24 Gen 2014 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Il padre spirituale, un giorno, chiede a Chiara: “Quale fu il momento in cui il Signore sofferse di più?”. “Nell’orto degli Olivi, suppongo”. “No, a mio parere, sofferse di più sulla croce, quando emise il grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46; Mc 15,34)”. Egli uscì, e Chiara discorrendo con Dori (una sua allieva, tra le prime a seguirla, n.d.r.) e poi con altre cominciò a polarizzare il suo amore – e il suo studio – su quel grido: su quel momento d’angoscia, in cui Cristo si era sentito abbandonato persino dal Padre, per il quale s’era fatto uomo. “Sono convinta che Gesù abbandonato sarà l’ideale che risolverà tutti i problemi del mondo: esso si diffonderà sino agli ultimi confini della terra”.
Questa convinzione si doveva consolidare, di anno in anno, nelle prove d’ogni sorta, mercé cui il suo ideale si impiantava tra gli uomini. Gesù abbandonato così divenne l’amore di Chiara. E divenne l’amore – l’ideale, lo scopo, la norma – dell’Opera di Maria (o Movimento dei Focolari, n.d.r.). Un giorno ella ci spiegò: “Se, quando sarò anziana cadente, verranno dei giovani a chiedermi di definire loro, stringatamente, il nostro ideale, con un filo di voce risponderò: È Gesù abbandonato!”». Fonte: “Erano i tempi di guerra…”, Chiara Lubich – Igino Giordani, Città Nuova Ed., Roma, 2007, pp. 122-123. (altro…)
14 Gen 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Tre anni fa ho intrapreso un percorso di volontariato in una Comunità di Roma che si occupa delle dipendenze. Il Centro, nato nel 1978 come supporto e sostegno alle persone tossicodipendenti, è giunto oggi ad occuparsi di problematiche molto più ampie, non più limitate solo alla tossicodipendenza. Il percorso degli utenti all’interno della comunità interessa sia coloro che presentano una problematica di dipendenza, sia i loro familiari o parenti che sono coinvolti in situazioni a volte al limite della sopportazione umana. Proprio verso questi ultimi svolgo la mia azione di volontariato, in quanto mi occupo sia delle prime accoglienze, sia dei gruppi di auto-aiuto. In entrambi questi due momenti: accoglienza e auto-aiuto, ho avuto modo di sperimentare concretamente l’importanza e la validità del dialogo, fatto di comunicazione e ascolto, che porto avanti nel Movimento dei Focolari fra persone credenti e altre di diverse convinzioni come me. L’accoglienza è il momento più difficile per chi arriva smarrito, confuso e cerca faticosamente di aprirsi e raccontare la propria vicenda ad una persona che è per lui sconosciuta. È questa la fase più complessa di tutto il percorso; se la persona che faticosamente tenta di vincere le paure e la vergogna, non percepisce di essere ascoltato tutto il lavoro che seguirà può essere vanificato. Pur nella diversità delle situazioni, il dialogo permette – grazie alla reciprocità che ne scaturisce -, una unione e uno scambio interiore veramente profondo. Il positivo dell’uno e la sofferenza dell’altro si confrontano in un’arricchente condivisione. Il peso che nella persona all’inizio dell’incontro sembrava insopportabile, diventa più leggero e le sofferenze meno pesanti. Ci saranno lungo il cammino tanti momenti difficili, ma sapere di non essere soli aiuta; nella caduta, c’è una spalla presente su cui poggiarsi. Una mattina arriva una signora chiedendo di parlare con un operatore. Sono solo, mi offro disponibile ad ascoltarla. Ancor prima di sederci, impone delle condizioni alla nostra conversazione: il nostro incontro doveva rimanere segreto (perché se il figlio ne fosse venuto a conoscenza l’avrebbe potuta massacrare di botte); lei non mi dirà né il suo nome né tantomeno quello del figlio; io non dovrò informare la polizia, né esporre denuncia. La mia reazione è prima di stupore, poi di rabbia, molti elementi mi infastidiscono. Quando, però, riesco a staccarmi dal mio ruolo, vedo due persone che non stanno certo dialogando: una è debole e carica di dolore, sofferenza e paura; l’altra è forte, ma chiusa nel suo compito di salvatore. Percepisco l’impossibilità di operare e l’incapacità di concretizzare la teoria appresa in tre anni di servizio nella comunità. Gli strumenti tecnici in questa situazione non servono, il metodo da me utilizzato è infruttuoso, bisogna cambiare strategia. È arrivato il momento di applicare il dialogo che svolgo coi miei amici del focolare! Solo io posso cambiare la situazione. Il mio tono di voce, i miei atteggiamenti mutano; invito la signora a sedersi e metto a sua disposizione le mie conoscenze tecniche, ma soprattutto umane, dimenticando le varie procedure burocratiche. C’è un’esplosione di pianto e di gioia insieme; si siede e, scusandosi per le lacrime, inizia a raccontare la sua storia. Il bisogno di condividere il dramma che sta vivendo, finalmente ha trovato uno spazio dove potersi liberare senza vergogna o paura di essere giudicata. La mia apertura è finalmente diventata ascolto capace di accogliere la sua sofferenza, elaborarla, farla mia e restituirle il mio contributo in un arricchimento reciproco. (Piero Nuzzo) (altro…)
12 Gen 2014 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Difensore della pace ad ogni costo, Igino Giordani divenne ufficiale nella prima guerra mondiale, dove fu ferito e decorato. Insegnante, antifascista, bibliotecario, sposato e padre di quattro figli, era un noto polemista dell’area cattolica, pioniere dell’impegno dei cristiani in politica, scrittore e giornalista. Dopo la seconda guerra mondiale, vissuta da antifascista costretto all’esilio, venne anche eletto alla Costituente. Fu deputato, laico illuminato, pioniere dell’ecumenismo. Fu ancora lui, a portare le realtà dei laici sposati e della famiglia all’interno del focolare, aprendolo – in certo modo – all’intera umanità. Chiara Lubich, per questi e altri motivi ancora, considerò Giordani, familiarmente chiamato “Foco”, uno dei “cofondatori” del Movimento dei Focolari.
L’incontro con Chiara avvenne nel suo ufficio alla Camera dei deputati, a Montecitorio, nel settembre del 1948. Giordani attraversava un momento particolarmente difficile della sua vita, sia spirituale che politica: «Studiavo temi religiosi con passione – scriverà nel suo postumo Memorie di un cristiano ingenuo –, ma anche per non pensare alla mia anima, del cui aspetto non ero edificato: pesava su di essa la noia; e per non confessare questa sua paresi, io mi ingolfavo nello studio e mi stancavo nell’azione. Credevo che non ci fosse altro da fare; possedevo in qualche modo tutti i settori della cultura religiosa: l’apologetica, l’ascetica, la mistica, la dogmatica, la morale…; ma li possedevo culturalmente. Non li vivevo interiormente».
Quel giorno, dinanzi alla sua scrivania, si accomodò una compagnia eterogenea, che apparve subito originale fin dalla sua composizione per un uomo esperto di vita ecclesiale com’era Giordani: un conventuale, un minore, un cappuccino, un terziario e una terziaria francescana, cioè Chiara stessa. Infatti scriverà più tardi: «Vederli uniti e concordi mi parve già un miracolo di unità». Chiara prese la parola, accolta dal cortese scetticismo del deputato: «Ero sicuro di ascoltare una sentimentale propagandista di qualche utopia assistenziale». E invece non fu assolutamente così. «C’era un timbro inusitato in quella voce – commenterà –: il timbro d’una convinzione profonda e sicura che nasceva da un sentimento soprannaturale. Perciò, di colpo la mia curiosità si svegliò e un fuoco dentro prese a vampare. Quando, dopo mezz’ora, ella ebbe finito di parlare, io ero preso in un’atmosfera incantata: come in un nimbo di luce e di felicità; e avrei desiderato che quella voce continuasse. Era la voce che, senza rendermene conto, avevo atteso. Essa metteva la santità a portata di tutti». Giordani chiese a Chiara di mettere per iscritto quanto veniva dicendo, cosa che lei fece rapidamente. Ma personalmente volle approfondire la conoscenza fatta. Poco alla volta riconobbe nell’esperienza del focolare l’attuazione del desiderio di Giovanni Crisostomo: che i laici vivessero come dei monaci, ma senza il celibato. «L’avevo coltivato tanto, dentro di me, quel desiderio – proseguirà nel suo racconto –: e perciò avevo amato l’istruzione del francescanesimo in mezzo al popolo e la direzione verginale di santa Caterina da Siena sui caterinati, e avevo assecondato iniziative che parevano sfociare verso la rimozione dei confini frapposti fra monachesimo e laicato, tra consacrati e gente comune: confini dietro cui la Chiesa pativa come Cristo al Getsemani. Una cosa avvenne in me. Avvenne che quei pezzi di cultura, giustapposti, presero a muoversi e animarsi, ingranandosi a formare un corpo vivo, percorso da un sangue generoso. Era penetrato l’amore e aveva investito le idee, traendole in un’orbita di gioia». E, per esplicitare questa “scoperta”, usava ripetere una frase che racconterà a tanti negli ultimi anni della sua vita, trascorsi, una volta deceduta l’amatissima moglie Mya, in quel focolare che tanto amava, a Rocca di Papa: «Movevo dalla biblioteca intasata di libri, verso la Chiesa abitata da cristiani». Fu una vera e propria conversione, una nuova conversione, che « svellendomi dalla stasi in cui parevo murato, urgeva ad immettermi in un paesaggio nuovo, sconfinato, tra cielo e terra, sollecitandomi a nuovamente camminare». È attualmente in corso la causa di canonizzazione di Igino Giordani, detto familiarmente “Foco”. Biografia di Igino Giordani www.iginogiordani.info (altro…)
4 Gen 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Il card. Bea visita, nel 1965, il Centro Mariapoli di Rocca di Papa
Dal Trentino (nord Italia), quasi impercettibilmente, a fine degli anni ‘40 lo spirito dei Focolari varcò le frontiere della regione, attraverso l’invito ai focolarini di recarsi a Milano, Roma, Firenze, Sicilia, ecc. E, silenziosamente, fiorirono comunità cristiane sul tipo di quella sorta a Trento, dove dopo pochi mesi erano in 500 persone circa ad impegnarsi a vivere lo spirito evangelico a imitazione dei primi cristiani. Ma proprio in quegli anni di straordinario fervore d’irradiazione, la Chiesa cominciò a studiare il nascente movimento con interesse. Fu un lungo periodo di studio e di approfondimento, di sospensioni e dubbi. Furono anni, quelli Cinquanta e i primi Sessanta, vissuti nell’incertezza di un’approvazione che sembrava non arrivare mai. La spiritualità nascente, che trovava le sue radici nella Scrittura, metteva in rilievo parole poco sentite prima del Concilio Vaticano II; come: “unità”, “Gesù in mezzo” alla comunità, “Gesù abbandonato”, ecc. Per di più erano giovani laiche che cercavano di vivere le parole del Vangelo e non solo di leggerle e commentarle, il che appariva “protestante”. E il loro praticare la comunione dei beni per organizzare l’aiuto concreto ai poveri, ai più appariva “comunista”. Per loro, invece, si trattava di vivere come i primi cristiani e trovavano una particolare affinità con i secoli della Chiesa indivisa. Così in quegli anni Quaranta e Cinquanta, senza saperlo, i Focolari tessevano fili invisibili con le maggiori correnti che attraversavano il mondo cristiano e che saranno assunte nel Concilio Vaticano II. L’attenzione al Vangelo si ritrovava in perfetta sintonia con il movimento biblico; il voler vivere per l’unità legava i focolarini al movimento ecumenico (dal 1960). Poi si trovarono pronti, quando la congiuntura religiosa e sociale lo esigerà, al dialogo con fedeli di altre religioni e persone senza riferimento religioso ; e ancora, l’essere nati da una laica, per laici, li faceva essere in piena sintonia con l’emergere del laicato nella Chiesa. Questa nuova passione per l’unità sarà riconosciuta e accolta pienamente nel suo seno dalla Chiesa cattolica che, nel 1962, alla vigilia del Concilio, approvò il Movimento dei Focolari o Opera di Maria, nel suo nucleo centrale. (altro…)
3 Gen 2014 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Intimità in famiglia Da noi c’è l’abitudine di togliere il presepio il giorno dell’Epifania. Per concludere il periodo natalizio abbiamo invitato i nostri figli. È stata una serata molto bella: abbiamo parlato di onestà, di solidarietà… Si è creato fra noi un clima così bello che davanti al presepio abbiamo letto il Vangelo del giorno, riscoprendo sfumature che non avevamo ancora notato. Presenti i più piccoli, abbiamo parlato del significato della festa, poi ciascuno ha espresso un’intenzione per il nuovo anno, un augurio. Ci siamo riproposti di cercare anche durante l’anno altri momenti per ricreare quell’intimità fra di noi. Sembrerebbe scontato per una famiglia, ma per noi è stata una scoperta e la serata è finita fra canti dolcissimi per glorificare e ringraziare Dio. (M.M. – Libano)
Elina la badante Mia madre aveva avuto un incidente e da una situazione di indipendenza, nonostante l’età avanzata, ora aveva bisogno di un’assistenza continua che né io né mia sorella potevamo offrirle. Per questo avevamo assunto Elina, una giovane dell’est Europa che, tra l’altro, in questo modo risolveva i suoi problemi. Ma la mamma non riusciva ad accettarla. Per aiutarle a costruire un “ponte” tra loro, ho cercato di sfruttare le piccole occasioni: tradurre per la mamma lo slavo di Elina, spiegare all’una le necessità dell’altra, evidenziare il più possibile il positivo di ognuna. Cominciava a nascere un certo rapporto quando ho scoperto che ad Elina stava scadendo il permesso di soggiorno. Bisognava sistemarla legalmente presso la mamma. Per quattro mesi ho bussato alle porte delle più diverse istituzioni; alla fine tutto è stato messo in regola. La mamma ha pian piano trovato in lei un’amica, quasi una figlia; a sua volta Elina ha trovato una famiglia, e in seguito ha fatto venire in Italia il figlio. Ora si sente felice. (A. P. – Italia) Scarpe da ginnastica Da due settimane mio figlio non partecipava alle lezioni di educazione fisica perché non aveva le scarpe da ginnastica. Non avevamo i soldi per comprarle e con tutta la buona volontà non riuscivo a risparmiare il denaro necessario nemmeno per acquistare le più economiche. Un giorno mi sono venute in mente le parole del Vangelo: «chiedete ed otterrete…», ed ho chiesto a Dio che mi aiutasse a risparmiare per comprare le scarpe a mio figlio. La mia emozione è stata grande quando, proprio quel giorno, il ragazzo è arrivato dalla scuola con un paio di scarpe da ginnastica, più un altro paio di scorta: gliele avevano comprate con i fondi del progetto di sostegno a distanza in cui siamo inseriti. Come non scorgere in quel fatto la risposta dell’amore concreto di Dio, proprio nel momento in cui ne avevo più bisogno, per rendere felice anche mio figlio? (E.B. – Bolivia) Fonte: Il Vangelo del giorno, gennaio 2014, Città Nuova Editrice. (altro…)