29 Gen 2013 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Senza categoria
Se c’è una caratteristica indiscutibile dei giovani australiani, questa è la spontaneità. Quella stessa che porta i rappresentanti delle nuove generazioni presenti al meeting dei Focolari di Melbourne, in occasione della visita di Maria Voce e Giancarlo Faletti, ad accogliere i due ospiti in un cerchio danzante ai ritmi della loro musica. Due sedie poste sulla moquette, al centro di un’immaginaria circonferenza, e basta, voglia di muoversi e, soprattutto di comunicare. In T-shirt o in canottiera (nonostante il freddo “estivo”), neri o coloratissimi, con i tagli più originali, piercing, tatuaggi e piedi nudi. E poi il racconto delle loro vicende, belle e meno belle, la ricerca della felicità e di una vita vivibile, tra amicizie che deludono e altre che riempiono il cuore. E allo stesso modo si rivolgono agli ospiti con le loro domande sincere e impegnative: sul significato del dolore, sulla necessità di non perdere il contatto con coloro che cercano di vivere nello stesso spirito, sulla diversità di vedute con gli adulti. Una domanda sembra trasparire al di sotto di tutte le domande: come riuscire ad ascoltare la voce di Gesù? Spiega Maria Voce: «Non so quello che Gesù vi dice, ma vi posso assicurare che ascoltare la sua voce è la cosa più intelligente che potete fare». Applausi. «Gesù – continua – vuole grandi cose per noi. Nella creazione, Dio ha detto una Parola e ha creato te. Potrebbe farlo anche ora, ma ha voluto scendere con suo Figlio sulla Terra perché tutti collaborino con Lui. Ed è così che
Gesù parla con ognuno. Ma la sua voce è sottile e tanti rumori la coprono, ci distruggono e ci lasciano inerti». Ed ecco la via giusta: «Se noi amiamo, ecco che l’amore diventa l’altoparlante di questa voce. Quanto più amiamo, tanto più chiaramente sentiamo la sua voce. Magari sembrerà una voce che chiede cose troppo grandi, ma dobbiamo avere il coraggio, e lui stesso ci aiuterà a compiere quanto ci chiede. E alla fine la nostra vita sarà meravigliosa». Ad un ragazzo che le chiede ancora cosa pensi quando incontra dei giovani in giro per il mondo, risponde che si sente realmente confortata, perché «dovunque ci sono giovani che vivono lo stesso ideale di Chiara Lubich, anche se non hanno ancora manifestato appieno le loro potenzialità, hanno comunque quella forza, quella speranza e quella vita che prima o poi scoppierà». E conclude: «Perciò, felice Australia, felice Nuova Zelanda, felici isole del Pacifico! E come far scoppiare queste potenzialità? By loving, amando farete cose grandi. E noi vi verremo dietro!». di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)
28 Gen 2013 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Si sono presentati a modo loro, con un video di pochi minuti la cui prima prerogativa non era quella della qualità, ma che era egualmente accattivante: nei contesti più vari – il parco dinanzi all’Opera House di Sydney, una stanza a Wellington, una spiaggia in qualche isola del Pacifico… –, le locali comunità dei Focolari hanno improvvisato una danza della loro tradizione. Nulla di straordinario, eppure con un risultato simpaticissimo, a tratti esilarante, espressione della solarità delle culture dell’Oceania, della gioia e della naturalità della vita di queste parti. Weekend del 26 e 27 gennaio. Diverse etnie, culture, tradizioni, chiese e religioni. L’Oceania è il continente più cosmopolita che esista al mondo, senza possibilità di smentita. La sala “The Spot” dell’università di Melbourne, è uno spettacolo non tanto per l’originale architettura a cubi luminosi, ma anche e soprattutto per la varietà dei presenti: ci sono immigrati recenti e meno recenti, ma in qualche modo qui tutti sono immigrati, salvo i nativi delle isole del Pacifico e qualche aborigeno. A ricordare le ferite inferte dal colonialismo alle popolazioni locali, in particolare dell’Australia, dove più grave è stato l’affronto patito dagli aborigeni. Ma a ricordare anche straordinarie vie di conciliazione riconciliazione, come quella neozelandese, che ha portato alla creazione di organismi efficaci di armonia etnica e culturale.
Oggi è l’Australia Day, la festa nazionale. Anche se non per tutti: gli aborigeni preferiscono di gran lunga il Sorry Day che si celebra in maggio, il “giorno delle scuse”, istituito per riparare in qualche modo il debito nei loro confronti. Non a caso, allora, prima della messa domenicale, viene organizzata una cerimonia aborigena, in cui si ricorda la wairua tapu, cioè la madre terra, a cui si deve non culto ma riconoscenza e rispetto assoluto. La celebrazione consiste nel porre la mano su un mucchietto di terra distribuito nell’incavo di una corteccia ampia e accogliente. Lo fanno i giovanissimi presenti in sala, lo fanno Maria Voce e Giancarlo Faletti. Quindi la presidente riceve dalle mani della celebrante aborigena un message stick, una lama di legno su cui è disegnata la terra australiana, i nove territori in cui è da antica data suddivisa, secondo la geografia cosmogonica aborigena. Un dono per tutto il Movimento nel mondo.
C’è la lunga storia delle terre dell’Oceania e c’è la storia intensa del Movimento dei Focolari locale. Un lungo, appassionante filmato ne ripropone le tappe, dall’arrivo di Rita Muccio nel 1967 – aveva un posto da segretaria all’Istituto italiano di cultura –, e poco dopo di Maddalena Cariolato, ai primi che hanno accolto lo “spirito di Chiara”, singoli e famiglie, giovani e meno giovani, a Melbourne e Perth. E più tardi lo “sbarco” in Nuova Zelanda, Wallis e Futuna, Nuova Caledonia e Isole Fiji… Ci sono quelli che sono ancora vivi, e quelli già “arrivati”, tra tutti l’australiana Margaret Linard e il neozelandese Terry Gunn. Testimonianze di gente che, quasi unanimemente, dice di aver incontrato con il carisma di Chiara Lubich la possibilità di vivere il Vangelo. E che, con la semplicità e la radicalità caratteristiche di questo “nuovissimo mondo”, grazie all’amore per il fratello hanno mutato la loro vita, in un modo o in un altro, in maniera definitiva. Ed è proprio questo amore evangelico che cambia la vita della gente che è al centro della conversazione di Maria Voce sul fratello: come i re magi hanno riconosciuto la grandezza del Figlio di Dio in un bambinello, così c’è da riconoscere Gesù in qualunque fratello, anche al di là delle apparenze che paiono renderlo irriconoscibile. La sessione di domande e risposte tra la comunità e Maria Voce e Giancarlo Faletti assume da subito un carattere esistenziale, quando un bambino chiede come si possa credere in un Dio che non vediamo! E poi i giovani chiedono come resistere alle tante sollecitazioni della società contemporanea, che rischiano di portarci alla deriva. E non mancano gli anziani che vogliono il loro ruolo, nella comunione tra generazioni, e chi chiede come avanzare nel dialogo ecumenico o in quello interreligioso. Non si evitano i problemi più gravi, come la questione degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa cattolica, lo stress che cresce nelle nostre città e che sembra impedire il cammino verso la santità, la tentazione consumistica che spegne la capacità di testimoniare il Vangelo, l’assenza di Dio nella vita della gente che domanda a noi coraggio nel prendere l’iniziativa per testimoniare il suo amore. Ed è questa la “consegna” che Maria Voce lascia ai presenti: «L’Australia è grande, bisogna portarle amore e unità. La nostra grande famiglia non può vivere di un album di bei ricordi, bisogna andare fuori. E scriveremo così un nuovo album». Di Michele Zanzucchi, inviato (altro…)
27 Gen 2013 | Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

L’incontro a Castelgandolfo
«Sono don Carlo, da 22 anni prete della diocesi di Milano. Ho lasciato da qualche tempo questa comunità pastorale e mi accingo a trasferirmi alla scuola sacerdotale internazionale dei Focolari con sede a Loppiano, dove rimarrò per circa tre anni. A Milano ho avuto contatto con molte persone, soprattutto con i ragazzi, visto che avevo l’incarico di seguire i gruppi che si preparavano alla Prima Confessione e alla Messa di Prima Comunione. Ho capito che alla base di ogni azione pastorale occorre vivere l’amore al fratello, cercando di vedere Gesù in tutti, dal parroco al ragazzo musulmano che veniva a giocare in oratorio. Potrei raccontare molti piccoli episodi che mostrano come questa attenzione a ciascuno ha creato una fitta rete di rapporti molto belli, che ha facilitato a tanti l’avvicinamento alla fede e reso attraente la comunità anche per chi non era credente. Scelgo, fra i tanti, due semplici racconti. Emilio l’ho conosciuto durante un laboratorio dedicato al gioco degli scacchi. Temperamento riservato, non era molto inserito nel gruppo dei compagni. Con mia sorpresa, al termine del laboratorio, chiede di partecipare con noi ad una vacanza in montagna. Lì si è integrato sempre meglio con il gruppo dei ragazzi, fino a dar prova di coraggio superando il “ponte tibetano”: camminare su una corda, agganciati ad un cavo di sicurezza, sospesi a sei metri di altezza. I suoi compagni lo hanno incoraggiato, ripetendo tutti in coro il suo nome, e alla fine è riuscito a fare tutto il percorso, in mezzo ad un applauso generale, che gli ha ridato fiducia. Al ritorno dal campo scuola i genitori mi scrivono per dirmi che hanno lasciato un bambino e al ritorno del campo hanno trovato un ragazzo. Penso poi ad Eleonora. Non era battezzata. I suoi genitori avevano preferito che fosse lei a scegliere, una volta cresciuta. È stata invitata al catechismo dall’entusiasmo di Maria, una compagna di classe molto intraprendente che all’epoca aveva 10 anni. Così arriva Eleonora, accompagnata dalla mamma, che chiede al parroco se sua figlia può frequentare il catechismo. Dopo circa due anni il parroco, vedendo la fedeltà del suo cammino, decide che è arrivato per lei il momento del Battesimo e della Prima Comunione e affida a me la preparazione prossima ai sacramenti e il colloquio con i genitori, che mi aprono il cuore, con lealtà e franchezza. Arriva il grande giorno, Eleonora è raggiante, accompagnata dalla famiglia e dai suoi parenti. Facciamo di tutto per offrire loro l’accoglienza più bella. La celebrazione è semplice e molto intensa. Accanto alla madrina e alla catechista, ci sono anche le amiche che sono state così importanti nel suo cammino di fede. Quando qualche mese fa mi sono congedato dalla parrocchia, i suoi genitori mi hanno scritto una lettera ricordando “quella indimenticabile domenica di aprile. La gioia e il sorriso radioso di Eleonora, che ha illuminato tutti noi credenti e non, riuniti per festeggiare il suo ingresso nella comunità cristiana, sono per noi l’immagine indelebile della fede che va dritta al cuore”. Amare il fratello è sempre una grande avventura, sai come inizia, non sai dove ti porta». (altro…)
26 Gen 2013 | Centro internazionale, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dopo la visita alle comunità dell’Indonesia, Singapore e Malesia, il viaggio di Maria Voce e Giancarlo Faletti prosegue con l’Oceania. Nella prima tappa che è già in corso dal 22 gennaio e che si protrarrà fino al 31 gennaio, sono previsti diversi appuntamenti a Melbourne: con i focolarini e le focolarine per il loro ritiro annuale; con tutte le persone vicine ai Focolari dell’Australia e delle Isole, tra le quali particolarmente vivaci e pieni di iniziative sono i giovani (26/27 gennaio); con un gruppo di vescovi e sacerdoti australiani (30 gennaio). (altro…)
25 Gen 2013 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
In dicembre la presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce, ha lanciato una campagna internazionale per fermare il conflitto siriano e chiedere che le trattative di pace riprendano per il bene di milioni di cittadini inermi e indifesi: il Time out. Un minuto di silenzio e di preghiera per la pace, in tutto il mondo alle 12 (ora locale), ora indirizzato in particolare per la pace in Siria. Alcuni amici della comunità dei Focolari in Siria ci scrivono da Damasco e da Aleppo: «Ventidue mesi costellati da dolori indicibili e innumerevoli, che lasciano il segno. Così ritroviamo la nostra Siria e il nostro popolo. Passiamo la frontiera libanese, dopo un viaggio agevole lungo le strade di montagna, da poco praticabili per la neve caduta abbondante nei giorni passati. Si respira nell’aria un senso di profonda inquietudine, nonostante il cielo azzurro rassicurante. I controlli ai posti di blocco sono accurati; ne incontriamo più di uno tra la frontiera e la periferia della capitale prima di arrivare nel quartiere dove abita una famiglia, che ci accoglierà nei prossimi giorni, finché il piccolo alloggio messoci generosamente a disposizione dalla Chiesa locale non sarà pronto. Non siamo ancora arrivati e già i cellulari cominciano a suonare o ricevere sms, sono i nostri amici che da Aleppo, da Hama, da Damasco vogliono darci il “bentornati! ”La gioia è profonda, contenuta, che sa di trepidazione per un futuro incerto. Dalla periferia i rumori dei colpi di mortaio e di cannone sono rari. Le notizie alla tv sono poco incoraggianti, parlando con uno degli amici si capisce meglio l’ampiezza del gioco che si sta vivendo sulla pelle della gente. Un gioco preparato da anni, che intende stravolgere l’assetto del Medioriente e di fronte al quale ci si sente piccoli e impotenti. La politica internazionale e regionale pare
lontana mille miglia dalla sofferenza della gente, come se non venisse presa in considerazione. E la gente è stanca. Da Aleppo ci raccontano in poche frasi al telefono (che miracolosamente funziona!), delle continue privazioni, del freddo pungente, dell’acqua e dell’elettricità che mancano, del pane raro o a prezzo esorbitante, dei ricatti e rapimenti a scopo di lucro in una città che era il centro industriale e commerciale del Paese. Parlano della morte sempre alle porte e dell’aiuto provvidente di Dio. Sono stremati». E ancora: «Rientriamo dalla messa ed ecco la notizia terribile della strage all’università di architettura ad Aleppo, a causa di due missili caduti su di essa e nei posti adiacenti, dove si trovano fra il resto tanti rifugiati. Cerchiamo subito di contattare i nostri amici che si trovano lì: un’insegnante e due studenti. Le loro voci sono emozionate. Parlano di scene indicibili. Una di loro si è buttata dietro un’auto, ha visto volare per aria corpi, ha udito le urla delle madri in cerca dei loro figli. L’insegnante ci racconta: «Oggi era il primo giorno di esami, il campanello aveva già suonato e stavamo ritirando i testi. Un allievo ci supplica di dargli ancora qualche minuto, era arrivato in ritardo a causa delle strade interrotte. I colleghi non vogliono, alla fine però riesco a convincerli. Passano almeno cinque minuti, l’allievo consegna il suo esame, scendiamo nel cortile per dirigerci all’uscita. Vedo sulla mia testa passare prima un razzo, poi l’altro! Sarei stata esattamente nel luogo dove sono caduti. Ritrovo l’auto col tetto sfondato, i vetri frantumati. Ma siamo salvi per un atto di amore verso uno studente». Fonte: Città Nuova – Diario dalla Siria/1 – Diario dalla Siria/2 – Diario dalla Siria/3 (altro…)