Movimento dei Focolari
Chiara Lubich: oltre la natura

Chiara Lubich: oltre la natura

«Ama il prossimo tuo come te stesso» (1).

È una tensione continua perché la nostra natura ama se stessa.

Spesso la cronaca registra sciagure, terremoti, cicloni che fanno vittime, feriti, senza casa. Ma una cosa è esser uno di loro e un’altra cosa è esser noi.

E anche se la provvidenza ci offre qualcosa per correre in loro soccorso, noi non siamo mai i danneggiati.

Domani potrà esser l’inverso: io su un letto (se mi è dato un letto!) di morte e gli altri fuori al sole a godersi, come possono, la vita.

Tutto quanto Cristo ci ha comandato supera la natura.

Ma anche il dono che egli ci ha fatto, quello menzionato alla sa­maritana, è di natura non umana. Così che l’aggancio col dolore del fratello, con la gioia e con le preoccupazioni dell’altro, è possibile per­ché abbiamo in noi la carità che è di natura divina.

Con questo amore, e cioè quello cristiano, il fratello può esser veramente confortato e domani io da lui.

E in tal modo è possibile vivere, ché altrimenti la vita umana sa­rebbe assai dura, difficile, anzi alle volte parrebbe impossibile.

Chiara Lubich

(1) Cf. Lv 19, 18.
Foto: © Pixabay

(Da Diario 1964-1980, Chiara Lubich, Città Nuova, 2023)

L’edizione del Diario di Chiara Lubich è stata curata da Fabio Ciardi. Vi invitiamo a vedere l’intervista da noi realizzata al momento della presentazione.

I ragazzi alla Scuola Foco

I ragazzi alla Scuola Foco

Nei primi giorni di agosto a Trento, in Italia, si è svolta la scuola Foco, un congresso del Movimento dei Focolari per i e le Gen3, la generazione adolescenziale del Movimento.

Hanno partecipato in 350 – dai 14 ai 17 anni insieme agli assistenti dai 18 anni in su –, provenienti da 19 nazioni con 12 lingue diverse. Poco più di una settimana per approfondire temi adolescenziali, vivere in profondità il rapporto con Dio, scoprire come l’Ideale dell’unità e della fratellanza universale è possibile viverlo e costruirlo giorno dopo giorno nonostante la minaccia di guerre in varie parti del mondo. Inoltre si è svolto il festival dei popoli dove ogni nazione poteva rappresentarsi attraverso canti, balli, vestiti, foto, cibo locale. Un modo per conoscere la cultura dell’altro e costruire un pezzetto di mondo più unito e fraterno.

Ecco alcune testimonianze.

Sofia, Italia: “Ho deciso di partecipare alla scuola Foco per avere un rapporto più intimo con Gesù. Da questa scuola ho imparato il modo di amare sempre le persone che mi stanno accanto. Riesco ad affrontare meglio momenti di difficoltà e di dolore sentendomi più vicina a Gesù”.

Veronika, Croazia: “Ho vissuto uno spirito unito che sgorga dal desiderio di pace e di comunità, che si basa sulla preghiera e sul dialogo con Dio. Dopo aver ascoltato le testimonianze sulla violazione della pace, sulla lotta per mantenere la pace in sé stessi, in famiglia, nel proprio Paese, in me si è risvegliato il desiderio di fare di tutto per mantenerla in questi luoghi”.

Naomi, India: “Ho frequentato la Scuola Foco per migliorare la mia relazione con Dio. Al termine ciò che mi sono portata a casa è stato il modo in cui posso trarre conforto durante i momenti di difficoltà o di dolore, pensando a Gesù abbandonato in Croce. Ma ho scoperto anche il potere della riconciliazione attraverso la confessione. Cercherò di usare sempre tutta me stessa per propagare il Vangelo e rendere la mia città un luogo d’amore”.

Tomás Portogallo: “Durante il Festival dei Popoli, sono stato orgoglioso di mostrare il nostro Paese e allo stesso tempo conoscere le culture di altri Paesi. Dopo questa scuola, mi manca tutto quello che ho vissuto lì, ma voglio anche vivere ogni giorno quello che ho imparato lì”.


Emanuel, Croazia: “Alla scuola Foco mi è piaciuta la festa dei Popoli. Abbiamo potuto conoscere culture diverse e piatti tradizionali. Lì ho conosciuto tanti amici e provato varie specialità. Rivivrei volentieri questa esperienza altre 100 volte”.

Gloria, Brasile: “Ho sentito dei cambiamenti nel mio rapporto con Dio. All’inizio non riuscivo a connettermi con Lui e a sentirlo nelle persone, ma so che dopo tutte le esperienze ascoltate e le riflessioni vissute, posso facilmente sentirlo in ogni situazione. Inoltre, ho imparato ad aiutare le persone che non mi piacciono, ad aiutare le persone con problemi e a identificare Dio in ognuno”.

Sarahi, Messico: “Ho capito che, pur vivendo in Paesi diversi e persino in continenti molto lontani, l’Ideale dell’unità può essere sempre vissuto. È stata un’esperienza molto bella soprattutto conoscere la cultura di altri Paesi, il cibo, i loro vestiti, alcune parole e tradizioni. Quello che ho portato via dalla scuola è che prima di tutto ho smesso di avere paura della confessione e questo ha fatto crescere la mia fede in Dio. La messa quotidiana mi ha aiutato molto, spero di continuare ad andarci ogni domenica di mia spontanea volontà”.

Sebastian, Croazia: “Mi è piaciuto quando abbiamo rappresentato i nostri Paesi alla festa dei popoli: ognuno mostrava qualche tradizione del proprio Paese. Era molto divertente quando la sera giocavamo a calcio e ci si conosceva così. Il momento preferito è stata la festa finale in cui abbiamo cantato e ci siamo divertiti. La mia vita è cambiata dopo la scuola, ora cerco di vivere il Vangelo amando le persone intorno a me”.

Silvia, Italia: “Dopo la scuola la mia vita si è stravolta e ho iniziato a vedere il mondo con occhi diversi. È stata l’esperienza più significativa della mia vita e mi ha fatto venire voglia di riuscire ad assomigliare a quello che Chiara Lubich ha sempre voluto dai Gen”.

Anna, Italia: “Consiglio vivamente ai Gen che non hanno ancora frequentato una Scuola Foco di farlo! Vi divertirete un sacco, posso garantire”.

Jakov, Croazia: “Alla scuola Foco ho capito l’importanza dell’unità. Quando sono arrivato, tutti erano accoglienti, sembrava di essere un’unica famiglia. Raramente ho provato questa sensazione prima, forse mai. Inoltre, ho capito come amare e vuol bene tutti, indipendentemente da chi sono e dal loro background. Mi piacerebbe vivere altri incontri di questo tipo, è stata un’esperienza indimenticabile”!


Julia, Brasile: “Mi porto a casa l’amore incommensurabile di Gesù per me e per tutti, così come la speranza e la sensazione di volere che un mondo unito diventi realtà. Vedere che Gesù ama ognuno di noi e poter sentire il suo amore alla Scuola Foco è stata una delle esperienze più belle che ho fatto e la porterò sicuramente con me. Ho ritrovato la speranza e la fede. Ora la sfida sarà portare l’amore e l’unità che ho sentito a scuola nel “mondo reale”, a casa, a scuola, con i miei amici. Ma sono i ricordi e l’amore per ciò che ho imparato in quell’esperienza che mi spingono a non arrendermi e a lottare per un mondo unito”!

Maria Teresa, Italia: “Ho partecipato alla Scuola Foco poiché sentivo il desiderio di voler conoscere di più le origini del movimento dei Focolari. Da questa Scuola porto a casa la speranza di un futuro migliore per la nostra generazione. La mia vita è migliorata perché ho capito che devo guardarla in un’altra prospettiva, fare di ogni ostacolo una pedana di lancio! Essendo molto insicura, ho sempre paura a suonare il violino in pubblico. Quando infatti mi è stato proposto di suonare alla scuola ero un po’ turbata. Poi un giorno si è parlato di come ognuno di noi possa donare agli altri un suo talento o una propria qualità, che Chiara Lubich chiama “perla”. Allora ho deciso di donare la mia perla agli altri e mentre suonavo con un’altra Gen, un gruppo di ragazzi e ragazze si è avvicinato per accompagnarci con il canto, donandoci supporto. Ho vissuto il passo del Vangelo di Luca (Lc 6,38) “Date e vi sarà dato”.

Elena, Italia: “Al termine di questa scuola, mi porto a casa ciò che ho capito durante una giornata dedicata a Gesù nel suo dolore, abbandonato in Croce. Mi ha colpito profondamente anche perché, grazie alle testimonianze dei Gen, sono riuscita a capire come superare un dolore grazie all’amore”.

Tomás, Portogallo: “Ho portato a casa la scoperta di Gesù abbandonato, il potere della preghiera, oltre ad essermi confessato. Porterò l’amore di Dio ovunque io vada, ho rafforzato la mia fede, ho imparato molto da questa scuola”.

Lorenzo Russo

Trieste e l’accoglienza ai migranti

Trieste e l’accoglienza ai migranti

Trieste è una città situata nel nord-est Italia, al confine con la Slovenia. Storicamente rappresenta un crocevia di culture, lingue, religioni. E oggi è uno dei primi punti d’approdo in Europa per i migranti che transitano per la rotta balcanica. Persone con un bagaglio di sofferenze, guerre, persecuzioni.

A Trieste la comunità del Movimento dei Focolari, in sinergia con altre istituzioni, si adopera per dare una prima accoglienza ai migranti.

“Il problema più grande è la percezione del problema stesso – racconta Claudia, della comunità locale -. Non si tratta infatti di un’emergenza, un’invasione ingestibile come spesso viene raccontata ma di un fenomeno strutturale che è la realtà di questo nostro presente storico. Un flusso continuo di persone in arrivo che, se opportunamente accolte e ridistribuite, possono persino diventare risorsa per la nostra città e per il nostro Paese. Se il fenomeno migratorio non viene capito e affrontato con gli strumenti opportuni, è destinato a generare diffidenza, paura, insofferenza, rifiuto”.  

Nell’autunno dello scorso anno, in previsione dell’emergenza freddo, il Vescovo di Trieste Mons. Enrico Trevisi ha espresso la volontà di aprire un dormitorio come risposta concreta per l’accoglienza ai migranti. Un gruppetto di persone dei Focolari hanno risposto all’appello del Vescovo offrendosi come volontari assieme ad altre associazioni cattoliche e a singoli cittadini. “Per noi non si tratta solo di un mero servizio caritatevole – spiega Claudia -, ma l’occasione di incontrare in ogni prossimo un fratello, una sorella da amare anche nelle piccole cose: un sorriso nell’offrire il pasto, lo scambio di qualche parola. Spesso questi fratelli ci raccontano pezzi della loro storia, i loro dolori, le loro speranze, ci mostrano le foto dei figli, ma anche si scherza e si condivide il tempo in serenità. Alcuni di noi, inoltre, hanno seguito più da vicino alcuni migranti sia nel caso di un ricovero ospedaliero sia nell’affiancamento per la redazione del curriculum mirato alla ricerca di un lavoro”.

Sandra della comunità dei Focolari aggiunge: “Troviamo il tempo per conoscere i migranti, le loro storie, i loro bisogni. Stanno nascendo piccole e grandi esperienze che ci hanno visto coinvolti nell’aiutare anche fuori dal turno del dormitorio, e queste ci stimolano tantissimo a continuare. I turni ci hanno permesso di donarci con gli altri volontari e scoprire che tanti di loro pur non frequentando associazioni o parrocchie hanno risposto all’appello del Vescovo”.

“Pian piano crescono i rapporti, un segno di unità anche per la Chiesa locale – aggiunge Claudia -. Questa esperienza, unita alla recente Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, alla presenza di Papa Francesco, porterà grande linfa a questa nostra città di frontiera”.

“A Trieste ho conosciuto i migliori volontari, quelli che non si limitano a distribuire cibo – racconta un’ospite del dormitorio diocesano -. Soddisfare la fame dei bisognosi e curare le ferite dei malati sono compiti nobili perché sono i più urgenti e necessari. Esistono però altri bisogni estremamente importanti per l’essere umano, la salute delle sue emozioni, sintomi dello stato della sua anima. Non è una questione individuale o minore, è ciò che fa la differenza tra le azioni che hanno un impatto momentaneo e quelle che persistono e permeano l’intera società”. “I migliori volontari – continua – lo fanno perché sono consapevoli che i bisognosi non sono depositari della carità, siamo persone con una storia che vale la pena ascoltare. Sanno che ogni migrante porta dentro di sé un lutto per le radici perdute, allo stesso tempo una speranza che colpisce contro i muri il sistema e una lotta incessante per la sopravvivenza”. “I migliori volontari  – conclude – si commuovono di fronte a questa umanità adolescente e sono incoraggiati ad ascoltare le nostre storie, senza fermarsi davanti alle barriere linguistiche: insegnano l’italiano, imparano lo spagnolo, usano la tecnologia, rinunciano al loro tempo personale, investono la loro energia nel bene comune, sognano una comunità in cui tutti possiamo offrire il meglio di noi stessi”.

Lorenzo Russo

UNIRedes: speranza per l’America Latina e per il mondo

UNIRedes: speranza per l’America Latina e per il mondo

La sede di Pedrinhas (SP, Brasile) della Fazenda da Esperança accoglie giovani e adulti che stanno affrontando fasi diverse del recupero dalla tossicodipendenza e da varie forme di dipendenza e disagio sociale. Non poteva esserci posto migliore per ospitare il convegno di UNIRedes, la piattaforma di ONG, progetti sociali, umanitari e di agenzie culturali che si ispirano alla spiritualità dell’unità di Chiara Lubich in America Latina. Erano presenti 140 persone di 37 delle 74 organizzazioni partners di UNIRedes, attive in 12 paesi di America Latina e Caraibi.

Scopo del convegno era presentare il lavoro di questi anni a Margaret Karram e Jesús Morán presenti all’incontro; definire i prossimi passi comuni a tutte le organizzazioni partner e rinsaldare il legame con il Movimento dei Focolari per poter condividere, anche oltre il continente Latino-americano, l’esperienza maturata.

UNIRedes: una rete di reti

Maria Celeste Mancuso, argentina, co-responsabile internazionale del Movimento Umanità Nuova, spiega che UNIRedes non è solo un super progetto solidaristico: “È anche uno spazio che genera una riflessione culturale per individuare le categorie antropologiche ed epistemologiche necessarie per generare una nuova cultura della cura della persona e delle società latino-americane”. È per questo motivo che anche le agenzie culturali ispirate al carisma dell’unità come l’Istituto Universitario Sophia (Loppiano, Italia), la sua sede locale, Sophia America Latina e Caraibi (ALC) e il Centro Universitario ASCES UNITA di Caruaru (PE) ne fanno parte a pieno titolo.

Virginia Osorio, uruguayana, una delle iniziatrici del progetto, ne spiega le origini: “I continui cambiamenti politici ed economici dei nostri Paesi rendevano le nostre organizzazioni sempre più fragili e isolate. Con UNIRedes abbiamo ritrovato un luogo in cui rafforzarci a vicenda e condividere sofferenze e speranze. L’ultimo nostro progetto è stato per il Genfest: centinaia di giovani hanno fatto volontariato presso molte delle nostre organizzazioni, vivendo sulla propria pelle esperienze di fraternità e vicinanza ai più poveri”.

La radice comune: “morire per la propria gente”

La prima radice di UNIRedes non si fonda su analisi geopolitiche o economiche: bisogna tornare all’inizio degli anni ’70 quando anche i Gen, i giovani dei Focolari, come molti dei loro coetanei in tanti paesi, volevano cambiare il mondo e portare uguaglianza, giustizia, dignità.

Chiara Lubich, che li incontrava frequentemente, aveva supportato e confermato la necessità di fare una rivoluzione sociale pacifica, specialmente in America Latina, continente che vedeva identificato con questa speciale vocazione. Diceva ai giovani dei Focolari che: “Ognuno deve sentire che dobbiamo morire sì per l’umanità, ma bisogna che troviamo il nostro Gesù Abbandonato locale per morire per la nostra gente”[1].

“È così che molti sono andati nelle periferie delle città, nelle favelas, ovunque la povertà toglieva dignità alle persone” – racconta Gilvan David, brasiliano, del gruppo latino-americano di articolazione di UNIRedes. “Sono nate le prime NGO e nel frattempo tentavamo di strutturarci, ma non bastava: ‘Voi venite da noi – ci dicevano i poveri – però poi andate via e ci lasciate soli’. Per rispondere a questo grido abbiamo iniziato ad operare in rete con le politiche pubbliche locali e nello stesso periodo, anche diversi sacerdoti che vivevano la spiritualità dell’unità hanno fondato progetti sociali: Frei Hans con la Fazenda da Esperança, padre Renato Chiera con la Casa do Menor e altri”.

Un’ “unica” America Latina

“Poi sono nati i primi gruppi di organizzazioni – continua Gilvan David – ‘Sumá Fraternidad’, che raccoglieva i progetti di alcuni paesi di lingua spagnola; l’associazione civile ‘Promocion Integral de la Persona’ (PIP) in Messico e le organizzazioni sociali brasiliane continuavano a crescere, trovando la propria identità e spazio di servizio. Non sono stati anni facili, ma abbiamo cominciato vari percorsi in diversi territori della America Latina per sostenerne l’impegno sociale che poi sono confluiti in UNIRedes. Ci siamo riuniti diverse volte, ma l’incontro fondativo è stato nel 2014, presenti anche Emmaus Maria Voce e Giancarlo Faletti, allora Presidente e Co-presidente del Movimento dei Focolari. Emmaus in quell’occasione disse: ‘Voi date al Movimento una nuova visibilità̀, un nuovo senso alla sua azione, siete una testimonianza per chi vi guarda da fuori; date visibilità completa al Carisma attraverso azioni concrete’. Direi che è stato allora che ci siamo riconosciuti come realtà unica per tutta l’America Latina: ci siamo ritrovati abbracciati dal Carisma dell’unità”.

Sono stati molti e di sostanza i contributi che hanno costruito questo convegno, insieme alla presentazione delle diverse organizzazioni partner.

Juan Esteban Belderrain: dalla disuguaglianza alla speranza

Il politologo argentino Juan Esteban Balderrain ha analizzato la piaga della disuguaglianza di cui l’America Latina detiene il primato mondiale. “Si tratta di costruire una visione di questo continente che parta dalla speranza e questo è possibile perché, se guardiamo alla radice più profonda del problema della disuguaglianza, troviamo la perdita del riferimento a quel Dio che è amore e che ci aiuta a capire che siamo fratelli e sorelle gli uni degli altri e con la natura, che è anche espressione del suo Amore. Riferendosi al XX secolo, Paolo VI disse che quello era un tempo benedetto poiché esigeva da tutti la santità. Penso che queste parole valgano anche per il nostro”.

Padre Vilson Groh: la “mistica degli occhi aperti”

Da oltre 40 anni Padre Vilson vive nel “morro”, una favela di Florianopolis (Santa Catarina, Brasile), portando avanti progetti sociali soprattutto per i giovani. Ha parlato della “mistica degli occhi aperti”: “Dobbiamo portare le nostre organizzazioni nelle cantine oscure delle nostre periferie; essere lì una speranza. Il Genfest ha portato la prospettiva dell’“insieme”, che papa Francesco promuove. Questo richiede un cammino paziente, resiliente; domanda di essere saldi nella ricerca del bene comune. L’unità è superiore al conflitto, dice sempre il papa, e l’unità è pluralità. Portiamo la diversità dentro le nostre organizzazioni: il carisma dell’unità è una porta affinché Cristo piagato apra spazi”.

Vera Araujo: America Latina costruttrice di fraternità

L’intervento della sociologa brasiliana si è concentrato su una visione positiva che sa riconoscere il patrimonio culturale e umano latino-americano e lo offre in dono al mondo.

“UNIRedes ha origine nel carisma di Chiara Lubich e può trasformarsi in un’incredibile opportunità anche per il resto del mondo: l’unità vista non solo come valore religioso, ma anche come forza capace di comporre efficacemente la famiglia umana, realizzando un’interazione tra la molteplicità delle persone, preservando le distinzioni nel contesto delle realtà sociali. Qui il carisma dell’unità offre una soluzione non facile, ma un senso, un significato, una Persona: Cristo Abbandonato sulla croce.

E, per bene amare, – dice Chiara – non vedere nelle difficoltà e storture e sofferenze del mondo solo mali sociali cui portare rimedio, ma scorgere in esse il volto di Cristo, che non disdegna di nascondersi sotto ogni miseria umana” [2]

Susana Nuin Núñez: il cammino dei popoli e dei movimenti sociali

La sociologa uruguayana ha descritto il cammino e la ricchezza sociale, politica, economica dei popoli del continente e di alcuni movimenti sociali. “Queste reti con le loro più svariate fisionomie, con i loro sviluppi nelle pratiche sociali o nel mondo accademico, agiscono in modo complementare, generando un indiscutibile tessuto socio-culturale dal multiforme carattere comunitario di cui l’America Latina è portatrice”. Sottolinea poi la peculiarità di UNIRedes che da oltre dieci anni è un soggetto sociale che cura, rivoluziona, trasforma e influisce a partire dal Vangelo e dalla parola dell’unità.  

Margaret Karram e Jesús Morán: UNIRedes è parte del Movimento dei Focolari

“Chi vuole vivere il Vangelo in questa regione è sempre in crisi perché vede disuguaglianze costantemente” – evidenzia Jesús.  “L’unità non può non assumere questa realtà. Come facciamo l’unità in questo continente, senza tener presente gli scartati dalla società? Quello che voi fate come UNIRedes deve informare tutto il Movimento in questa regione; non è credibile il suo lavoro per l’unità se non avviene anche attraverso le opere sociali. Certo, non saremo noi a risolvere i problemi sociali. L’unica cosa che possiamo fare è far sì che la gente si converta all’amore. Se tocchiamo i cuori, qualcuno coglierà lo spirito e nella libertà capirà come vivere il Vangelo”.


Margaret incoraggia UNIRedes ad andare avanti: “Ora bisogna capire come far arrivare a tutti nel mondo la vostra vita e il vostro esempio. Citando una conversazione di Chiara Lubich del 1956, ha ribadito che nel suo impegno sociale il Movimento non deve dimenticare che la chiave per la soluzione dei problemi che il Carisma dell’unità offre sta nella novità della reciprocità più che nella giustizia. Promuove la condivisione, il mettere in comune tra tutti quel poco o tanto di cui si dispone per creare un Bene Comune maggiore che, oltre a risolvere i problemi sociali, produce quella realizzazione umana e spirituale che accade solo nella comunione tra tutti. Infine Margaret lancia una proposta: “Aggiungere un nuovo articolo nella vostra Carta dei principi e degli impegni: un patto solenne di fraternità da proporre a chi vuol far parte di UNIRedes: siamo qui per testimoniare l’amore reciproco e solo se avremo questo amore, il mondo crederà”.

“UNIRedes ci parla di speranza” – conclude M. Celeste Mancuso. “È una proposta trasversale e sinodale di rete organizzativa che può ispirare modelli simili per quelle periferie esistenziali di altre parti del nostro vasto mondo. Così si potrà pensare di costruire reti globali di fraternità che promuovano il bene comune”.

Stefania Tanesini


[1] Chiara Lubich alla “Scuola Gen”, Rocca di Papa (Roma, Italia), 15 maggio 1977

[2] Chiara Lubich, Para uma civilização da unidade. Discurso proferido no Congresso “Uma cultura de paz para a unidade dos povos”, Castelgandolfo, (Roma) 11-12 de junho de 1988

Vangelo vissuto: “Signore, è bello per noi stare qui” (Mt 17,4)

Vangelo vissuto: “Signore, è bello per noi stare qui” (Mt 17,4)

Al momento giusto

Un giorno una persona che collabora con il nostro centro aveva ricevuto in dono un paio di scarpe sportive nuove n. 43. Ma a chi sarebbero potute servire? Quello stesso giorno veniamo a sapere che un ragazzo di 14 anni che conosciamo aveva proprio bisogno di quelle scarpe e di quel numero!  Lui è il figlio di un’amica che in quel periodo era in ospedale. Anche l’altra figlia quel giorno era venuta nel nostro centro ed avevamo saputo che necessitavano di vestiti e medicine. Ci aveva fatto sapere che le sarebbe stato utile un telefonino per stare in contatto con la mamma in ospedale. E…noi ne avevamo ricevuto uno alcuni giorni prima! Fa impressione vedere come c’è sempre “Qualcuno” che ci fornisce giusto quelle cose ad hoc che poi possiamo donare!

Un letto in due minuti

Eravamo ai saluti finali di una domenica trascorsa “in famiglia” (si fa per dire perché attorniati da centinaia di persone) con attività per raccogliere fondi per i nostri giovani. Un amico venezuelano tra i primi conosciuti anni fa, mi aveva presentato un giovane di 18 anni: Jesús. Mi aveva già raccontato qualcosa di quanto vissuto da quando aveva lasciato il Venezuela a 16 anni, da solo! Due anni di avventure sufficienti per fare un film d’azione, con tanti momenti di sospensione. Da quindici giorni era in Perù. Parlando con lui scopro che dorme su un materassino per terra! Diligentemente aveva programmato col primo stipendio (aveva infatti trovato subito lavoro in Perù) di risolvere il problema documenti e poi pensare al letto. In quel momento non avevo soluzioni, ma ci siamo ripromessi di rimanere in contatto. Poco dopo averlo salutato incontro una nostra collaboratrice che, senza sapere nulla delle esigenze di Jesus, mi chiede: “Allora, con quel letto cosa facciamo?”. “Ma come? Lo hai ancora?” domando sorpreso.  “Sì!” mi dice. Richiamo subito Jesús che stava lasciando il Centro. Ci ha raggiunto immediatamente e, alla notizia  che già c’era il letto per lui, fortissima è stata la luce che ho visto nei suoi occhi. Non erano passati due minuti da quando gli avevo detto che avrei cercato di trovare una soluzione!

Ecografie gratis

Molti dei migranti che arrivano nel nostro centro hanno bisogno di cure mediche e, a volte, anche di accertamenti diagnostici. E’ di qualche tempo fa un’altra benedizione dal Cielo: un centro medico vicino a noi ci ha offerto la possibilità di realizzare ecografie gratis. Vogliono dare questa possibilità a coloro che non hanno come pagare questi esami. Davvero un regalo per tanti dei nostri pazienti.

Silvano R. – Perù