Movimento dei Focolari
Al Parlamento Italiano si ricorda Igino Giordani

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Maria Voce presenta la figura di Igino Giordani

Il convegno del 14 giugno è stato  promosso dalla Presidenza della Camera per ricordare la figura di Igino Giordani (1884-1980). Personalità poliedrica del Novecento, deputato alla Camera del Parlamento Italiano dal 1946 al 1953, scrittore, giornalista, ecumenista e patrologo, Igino Giordani ha lasciato tracce profonde ed ha aperto prospettive profetiche a livello culturale, politico, ecclesiale, sociale. Ha presieduto i lavori il Presidente della Camera Gianfranco Fini. Tra gli interventi, Alberto Lo Presti, Direttore del Centro Igino Giordani, che ha presentato la figura politica e l’azione parlamentare di Igino Giordani; parlamentari e giovani, italiani e di altri Paesi, a testimonianza dell’influsso del pensiero e dell’azione di Giordani, e  Maria Voce, il cui discorso riportiamo qui integralmente.

«Ringrazio l’Onorevole Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, di darmi l’occasione di rivolgere un saluto in questo convegno su Igino Giordani, uno dei padri costituenti della Repubblica e che noi consideriamo un confondatore del Movimento dei Focolari, che oggi qui io rappresento. Rivolgo inoltre il mio personale saluto a tutti gli Onorevoli Senatori e Deputati presenti, alle autorità qui convenute, a tutti i partecipanti a questo incontro.

Era il 17 settembre del 1948 quando proprio qui, alla Camera dei Deputati, Igino Giordani ricevette Chiara Lubich, una giovane di 28 anni di Trento, accompagnata da alcuni religiosi.  Per Giordani si trattò di un incontro tanto inaspettato quanto straordinario. Da quel momento egli non fu più lo stesso.

Cosa disse Chiara Lubich, quali parole usò per entrare così in profondità dentro l’anima dell’eclettico politico di allora?

Qualcosa sappiamo. Infatti, alla fine del colloquio l’On. Giordani, assai colpito da quanto ascoltato, invitò Chiara a mettere per iscritto quanto gli aveva appena detto, per pubblicarlo poi in una rivista che dirigeva. Il mese successivo uscì l’articolo, che inizia con la narrazione di come nacque l’ideale dell’unità, sotto le bombe:

“Erano i tempi di guerra. Tutto crollava di fronte a noi, giovanette, attaccate ai nostri sogni per l’avvenire: case, scuole, persone care, carriere.[…] Fu da quella devastazione completa e molteplice di tutto ciò che formava l’oggetto del nostro povero cuore, che nacque il nostro ideale. […] Noi sentivamo che un solo ideale era vero, immortale: Dio. Di fronte al crollo provocato dall’odio, vivissimo apparve alla nostra mente giovanetta colui che non muore. E lo vedemmo e lo amammo nella sua essenza: «Deus caritas est»…”

«Erano i tempi di guerra…» Igino Giordani poteva dirsi un sicuro esperto sull’argomento. La guerra l’aveva vissuta in prima persona, nelle trincee del Primo conflitto mondiale, conoscendo le atrocità dei massacri e rimanendo lui stesso gravemente ferito. Era un esperto dell’assurdità di ogni conflitto armato e si era fatto un nome nella cultura italiana come vero difensore della pace.

Ma le parole di Chiara non avevano per tema l’orrore della guerra. Chiara raccontò di come anni prima, nella sua Trento bombardata, sommersa dalle macerie, intravide un ideale inscalfibile: Dio. Egli si rivelò ai suoi occhi non come una speranza ultima, un desiderio remoto, ma come amore circolante fra tutti, fuoco che andava custodito e alimentato dall’amore reciproco, in grado di realizzare la promessa di Gesù: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20).

Non si fa fatica a credere che l’On. Giordani rimase colpito. Ai suoi occhi si stava rivelando un Vangelo vivo. Quel Gesù che Chiara gli stava mostrando entrava nella storia degli uomini come amore, e guidava l’umanità verso la fraternità universale, verso l’unità. Nella sua autobiografia, ricordando quell’incontro, Giordani ci svela l’emozione provata:

“Quando ella ebbe finito di parlare, io ero preso in un’atmosfera incantata […]; e avrei desiderato che quella voce continuasse. Era la voce che, senza rendermene conto, avevo atteso. Essa metteva la santità a portata di tutti: toglieva via i cancelli che separano il mondo laicale dalla vita mistica. […] Avvicinava Dio: lo faceva sentire Padre, fratello, amico, presente all’umanità.”

In Chiara e nelle sue prime compagne era evidente che un ideale vasto quanto l’unità avrebbe dovuto abbracciare tutto il mondo. Ma come avrebbe potuto un gruppo di ragazze giovanissime arrivare a tutta l’umanità?

Chissà se Giordani questa domanda allora se la pose! Di sicuro oggi sappiamo dalle stesse parole di Chiara che l’incontro con Igino Giordani fu per lei l’incontro con quell’umanità.  L’ideale dell’unità di Chiara Lubich e delle sue prime compagne era fatto per tutti e per tutte le realtà umane, e Giordani stava lì a testimoniarlo.

Oggi la trama di tale disegno è visibile. Il Movimento dei Focolari è presente in più di 180 paesi del mondo, e conta più di due milioni di aderenti e simpatizzanti di estrazione sociale e riferimenti culturali i più differenti.

Sono appena tornata da un viaggio in Europa orientale, dove le comunità dei focolari sono presenti fin dal 1961, quando i primi membri superarono la cortina di ferro, armati solo dell’amore scambievole e della carità verso chiunque, senza distinzioni. Il loro operare nel silenzio, fin da quegli anni, ha contribuito al superamento delle barriere ideologiche, ha sostenuto l’impegno per ricostruire quelle società oppresse, e anima oggi numerosi progetti rivolti al bene comune.

Lo scorso maggio in Brasile si è tenuta l’Assemblea mondiale dell’Economia di Comunione, a 20 anni dall’intuizione profetica che Chiara ebbe, quando arrivando a San Paolo nel 1991 e sorvolando la città,  vide i grattacieli e la “corona di spine” delle favelas che la circondavano e sentì la spinta a fare qualcosa per cambiare il sistema di sviluppo, per cercare una via nuova che non fosse né il capitalismo né il comunismo. Oggi l’Economia di Comunione coinvolge oltre 800 aziende che liberamente mettono in comune gli utili per promuovere i poveri e formare imprenditori ed economisti ad una nuova prassi economica ed è riconosciuta e studiata come una vera dottrina economica.

Le molteplici iniziative che vedono oggi impegnato il Movimento dei Focolari in tutti gli angoli del mondo e in tutti i campi dell’attività umana erano in un certo senso profeticamente presenti in quell’originario momento in cui Chiara Lubich e Igino Giordani si incontrarono qui a Montecitorio.

Fin da allora il Movimento si mise subito anche al servizio della politica. Attrasse in quegli anni tanti deputati e senatori – alcuni dei quali sono stati menzionati dal precedente audiovideo – e le scelte compiute, come abbiamo potuto sentire, furono coraggiose.

Oggi questa è la proposta del Movimento Politico per l’Unità, voluto e fondato da Chiara Lubich nel 1996, insieme ad alcuni parlamentari e politici ai diversi livelli istituzionali, che vede il coinvolgimento – in Corea come in Argentina e in altre nazioni – di amministratori locali, funzionari, studiosi di politica, e tanti giovani impegnati nelle scuole di partecipazione. Esso è animato da un amore politico che guida scelte, comportamenti, leggi, azioni diplomatiche, facendo intravedere una nuova modalità di lavoro delle assemblee amministrative, legislative fino agli organismi internazionali.

È ispirato dal principio di fraternità, principio cardine del pensiero politico moderno. Come è noto, esso è stato alla base dei progetti politici più importanti della storia moderna e contemporanea: da ideale guida della Rivoluzione francese (pensiamo al trittico liberté égalité fraternité) alla fondazione del socialismo utopico, dal marxismo al nazionalismo patriottico. È stato però interpretato in modo non inclusivo, ma esclusivo, cioè considerando la fraternità come un rapporto di valore che riguardava qualcuno (una classe sociale, un ceto economico, un popolo), in antagonismo con qualcun altro.

Si tratta dunque di un principio politico ancora poco esplorato nella sua dimensione universale, e questo intende fare il Movimento Politico per l’Unità: declinare il principio della fraternità universale perché la politica ritrovi in esso una nuova fondazione che la renda all’altezza dei tempi, capace di assolvere il suo ruolo di costruttrice di pace, giustizia, libertà, per l’intera comunità umana. La fraternità, inoltre, illumina il fine ultimo della politica, che è una pace compiuta fino all’unità dell’intera famiglia umana: unità nelle più piccole comunità politiche come nell’intero consesso internazionale. Così, il principio di fraternità ha trovato una misura nell’«amare la patria altrui come la propria», espressione coniata da Chiara Lubich e che fin dai primi tempi costituisce un paradigma di universalità. Essa è capace di esprimere la vocazione della politica come amore rivolto indistintamente verso tutti, perché ogni persona e ogni realtà sociale è “candidata all’unità” con l’altra ed ogni popolo è chiamato a concorrere ad un mondo più unito.

E nel richiamare oggi, in questa prestigiosa sede del Parlamento italiano queste che sono alcune linee del Movimento politico per l’unità, avvertiamo ancora la grande attualità di un altro invito rivolto da Chiara proprio ai parlamentari italiani nel dicembre del 2000 a San Macuto. Un invito, un paradosso plausibile, a stringere tra tutte le parti – al di là di ogni differenza – un patto di fraternità per l’Italia, perché il bene del Paese ha bisogno dell’opera di tutti.

«La fraternità offre possibilità sorprendenti – disse ancora Chiara ai parlamentari – consente, ad esempio, di comprendere e far proprio anche il punto di vista dell’altro, così che nessun interesse, nessuna esigenza rimangano estranei; […] consente di tenere insieme e valorizzare esperienze umane che rischiano, altrimenti, di svilupparsi in conflitti insanabili come le ferite ancora aperte della questione meridionale e le nuove legittime esigenze del Nord; […] consente inoltre di immettere nuovi principi nel lavoro politico quotidiano, in modo che non si governi mai contro qualcuno o essendo l’espressione solo di una parte del Paese».

A questo e a molte altre sfide ancora, in campo politico e della società intera, condusse quell’incontro tra Chiara Lubich e Igino Giordani, un deputato che da Montecitorio seppe raccogliere quell’invito a dilatare l’anima e l’azione per costruire l’unità in tutto il mondo.

A rafforzare la comune tensione a lavorare oggi per l’unità del nostro Paese e oltre, ci auguriamo, desideriamo, che ci spinga l’incontro odierno. Grazie».

Maria Voce

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Diplomazia internazionale a confronto con Wojtyła e Chiara Lubich

«Significate per noi una parte importante nel processo di pace che l’umanità attende»: è con grande gioia che Maria Voce accoglie i diplomatici convenuti al Centro Internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa, l’8 giugno 2011. Centro che lo stesso Papa Giovanni Paolo II visitò nel 1984. Gli ambasciatori presenti erano 13 e 5 i diplomatici in rappresentanza delle proprie ambasciate, rappresentanti di alcuni dicasteri pontifici, la presidente dei Focolari, oltre ad alcuni membri del Consiglio generale del Movimento. La recente beatificazione di Papa Wojtyła ha spinto i Focolari e l’Ambasciata della Polonia presso la Santa Sede a promuovere l’incontro odierno, nel desiderio di esprimere la profonda gratitudine a Giovanni Paolo II, che ha seguito con grande amore i Focolari sin dagli anni del suo episcopato in Polonia. Questo appuntamento fa seguito ad un primo, rivolto ad Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, promosso nel 2010 in occasione del secondo anniversario della morte della fondatrice, Chiara Lubich. «Vi vediamo impegnati nel dialogo – continua Maria Voce, che è di ritorno da un lungo viaggio in Europa Orientale -. In mezzo ad una società caratterizzata da tensioni, conflitti, minacce, e perfino guerre, questa vostra funzione è preziosa». Riscontra inoltre una “sintonia particolare” fra il lavoro dei diplomatici e quello dei Focolari: Il Movimento infatti «ha come sua finalità propria quella di contribuire alla realizzazione del sogno di Gesù: “Che tutti siano una cosa sola”». Vari gli interventi. La Sig.ra Anna Kurdziel, Primo Segretario dell’Ambasciata di Polonia, ha sottolineato le affinità fra Giovanni Paolo II e Chiara Lubich, due straordinarie figure del ‘900, in una evangelizzazione che comincia dall’amore. L’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, ha ricordato l’eredità di Giovanni Paolo II per l’Italia, non ultima l’importanza da lui data ai movimenti ecclesiali, elemento di coesione del Paese oltre che di moralizzazione della vita sociale.  Mons. Joao Braz de Aviz, prefetto per la Congregazione degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica, ha esortato infine a «conoscere e apprezzare il carisma dell’unità, come un segno di speranza molto grande per il mondo di oggi». Dalla voce di una testimone diretta ed autorevole, Eli Folonari, si è poi ascoltato qual è stato il rapporto di Giovanni Paolo II con Chiara Lubich, dal primo invito alla Messa nella cappella privata a pochi giorni dall’elezione al soglio Pontificio, alle 30 lettere autografe, le immancabili telefonate di auguri il giorno di Santa Chiara, i 9 inviti a pranzo… “Chiara voleva una sua conferma, ma voleva soprattutto dargli gioia”. E così era, se più volte il Papa ebbe a dire che ad ogni incontro con lei o con i focolarini provava “una grande consolazione”. (www.centrochiaralubich.org) Due giovani hanno poi offerto le loro testimonianze sugli incontri di Giovanni Paolo II con la loro generazione, e i coniugi Zanzucchi con le famiglie, a partire dalla loro personale e diretta conoscenza del Santo Padre. Si è spaziato inoltre verso l’impegno di Chiara Lubich per la comunione tra i Movimenti, come impegno promesso al Papa in piazza San Pietro durante la Pentecoste 1998. Gabriella Fallacara, sul fronte ecumenico per tanti anni, ha quindi presentato l’esperienza di “Insieme per l’Europa”, il cammino di Movimenti e Comunità di varie Chiese nel e per il continente europeo, che avrà come prossima tappa un meeting a Bruxelles il 5 maggio 2012, collegato a vari eventi contemporanei in molte città europee. A Mons.Vincenzo Zani, sottosegretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, presente insieme al segretario Mons. Jean-Louis Bruguès, abbiamo chiesto in conclusione una battuta sul significato di questo incontro: «Mi viene in mente la meditazione di Chiara Lubich dal titolo “Diplomazia”. Chiara parlava della diplomazia dell’amore che nella sua semplicità è capace di rimettere anima e sangue che circola in quelle strutture della vita sociale e politica, che tante volte ci sembrano sovrastrutture. Oggi qui c’era una espressione di questa struttura della vita sociale e politica che sono le ambasciate e le diplomazie. Se c’è l’amore si capisce che il mondo ha bisogno di questa rete, invisibile, nascosta, ma al servizio del bene comune, dell’unità». [nggallery id=50] (altro…)

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Ungheria, casa per tutti

“Cosa ti aspetti da noi?”, avevano chiesto le focolarine dell’Ungheria a Chiara Lubich nell’85. La fondatrice dei Focolari aveva risposto: “Come 42 anni fa non c’era nulla o forse una sola persona con questo Ideale, ed ora siamo un po’ in tutto il mondo, m’aspetto che nel vostro Paese, il Movimento, che ora è presente con un certo numero di persone e con un certo sviluppo, invada tutte le città, i paesi; concorra con i suoi strumenti, i vari movimenti nel campo religioso e nel campo umano, a rinvigorire la Chiesa ed a rinnovare la società; e assieme alle altre invenzioni della Madonna faccia sì che un giorno il Cuore Immacolato di Maria trionfi”. Chissà cosa direbbe Chiara al vedere gli sviluppi che sono avvenuti dall’85 ad oggi in terra ungherese. “C’è da ringraziare Dio perché quello che fate è meraviglioso”, afferma l’attuale presidente, Maria Voce, davanti al popolo focolarino riunito il 28 maggio a Budapest. Testimonianze di impegno in tutti i campi dell’agire umano fanno intravedere un Movimento in azione, chiamato oggi a vivere una nuova tappa della sua storia. L’incontro si svolge in una ex caserma russa e a qualcuno dei 650 presenti non sfugge l’aspetto simbolico di ciò, quasi a conferma del fatto che il carisma dell’unità ha in sé la forza per trasformare la società. Si parte con una ricostruzione inedita del viaggio di Chiara nel 1961 a Budapest, il primo nei Paesi dell’allora blocco comunista. Un impatto duro, alla vista di quanto il regime stava operando nel Paese e nelle persone. Ma se il dolore era molto forte in Chiara, altrettanto lo era l’impressione  che “la Madonna aveva cominciato la sua opera”. E che ciò non fosse rimasta solo un’impressione era evidente dalla presentazione delle varie comunità sparse in tutto il Paese. 20110529-11A questo popolo fiero, con una sua identità ben stagliata e contemporaneamente alla ricerca di un equilibrio tra nazionalismo e apertura alla dimensione universale, tra anelito di libertà e capacità di assumersi responsabilità, Maria Voce, augura di riuscire “a superare quella diffidenza nei confronti degli altri popoli” che a volte può essere di ostacolo alla reciprocità. “E’ giusto affermare la propria identità, ma nel concerto delle nazioni – sottolinea la presidente –. La sfida è quella di accorgersi dei tanti talenti che ci sono in Ungheria, donarli, e accogliere quelli degli altri popoli, imparare sempre di più a collaborare”. E in questo tutti nel Movimento sono chiamati a fare la loro parte, sottolinea Maria Voce. I volontari, ad esempio, nel cui dna è insita la chiamata a trasformare l’umanità con la coscienza che “la nostra piccola parte, lì dove siamo, contribuisce all’avanzata del regno di Dio nel mondo intero”; le persone impegnate in Umanità Nuova, chiamate a “testimoniare il Vangelo in misura qualche volta eroica, senza lasciarsi schiacciare dalle situazioni, ma trasformandole con l’amore. Perché, come diceva Chiara in una meditazione, sai cosa si fa quando si ha straamato? Si ama ancora”; le famiglie, interpellate dalle tante difficoltà che ne minano la solidità, a cui poter dare risposta con “un amore più grande, sempre rinnovato, un’apertura senza limiti, trovando in Dio la radice di questo amore”; i bambini che vogliono sapere dalla presidente dove trovare Dio e sono soddisfatti di sapere che, ad esempio, possono incontrarlo nei fratelli; i ragazzi, che rischiano di essere emarginati se non si uniformano al branco e che partono fortificati dalla certezza che “anche Gesù non è stato capito da tutti. Non preoccuparti di questo, preoccupati di quello che vuole Dio. Già per il solo fatto che riesci a portare la tua idea, sei un esempio e una provocazione”, incoraggiano Maria Voce e Giancarlo Faletti.

L'incontro di Maria Voce con i giovani dell'Ungheria

Ma non può mancare una domanda su quello che sarà un grande evento mondiale per i giovani e che tanti di loro hanno voluto si svolgesse proprio a Budapest: il Genfest, l’1 e 2 settembre 2012. Già il giorno precedente, in un a tu per tu aperto e profondo di una settantina di gen, e poi nel grande incontro di sabato, i giovani vogliono capire quali sono le attese per questo importante appuntamento. Maria Voce apre il cuore: “Dovrebbe essere una grande festa, dare grandissima gioia a noi che lo prepariamo e ai giovani che verranno. Attraverso la vostra testimonianza dovrebbe essere evidente che non c’è niente di più bello della rivoluzione evangelica, l’unica capace di cambiare la nostra vita. E’ una grande opportunità, un esempio di quello che l’Ungheria è in grado di dare. Avete tanto da fare per preparare la “casa” ai giovani di tutto il mondo. Non vedo l’ora che arrivi”. Aurora Nicosia [nggallery id=46] [nggallery id=47] (altro…)

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Quanta vita in Ungheria

È all’insegna della vitalità che si svolge il viaggio in Ungheria di Maria Voce e Giancarlo Faletti. Prima tappa coi sacerdoti in contatto col Movimento dei focolari. Molti di loro qui ne hanno portato e diffuso lo spirito e oggi raccontano il loro impegno nel ricostruire le chiese e la Chiesa, il servizio come parroci, direttori nei seminari, vicari generali, il loro ruolo a livello di docenza o nei diversi uffici diocesani, il rapporto semplice con la gente che suscita la comunità, attira i giovani, accosta chi non ha un riferimento religioso. E, oltre che delle attività, fanno dono ai presenti della loro vita di comunione che sostiene e alimenta tutto. Nel pomeriggio del primo giorno si svolge un incontro con i dirigenti delle diverse diramazioni in cui si articola il Movimento in Ungheria. Le famiglie portano i frutti di un impegno a tutto campo verso le coppie giovani, i fidanzati, i divorziati, altre famiglie di tutte le età; i responsabili del movimento Umanità Nuova, espressione nel sociale dei Focolari, appassionano tutti con le loro iniziative nel mondo della sanità come dell’economia, della politica come nella pedagogia o nello sport; laici e sacerdoti raccontano del rinnovamento in atto in tante parrocchie delle 13 diocesi del Paese. Il dialogo è aperto e tocca tanti aspetti. L’equilibrio fra dimensione locale ed universale: “Se la spinta a realizzare il testamento di Gesù ‘Che tutti siano uno’, è nata in una piccola città a Trento e poi da lì ha assunto le dimensioni del mondo – ricorda Maria Voce -, vuol dire che interessarsi di un particolare è una scuola d’amore che poi permette di allargare lo sguardo oltre. Avere un cuore allargato sulla fraternità universale non significa quindi non occuparsi del particolare”. Viceversa, sottolinea in un  passaggio successivo, “sentiamo in noi la spinta ad uscire dai nostri confini. Non possiamo disinteressarci della grande famiglia del Movimento sparsa nel mondo, cerchiamo di farlo con tutti i mezzi”. La domanda di una gen 2 sui vari input anche di carattere spirituale ai quali dare risposta, dà alla presidente lo spunto per ricordare una delle consegne che Chiara Lubich sentiva fortemente di dover lasciare ai suoi: Lascia a chi ti segue solo il Vangelo, nient’altro che il Vangelo”. Tutto il resto è uno strumento che aiuta a concretizzare il Vangelo, spiega, ma “la cosa più importante è vivere la parola di Dio. Chiedersi sempre come vivrebbe Gesù”. Nell’incontro dei dirigenti, come l’indomani durante quello con i focolarini e le focolarine che vivono in Ungheria, non mancano domande su come migliorare i rapporti interpersonali a più livelli, interrogativi leciti per chi ha deciso di vivere una spiritualità collettiva. Il leit motiv è quello di un amore più grande che esige il massimo da sé stessi, un amore libero da perfezionismi o dal desiderio di raggiungere certi risultati, che sia capace di andare oltre le naturali diversità fra uomo e donna, fra grandi e piccoli, fra chi si occupa di un aspetto e chi di un altro. Un amore che genera, che fa mettere in gioco la propria vita sino a “lasciar vivere Gesù in noi”. “Io sono stata creata in dono per chi mi sta vicino e chi mi sta vicino è stato creato in dono da Dio per me”, ripeteva con convinzione Chiara Lubich. Maria Voce lo sottolinea ai presenti ricordando anche il modello a cui Chiara si ispirava: “La famiglia di Nazareth, o, ancora di più, la vita della Trinità”. Il massimo del rapporto, dell’amore, modelli arditi ma non inimitabili. L’esperienza lo dimostra. Dall’inviata Aurora Nicosia (altro…)

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A Praga, sacerdoti in comunione

  I sacerdoti in Cechia siamo pochi ed è praticamente impossibile vivere insieme almeno in due, però quando il sacerdote che aveva sposato i miei genitori è diventato anziano ho proposto che venisse ad abitare con me perché potessi occuparmi di lui. La presenza di una persona anziana ha influenzato l’architettura della canonica come della chiesa, adattata alle sue esigenze. Poco dopo è stato colpito da un ictus e quindi è stata necessaria una maggiore cura. Ma se devo dire la cosa più bella della mia esperienza sacerdotale non è tanto il numero delle persone che ho visto convertirsi, quanto questa condivisione profonda di vita”. “Dopo nove anni di duro impegno nella vita sacerdotale ho avuto un esaurimento nervoso e allora mi è stata data la possibilità di vivere con un altro confratello. Questa è stata per me la salvezza. Ho potuto continuare a dare il mio apporto in parrocchia e pian piano mi sono ripreso”. Queste due delle testimonianze offerte durante l’incontro di un gruppo di sacerdoti in contatto col Movimento dei focolari, il 24 maggio, nella giornata conclusiva del viaggio di Maria Voce a Praga. Non è facile la vita dei sacerdoti nella Repubblica ceca. In un Paese dove i cattolici sono il 25 per cento e i praticanti si attestano intorno al 4 per cento, anche il numero dei sacerdoti è molto basso così che ognuno di loro deve seguire contemporaneamente più parrocchie. I sacerdoti riuniti al Centro Mariapoli, che sin dai tempi del comunismo (nella maggior parte dei casi) hanno fatta propria la spiritualità di comunione proposta da Chiara Lubich, non mancano di sottolineare quanto condividere gioie e dolori, fatiche e successi con altri confratelli sia stato per loro un vero e proprio punto di forza, e per qualcuno, come si diceva, la salvezza. Non manca di sottolinearlo il nunzio a Praga, mons. Diego Causero, venuto a salutare il gruppo: “Ringrazio i sacerdoti che hanno parlato. Mi hanno fatto piacere due aspetti in particolare: la disponibilità di vivere con un sacerdote anziano e il fervore con cui hanno raccontato la loro vita. A tanti di noi manca questo fervore; magari sappiamo tante cose, ma abbiamo bisogno di appassionarci. Tra i focolarini questo succede ancora e dà energia, creatività, forza espansiva. Essi hanno avuto un ruolo importante negli anni del comunismo: auguro loro di riprendere quella stessa forza perché il popolo ceco ha bisogno di leader con una ricchezza umana, una capacità di entrare in rapporto. Adoperiamoci!”. Intenso il dialogo con Maria Voce e Giancarlo Faletti su vari argomenti: dalla novità della spiritualità collettiva portata dal carisma dell’unità, all’impegno nella chiesa locale e all’interno del Movimento, dalle vocazioni ai giovani. Un sacerdote chiede: “Nelle terre con un tenore di vita più alto le vocazioni calano; viceversa, in quelle magari meno ricche si hanno più vocazioni. Secondo voi questo ha una motivazione spirituale o sociale?”. Maria Voce risponde: “Certamente le motivazioni sociali non mancano perché dove ci sono maggiori possibilità economiche ci sono più distrazioni che rischiano di soffocare la voce di Dio. Non penso che ci siano meno vocazioni perché Dio continua a chiamare, ma sicuramente ci sono meno risposte positive. Però, anche se i giovani hanno la possibilità di fare qualsiasi tipo di esperienza, a volte, proprio per questo, provano un’insoddisfazione più profonda. Tutto ciò può dare a Dio l’occasione di farsi sentire ancora di più. Io penso quindi che più che l’aspetto sociale vada curato quello spirituale. Preoccupiamoci di mostrare una forte spiritualità e di far vedere che siamo felici”. Anche in campo giovanile l’apporto dei sacerdoti qui risulta determinante: è normale che i giovani facciano riferimento a loro. E grande è l’attenzione della Chiesa in tutto il Paese verso le nuove generazioni. Nelle nove diocesi della Repubblica sono attivi i “Centri giovanili”, case con la presenza stabile di un sacerdote, una famiglia e dei giovani laici, centri di spiritualità dove vengono gruppi organizzati e giovani di passaggio, battezzati e non credenti. Saranno circa tremila i giovani cechi che parteciperanno alla prossima Gmg di Madrid. Una speranza per la Chiesa e per il Paese. Dall’inviata Aurora Nicosia (altro…)