Apr 3, 2018 | Chiesa, Nuove Generazioni, Spiritualità

Noemi Sánches del Paraguay
Il dialogo fruttuoso fra persone di Chiese, religioni e convinzioni diverse è una realtà concreta in molti Paesi dei cinque continenti, ed una iniziativa da incoraggiare in un mondo spesso lacerato da divisioni, pregiudizi e paure. È questa la proposta che i giovani del Movimento dei Focolari hanno portato all’incontro presinodale che si è tenuto a Roma dal 19 al 24 marzo, voluto da Papa Francesco per ascoltare proprio i giovani in vista del Sinodo dei Vescovi che si terrà in ottobre sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Fra i partecipanti all’incontro per i Focolari anche Noemi Sánches, 28 anni, del Paraguay, di origini brasiliane, laureata in OntologiaTrinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, al secondo anno del dottorato in filosofia all’Università di Perugia. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza: “Sono cristiana e cattolica e vivo in un movimento cattolico cristiano, per questo ho sempre avuto la consapevolezza di “essere Chiesa” e sento di vivere questo mio “essere Chiesa” dappertutto. Tuttavia, la partecipazione all’incontro pre-sinodale mi ha dato la possibilità di sperimentare per la prima volta questa dimensione all’interno di un evento che la Chiesa stessa ha fatto per noi giovani e con noi per continuare a camminare insieme. È un camminare non solo tra di noi ma con tutti, con l’umanità che simbolicamente era rappresentata da altre Chiese cristiane, altre religioni e anche da non credenti abbiamo comprovato che questa è una realtà, è possibile, e che in questo momento storico non possiamo più andare avanti se non così”. Cosa chiedono i giovani alla Chiesa? “Chiedono soprattutto apertura, sincerità e coerenza, modelli coerenti e vicini, che siano delle guide, e che non abbiano paura di mostrare la loro umanità, anche i loro sbagli, che sappiano riconoscere questi sbagli e chiedere scusa. Dei modelli con cui parlare a cuore aperto di tutto”.
Il Papa vi ha invitato a parlare con coraggio e “faccia tosta”, quali sono i temi più difficili che sono stati anticipati? “Temi molto attuali e forse polemici, come l’omosessualità per esempio. E poi si è chiesta anche una posizione più concreta rispetto alle migrazioni, i rifugiati e le guerre. Temi che vanno oltre i meri dogmatismi, la famiglia in senso tradizionale e come viverla oggi quando forse non è proprio così: non si è chiesto di cambiare la dottrina ma di capirla fino in fondo per poterla declinare nel nostro vivere di oggi. Già oggi questo si fa, ma forse in un modo che non arriva ai giovani”. Al pre-sinodo hai rappresentato i giovani dei Focolari dei cinque continenti: cosa chiedono questi giovani alla Chiesa e cosa propongono? Quali esperienze offrono, magari come modello? “Sulla scorta dell’esperienza vissuta a Roma fra giovani di tutte le provenienze, culture e fedi, con i quali abbiamo non solo parlato ma anche vissuto, dormito e mangiato, in un arricchimento reciproco di vita e pensiero, i giovani dei Focolari – che hanno come carisma l’unità e il dialogo – hanno proposto di ripetere all’esterno incontri di questo tipo fra persone di tutte le realtà. Questa esperienza, infatti, aiuta a capire che l’altro è un altro me, e che abbiamo in fondo nel nostro cuore le stesse domande e le stesse sfide, che ciascuno ha un approccio diverso ma ciò arricchisce l’altro che nella sua quotidianità magari vive in un altro modo. Quindi ciascuno ha da dare ed è un dare che offre una visione più ampia, un’esperienza più completa e arricchente. Insieme si può arrivare a dare risposte concrete a problematiche che viviamo tutti”.
Una testimonianza preziosa in questo tempo segnato da paure, diffidenza e pregiudizi, in cui è più facile costruire muri e recinzioni piuttosto che ponti, o tendere le mani verso chi è diverso. Come è stata recepita questa proposta controcorrente? “Per grazia di Dio, all’interno del Movimento dei Focolari già da tanti anni viviamo questa esperienza e facciamo questo tipo di incontri. Ma anche in questo spazio di dialogo offerto dalla Chiesa ai giovani questa proposta è stata accolta con gioia e soddisfazione, anche da persone che non conoscono il Movimento e che vivono altre realtà. Al momento delle proposte concrete, nel mio gruppo, ho proposto di applicare questo modello di relazione anche per il confronto su altre tematiche, sempre in questa dinamica aperta a tutti, dove tutti partecipano, convivono, scoprono di più se stessi e gli altri. Tutti i giovani presenti hanno aderito subito, è stato un sì unanime. Ma, dobbiamo ammettere che c’erano persone più grandi che ascoltavano e facevano commenti e ho visto in loro non un rifiuto ma un po’ di paura, la paura che la spinta ad “uscire” verso l’altro porti a perdere la propria identità. Invece i giovani che hanno vissuto questa esperienza hanno capito subito che l’identità in realtà non si perde ma si arricchisce. Certamente in contemporanea va curata la formazione e l’approfondimento della propria identità religiosa, ma questo arricchimento puoi donarlo e quando lo doni fai spazio per ricevere l’altro. Il giovane che ha vissuto questo lo ha capito e lo vuole. In questo senso abbiamo vissuto quello che Papa Francesco ci ha detto all’inizio: voi ragazzi dovete sognare i sogni dei vecchi ma anche profetizzare, ovvero andare oltre questo sogno. Ed io penso che quello che abbiamo vissuto a Roma sia stato tradurre nel concreto questa esortazione: vogliamo essere Chiesa e abbiamo capito che per farlo dobbiamo andare oltre le strutture tradizionali, la Chiesa è universale e allora dobbiamo essere aperti a tutti e raggiungere e accogliere tutti per diventare più pienamente quello che siamo”. Leggi il documento integrale (inglese, italiano e spagnolo) (altro…)
Mar 30, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
“Pace, amore, fiducia, equità, libertà e giustizia”. Ma anche sicurezza, ascolto, considerazione e partecipazione. È ciò che desiderano i giovani di tutto il mondo, a tutte le latitudini, di tutte le fedi e convinzioni, di qualunque condizione sociale, economica e culturale. Giovani che anche laddove “non si riconoscono più nelle religioni tradizionali e non si definirebbero come religiosi”, tuttavia “sono aperti alla spiritualità”, desiderosi di spendersi per gli altri e per il bene comune, e in cerca di guide che li aiutino a scoprire la propria vocazione e a dare senso alla propria vita. Lo hanno raccontato loro stessi in occasione dell’incontro che si è svolto a Roma dal 19 al 24 marzo, inteso come momento preparatorio al XV Sinodo ordinario dei Vescovi voluto da Papa Francesco sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” che si terrà in ottobre. Oltre 300 fisicamente presenti e altri 15mila collegati via web, hanno raccontato alla Chiesa – che per la prima volta li ha accolti per ascoltarli in un incontro del genere – dei loro sogni e delle loro sfide, e hanno detto cosa si aspettano dai ministri di Dio e cosa chiedono alla società più ampia, hanno offerto le loro testimonianze e le loro proposte perché l’annuncio del Vangelo raggiunga un numero crescente di giovani con un linguaggio adatto e un atteggiamento umile e dialogante. Seguendo l’indicazione di Papa Francesco, che ha chiesto loro di parlare liberamente, avendo la “faccia tosta” di dire anche cose scomode, i ragazzi hanno detto con forza di volere “modelli attraenti, coerenti e autentici”, “testimoni vivi, in grado di evangelizzare attraverso le loro vite”, “uomini e donne in grado di esprimere con passione la loro fede e la loro relazione con Gesù, e nello stesso tempo di incoraggiare altri ad avvicinarsi”. Alla Chiesa chiedono di essere accogliente e misericordiosa, umile e umana, inclusiva, coerente e credibile, capace “di entrare in empatia con tutti i giovani del mondo” e di esprimere “tenerezza” anche verso coloro “che non seguono quelli che crediamo essere gli standard”. E si aspettano “spiegazioni razionali e critiche a questioni complesse”, come i temi della sessualità, “le dipendenze, i matrimoni falliti, le famiglie disgregate”, e “i grandi problemi sociali, come la criminalità organizzata e la tratta di esseri umani, la violenza, la corruzione, lo sfruttamento, il femminicidio, ogni forma di persecuzione e il degrado dell’ambiente naturale”. Ammettono di non avere una visione unitaria su temi complessi come l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati, pur riconoscendo “il dovere universale alla cura per la dignità di ogni persona umana”, e affermano che “c’è spesso grande disaccordo tra i giovani, sia nella Chiesa che nel mondo, riguardo a quegli insegnamenti che oggi sono particolarmente dibattuti”, fra cui “contraccezione, aborto, omosessualità, convivenza, matrimonio e anche come viene percepito il sacerdozio”. Nonostante questo, anche coloro che non condividono pienamente gli insegnamenti ufficiali “desiderano comunque essere parte della Chiesa”. E ancora, sono spaventati dall’“instabilità sociale, politica ed economica” e alla Chiesa chiedono che sia “solidale e protesa verso coloro che lottano nelle periferie”. Vogliono una guida sicura, perché “le risposte semplicistiche non sono sufficienti”. E si aspettano che la Chiesa riconosca i propri errori, le mancanze e le piaghe più dolorose: solo così potrà essere credibile e affidabile. I giovani chiedono di essere coinvolti maggiormente negli organismi ecclesiali, di poter partecipare anche con ruoli di responsabilità e di leadership nei contesti più ampi come nei piccoli gruppi parrocchiali, e sottolineano l’esigenza di dare più spazio alle donne, ai loro talenti e alla loro sensibilità. Vogliono essere cercati, e trovati, dalla Chiesa nei luoghi che frequentano, reali e virtuali, dai bar alle palestre, ai social network. E vogliono saperne di più sui Sacramenti e partecipare ad eventi su larga scala come le GMG ma anche a piccoli gruppi diocesani o di parrocchia. Cercano inclusione: “anche piccoli gruppi locali dove possiamo esprimere i nostri interrogativi e condividere la fraternità cristiana sono di primaria importanza nel conservare la fede”. Sono giovani in ricerca, dunque, della propria vocazione nel mondo e di un senso più profondo da dare alla vita, custodiscono e coltivano una propria spiritualità e riconoscono – quasi sempre – nella Chiesa un interlocutore importante. Adesso la parola passa proprio alla Chiesa, che nel suo annuncio, d’ora in poi, non potrà non tener conto della loro voce. L’appuntamento è per l’Assemblea sinodale di ottobre, ma intanto il Papa ha assicurato “sarete presi sul serio”. Claudia Di Lorenzi Leggi il documento finale (altro…)
Mar 23, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
“Ho visto nel Papa l’entusiasmo dell’ascolto. Ci ha chiesto di parlare con coraggio, senza filtri, liberamente e noi lo facciamo. La Chiesa è a nostra disposizione, e siamo certi che il Sinodo di ottobre porterà molti frutti”. Stella Nishimwe viene dal Burundi, è membro del Movimento dei Focolari e alla riunione pre-sinodale rappresenta il suo Paese. “Sono stata colpita da quello che ha detto ieri Papa Francesco. È un Papa in gamba, che vive con il popolo di Dio e che veramente conosce la realtà del mondo e vuole cercare con il popolo le soluzioni, a partire dalla vita. Mi aspetto, dal Sinodo, un nuovo cammino della Chiesa con i giovani dove i giovani si sentano responsabili di portare la Chiesa insieme”. Nishimwe parla poi della condizione dei giovani nel suo Paese: “Vivono nella povertà, nella incertezza del futuro, con una disoccupazione molto alta. Con questo Sinodo vedo una Chiesa che ascolta, che cammina con noi, che condivide le difficoltà che i giovani vivono in diversi Paesi, in contesti di guerra, povertà, disoccupazione. Sono situazioni che difficilmente potranno cambiare, ma almeno possiamo provarci insieme e così facendo sperimentare di essere, come Chiesa, un’unica famiglia”. Fonte: SIR
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Mar 22, 2018 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Jonathan Michelon
Jonathan, come si svolgono i lavori? «Ci sono sessioni in plenaria e di gruppo. I gruppi sono una ventina, divisi per lingua: inglese, francese, spagnolo e italiano. Ogni gruppo ha un redattore e un facilitatore. I partecipanti devono rispondere insieme alle 15 domande proposte dal documento del Sinodo. Alla fine, sarà prodotto un documento che verrà poi consegnato ai Padri Sinodali». Di cosa trattano le domande? «La prima parte è dedicata alle sfide e alle opportunità delle giovani generazioni nel mondo di oggi. Quindi, la formazione della personalità, la relazione con gli altri popoli, le sfide interreligiose, le differenze viste come opportunità, i giovani e il futuro, i loro sogni, il rapporto con la tecnologia, la ricerca del significato della vita, la relazione tra vita quotidiano e il sacro». E la seconda parte delle domande? «Si è parlato della fede, della vocazione, il senso della specifica missione del giovane nel mondo, del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale. Poi, il loro rapporto con Gesù, come è percepita dai giovani la figura di Gesù nel terzo millennio. Un’ultima parte era dedicata alle attività formative e pastorali della Chiesa, il rapporto dei giovani con la Chiesa e le loro esperienze».
Da dove provengono i giovani del tuo gruppo? «Dall’Europa (Slovenia, Germania, Grecia, Polonia) ma anche dai continenti, addirittura dalle isole Samoa americane, nell’oceano Pacifico. Un giovane sikh ha condiviso la sua esperienza di fede e il rapporto con i sacerdoti del loro tempio, che sono sempre pronti a dare a tutti una parola di pace. C’è anche una giovane anglicana dello Zimbabwe e che studia per diventare sacerdote. C’è molta saggezza, e il confronto è arricchente». Ci sono esperienze che ti hanno colpito? «Una, in particolare, è quella di un giovane medico polacco, legato al cammino neocatecumenale che, con la moglie, ha fondato un’associazione che si occupa della cura dei moribondi. Stimolato dalla meditazione del primo giorno, sul senso profondo del dolore, basata sull’esperienza di Chiara Luce Badano, ha raccontato quello che vivono. Con gli altri dell’associazione vanno dai malati, li assistono e li invitano ad offrire il loro dolore per tutti. Così, queste persone lasciano la terra “pieni di vita” perché, come lui dice, “la morte è il più bel periodo della vita, perché ci avviciniamo a Dio, a Chi amiamo di più”». Ai giovani dei Focolari è stata affidata l’animazione della messa e le meditazioni quotidiane… «Sì, alcuni giovani della Scuola Gen di Loppiano e dei Centri Gen a Roma hanno formato un coro, il quale sta ora diventando un gruppo inclusivo: invitano chi ha i talenti a partecipare all’animazione della messa. Ieri, si è unito un violinista. Davvero una bella esperienza». Quindi, i giovani sono felici di questa esperienza? «Ci stiamo rendendo conto che stiamo vivendo un momento storico nella Chiesa cattolica. È la prima volta, in 2000 anni, che si fa un sinodo per i giovani con i giovani! Ma per loro è naturale contribuire così alla Chiesa. La Chiesa è loro. Si comportano con il Cardinale e anche con Papa Francesco come con i loro migliori amici: danno loro la mano, li abbracciano… È molto bello». E per te? «Per me è un’esperienza unica, ti rendi conto della vastità della Chiesa e della sua incidenza nel mondo. Qui, hai il mondo, l’universalità della Chiesa». Fonte: Loppiano online
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Mar 15, 2018 | Chiesa, Focolari nel Mondo
Se hai un’età compresa tra i 16 e i 29 anni puoi dare un contributo alla prossima Riunione presinodale, che si terrà a Roma dal 19 al 24 marzo. Come? Attraverso il sito www.synod2018.va. Dal sito sarà possibile iscriversi al gruppo Facebook di una delle 6 lingue previste. All’interno di questi gruppi i membri avranno l’opportunità di dare il proprio contributo sui temi proposti dalle domande – che “rilanceranno” la discussione dai giovani presenti a Roma –, ciascuna delle quali sarà abbinata ad un hashtag. Al termine, con questi contributi verrà redatto un documento finale, contenente il punto di vista e le proposte emerse, che sarà presentato ai Padri Sinodali riuniti in Assemblea nell’ottobre 2018 sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. (altro…)