L’edizione 2025 del tradizionale festival dei giovani nella cittadella dei Focolari mette in scena le fragilità e i conflitti vissuti dai giovani di oggi e li trasforma in un’esperienza artistica immersiva e di speranza. Tanti workshop e uno spettacolo finale dal vivo per dire a tutti: «You are born to bloom», “Sei nato per fiorire”.
«Ricordati che sei nato per fiorire, per essere felice». È questo il messaggio che, nell’anno del Giubileo della speranza, i giovani organizzatori del Primo Maggio di Loppiano (Figline e Incisa Valdarno – Firenze, Italia) vogliono dare ai loro coetanei che parteciperanno all’edizione 2025 del tradizionale festival che si svolge, dal 1973, nella cittadella internazionale del Movimento dei Focolari, in occasione della Festa dei Lavoratori.
Il tema
Al cuore di “You are born to bloom, il coraggio di fiorire”, questo il titolo della manifestazione, ci sono le fragilità, le ferite e i conflitti vissuti dai ragazzi e dai giovani di oggi, sublimati in un’esperienza artistica, immersiva e di crescita.
«Crediamo che quel conflitto che spesso ci attraversa nelle fasi più difficili della vita possa diventare un’opportunità per rinascere più forti e consapevoli di chi siamo – spiegano Emily Zeidan, siriana e Marco D’Ercole, italiano, della squadra internazionale dei giovani organizzatori del festival –. Come ci diceva Papa Francesco, “il conflitto è come un labirinto”, non dobbiamo avere paura di attraversarlo, perché i “conflitti ci fanno crescere”. Ma “dal labirinto non si può uscire da soli, si esce in compagnia di un altro che ci aiuti”. Così, al Primo Maggio di Loppiano, vogliamo ricordare a tutti la bellezza gli uni e degli altri, anche nei momenti di vulnerabilità».
Un tema di stringente attualità quello del 1° maggio a Loppiano, se si considera che in Italia, 1 minore su 5 soffre di un disturbo mentale (depressione, ritiro sociale, rifiuto scolastico, autolesionismo, ansia, disturbi del comportamento alimentare, tendenze suicide), secondo i dati della Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Gli under 35, invece, vivono la precarietà lavorativa, sono sotto retribuiti, subiscono disuguaglianza territoriale e di genere (“Giovani 2024: il bilancio di una generazione”, EURES), non si sentono compresi dagli adulti nelle loro esigenze e nel vissuto, in particolare, quando si parla di paure e fragilità, aspirazioni e sogni.
«Papa Francesco aveva una grande fiducia in noi giovani. Non perdeva occasione per ricordarci che il mondo ha bisogno di noi, dei nostri sogni, di grandi orizzonti verso cui guardare insieme, per “porre le basi della solidarietà sociale e della cultura dell’incontro”», sottolineano Emily e Marco. Per questo “You are Born to Bloom” sarà uno spettacolo costruito insieme, dove il pubblico non sarà solo spettatore ma parte integrante della narrazione: chiunque vi partecipi sarà chiamato a diventare protagonista dello spettacolo, dando il meglio di sé con gli altri.
Il programma
Al mattino, i partecipanti al festival del Primo Maggio di Loppiano avranno l’opportunità di esplorare le proprie fragilità e bellezze attraverso workshop d’arte, motivazionali ed esperienziali guidati da psicologi, formatori, counselor, artisti e performer.
Tra questi, anche il Gen Verde International Performing Arts Group preparerà le giovani e i giovani a salire sul palco e a far parte del cast delle coreografie, dei cori, della compagnia teatrale e della band nello spettacolo finale. I workshop del Gen Verde sono svolti nell’ambito del progetto “M.E.D.I.T.erraNEW: Mediation, Emotions, Dialogue, Interculturality, Talents to foster youth social inclusion in the Mare Nostrum”, Erasmus Plus – Gioventù – partenariato di cooperazione.
Il festival culminerà al pomeriggio con la costruzione collettiva del live show: tutti i partecipanti saranno parte attiva della storia, non ci sarà distanza tra palco e pubblico.
Tra gli artisti che hanno confermato la loro partecipazione Martinico e la band AsOne.
“You are born to bloom, il coraggio di fiorire” è realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze.
Il Primo Maggio di Loppiano è un evento della Settimana Mondo Unito 2025 (1-7 maggio 2025), laboratorio ed expo globale di sensibilizzazione alla fraternità e alla pace.
Per informazioni e prenotazioni contattare: primomaggio@loppiano.it +39 055 9051102 www.primomaggioloppiano.it
Il Movimento dei Focolari è impegnato in vari Paesi del mondo nell’accoglienza dei profughi afghani. In Italia ad oggi sono circa 400 le persone che, a vario titolo, hanno dato la loro disponibilità ad aprire le porte ai profughi. Immediata la risposta di singoli, famiglie e intere comunità, da Milano a Ragusa. In Italia il Movimento dei Focolari ha lanciato un appello per concretizzare l’accoglienza già dopo i primi ponti aerei che hanno portato i profughi afghani nel nostro Paese: dal 26 agosto è partito infatti un invito attraverso le comunità locali dei Focolari e le tante persone impegnate a vari livelli in reti locali o nazionali per l’accoglienza e l’accompagnamento degli immigrati. L’appello invita a valutare la possibilità di aprire i centri del movimento, istituti religiosi, canoniche, case parrocchiali, ma anche le proprie case; a intercettare chi sia disposto a collaborare per questa emergenza affiancando i profughi in arrivo; ad avviare collaborazioni con enti e organizzazioni locali. Un lavoro in itinere, che deve coniugare l’iniziativa privata con i sistemi di accoglienza predisposti dal Ministero dell’Interno, e che sta già muovendo i primi passi concreti, in consonanza con quanto auspicato da papa Francesco nell’Angelus di domenica 5 settembre, che tutti gli afghani “sia in patria, sia in transito, sia nei Paesi di accoglienza”, possano “vivere con dignità, in pace e fraternità coi loro vicini”. Le risposte non hanno tardato ad arrivare: singole persone hanno messo a disposizione la loro esperienza professionale, le proprie abitazioni, o case libere. Tra i primi a rispondere all’appello, un’infermiera di Bergamo: “Tra un turno e l’altro, sono a disposizione per qualunque necessità”. Altri hanno offerto le proprie competenze legali, sanitarie, o relative alla formazione scolastica. Una famiglia della Lombardia, con cinque figli piccoli, si è detta disponibile ad ospitare un bambino. Non solo famiglie, ma intere comunità che rispondono all’invito del Papa ad aprire canoniche e chiese. Il mondo religioso si interroga su come mettersi a disposizione: è così per un gruppo di religiosi dei paesi vesuviani. Ci sono poi intere comunità focolarine – come a Pesaro, Milano, Cosenza – che si sono riunite per unire le forze e trovare un luogo da mettere a disposizione per accogliere qualcuno. Proseguono anche i contatti con alcuni enti e cooperative dalle idealità condivise, che possano sostenere ed affiancare con gli strumenti idonei questa accoglienza fatta in famiglia, come la cooperativa Fo.Co. (Chiaramonte Gulfi, RG) e l’associazione Nuove Vie per un Mondo Unito (Roma). Ancora nel Lazio, a Marino, l’accoglienza è già in atto da parte della cooperativa e onlus Una città non basta, che si è attivata immediatamente. Al Centro Mariapoli di Castelgandolfo alcune famiglie afghane sono state ospitate fin dai primi giorni dell’emergenza. In varie città d’Italia, lo scorso 28 agosto, si è partecipato all’iniziativa promossa da Economy of Francesco per i diritti e la libertà delle donne afghane. Parallelamente va avanti una raccolta di fondi, con piccole e grandi cifre – c’è chi non potendo aprire la propria casa ha fatto valutare i gioielli di famiglia – destinate alle associazioni che a livello locale potranno utilizzarli per specifiche esigenze che non si riescono a coprire con i contributi dello Stato. Il conto di riferimento è quello già in uso per l’emergenza covid. I contributi possono essere versati con la causale ACCOGLIENZA AFGHANISTAN.
Fraternità, tenerezza e creatività: gli ingredienti giusti per affrontare l’emergenza del Coronavirus attraverso migliaia di esperienze di amore verso il prossimo. Colpita in modo particolarmente forte dalla pandemia del Coronavirus, l’Italia sta vivendo una delle prove più grandi dopo la seconda guerra mondiale. Ma gli Italiani l’affrontano con innumerevoli gesti di solidarietà, fraternità e tenerezza. Dalla provincia di Napoli ci scrive I.V., infermiera nel reparto dei pazienti positivi al Covid-19: “All’inizio avevo paura del contagio e quindi ero molto veloce nelle pratiche infermieristiche. Un paziente mi ha chiesto un caffè alla macchinetta. Come prima risposta gli ho detto che non potevo andare. Ma coinvolgendo poi una collega abbiamo trovato due macchinette di caffè per tutti i pazienti”. Il dover stare a casa ha cambiato la vita della famiglia di Salvo ed Enza con i figli Emanuele e Marco a Viareggio. Racconta Enza: “Fino a pochi giorni fa, i figli, presi da tanti impegni a stento riuscivano a fare un saluto veloce alla nonna malata e costretta a stare a letto. Ora si fermano di più e cercano di aiutarmi anche solo dandole un bicchiere d’acqua. A pranzo e a cena abbiamo più tempo per parlare e anche per ridere”. A Lucca Paolo e Daniela si sono offerti per fare la spesa a tutti i vicini di casa, condividendo anche alcune mascherine. Sempre da Lucca, Rosa e Luigi, una giovane coppia di insegnanti con due figli, tutti a casa in questo momento, hanno prestato la loro macchina ad una famiglia con grave situazione economica. A Siena Giada e Francesca si sono messe a disposizione come babysitter di figli di infermieri che abitano vicino casa, per sostenerli. A Pisa Carla e Giacomo hanno preparato da mangiare ad alcune famiglie vicino casa mentre ad Arezzo c’è stata una gara di solidarietà fra Rosanna, Rita e Mario per sostenere due persone che non possono uscire, attraverso la spesa e la preparazione di pasti. Per sostenere i suoi giovani colleghi fuori sede e costretti all’isolamento, Barbara da Latina, ha cominciato a registrare dei video in cui condivide le sue ricette. Loro l’hanno ringraziata tantissimo, perché in questo modo li fa sentire a casa, come in famiglia. Emanuele e Simonetta dalla Sardegna con i loro tre figli sono in quarantena da due settimane. Scrivono: “Ci è sembrata da subito un’occasione per costruire rapporti profondi come famiglia. Da quando siamo entrati in contatto col virus abbiamo iniziato a condividere le nostre esperienze in un gruppo chat con altre persone che vivono la stessa sofferenza. Un giorno alcuni di loro avevano bisogno di viveri. Non potendo fare noi la spesa, abbiamo trovato un’altra coppia che subito ha provveduto. E abbiamo capito che non ci dobbiamo fermare mai davanti all’esigenza di un fratello”. Dalla Sicilia Orsolina, infermiera, racconta: “nel mio lavoro in terapia intensiva cardiologica, mi sono ritrovata una paziente giovane con un infarto complicato. Dal suo sguardo vedevo paura e sconforto anche perché non poteva giovarsi del conforto dei familiari e dei figli piccoli. Ho sentito quindi che potevo essere io la sua famiglia. Così l’ho aiutata nell’igiene personale pensando a cosa avrei desiderato io se fossi stata al suo posto, sistemando con molta cura il suo letto, sistemandole i capelli. Il suo sguardo era cambiato, insieme abbiamo provato una grande gioia, in quel momento siamo state una famiglia”. A Roma, Mascia e Mario con il figlio Samuel stanno scoprendo che “questo virus, oltre a ricordarci che siamo tutti interconnessi, ci sta dando l’occasione di apprezzare le piccole cose, di rimettere al centro la famiglia e gli affetti, di dare libero sfogo alla creatività contro i programmi e i ritmi frenetici cui ormai siamo abituati”. In veste di rappresentante di classe Masha cerca il modo migliore per amare le famiglie e le maestre, mantenendo sempre viva la relazione attraverso la chat e le telefonate. Come diceva Jesús Morán, Co-presidente dei Focolari, qualche giorno fa: “Questo è davvero il momento della sapienza (…) che porta ad una intelligenza della realtà illuminata dall’amore e che (…) innesca un formidabile movimento di fraternità. Davvero Dio può fare cose prodigiose, anche in mezzo al male. Lui lo sconfigge col suo disegno d’amore.”
Lorenzo Russo
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“Bisogna lavorare insieme e avere il coraggio di far funzionare bene le cose”. Ne è convinto Loris Rossetto che al recente convegno “Co-Governance, corresponsabilità nelle città oggi” ha raccontato dell’ostello “Bella Calabria”, ricavato da una struttura confiscata alla ‘ndrangheta. “Forse a volte una mentalità all’insegna del ‘tanto non cambierà nulla’ o ‘meglio non rischiare’ danneggia la nostra terra. Quando invece ci si rimbocca le maniche e si fa lavoro di squadra i risultati arrivano”. È l’esperienza di Loris Rossetto e di sua moglie, calabresi emigrati negli anni ’90 in Veneto e poi in Trentino che tornati nella loro terra, nel 2005, hanno avviato attività in strutture confiscate alla ‘ndrangheta (così si chiama la malavita organizzata in questa terra). Sperimentata l’efficienza del nord Europa, hanno pensato di coniugarla con il calore e le risorse naturali e culturali del sud, sviluppando un “turismo del tutto particolare, quello dell’amicizia e dell’accoglienza calabrese”. Il loro obiettivo è promuovere la crescita economica del territorio, ma soprattutto di creare legami di amicizia con persone di altri Paesi e incoraggiare la popolazione locale a operare per il Bene comune, nella legalità, credendo nella possibilità di rinascita del territorio. Dati alla mano infatti, in Calabria attualmente sono 35 i Consigli Comunali sciolti per mafia, compreso il capoluogo, e attraverso la Regione passa la metà della droga che arriva in Italia. Ma la piaga della mafia – dimostra l’esperienza dei Rossetto – non ha l’ultima parola se si ha il coraggio di proporre un modello di relazioni diverso. “Iniziamo fondando l’associazione ‘Amici del tedesco’ – racconta Loris – con l’idea di promuovere scambi tra la nostra città e i Paesi di lingua tedesca. La prima esperienza è la creazione di un centro di aggregazione. Poi decidiamo di aprire l’ostello ‘Bella Calabria’ in uno stabile confiscato a Cutro, in provincia di Crotone”. L’11 aprile del 2015 si inaugura la struttura. “Ci inventiamo un programma per le classi – continua Loris – ‘48 ore all’ostello all’insegna del motto: Chi rispetta le regole è felice’. Sottotitolo: ‘Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te!’. Gli alunni interiorizzano l’idea che lavorare in squadra è bello. Apprendono le lingue straniere attraverso simulazioni e dialoghi in lingua”. Ma i primi passi di questa avventura sono in salita. E non solo perché i Rossetto non si intendono di economia né di turismo. In estate nella zona viene a mancare l’acqua. Si supplisce con una cisterna, ma non basta. La Provvidenza vuole che l’anno seguente venga eletto un Sindaco che si dà da fare per aiutarli. “È un segno del cielo” pensano i coniugi, incoraggiati ad andare avanti. E intanto il progetto cresce. Arrivano classi dal nord Italia e ospiti dall’Europa, la squadra di Hockey di Hamm, una classe di Dresda, la Croce Rossa tedesca. Tutti sperimentano il calore dell’accoglienza calabrese, e le persone del posto, prima diffidenti, si aprono all’iniziativa. “La gente di Cutro risponde in modo stupendo – osserva Loris – Spesso capita che il turista, sorpreso, ci dica ‘sono andato al bar e mi hanno offerto il caffè’, o che un vicino d’estate porti frutta fresca. Gli ospiti rimangono così colpiti che si innamorano del paese e dell’ostello, così chi viene una volta spesso ritorna. Capiamo che siamo sulla strada giusta”. Seguirà un secondo ostello a Crotone e un progetto che coinvolge tre parchi: “A Cropani Marina, proponiamo con delle mini car educazione stradale, a Isola un percorso per mountain bike, a Cirò un percorso botanico. Anche qui i problemi non mancano, ma alla fine funziona”. A fare da comun denominatore una motivazione forte e un invito: “Non smettere mai di sognare stando con i piedi per terra, con lo sguardo rivolto al cielo, per amare e migliorare il proprio territorio”.
A Trieste (Italia) storie di accoglienza nel quotidiano. Il racconto di chi la vive in prima persona. “Insieme a Caritas e al Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) ci occupiamo soprattutto di famiglie di migranti e profughi con i loro bambini, ospiti presso una struttura di prima accoglienza nella nostra città, Trieste, e in provincia. Da tre anni, ogni settimana, con continuità, abbiamo attivato delle azioni concrete: un gruppetto di noi insegna italiano alle mamme in modo da far loro completare i corsi di studio per aiutarle ad affrontare meglio la quotidianità; altri giocano con i bambini e li seguono nei compiti. Sono passate dal centro ormai tante famiglie e con quasi tutte è rimasto un rapporto, anche dopo il loro trasferimento in altre case. In collaborazione, poi, con AFN – Associazione Famiglie Nuove, abbiamo avviato un progetto, autofinanziato da alcune persone della comunità, per aiutare in particolare una famiglia di nazionalità curda in difficoltà che, dopo due anni di sostegno, ora ha raggiunto la sua autonomia, permettendo loro di abitare in un appartamento in affitto grazie al lavoro che ha finalmente adesso il padre. Con altri piccoli progetti stiamo sostenendo le esigenze di altre famiglie, facendo in modo che le mamme possano seguire dei corsi di specializzazione per un possibile lavoro e i bambini possano integrarsi nelle varie attività con i loro compagni, per esempio nelle attività sportive. Li seguiamo nelle visite e cure mediche, nella ricerca della casa, abbiamo trovato alcuni lavoretti per le mamme, abbiamo potuto iscrivere un papà alla scuola guida e oggi lavora guidando i camion presso una ditta del porto. Con l’aiuto di alcune famiglie abbiamo potuto far partecipare ad una “vacanza famiglie” anche una mamma vedova africana con due bambini, che ne aveva necessità. Cerchiamo di vivere con loro momenti di vita quotidiana come i compleanni, le gite ai parchi la domenica, una gita in barca, il capodanno, il carnevale ma anche momenti di preghiera come in occasione del Ramadam con chi è di religione musulmana. Domenica 25 novembre 2018 abbiamo voluto rispondere concretamente all’appello di Papa Francesco che ha indetto la giornata mondiale dei poveri: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta” e invitava così ogni cristiano e le varie comunità ad ascoltare questo grido e a cercare di offrire risposte con gesti concreti. Aggiungeva: “Affinché questo grido non cada invano”. Abbiamo pensato di organizzare così un pranzo – denominato “Festa dell’Amicizia” – all’insegna della condivisione con persone in difficoltà: rifugiati, profughi, disoccupati, poveri della nostra città. Si è riusciti a coinvolgere anche la nostra comunità dei Focolari chiedendo un aiuto concreto sia per il pranzo che per l’aiuto in sala e anche agli amici stessi che sono stati invitati è stato richiesto, per chi poteva e disponeva di una cucina, di contribuire con un pugno di cibo tipico dei loro paesi di provenienza. Eravamo un’ottantina: dal Camerun, Nigeria, Egitto, Tunisia, Russia, Pakistan, Kurdistan, Kossovo. Con nostra sorpresa, per la Caritas stiamo diventando un punto di riferimento, un “progetto” che va oltre l’assistenzialismo. Ci chiamano per condividere programmi, progetti e, in alcune occasioni anche per cercare soluzioni. Ci sembra siano rimasti coinvolti da questo nostro modo di fare accoglienza che, conclusa la fase di emergenza, punta alla reciprocità. Sentiamo che, in mezzo a questo caos, dove ciascuno magari non trova un punto di riferimento valoriale, quale quello dell’accogliere gli ultimi, non possiamo fermarci ma dobbiamo continuare a dare speranza”.
Paola Torelli Mosca, a nome del gruppo accoglienza migranti Trieste