Gen 7, 2014 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Sono nato a Mosca in una famiglia appartenente alla chiesa russa ortodossa. Quando avevo tre anni, nel 1989, la mia famiglia ha conosciuto i focolarini che erano appena arrivati a Mosca. Mia madre e mia nonna sono rimaste colpite da queste persone autentiche e piene di novità della vita cristiana. La mamma si è consigliata con il parroco perché desiderava continuare l’amicizia con i focolarini e questi, informandosi su questa comunità non ortodossa, ha dato comunque la sua benedizione. Oggi, che la comunità dei Focolari a Mosca è cresciuta, la maggior parte dei suoi membri appartiene alla chiesa ortodossa. In questi venticinque anni la mia famiglia è rimasta in contatto con la comunità dei Focolari, facendone parte nello spirito di profonda unità, ma anche di libertà e rispetto reciproco.
L’anno di svolta nella mia vita è stato il 2000, quando avevo 13 anni. Allora c’è stato un incontro con Chiara Lubich in Polonia dove sono andato assieme ad un gruppo della Russia. È proprio in quei giorni che ho sentito una particolare unione con Dio, una grande maturazione della mia fede. Sono diventato fortemente cosciente dell’esistenza di Dio e della sua presenza costante e reale nella mia vita. Dopo qualche mese sono andato in Giappone con un piccolo gruppo dei ragazzi della Russia per partecipare in un incontro-conferenza internazionale dei ragazzi dei Focolari, assieme ai ragazzi buddisti giapponesi. Era la prima volta che incontravo i ragazzi che a quella giovane età cercavano di vivere seriamente il Vangelo, con lo spirito di unità e di condivisione. È nato in me un grande desiderio di continuare a vivere così anche con i miei coetanei a Mosca. Dopo questi due eventi in Polonia e in Giappone ho cominciato a sperimentare un profondo desiderio di crescere nel rapporto personale con Dio, avevo sete di Dio. Ho iniziato a frequentare la chiesa anche da solo, senza i miei genitori. Il parroco, che mi ha visto crescere, ha notato questo mio cambiamento e mi ha proposto di fare il chierichetto. Così per otto anni ho fatto questa bellissima esperienza di vicinanza al’altare e al sacerdote stesso. Come frutto di questa vita, da un lato nella chiesa ortodossa, dall’altro nella comunità dei Focolari, ho capito che non potevo fare a meno di seguire Dio che mi chiamava a lasciare tutto. Dopo aver lasciatola Russia nel 2010 per entrare in focolare, ho avuto la possibilità vivere in un modo nuovo la partecipazione alla celebrazione liturgica: ho cominciato a cantare nel coro. Era stato un desiderio un po’ dimenticato che avevo da bambino, che adesso vivo come un dono di Dio. Ora abito in focolare con altri focolarini che sono cattolici. Fra di noi cerchiamo di vivere l’amore scambievole nel quotidiano, che ci porta spesso a sperimentare la presenza spirituale di Gesù fra noi». (altro…)
Dic 30, 2013 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità
«Mi chiamo Num, nato in Thailandia e sono un gen buddhista. Faccio il musicista e pittore di professione. Attualmente impartisco lezioni di computer a dei disabili. Come vedete i miei capelli sono molto corti perché ho appena terminato un’esperienza come monaco buddhista. Secondo la nostra tradizione, infatti, un giovane spende un periodo di tempo come monaco presso un monastero. Sfortunatamente questa pratica non è più così sentita al giorno d’oggi. Come gen, io voglio conoscere di più la mia religione e vivere meglio la mia vita spirituale. Così ho deciso di essere ordinato monaco. La cerimonia di ordinazione è stata molto significativa per me. I focolarini ed i gen erano presenti per quest’importante occasione. Ho sentito molto la loro vicinanza in quest’esperienza.
Avevo più tempo per pregare, iniziando molto presto, alle 4.30 del mattino. Andavo fuori, con gli altri monaci, per la questua, per cercare cibo, subito dopo le preghiere del mattino. Ho scoperto che le persone hanno fiducia nei monaci e che li rispettano tanto. Ho capito com’è importante questa fiducia e noi monaci dovremmo essere fedeli agli insegnamenti del Buddha, in modo da conservare questa fiducia che la gente ha in noi. Ho imparato tanto attraverso gli insegnamenti del buddhismo, soprattutto dai monaci più anziani . E anche se ero nel monastero, sentivo che gli altri gen erano uniti con me. Ho incontrato i gen attraverso uno dei miei amici buddhisti . Lui ha conosciuto l’ideale dei gen attraverso un monaco buddista del suo stesso villaggio. Quando li ho incontrati per la prima volta ho notato subito che si rapportavano in un modo molto amichevole, come fratelli e sorelle, anche se erano e siamo tutti molto diversi; anche di religioni diverse.
Che cosa significa essere un gen buddhista? Abbiamo molte cose in comune con i cristiani, come cercare di essere persone impegnate e buone, per esempio, ed anche nella scelta di fare del bene agli altri. Posso vivere come un gen dovunque, in ogni momento e, soprattutto, amare tutte le persone che incontro aiutando a costruire rapporti di fratellanza con tutti. Noi gen buddhisti cerchiamo di vivere l’ideale dell’unità ogni giorno, di amare e di costruire l’unità dove siamo. Insieme ai gen cristiani facciamo tante attività in favore del bene della società. Per esempio, delle iniziative per raccogliere fondi per aiutare le vittime delle catastrofi naturali. Ora stiamo lavorando per aiutare quelle del tifone nelle Filippine. Andiamo avanti insieme!». (altro…)
Dic 26, 2013 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo

Minoti Aram
La mattina di Natale è arrivata una notizia inattesa attraverso un semplice SMS. “Con dolore comunichiamo che alle ore sei la signora Minoti Aram è spirata a Dubai, dove si trovava presso la famiglia del figlio Ashok”. È stata una sorpresa. Da lunghi anni Minoti Aram era, ormai, sulla sedia a rotelle e la sua salute aveva alti e bassi preoccupanti, ma la sua natura indomita aveva sempre superato tutte le crisi che si erano presentate. Continuava ad essere un punto di riferimento per migliaia di persone che vivono nella zona dello Shanti Ashram di Coimbatore, nello stato del Tamil Nadu, Sud-India. Tante donne e bambini sono stati toccati dal suo amore concreto che ha assicurato a molti una vita dignitosa. Sposata con il Dr. Aram, educatore, pacifista, rettore di università ed infine membro del Raja Sabha, il senato indiano, Minoti aveva condotto una vita nello spirito gandhiano e, insieme al marito, aveva deciso negli anni ottanta di dar vita allo Shanti Ashram, un laboratorio di pace e di impegno sociale che voleva, secondo l’affermazione del Mahatma, essere sempre dalla parte della soluzione piuttosto che dei problemi. 
Minoti Aram, Natalia Dallapiccola
Aveva seguito il marito anche nel suo impegno per il dialogo interreligioso. Il Dr. Aram era stato a lungo uno dei presidenti della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace (oggi Religioni per la Pace) e, proprio durante il consiglio internazionale di questo organismo, a Pechino negli anni ottanta aveva conosciuto Natalia Dallapiccola. Divennero, come spesso Minoti amava ricordare, sorelle. Dopo la morte del Dr. Aram, (fine anni ’90) fu Minoti a realizzare un suo desiderio: invitare Chiara Lubich in India. 
Chiara Lubich, Minoti Aram
Nel 2001, propose alle diverse organizzazioni gandhiane del Tamil Nadu (Sarvodaya) di insignire Chiara Lubich del Premio Gandhi, difensore della Pace. La sua proposta fu accolta e Chiara Lubich trascorse in India tre settimane, iniziando con un memorabile incontro nella città di Coimbatore, dove – oltre a ricevere il premio – si rivolse ad un pubblico di seicento persone, per la maggioranza personalità della città e giovani, quasi tutti indù. Il giorno dopo, Chiara, Minoti, la figlia Vinu ed alcuni dei loro collaboratori s’incontrarono e misero a punto una via da percorrere per continuare il dialogo intrapreso. Nacquero, in tal modo, i Sarvo-Foco Pariwar (tavole rotonde della famiglia del Sarwodaya e del Focolare). Minoti Aram è sempre stata presente per animare questo originale cammino di dialogo. La famiglia è cresciuta, molti dei collaboratori della famiglia Aram si sono uniti a questi momenti di condivisione fra il movimento gandhiano e quello dei Focolari. Si sono iniziate anche attività sociali ed artistiche, scambi di gruppi di giovani, fino all’organizzazione nel 2009 del Supercongresso gen3 a Coimbatore, dove Minoti volle essere presente nei momenti cruciali con i 1500 ragazzi che vi parteciparono. Con altri Gandhiani partecipò a Roma ai simposi indù-cristiani del 2002, del 2004 e del 2007. Chiara, incontrandola, nel 2004 si rivolse a lei con parole di gratitudine: “Minoti è lì, da voi, che tutto è cominciato!”, riferendosi agli sviluppi inattesi di questo dialogo. Nel 2007 Chiara Lubich, nonostante la salute ormai molto cagionevole, volle salutare Minoti che si trovava in Italia con un gruppo di gandhiani per momenti di dialogo con il Focolare. Due anni fa, in occasione del XXV anniversario della fondazione dello Shanti Ashram, circondata da molti ospiti, volle ricordare l’importanza del dialogo con Chiara e Natalia, sue sorelle. Nei mesi scorsi, aveva con insistenza proposto alla figlia, la dott.ssa Vinu Aram, un convegno presso lo Shanti Ashram per ricordare la figura di Natalia Dallapiccola, perché, diceva, “le generazioni future possano conoscere i pionieri nel dialogo fra seguaci di diverse religioni”. Il convegno era stato fissato per novembre 2014! Roberto Catalano (altro…)
Lug 11, 2013 | Chiara Lubich, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Fathi, giovane turco, che vive a Basilea, con voce chiara ha cantato la sura 134 del Corano: “Dio ama coloro, che fanno del bene!” e con ciò ha subito annunciato il cuore del tema proposto per la giornata: l’amore al prossimo. L’Imam Muhammed Tas di Basilea ha raccontato della sua settimana di vacanza sciistica in compagnia del parroco Ruedi Beck ed altre due persone: “Abbiamo cucinato insieme gli uni per gli altri, abbiamo visto dove e quando nell’appartamento andava meglio per ciascuno, per dire le proprie preghiere. Eravamo come una famiglia, dove si impara gli uni dagli altri. Grazie a questi amici ho imparato anche a sciare molto meglio. Già per l’autunno stiamo pianificando un’altra settimana di vacanza, questa volta in Turchia”.

Abdul Jabbar Koubaisy, vicepresidente della lega musulmana in Polonia, apprezza molto questo detto della tradizione musulmana: “Colui che non sa ringraziare le creature, non sa neppure ringraziare il Creatore”. Paul Lemarié del Centro internazionale per il Dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari racconta invece di incontro una “Mariapoli” in Macedonia con 35 cattolici, altrettanti musulmani e una dozzina di ortodossi . Alla fine, un giovane partecipante cristiano cattolico aveva dato questa testimonianza: “Quest’incontro mi ha profondamente cambiato. Fino ad allora contava solo la mia fede e rifiutavo tutti gli altri: atei, musulmani, anche i cristiani ortodossi. Ora ho capito: Dio fa splendere il Suo sole su tutti”.
Il dialogo della giornata del 23 giugno a Baar, si è incentrato proprio sulle esperienze di comunità, già possibili nel rispetto della diversità. Per approfondire il tema scelto, l’Imam Mohammed Tas ha introdotto una videoregistrazione del discorso di Chiara Lubich tenuto al congresso degli amici Musulmani nel2002 a Castelgandolfo (Roma). “L’amore è una realtà importante nella nostra religione” – ha sottolineato Tas – “Se una persona non ama, vuol dire che ha un problema nel suo cuore … Yunus Emre, poeta musulmano del XIII sec. dice: ‘Ti amo per amore del Creatore!’ Con ciò egli ha indicato l’amore più profondo che ci possa essere per gli esseri umani”. E per dirlo con le parole di Chiara Lubich: “Si tratta dell’amore al prossimo, quell’amore che si riscontra nei più vari ambiti religiosi e culturali sotto forma anche di misericordia, di benevolenza, di compassione, di solidarietà. Amore del prossimo che, per noi cristiani, non è semplicemente un sentimento umano, ma, arricchito di una scintilla divina, si chiama carità, agape: amore di origine soprannaturale”.
Nel pomeriggio segue un tempo per la preghiera in due diversi luoghi secondo le religioni e poi ci si incontra in gruppi per uno scambio ricco e profondo sull’arte di amare, il perdono e la Regola d’oro. Imam Mustafa Oeztürk, presidente di un’associazione che raggruppa più moschee in Svizzera, nel suo saluto finale così si è espresso: “Stiamo imparando una nuova grammatica. Quella tradizionale inizia con “io”, poi “tu” ed infine “lui” o “lei”. Ma la grammatica dell’amore al prossimo inizia con il tu ed poi viene l’io. E «Lui» o «Lei» nella loro assenza hanno un diritto che va rispettato: che si dica di loro solo il bene”. Fonte: http://www.fokolar-bewegung.ch (altro…)
Mag 9, 2013 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Via alla santità”: Giovanni Paolo II al N. 87 dell’esortazione Apostolica Ecclesia in Africa così presenta il processo di inculturazione, avendo incoraggiato in tale direzione i vescovi del Kenya già dal 1980. Chiara Lubich nel maggio 1992 in profonda sintonia con il pensiero del pontefice, fa nascere a Nairobi (Kenya) una scuola di inculturazione secondo la spiritualità dell’unità ed intuisce come nel “farsi uno più profondo, che è il ‘farsi tutto a tutti’ di San Paolo (1Cor 9,22)”, vi sia “un’arma strapotente”. “Non si può entrare nell’animo di un fratello – spiega Chiara – per comprenderlo, per capirlo…se il nostro spirito è ricco di un’apprensione, di un giudizio”; “Farsi uno” – prosegue – significa mettersi di fronte a tutti in posizione di imparare, perché si ha da imparare realmente, significa tagliare completamente la radice della tua cultura e entrare nella cultura dell’altro e capirlo e lasciar che si esprima, finché l’hai compreso dentro di te, e quando l’hai compreso, allora sì, potrai iniziare il dialogo con lui e passare anche il messaggio evangelico attraverso le ricchezze che lui già possiede”. È, dunque, l’inculturazione, concepita da Chiara come uno “scambio di doni”: “Così il fratello ha prima dato e noi, poi, abbiamo fatto altrettanto… e su quel qualcosa di ‘vivo’ noi possiamo – servendo – innestare con dolcezza, con amore, con illimitata discrezione, quegli aspetti della verità, del messaggio evangelico che portiamo e danno pienezza e completezza a ciò che quel prossimo già crede e sono da lui spesso attesi, quasi agognati; aspetti che trascinano con sé, poi, tutta la verità”. In sostanza, sintetizza Chiara nel 2000 visitando la cittadella di Fontem (Camerun), “è l’amore che deve guidarci nell’inculturazione, così che agisca lo Spirito Santo”. In questi 21 anni si sono succedute, con cadenza biennale, varie edizioni della scuola di inculturazione; esse hanno, di volta in volta, preso in esame un singolo aspetto, culturale o esistenziale del vissuto: la proprietà e il lavoro; il concetto di Dio; persona e comunità; riconciliazione; sofferenza, malattia e morte; educazione; comunicazione; il sacro nella religiosità tradizionale dell’Africa sub-sahariana. Quest’anno, dal 10 al 13 maggio, l’oggetto di riflessione sarà “la persona nelle culture africane”, esaminato come di consueto, da tre prospettive: nella cultura africana tradizionale, nella Sacra Scrittura e nel Magistero della Chiesa alla luce del carisma dell’unità. Fonte: stralci di Chiara Lubich dalla Presentazione al volume “Il senso del sacro nell’Africa subsahariana” Opus Mariae, Nairobi, Centro per l’inculturazione, 2012, pp.5-7. (altro…)