Apr 17, 2023 | Cultura, Sociale
Da quasi dieci anni si è avviato un progetto di dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani europei che porta il nome di DIALOP. Abbiamo incontrato alcuni dei protagonisti di questo dialogo pochi giorni fa, in visita al Centro Internazionale dei Focolari a Rocca di Papa (Italia) “Penso che con l’elezione di papa Francesco la situazione sia cambiata completamente, sostanzialmente. Non solo per la Chiesa cattolica, ma anche per tutte le forze filosofiche e culturali che si sentono in opposizione
al neoliberismo. Perché quello che insegna il Papa è – direi – un modo di unire, che è contrario al consumismo individuale. Questo porta il Papa e le parti della Chiesa che lo seguono in una posizione vicina alla posizione della sinistra, che cerca di enfatizzare i valori collettivi comuni”. Così si esprime Walter Baier uno degli esponenti di DIALOP, un progetto di dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani, che coinvolge intellettuali, accademici, politici, attivisti e studenti di diversi Paesi europei. “Crediamo che il dialogo sia il modo migliore per realizzare un vero cambiamento e lavoriamo per trasformare il mondo in un posto migliore in cui vivere”, dicono. L’esperianza di DIALOP ha avuto inizio durante l’udienza privata che papa Francesco ha concesso a due politici di sinistra: Alexis Tsipras della Grecia e Walter Baier dell’Austria, insieme a Franz Kronreif del Movimento dei Focolari, il 18 settembre 2014. In quell’occasione la conversazione si è incentrata sulla crisi ambientale e sulla crisi sociale mondiale. Al termine dell’udienza papa Francesco li ha invitati ad avviare un dialogo trasversale, capace di coinvolgere gli strati più ampi della società e soprattutto i giovani. “Rappresento il partito della Sinistra Europea da tre mesi – si presenta Baier -. Sono un principiante. Il Partito della Sinistra Europea è ora composto da 35 partiti provenienti da 27 Paesi europei. I Paesi appartengono all’Unione europea e direi che la nostra comprensione dell’Europa deve essere veramente molto più ampia che guardare solo alla parte privilegiata dell’Europa, se lo vogliamo. Prendiamo sul serio il paneuropeismo, che dobbiamo comprendere, cioè l’Europa non solo è diversa, ma è anche lacerata da profonde divisioni sociali ed economiche. E una delle richieste fondamentali della sinistra dovrebbe essere quella di realizzarlo. Raggiungere un tenore di vita dignitoso in tutte le parti d’Europa per la nostra famiglia. Qualcosa che abbiamo imparato anche attraverso l’essere insieme ai nostri amici cristiani in dialogo è il consenso differenziato e il dissenso qualificato che sono davvero un metodo molto, molto utile”.
Cornelia Hildebrandt appartiene a Trasform! Europe di fronte alle guerre in corso non dubita: “L’affermazione di papa Francesco che ogni guerra è un fallimento della politica è condivisa da noi di sinistra. In questi tempi ricchi di conflitti, pensiamo, che il dialogo non sia solo una necessità urgente, ma un imperativo categorico. Ci vuole tutta la nostra forza per imporre una pace sostenibile contro la distruzione dell’ambiente, le condizioni di vita delle persone contro l’imbarbarimento”. Dialogare significa accogliere l’altro nella propria casa. É diventare ospite dell’invitato. Non è solo uno strumento, ma un incontro costante, un percorso di esperienza intellettuale e spirituale condivisa, in cui la peculiarità dei rispettivi partner non scompare, ma si dispiega e si sviluppa più chiaramente. Con questi incontri, gli opposti diventano complementari. Ed è proprio Hilodebrandt che spiega il concetto del consenso differenziato e del dissenso qualificato: “Adottiamo e adattiamo un metodo che viene utilizzato nell’ecumenismo tra le Chiese cristiane. Le affermazioni di base formulate in modo incoerente della società umana e del mondo devono formare una solida base. Affinché i partner possano parlare e agire insieme, le dichiarazioni di base comuni devono fare esplicito riferimento a testi originali per essere compatibili con le rispettive tradizioni della Chiesa cattolica e della sinistra di Transform! Europe e oltre. E poi si tratta di formulare domande con precisione. E da qui può partire la ricerca di dichiarazioni chiare comuni, che rispecchino la propria tradizione e si arricchiscano”.
Angelina Giannopoulou, è una giovane greca di Tranform! Europe, che con decisa veemenza racconta la propria esperienza di camino in Dialop e sottolinea l’importanza della presenza giovanile, per il presente ed il futuro di questa realtà. Fa inoltre presente anche il “Progetto DialogUE”, in collaborazione con la Comunità Europea e un consorzio di 14 Organizzazioni della società civile, che avrà uno spazio importante alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona (Portogallo) con una giornata dedicata alla comunicazione che vedrà la partecipazione di politici, esperti e giovani. Seguiranno in altri momenti altri simposi su ecologia e politiche sociali. “Non possiamo adattarci alla situazione in cui ci troviamo oggi in Europa e nel mondo, penso che questa sia la vocazione più forte di Dialop” conclude Walter Baier.
Carlos Mana
Per maggiore informazione e accedere al “DIALOP Position Paper” si può visitare il sito di Dialop (https://dialop.eu/). (altro…)
Ago 2, 2019 | Sociale
Nel giugno scorso la Duma, il Parlamento russo, ha invitato membri dei Parlamenti ed esperti per un confronto sullo sviluppo dei sistemi parlamentari. Letizia De Torre, presidente del MPPU, ha partecipato. “È importante camminare insieme a chi nel mondo, in qualsiasi modo, cerca un cambiamento. Tutti noi, come singoli e come popoli, siamo chiamati all’unità e dobbiamo far venire alla luce ogni passo positivo”. È questa la prima impressione a caldo di Letizia De Torre, già deputato al Parlamento italiano e Presidente del Centro internazionale del Movimento politico per l’unità (MPPU) che dal 30 giugno al 3 luglio scorso ha partecipato al Forum: Development Of Parliamentarism, sullo sviluppo dei sistemi parlamentari. Ha proposto una co-governance, cioè l’idea di una corresponsabilità tra le istituzioni e la società civile nel governo delle città e nelle relazioni internazionali. Un’idea che era al centro del convegno tenutosi nel gennaio scorso a Castelgandolfo (Roma, Italia), riproposta a diversi livelli e in diversi Paesi e che e avrà un secondo confronto ad alto livello in Brasile nel 2021.
Come è arrivata a Mosca CO-Governance? Il Segretario Generale e l’Advisor della IAO (Interparliamentary Assembly on Orthodoxy), – rete di parlamentari ortodossi, anche russi, con cui collaboriamo – sono intervenuti a Roma, all’evento “CO-Governance 2019“. Hanno trovato interessante l’idea e hanno fatto in modo che il Mppu venisse invitato al Forum. Devo dire che solo quando sono arrivata a Mosca ho capito veramente il perché. Infatti ci si può sorprendere: il sistema istituzionale russo viene definito con espressioni quali: “democrazia controllata”, “centralismo”, “ ambivalenza tra modernizzazione e tradizionalismo”, mentre per la co-governancecomporta corresponsabilità, partecipazione diffusa, relazioni innovative tra politici e cittadini… Infatti, ed è sintomatico del cambiamento d’epoca che stiamo vivendo. Alla politica è richiesto un cambiamento. I cittadini non hanno più fiducia e Internet ci ha catapultati in un mondo diverso dalla rigidità dei palazzi della politica. Molti parlamentari cercano strade nuove e CO-Governance esprime l’idea di una relazione intensa tra i politici e i cittadini, di una corresponsabilità di governo a tutti i livelli, senza paura per questo tempo così complesso. Come è stata accolta la vostra proposta?
L’idea della collaborazione sta maturando in tutte le società e anche la dichiarazione finale del Forum va in questa direzione. Ma ciò che è stato accolto con sorpresa è la logica politica che sta sotto: “Agisci verso l’altro Stato, verso ogni ‘altro da te’, come vorresti che fosse fatto a te.” Questo atteggiamento rivoluziona la politica, le conferisce il nuovo ruolo necessario oggi: quello di facilitatore e catalizzatore della collaborazione tra tutti. Cosa si porta via il Mppu da questa presenza ufficiale in Russia? Ho avvertito prima di tutto un cambiamento a livello personale. Il popolo russo è meraviglioso, l’accoglienza attenta; Mosca è bellissima, ricca di storia, efficiente, non te la puoi togliere dal cuore. In questo senso è facile sentirsi popoli fratelli. Ma avvicinare il sistema politico di un altro Paese è altra cosa. Sono “atterrata” in una cultura politica diversissima e avevo paura di non capirla. Alle prime difficoltà mi sono trovata a un bivio: distinguermi oppure mettere in atto “il metodo” che un giorno mi ha affascinato: ho fatto consapevolmente la scelta di amare la Russia nella stessa misura in cui amo il mio Paese. Non ami il tuo Paese perché è perfetto: lo ami e basta; godi e soffri con lui e per lui nella buona e nella cattiva sorte. È così che ho cominciato a comprendere la Russia di oggi, a guardare il mondo dal suo punto di vista, anche a dispiacermi dei giudizi negativi che riceve, spesso strumentali nella corsa alla supremazia geopolitica. Ho apprezzato l’intento di “soft power” di questo Forum, con cui mi pare che la Russia cerchi di conquistare la fiducia di altri Stati, avvicinandoli con più dignità e rispetto. Mi sono ritrovata più aperta ad accogliere, ad esempio, la volontà di unità tra le due Coree della deputata Nordcoreana; l’impegno a cercare “partnership” e non dipendenza di un parlamentare del Ghana; la speranza della delegazione siriana; la domanda del parlamentare libanese “Ma perché ci ammazziamo?”, che concludeva con la forza che veniva dalla sua fede ortodossa: “Dio non vuole questo!”.
Stefania Tanesini
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Feb 8, 2019 | Cultura
Cosa hanno in comune Medellin, Katowize e Kingersheim? Nonostante la distanza culturale, ciò che le accomuna è il progetto sociale e civile. Sono geograficamente situate in due continenti diversi e in tre aree culturali distanti. Si tratta di Medellin (Colombia), Katowize (Polonia) e Kingersheim (Francia). Sono città che hanno accolto la sfida di porre al centro il bene comune nel senso più autentico e non come somma di interessi privati. Amministrazioni e cittadinanza hanno lavorato per trovare una via per rompere egoismi, povertà, solitudini e riconoscersi fratelli. I protagonisti sul campo sono rispettivamente Federico Restrepo, Danuta Kaminska e Jo Spiegel che al Convegno “Co-Governance. Corresponsabilità nelle città oggi” hanno raccontato le loro tre storie, diverse ma con un unico leitmotiv. La prima storia è raccontata da Federico Restrepo, ingegnere e già direttore dell’EPM – Imprese Pubbliche di Medellin (Colombia) che, insieme ad altri amici, non si è arreso dinanzi all’ineluttabilità della situazione che sembrava più grande delle sue forze. Medellín – città che conta quasi tre milioni di abitanti –, come tante altre città sudamericane dimostra una forte tendenza di crescita delle aree urbane a scapito della popolazione rurale.
“In alcuni quartieri di Medellin si trovano popolazioni che cercano di costruire una loro città nella periferia della città”racconta Restrepo. Da alcuni anni è partita un’esperienza-pilota nei quartieri nati da migrazioni forzate per attuare progetti urbani integrali. L’immigrazione, in aumento in Colombia anche a causa della crisi venezuelana, non si risolve costruendo muri: “Abbiamo la responsabilità – continua – di costruire relazioni tra le città per poter risolvere questo problema sociale che la nostra società sta attraversando”,. Ma non è soltanto una questione di urbanistica, altre sfide si presentano per riscoprire il cuore della città e farlo pulsare. L’esperienza che racconta Danuta Kaminska fa da tramite tra il continente americano e l’Europa. Amministratrice pubblica nel Consiglio della Slesia
Superiore, in Polonia, lei presenta storie quotidiane, ma nello stesso tempo straordinarie, di accoglienza da parte dei cittadini di Katowize per favorire l’inserimento immigrati dei migranti, in maggioranza ucraini. Soltanto lo scorso anno essi hanno raggiunto il numero di 700.000. “Per attivare la co-governance nella nostra città abbiamo capito che occorre sostenere i cittadini. Si collabora con le comunità religiose e le organizzazioni non governative per l’integrazione, come ad esempio il sostegno alle comunità ebraica e musulmana”. Katowize, due milioni di abitanti, ha subìto in questi anni una profonda mutazione, trasformandosi da città industriale a sito UNESCO, ed è stata sede della La Conferenza delle Parti sul Clima del 2018 (COP24) .
Se la città è uno spazio di trasformazione, se la democrazia deve essere fraterna, occorre coltivare la partecipazione e la spiritualità. Stiamo parlando di amministratori che diventano facilitatori dei processi decisionali e Jo Spiegel, sindaco di Kingersheim, cittadina francese di circa 13.000 abitanti, continua a spendersi con tutte le forze per restituire alla sua città un volto multiforme dove possano coesistere culture e generazioni diverse. “Venti anni fa – racconta il sindaco – abbiamo fondato un ecosistema democratico partecipato, dando vita alla “Casa della Cittadinanza, un luogo privilegiato dove di impara a vivere insieme, cittadini e politici”. Più di quaranta i progetti portati a termine come la revisione del piano urbanistico locale, la pianificazione del tempo del bambino, la creazione di un luogo di culto musulmano. “La fraternità non si delega, non si decreta. È dentro di noi, è tra noi. Si costruisce”
Patrizia Mazzola
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Dic 10, 2018 | Cultura
Nell’odierna crisi della rappresentatività politica, le idee e le prassi di Igino Giordani e Tommaso Sorgi incoraggiano a lavorare a tutti i livelli per riportare la democrazia alla sua essenza che è il “noi”. Due recenti convegni su Igino Giordani e di Tommaso Sorgi che si sono svolti in Italia, rispettivamente a Cremona e a Teramo, hanno riproposto la figura del politico come colui che pone al centro il bene comune, non solo della propria comunità e nazione, ma dell’umanità intera. Un concetto e una pratica poco popolari oggi, in epoca di rivendicazioni nazionalistiche e di localismi esasperati. Sull’attualità del pensiero dei due politici, abbiamo rivolto due domande ad Alberto Lo Presti, docente di Dottrina Sociale della Chiesa alla LUMSA e presidente del Centro Igino Giordani e a Letizia De Torre, già deputata al Parlamento italiano e coordinatrice internazionale del Movimento Politico per l’unità. Cos’hanno da dirci oggi due figure come Giordani e Sorgi, in un’epoca in cui il bene comune pare venga ricompreso secondo i principi dei vari nazionalismi e protezionismi regionali? Alberto Lo Presti: Abbiamo un grande bisogno di sintonizzarci con figure come Igino Giordani e Tommaso Sorgi. Hanno vissuto in epoche segnate da divisioni laceranti, apparentemente insanabili. Ma hanno creduto nell’amicizia fra i popoli quando tutta la storia sembrava volgere al peggio, forti di una visione del mondo autenticamente cristiana. Giordani visse di persona la tragedia delle due guerre mondiali, schierato fra i fautori della pace e della giustizia sociale, pagando di persona per le scelte di libertà e solidarietà. Sorgi fu artefice della ricostruzione dell’Italia nel secondo dopoguerra, ponendosi come elemento di dialogo costruttivo fra le forze politiche antagoniste nel clima ideologico segnato dalla Guerra Fredda. Oggi c’insegnano che ogni sforzo impiegato per la pace e la cooperazione è un tassello decisivo per edificare un ordine civile fondato sul bene comune e rimarrebbero assai sorpresi di come si possano, nel Ventunesimo secolo, avanzare delle tesi neo-sovraniste e nazionaliste, avendo sperimentato di persona la distruzione che tali prospettive politiche portano. Ovviamente, sta a noi non rendere vano la loro testimonianza. Entrambi hanno dato grande peso alla qualità del rapporto tra cittadini e chi è chiamato a governare, tanto che Sorgi formulò il cosiddetto “patto politico”. È ancora attuale e praticabile?
Letizia De Torre: Igino Giordani, per cui “la politica è carità in atto, ancella e non padrona”, non avrebbe potuto né intendere né praticare la politica come sopruso e inganno verso i cittadini per ricavarne consenso e ricchezza personale. I cittadini per lui erano i ‘padroni’, che era chiamato a servire. Così anche per l’on. Tommaso Sorgi, a cui toccò di assistere agli scandali della corruzione e dei suoi effetti devastanti, e tutt’ora presenti, in Italia. Fu allora che, dopo tanti confronti con politici e amministratori pubblici, stese le linee di un patto vincolate tra eletti ed elettori, di natura etica, programmatica e partecipativa. Fu una geniale intuizione, di estrema attualità nella mondiale crisi democratica.
Viviamo un tempo ‘post-rappresentativo’ dove i politici non rappresentano le nostre società super-complesse e i cittadini vogliono e sanno influire collettivamente e direttamente. Occorre superare la lunga deriva individualista e riportare la democrazia alla sua essenza che è il “noi”. Per questo, durante il prossimo convegno internazionale ‘Co-Governance, corresponsabilità nella città oggi’ (17-20 gennaio 2019, Castelgandolfo – RM, Italia) costruiremo, in modalità partecipativa, le linee di un ‘Patto per la Città’, che altro non è che l’attualizzazione della politica intesa come carità di Giordani e della visione profetica del ‘patto’ di Sorgi.
Stefania Tanesini
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Ott 4, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Oltre mille partecipanti, di cui un quarto nella fascia di età dei giovani, ragazzi e bambini; tre focus centrali su lavoro, educazione, partecipazione, a partire dall’eredità del ’68; quasi cinquanta laboratori per grandi e piccoli; decine di relatori. Sono queste le cifre dell’edizione 2018 di LoppianoLab, il laboratorio per l’Italia che si è svolto, il 29 e 30 settembre, nella Cittadella internazionale di Loppiano e il cui titolo richiamava l’anniversario della contestazione: “Dal sogno all’impegno, educazione, partecipazione, lavoro a cinquant’anni dal’68”. «Ci sono le cifre di LoppianoLab 2018, e c’è la “cifra” di questa manifestazione,» spiega Aurora Nicosia, Direttore della rivista Città Nuova «cioè qualcosa di forte che la caratterizza in generale e quest’anno in particolare, come è stato rilevato da tanti: la capacità di mettere in dialogo identità ben definite e diverse fra di loro, tutte orientate però a costruire legami sociali forti, relazioni umane improntate al rispetto e alla giustizia, insomma un mondo più abitabile per tutti con lo stile della partecipazione». Ciascuno dei tre temi – educazione, partecipazione, lavoro – è stato al centro di una plenaria, cui hanno fatto seguito una serie di laboratori aperti al contributo di tutti. La mattinata di sabato 29 settembre è stata dedicata al tema del lavoro con il focus “Perché il lavoro non finirà”, che ha messo in dialogo Carlo Petrini, fondatore e anima di Slow food, con l’economista suor Alessandra Smerilli e don Antonio Loffredo della Cooperativa sociale La Paranza, moderati dall’avvocato Flavia Cerino. Intorno all’eredità consegnataci dal ’68, in ambito culturale, politico, sociale ed ecclesiale, ha ruotato il confronto tra Mario Capanna, politico e saggista, il teologo Brunetto Salvarani, l’ex parlamentare Rosy Bindi con la moderazione di Marco Luppi (storico, Ist. Univ. Sophia) e Federico Rovea, (dottorando in Scienze dell’educazione, Univ. di Padova) nel focus dal titolo: Dal sogno all’impegno: Oltre la rivoluzione e la contestazione del ’68.
La mattina di domenica 30 settembre, invece, si è incentrata sul tema dell’educazione, con il focus “Dal sogno all’impegno: parliamo di educazione 4.0 Tra memoria e futuro… una questione di senso”. Il confronto, moderato dallo scrittore Paolo Di Paolo, ha coinvolto l’insegnante e scrittore Eraldo Affinati, Emma Ciccarelli, vice presidente del Forum Associazioni Familiari, e Michele De Beni, pedagogista e docente dell’Istituto Universitario Sophia. Tra i temi toccati, la situazione che oggi vive il mondo della scuola e, più ampiamente, il mondo dell’educazione. «LoppianoLab, è stato importante per rimettere a fuoco alcune priorità: il lavoro, il bisogno di partecipazione nei molti luoghi condivisi, tra società e politica, il ruolo centrale dell’educazione…» commenta Marco Luppi, docente di Storia Politica Contemporanea presso l’Istituto Universitario Sophia. «Passando dal sogno all’impegno, io riparto da una “sottolineatura”, che ho trovato un po’ in tutti i focus e i laboratori, quella di un lavoro comune che ci attende tutti, credenti e non credenti, verso la costruzione del bene comune, in un dialogo non solo possibile, ma urgente».
Come gli anni scorsi, la formula laboratoriale che caratterizza l’evento ha messo in dialogo cittadini, imprenditori, operatori della comunicazione, studenti e docenti, politici, membri dell’associazionismo, giovani, intellettuali, di tutte le regioni italiane e non solo. «A conclusione», sottolinea Aurora Nicosia, «possiamo dire che il titolo di quest’edizione, “Dal sogno all’impegno”, non è rimasto uno slogan, ma è diventato qualcosa di vitale, una spinta a non rinunciare ai “sogni”, come sottolinea spesso Papa Francesco, ma a dare a questi concretezza con un impegno individuale e corale». Tamara Pastorelli
Foto su Flickr
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