il veicolo per riportare la creazione al Creatore”. Igino Giordani, La divina avventura, Città Nuova, Roma, 1993, pp.47-64. (altro…)
Ott 12, 2018 | Centro internazionale, Chiesa, Spiritualità
Un simbolo della civiltà odierna può essere offerto dalla donna. Su rotocalchi e schermi, nella pubblicità e nell’arte, la donna impera come regina. Ma è facile vedere come la sua regalità sia posticcia: quelle dive, che signoreggiano oggi, sono dimenticate domani. In questa prospettiva, per contrasto, ridiventano attuali le biografie delle più grandi sante del cristianesimo e i loro insegnamenti. Teresa, la riformatrice del Carmelo, in mezzo alla rivoluzione protestante, sotto la signoria sospettosa di re e grandi di Spagna, a fronte delle minacce dell’Inquisizione del suo Paese, attuò nella povertà la libertà: l’unica libertà dei figli di Dio; e rifece dell’esistenza un’avventura prestigiosa per travolgere l’umano nel divino. Rimise al centro dell’esistenza individuale e sociale la bellezza, la poesia della santità. Vigeva allora una forma di farisaismo che si potrebbe chiamare misogismo. Ne aveva già patito Caterina da Siena, la quale era respinta nel silenzio perché donna, lei che non finiva di esortare gli uomini, compresi i pezzi grossi, a non comportarsi da femminucce. Santa Teresa si donò con totalità a Dio e trascinò nella donazione altre donne. L’ossessione dei giorni nostri sta in questa domanda accanita, frenetica, ossessiva di onori e ricchezze. Teresa insegna ad emanciparsi da questa schiavitù e recupera la serenità e la pace. E nei suoi scritti spiega le ragioni con una evidenza, una luce che incanta le anime, anche degli uomini d’oggi più aggrappati agli affari. E’ la donna forte, che parla desiderosa solo di servire Dio, con tenacia e forza. Aveva coscienza dell’influsso che la donna consacrata a Dio può esercitare nella società. La sua vita e i suoi scritti mostrano l’essenza della rivoluzione del Vangelo, nei cuori e nelle masse, ridispiegando l’essenza dell’amore che, attraverso il fratello, apre l’accesso a Dio: mette Dio negli spiriti, nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi. Teresa, con la grazia di una madre maestra, insegna a colloquiare senza posa con Dio, un colloquio che tutti possono svolgere, nel tempio della propria anima, anche per strada, anche in mezzo ai rumore. Credo che aumenterà di giorno in giorno il numero di uomini e donne i quali guidati dalla sapienza teresiana ritroveranno le ragioni della vita, risalendo con lei alla fonte. L’azione fiorirà sempre più sulla contemplazione. Ma qui – diremo con la Santa – Marta e Maria van quasi sempre d’accordo, perché l’interiore opera sull’esteriore… Quando le opere esteriori procedono da questa radice, sono fiori ammirabili e profumatissimi, sbocciati sull’albero del divino amore. Teresa era una cosmonauta arditissima del divino; ma era pure una donna pratica, che conosceva il mondo. E perché conosceva il mondo, svettava in paradiso. Se il suo insegnamento sublime si dilaterà, anche la nostra casa, anche il sindacato e la politica e la fattoria, anche il mondo, potrà diventare una sorta di Carmelo, dove Teresa imposterà la regalità femminile della benedetta fra le donne. Igino Giordani, «Fides», n.7-12, 1962, pp.185-187 (altro…)
Set 26, 2018 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
L’evento ha visto la partecipazione di vari onorevoli della Repubblica italiana e del Parlamento europeo, ambasciatori e diplomatici, docenti e intellettuali, ma soprattutto tante persone che hanno conosciuto Giordani, sia dal vivo che attraverso i suoi scritti. Promosso dal Movimento dei Focolari con il centro Chiara Lubich, il centro Igino Giordani e il movimento politico per l’unità, da anni ormai facoltà universitarie dei cinque continenti, molte associazioni ed enti locali sostengono e condividono il progetto culturale, sociale e politico di cui l’incontro tra la Lubich e Giordani di 70 anni fa costituisce una tappa fondamentale. Per questo motivo possiamo dire che l’incontro che si è tenuto a Roma è espressione di una lunga collaborazione e sinergia di tanti soggetti. In apertura del convegno il moderatore, Donato Falmi, corresponsabile del Movimento dei Focolari di Roma, ha letto il messaggio di saluto da parte della Presidenza della Repubblica Italiana alla Presidente dei Focolari, Maria Voce: “…nell’esprimere l’apprezzamento per questa iniziativa, volta a tenere vivo l’esempio di uomini e donne che si sono adoperati per promuovere i valori universali della pace, della fratellanza e della solidarietà, il presidente Mattarella invia a Lei e a tutto il movimento dei Focolari i più cordiali saluti e auguri”. Il Movimento politico dell’unità è una rete di politici e istituzioni di tutto l’arco parlamentare, pertanto è stato chiesto a un senatore e a un deputato – l’uno della maggioranza e l’altro dell’opposizione – di fare un breve saluto iniziale. “Ho avuto la fortuna di conoscere Igino Giordani perché fin da giovane – afferma Steni Di Piazza, senatore di Palermo – ho conosciuto i giovani dei Focolari, i Gen, e con loro partecipavamo ai congressi di formazione. E così nel luglio del 1979 conobbi Igino Giordani; lui mi disse che quando conobbe Chiara avvertì una cosa nuova. Dopo tanti anni capì che con quella sua frase Giordani si riferiva alla politica nella collaborazione fraterna e nella dignità di tutti i componenti. Ed è forse dopo quel colloquio con Igino che è iniziata a crescere in me la vocazione della politica”. “Questo è un bel momento di confronto per ricordare e per provare a rimettere al centro quei valori che segnarono quel 18 settembre di 70 anni fa – ribadisce Stefano Fassina, deputato di Roma – Io faccio politica a tempo pieno da 7 anni, ebbene il titolo di questo convegno mi fa pensare che la vocazione, se è maturata, viene da una fase di riflessione. La politica come vocazione, dovrebbe essere sentita e vissuta da ogni cittadino, perché il cittadino è chiamato a farsi carico del bene pubblico”.
Tornando a quel 18 settembre di 70 anni fa, ci chiediamo cosa potesse essere successo nel parlamentare Giordani. Ce lo spiega lui stesso nello scrivere le sue Memorie, dove dedica uno spazio significativo all’incontro con Chiara: “alle prime parole della signorina avvertì una cosa nuova. C’era un timbro di una convinzione profonda e sicura che nasceva da un sentimento soprannaturale. Perciò di colpo la mia curiosità si svegliò e un fuoco dentro prese a vampare…”. Chiara a quell’incontro porta con sé l’Ideale dell’unità. “A lui racconta semplicemente l’avventura divina iniziata pochi anni prima a Trento, che vede già il sorgere di una nuova comunità cristiana – afferma Maria Voce nel suo intervento -. Fin dagli inizi le prime focolarine e i primi focolarini si nutrono della Luce di questo Ideale. Così Igino Giordani, che Chiara alimenta spiritualmente giorno dopo giorno anche attraverso una fitta corrispondenza”. Giordani era l’uomo di punta all’epoca nel cattolicesimo politico. Faceva vita non solo in Parlamento ma anche in Vaticano. Ma l’incontro con Chiara lo trasformò in profondità. “Scoprì in modo nuovo l’unità, come principio e valore delle relazioni umane, soprattutto quelle politiche – afferma il politologo Alberto Lo Presti -. Comprese cioè che tutte le parziali verità che finora aveva creduto decisive per fare una buona politica, si compivano nell’unità. (…) L’unità è il vessillo della sua vocazione politica”. Rocco Pezzimenti, professore di storia delle dottrine politiche all’università Lumsa di Roma ci ricorda due pubblicazioni di Giordani: la prima, uscita nel 1949 dal titolo Disumanesimo, e la seconda (uscita negli anni 60) dal titolo le due città, entrambe di una profondità rara e anche profetica “Tramite il filosofo Sant’Agostino, il Giordani vuole dare una visione diversa della politica, cioè una politica interiorizzata, meditata. Dice chiaramente che da Agostino ha preso una caratteristica fondamentale: la politica non è un fatto improvvisato. Quello che accade in politica lo maturano prima interiormente, e poi esteriormente”. “In uno dei vari incontri che ho avuto con Chiara Lubich – ribadisce il senatore Edo Patriarca – mi disse che il Movimento dei Focolari e lo scoutismo hanno molti punti in comune. Il fondatore dello scoutismo intuì che c’era una vocazione che veniva declinata su due fronti: il compito di un’esperienza educativa è quella di costruire buoni cittadini e buoni cristiani. E questa fede nell’agire politico me la sono portata dentro in questi miei anni di vita politica”. “Se c’è un tema che oggi dobbiamo provare a riflettere partendo da quell’incontro fra Igino e Chiara – ricorda Marina Sereni ex vice presidente della Camera dei Deputati – è proprio l’unità nella politica di oggi. E la politica è vocazione se al centro c’è il Bene Comune, con dei valori che non sono proprietà di una parte, ma che puntano all’unità”. Le fa eco l’on. Beatrice Lorenzin ex ministro della Salute affermando come “Igino e Chiara siano stati due maestri nella storia della repubblica italiana e che hanno dato vita a qualcosa di straordinario. Essere impegnati oggi in politica non è facile. Abbiamo bisogno di quei punti di riferimento che ci aiutino a fare un’analisi non ipocrita, ma viva”. Spazio infine a quattro testimonianze. “La prima volta che ho sentito parlare di Giordani è stato nell’estate del 1946 – ricorda l’on. Rosa Russo Iervolino – quando i miei genitori erano stati eletti nell’assemblea costituente. Gli interventi in aula di Giordani erano sempre rispettosi nei confronti degli altri ma al contempo duri nel far emergere la verità. Giordani era talmente umile che quasi quasi l’umiltà nascondeva l’intelligenza; ma l’intelligenza era talmente vivace che spuntava fuori da un’altra parte”. A seguire l’intervento di Patience Lobe, prima donna in Camerun ad aver assunto la carica al Ministero di direttore dei lavori pubblici: “ho imparato dalla spiritualità dell’unità del Movimento dei Focolari la coerenza fra la vita e le parole, l’importanza di amare e di servire gli altri. Questa spiritualità ha impregnato tutta la mia vita. Avere come modello una donna, Chiara, mi ha dato forza e coraggio, senza scendere mai a compromessi. Chiara ha aperto la mia anima e intelligenza al Vangelo”. A concludere Luca Basile presidente del consiglio comunale ad Arzano in provincia di Napoli: “grazie ai Focolari ho potuto vivere delle esperienze significative come scambio culturale e come stimolo al mio impegno politico sul territorio. I miei due predecessori si sono dimessi perché il consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazione mafiosa. Potete ben capire quanto sia difficile operare in un territorio del genere ma non si perde la speranza quando si hanno Chiara e Igino come degli esempi da seguire”. Ma è attuabile tutto quello che si è detto oggi in questo convegno, pensando a quello che sta vivendo il nostro Paese (Italia) e l’umanità? La risposta sta nel “farci carico di quello che vive il Paese e l’umanità – risponde Letizia De Torre, coordinatrice internazionale del Movimento politico per l’unità –. Quest’epoca di grande disordine mondiale, che possa fare un salto in avanti proprio verso l’unità, grazie all’Ideale di Chiara. L’augurio è che questo nostro impegno possa offrire possibilità sorprendenti”. Lorenzo Russo Guarda la differita (altro…)
Set 14, 2018 | Centro internazionale, Spiritualità

© Ave Cerquetti, ‘Crocifissione’ – Lienz (Austria) 1975
Maria, ai piedi della croce, non svenne ma, levato cuore e sguardo al Padre, gli offerse, come pegno del patto ricostruito e come avallo del mutamento operato, quel Figlio, quale offerta preziosa, ostia senza prezzo. Sull’orizzonte tra cielo e terra, stette allora quale Maria dei dolori, la desolata: la donna che più pativa; ma, non piegata sotto la tragedia, consapevole del servizio da rendere, — ancella del Signore —, ai figli di lui, stette anche quale sacerdote all’altare, l’altare unico della croce, per offrire, adorando, alla giustizia eterna, quel figlio senza macchia, immolato per tutti. La sua resistenza restò impavida anche dopo, quando i soldati, schiodato il cadavere del Crocifisso, glielo abbandonarono tra le braccia, e si dileguarono, con la folla, per i vicoli, nelle casette assonnate sotto il buio della notte. Tra lampeggiamenti residui e fiori di stelle, nel silenzio coricato sulla tragedia consumata, ella stette ancora sola, a continuare al Padre l’offerta di quell’innocente svenato, il Figlio senza pari, che ella si stringeva tra le braccia appena morto, come un giorno, bambino, prediletto dagli angeli, lo aveva stretto a Betlemme, appena nato. Venuto alla vita sulle mani di una vergine, si era allontanato dalla vita sulle mani di una vergine: Virgo altare Christi. Appena nato allora, appena morto ora, era il prezzo con cui riscattava tutti dal dolore, frutto della colpa. È l’atteggiamento sublime della vergine cristiana che, fondata su Dio, non paventa. Quante volte la Chiesa perseguitata, — Cristo svenato, — non è stata raccolta tra le braccia di vergini, umili e forti, mentre dintorno i più fuggivano o si nascondevano! Vergini, consacrate o no, e madri dal cuore verginale, e pochi uomini, sull’esempio di Giovanni, assistettero più volte allo scempio rinnovato del Calvario e tennero nel cuore vivo il Cristo mistico. Fidata in Dio, Maria offre il Figlio al Padre, restituendolo, per identificarsi con la volontà di lui. In quell’ora, il suo gracile corpo muliebre resta eretto come altare, su cui è immolato, per la salvezza di tutti, il figlio di lei, l’agnello senza macchia. La sua è la fede del sacerdote che immola, in un’ora tragica, la più decisiva delle ore scoccate nella successione del mondo. Ogni anima è vergine — insegna sant’Agostino — in quanto fa parte della Chiesa che è vergine. Questo mistero ci associa alla desolazione di Maria, intanto che ci unisce alla passione di Gesù; passione che verginizza le anime pentite, presenti alla croce col cuore di Maria. Maria, ai piedi della croce, che offre il Figlio al Padre, incarna il sacerdozio universale della Chiesa: ne compie il primo gesto, quello che la Chiesa non finisce di ripetere. Incarna la Chiesa, e la simboleggia, anch’essa vergine e madre, che prosegue l’opera di Maria, che si unisce con quella di Gesù. Per denotare la bellezza e purezza e insieme la natura e la missione della Chiesa, sin dall’inizio essa fu paragonata a Maria: e fu vista quasi come la Vergine Madre effusa sull’universo, per portare le anime tutte a Cristo. Ella ripete la bellezza unica della verginità della Madonna, per ricominciare, senza pause, l’opera redentiva di Cristo. Igino Giordani, Maria modello perfetto, Città Nuova, Roma, 2012, pp.139-141 (altro…)