Mar 28, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo
L’Istituto Universitario Sophia, nella sua sede internazionale, organizza due giornate “aperte” per presentare l’offerta formativa e per attrezzarsi, lavorare e gestire un mondo in continuo cambiamento. Loppiano (Italia), 31 marzo e 30 aprile 2017. (altro…)
Mar 16, 2017 | Cultura, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Da piccolo borgo medievale è divenuta uno dei principali hub della Gran Bretagna per il commercio transatlantico specie con il Nord America. Glasgow, porto fluviale sul Clyde, è proiettata verso il futuro, ma forte di una lunga tradizione culturale. Dal 1451 ospita la quarta più antica università della Scozia. In questa prestigiosa sede, che ha formato sette futuri premi Nobel e ascoltato Albert Einstein illustrare la teoria della relatività, il Movimento dei Focolari e la Società islamica Ahl Al Bait hanno organizzato, il 27 febbraio scorso, una lezione aperta su dialogo e unità tra persone di fedi diverse. “Unity of God and Unity in God”, questo il titolo della serata, ospiti il Dott. Mohammad Ali Shomali, Direttore dell’Istituto Internazionale per gli Studi Islamici di Qum (Iran), attualmente alla guida del Centro Islamico della Gran Bretagna, personalità molto conosciuta nel mondo sciita, e il Prof. Paolo Frizzi, docente di Teologia e prassi del dialogo interreligioso all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, vicino Firenze, dove coordina il Centro di Ricerca e Formazione “Sophia Global Studies”. Il giorno successivo, il Dott. Shomali ha tenuto una conversazione davanti ai membri del Parlamento Scozzese.
Quella tra l’Istituto Universitario Sophia e l’accademico sciita è un’amicizia di lunga data, che ha dato vita, l’estate scorsa, a un progetto di ricerca e dialogo dal suggestivo titolo “Wings of Unity”, “ali di unità”, che coinvolge un gruppo di studiosi cristiani e musulmani. Spiega il Prof. Frizzi: «Ho presentato la metodologia e l’ambiente di unità promossi dal nostro Istituto, dove lavoriamo su un approccio accademico di tipo integrato, che alla teoria affianchi l’applicazione e l’esperienza. Per esempio, nel corso sul dialogo interreligioso, siamo tre professori con background accademici ed esperienziale diversi, ma cerchiamo di sviluppare un programma comune, frutto di ascolto reciproco, una sorta di viaggio di unità in cui co-insegniamo nelle lezioni e di cui anche gli studenti sono protagonisti».
Wings of Unity, spiega il docente di Sophia, nel concreto vuole fornire uno spazio dialogico in cui, da una parte, poter approfondire cosa significa “unità in Dio e di Dio”, chiarendo elementi comuni e differenze; e dall’altro esplorare i modi in cui l’unità può essere concretamente vissuta, per sanare ferite e risolvere divisioni. «Troppo spesso le iniziative interreligiose rimangono questioni per pochi, senza un impatto concreto. Il momento attuale è delicato, dobbiamo fare i conti con la transizione verso un incerto nuovo ordine globale, dove una maggiore interconnessione e interdipendenza si stanno affiancando divisioni dolorose, che frantumano l’unità delle società. Probabilmente la globalizzazione ha fallito nel tentativo di costruire una comunità sostenibile, come le istituzioni transnazionali stanno fallendo nel garantire uno spazio sicuro dove culture e religioni possano incontrarsi, senza il rischio di perdere se stesse. Se questo è vero, d’altra parte vi sono esperienze e casi di impegno e dialogo bottom-up che, al contrario, stanno arricchendo quartieri e unificando comunità. Partono dal basso e aiutano a ripensare l’unità della diversità». Come dice papa Francesco nella Evangelii Gaudium, il dialogo accade in un mondo che non è né a piramide (dove alcuni sono in cima a molti altri) né a sfera (senza differenze di sorta), ma a poliedro, dove accade la convergenza tra tutte le parti, ognuna mantenendo una propria individualità.
Sul tema dell’identità e del confronto interviene il Dott. Shomali: «Se riflettiamo sullo sviluppo delle religioni, ci rendiamo conto che è stata sempre presente una domanda: come tenere insieme le persone, convincendole che, rimanendo nel cerchio, si sta meglio». Questa concezione ha generato distanza, in quanto esprime non tanto “chi siamo”, ma piuttosto “chi non siamo”, secondo un modello di identità basato su paura ed esclusione. Se ha funzionato nel passato, è stato perché il mondo era molto segmentato, senza grandi occasioni di incontro tra persone di fedi, etnie o culture diverse. Non così oggi, in un mondo in cui l’identità è più fragile e sfumata. Per questo, sostiene lo studioso sciita, «abbiamo bisogno di una nuova comprensione basata su cosa cosa possiamo offrire e cosa possiamo apprezzare negli altri. Rapportarsi con gli altri è essenziale. Io non posso essere un buon musulmano, o cristiano – o un buon iraniano o scozzese – se non so rapportarmi con altre persone e contenerle nella mia identità». Occorre quindi ripensare la stessa concezione di identità: «Il corpo umano ha organi diversi, ognuno con una funzione. Tuttavia, nessuno sopravvive se isolato». E conclude: «Quando guardo al Corano, vedo che questo è il piano di Dio. Nella sua creazione e rivelazione, Dio ci ha mostrato la via verso l’unità». (altro…)
Mar 13, 2017 | Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Senza categoria, Spiritualità
Una chiesa missionaria che vive il Vangelo e condivide la vita con il popolo di Dio. È questa la direzione di marcia del suo pontificato, espressa con chiarezza e profezia nella Evangelii Gaudium. «Si tratta della presa di coscienza – spiega Coda, preside di Sophia – progressiva e combattuta, secondo cui lo stile della presenza della Chiesa al mondo e della sua missione ha da essere da cima a fondo misurato sullo stile di Gesù». A quattro anni dalla sua elezione, ancora non ci si è rimessi del tutto dalla sorpresa che suscitano le sue parole, il suo stile, i suoi gesti. Si fatica a capacitarsi di quanto sta accadendo. Egli mostra d’ispirare con radicale nitidezza il suo ministero a vivere il Vangelo “sine glossa” – senza commenti e senza compromessi. La formula, lo sappiamo, è di Francesco d’Assisi, di cui non per nulla Jorge Maria Bergoglio ha interiormente sentito da Dio di dover assumere il nome in quest’ora della storia del mondo: per dichiarare lo spirito di cui vuole animato il suo servizio come vescovo di Roma. È una formula che dice l’imperativo a non misurare il Vangelo sulla misura nostra, ma ad aprire cuore e mente alla misura a cui li dilata il Vangelo. Ma non è questo ciò cui la Chiesa d’ogni tempo è chiamata? Che c’è dunque di nuovo? In verità, la conversione e la riforma assumono in ogni tempo un tono e intraprendono una via che, essendo quelli di sempre, sono però quelli e solo quelli che rispondono alle domande e alle ferite del tempo che si è chiamati a vivere. Perciò, se la conversione chiesta ieri è, per un verso, quella stessa che è chiesta oggi, è però oggi anche un’altra rispetto a quella di ieri sotto il profilo del suo esprimersi e concretarsi storico: perché è chiamata a rispondere alla voce di Dio che ci richiama giusto a quelle parole di Gesù che lo Spirito vuol mettere in luce e farci incarnare ora. In risposta alle sfide e alle piaghe del presente. Mi sono restate impresse nel cuore le parole che Romana Guarneri, con l’acuto senso della storia che la contraddistingueva, mi diceva con un filo di voce poco prima di morire: «Il cristianesimo ha ancora da fiorire». Penso si possa intendere quest’affermazione almeno nel senso che è venuto il tempo in cui, dalla radice della fede in Cristo, può e deve sbocciare un fiore inedito, capace di stupirci tutti ancora una volta con la sua rara bellezza. E di darci nuova vita. E in fondo, che cosa sono poi 2000 anni di storia? Non s’è finora espresso, il cristianesimo, in fin dei conti solo nelle categorie d’esistenza e di pensiero dell’Europa e dell’Occidente? Provvidenziali e preziose, senz’altro, ma tutt’altro che definitive e assolute. La posta in gioco attorno a ciò che papa Francesco ha messo in moto nella Chiesa è grossa. Forse persino decisiva per la Chiesa, nella stagione del tutto inedita che l’attende. Il Vaticano II non è stato solo un punto d’arrivo, ma più un punto di nuova partenza. Niente è perso dello straordinario lascito della Tradizione, ma tutto va rigiocato nell’ascolto disarmato del soffio dello Spirito oggi. Ciò che Dio si aspetta dalla Chiesa oggi – ha detto non a caso nel 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi – è racchiuso in una parola: sinodo. Camminare insieme. Donne e uomini. Giovani, adulti, anziani. Le diverse vocazioni e i diversi carismi nella Chiesa. Le diverse Chiese. Le diverse culture e religioni e visioni del mondo. Tutti, nessuno escluso. A cominciare da chi in qualunque modo è scartato. La “mistica del noi” è il profumo, la verità e la misura di giustizia di una Chiesa in uscita. E il lievito di quel nuovo paradigma culturale che il cambiamento d’epoca, di cui siamo chiamati a essere protagonisti, con urgenza postula e invoca. Pena il collasso o la disintegrazione dell’avventura umana. A quattro anni dalla sua elezione lo diciamo con semplicità, convinzione e gratitudine: è un dono per tutti noi, non solo per i cattolici, papa Francesco. Perché ci scuote a diventare uomini e donne che, come popolo di Dio, eleggono a stella polare del cammino e a codice esigente e liberante di vita nient’altro che la bella, buona e gioiosa notizia del Vangelo. Per accenderne il fuoco – oggi come 2000 anni fa – nel cuore del mondo. La versione integrale su Settimana News (altro…)
Feb 27, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Acquarello © A.M Baumgarten
Sono Noemi, paraguaiana, 26 anni. Mi è stato chiesto chi è Gesù Abbandonato per me. Sin da piccola ho sperimentato il dolore: la perdita della mamma ai 7 anni, poi della nonna con cui sono cresciuta ai 17, e del babbo un anno dopo. Recentemente, mi è venuto incontro con la scoperta di una malattia cronica. Cristo Crocifisso, come Chiara Lubich ce l’ha fatto conoscere, non è mai stato per me solo dolore, incomprensione, fallimento, solitudine, ecc. Ma anche momenti preziosi e carichi di una forte esperienza di Dio, così come di tante grazie personali e insieme agli altri. Nel mio percorso di studio a Sophia, durante una lezione, il professore ci chiede: “Sapete perché Gesù Abbandonato è il Dio del nostro tempo?”. Un compagno alza la mano e dice: “Perché è un dolore e va abbracciato”. Il professore, allora, ci racconta il passo del Vangelo in cui Gesù muore in croce e il centurione esclama: “Quest’ uomo era veramente il Figlio di Dio!”. Per gli ebrei del suo tempo Gesù era un maledetto da Dio. La cultura e le credenze religiose non avevano permesso loro di riconoscere in quell’uomo la divinità. Invece il centurione, un pagano, è riuscito a vedere Dio dove agli occhi umani dei suoi contemporanei non è stato possibile scoprirlo. «Qui non c’è dolore – continua il professore –, qui c’è la Luce che fa vedere e la Sapienza, che ci fa capire chi è veramente Dio: Colui che si rivela nascondendosi, che si svuota pienamente di se stesso per far emergere l’altro, per far essere l’altro, perché è Amore. Ecco Gesù Abbandonato». Questa nuova comprensione della Sua identità è stata folgorante per me e mi ha permesso di trovare il senso e la passione per lo studio. Per cercare di offrire insieme agli altri, attraverso le diverse discipline – tutte espressioni di quell’unica Sapienza –, le risposte ai problemi del nostro mondo martoriato, perché Gesù Abbandonato è concreto, non è un concetto teorico e nemmeno soltanto spirituale. Ho capito che l’organo del pensiero è il cuore, quel cuore trafitto in croce che ci permette di vedere Dio ed essere visti da Lui. ConoscerLo meglio mi ha aiutato, inoltre, a capire non solo chi è Dio ma chi sono io: sono nulla. Davanti al Creatore non posso che essere nulla, solo Dio è. Gesù nel suo abbandono è diventato la chiave di lettura della mia vita, della mia storia, ma anche della storia del mio popolo con le sue miserie e ricchezze. Insieme al desiderio di vivere ed impegnarmi per la mia gente sfruttando i doni che Lui mi ha dato. Questa visione di Gesù crocifisso e abbandonato è un dono che Dio, attraverso Chiara Lubich, ha fatto non solo al Movimento dei Focolari, ma alla Chiesa e all’intera umanità. Specie lì dove Dio è più assente. Perché Lui ci ha dimostrato che il più lontano da Dio è il più intimo a Dio, come è successo al centurione. Perché Gesù Abbandonato non è solo una “chiave” per risolvere i nostri problemi personali. Questo è solo il primo passo, il presupposto per donarLo, cercarLo e amarLo nei dolori dell’umanità. (altro…)
Gen 10, 2017 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Piotr, cosa ti ha condotto a scegliere di iscriverti a Sophia? «Mi hanno guidato verso Sophia molti fattori. Negli anni del liceo ho avuto la fortuna di incontrare un filosofo torinese che si chiamava Costanzo Preve, che mi ha avvicinato agli studi della filosofia a partire dalla mia preesistente curiosità per la politica. La sua impostazione filosofica hegelo-marxiana mi ha aperto uno sguardo sulla totalità sociale che al contempo ha reso ardua la scelta dell’università; ero indeciso tra economia, politica e filosofia, e un professore, al termine del liceo, mi aveva parlato di Sophia, anche se offriva solo corsi di laurea magistrale. Alla fine, anche per avere un “pezzo di carta” più “spendibile”, ho optato per la laurea triennale in economia a Genova». Scelta che però non ti ha lasciato soddisfatto… «L’insoddisfazione nei confronti dell’impostazione “mainstream” di molti corsi mi ha portato ad aderire alla rete internazionale di Rethinking Economics per promuovere il pluralismo economico, metodologico e interdisciplinare nell’insegnamento universitario dell’economia, fondandone una sede locale. In modo autonomo, parallelamente, ho continuato i miei studi musicali e filosofici. Inoltre sono diventato giornalista: faccio parte della redazione della testata Termometro Politico e da qualche mese dirigo la rivista di dibattito ecclesiale Nipoti di Maritain. Venendo più precisamente al punto, in questi anni ho letto alcuni saggi del preside Piero Coda e gli chiesi di visitare Sophia. Venni due volte, prima di iscrivermi. Ogni volta, la conferma della mia vocazione “sophiana” ne è uscita sempre più rafforzata». Quale percorso hai deciso di seguire e cosa ti stanno dando i primi mesi di frequenza? «Ho scelto il percorso di ontologia trinitaria, anche per la possibilità di usufruire dell’accordo con l’università di Perugia per il doppio titolo, così da ottenere, oltre a quello vaticano, anche una laurea magistrale italiana in filosofia con indirizzo didattico, che eventualmente mi aprirebbe anche la strada dell’insegnamento liceale. In questi primi mesi quasi tutti abbiamo frequentato gli stessi corsi filosofici, teologici, politici ed economici, il che consente di partire da una base comune. Questa interdisciplinarietà, nel mio caso, non è stata affatto una sorpresa, ma una scelta consapevole, deliberata. Dal punto di vista accademico, il livello di Sophia è molto elevato e mi ha dato la possibilità di approfondire argomenti di interesse personale durante i corsi. Da fine agosto vivo nella residenza, esattamente due piani sopra le aule universitarie, assieme a 9 ragazzi di ogni continente, dall’Argentina alla Cina, dalla Germania alla Tanzania, passando per il Libano. Ottima convivenza, ben organizzata anche nei lavori domestici: sin da subito ci siamo sentiti davvero fratelli, nelle piccole premure quotidiane». I tuoi progetti? Cosa intravedi? «Difficile dirlo, perché al momento non faccio altro che aprirmi nuove strade; l’obiettivo di medio termine è conseguire la laurea, ma per la tesi ho molte idee differenti e, come spesso accade, probabilmente nessuna di esse sarà quella definitiva. Dopo potrei pensare ad un dottorato, ma si vedrà. Vorrei comunque portare avanti l’attività giornalistica e, dal punto di vista lavorativo, non mi dispiacerebbe insegnare oppure trovare una posizione nel mondo dell’editoria. Ma non vorrei mai porre ostacoli allo Spirito che potrebbe spingermi anche altrove». Fonte: IUS online (altro…)