Giu 21, 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale

Refugee camp, Jordan
Foto: Flickr
Una lettera da Amman, in Giordania. La firma è di Wael Suleiman, direttore della Caritas Giordana, che cura l’accoglienza delle centinaia di migliaia di profughi arrivati dall’Iraq, Siria e Palestina: «La vita non ha più senso per nessuno nel Medio Oriente. Buio dappertutto. Paura. Morte. Odio. Profughi. Campi. Ma l’ideale che ci fa andare avanti, al di là di tutto questo, è scoprire ogni giorno che Dio c’è ancora e ancora; è amore e ci ama immensamente, che l’amore è più forte». È una fede solida, quella che sostiene il direttore di Caritas Jordan. E alla fede si accompagnano opere concrete: l’impegno quotidiano di tanti volontari, ma anche gli aiuti e i progetti internazionali. Tra questi c’è anche “HOST SPOT”, la proposta di New Humanity con altre associazioni di 9 paesi europei e del Medio Oriente per diffondere una cultura della comprensione e promozione dei diritti umani. Dal 7 al 19 agosto 2016 un gruppo di giovani di varie nazionalità si recherà per fare un’esperienza di volontariato presso i centri di accoglienza profughi in Giordania, mossi dal desiderio di avere una profonda consapevolezza delle reali difficoltà che i rifugiati affrontano. Giovani con background differenti, disposti ad acquisire competenze e conoscenze per difendere il diritto alla libertà di espressione, e ad essere coinvolti nella produzione di documentari che mirano a raccontare le storie di vita dei rifugiati. Il progetto prevede l’incontro con i profughi che scappano dal conflitto siriano ed iracheno e che trovano riparo in Giordania.
Questa attività si inserisce all’interno di un progetto finanziato dalla Comunità Europea (programma Erasmus + ) chiamato “HOST SPOT”. Il titolo scelto riflette i due aspetti del progetto. Si gioca sul concetto europeo di ‘approccio Hotspot’ – termine dell’UE per indicare quei punti di arrivo di prima accoglienza per i rifugiati dove avviene la distinzione con i migranti economici – e le parole host, che sottolinea invece l’aspetto dell’accoglienza, dell’ospitalità, e spot, una breve presentazione commerciale in televisione o radio tra i principali programmi, visto che il progetto prevede la realizzazione di un video-documentario. Dopo la Giordania, il progetto prevede anche un corso di formazione in Turchia (ottobre 2016) al fine di migliorare le capacità giornalistiche e di storytelling dei partecipanti, per la promozione dei diritti umani ed in particolare della libertà di espressione, e un corso in Germania (marzo 2017) con l’obiettivo di sviluppare competenze tecniche nella produzione di documentari sociali, con le immagini raccolte nelle prime esperienze; allo stesso tempo ci sarà modo di incontrare i rifugiati nei campi profughi tedeschi e fare una comparazione tra diversi sistemi di accoglienza. All’insegna dell’incontro e della reciprocità, ci si propone di documentare e registrare le storie personali e la vita quotidiana nei campi profughi, con lo scopo di fornire all’opinione pubblica maggiori informazioni per comprendere il fenomeno dei flussi e sensibilizzare le coscienze. Info: info@new-humanity.org Maria Chiara De Lorenzo (altro…)
Giu 1, 2016 | Cultura, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«L’esperienza più importante vissuta in questi due giorni con il Gen Rosso è stata vedere realizzarsi il mio sogno: sentirmi forte, carica, senza bisogno di usare la violenza», è l’impressione di Veronica, una dei 200 ragazzi che hanno partecipato ai tre giorni di workshop organizzati dalla band internazionale, nel suo passaggio per Montevideo (Uruguay), in una tournée che include anche l’Argentina, Bolivia e Paraguay. Promotore dell’iniziativa la Fazenda da Esperança. «“Forti senza violenza” – spiegano gli artisti del Gen Rosso – è un progetto indirizzato a ragazzi e giovani per una formazione alla cultura della pace, della legalità; prevenzione al dilagante fenomeno della violenza nelle scuole in varie sue forme, della vendetta, del bullismo, del suicidio e del disagio giovanile, della dispersione scolastica». Già sperimentato con esito positivo in varie nazioni, questo progetto anche a Montevideo ha coinvolto circa 200 ragazzi e giovani di zone a rischio della capitale uruguaiana. Una di queste associazioni è il Centro Nueva Vida: «Ricordo quando siamo arrivati in questa zona periferica, nel marzo del 2001– racconta Luis Mayobre, presente dagli inizi e attuale direttore –; siamo stati ricevuti con il lancio di sassi da parte di ragazzi. Vedere i nostri giovani oggi sul palco in piena azione, insieme a tanti altri coetanei e lanciando un messaggio di non violenza, mi ha commosso». Infatti la grande novità del progetto artistico “Forti senza violenza” sta proprio nel coinvolgimento di ragazzi e giovani che, dopo i workshop di danza, musica, scenografia e preparazione insieme agli artisti, salgono insieme sulla scena e diventano tutti protagonisti.
«Impressionante! È stato coinvolgente – confida Inés, ancora presa dalla commozione –. Si sono realizzati due concerti, il 21 e 22 maggio, con la sala del Teatro Clara Jackson (1.200 posti) strapiena, una quantità molto significativa dalle nostre parti; e non si distinguevano i nostri ragazzi dagli artisti del Gen Rosso: erano pienamente integrati». Tutti questi centri che lavorano in questa zona a rischio, come il Centro Nueva Vida dei Focolari fanno crescere i giovani dando loro prospettive di un futuro positivo, lontano dalle droghe ed altri pericoli. Lo spettacolo “Streetlight”, ambientato nella Chicago degli anni ‘60, racconta la storia vera di Charles Moats, giovane afroamericano dei Focolari ucciso da una banda rivale a causa del suo impegno per la costruzione di un mondo più unito. Charles con la sua scelta della non-violenza segnerà il suo destino. Però la sua coerenza fino all’estremo farà scoprire agli amici orizzonti nuovi e impensati per la loro vita. «Dal mio punto di vista, forse il concerto più riuscito del Gen Rosso», sottolinea ancora Luis. «Frasi del tipo “se tu lo vuoi, lo puoi”, “tutto vince l’amore”, “se vuoi conquistare una città all’amore, raduna gli amici che la pensano come te …” – osserva un altro dei partecipanti – sembrava che cadessero come piccole gocce che irroravano i cuori dei presenti. Il tutto espresso con una tale forza che ti scuoteva. C’era grande empatia tra il palco ed il pubblico. Avevo invitato un’amica che, dopo un po’ piangeva commossa. Credo che Dio abbia bussato forte alle nostre porte». La stampa uruguaiana, di forte impronta laica, si è fatta eco dell’insolito evento. “200 giovani uruguaiani si preparano in intensi workshop per una presentazione musicale, insieme al gruppo internazionale Gen Rosso”, il titolo non privo di orgoglio di uno dei tanti giornali della capitale. «Felice di vedere mio figlio sul palco! – scrive la madre di uno dei ragazzi diventati artisti –. Ringrazio il Centro Nueva Vida che ha sempre puntato a dargli le opportunità per farlo crescere come persona». E Patty: «Quel “se lo vuoi, tu lo puoi” resterà segnato a fuoco in ciascuno di questi ragazzi e di tutti i presenti. Grazie! Ci avete caricato le pile e trasmesso un’energia contagiosa». https://www.youtube.com/watch?v=s5eR25VL53M&feature=youtu.be (altro…)
Mag 18, 2016 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Foto © Ernst Ulz – CSC Audiovisivi
«Il 15 maggio Maria Voce e Jesús Morán, presidente e copresidente dei Focolari, nel primo giorno della loro visita in “Africa”, hanno ricevuto il benvenuto degli abitanti della Mariapoli Piero, in Kenya, tra suono di tamburo e grida di gioia», racconta Liliane Mugombozi, direttrice di New City Africa. «Ringraziando i giovani per il loro caloroso benvenuto, Maria Voce confida di aver ricevuto molti messaggi da varie parti del mondo. Colpisce che anche le comunità dei Focolari in Siria abbiano mandato i loro saluti agli africani e assicurato le loro preghiere. “Ringraziamo Dio che ci sia la pace in Kenya – ha detto Maria Voce – e ricordiamoci di quei Paesi dove la pace non c’è. Viviamo questi giorni affinché il nostro vivere in pace possa in qualche modo essere un contributo alla pace in tutto il mondo”». “Prima una fiamma, adesso un incendio, ha invaso tutta l’Africa, un incendio d’amore tra noi!” Quando penso alla Mariapoli Piero oggi, – scrive Liliane – mi tornano in mente le parole di questa canzone composta dai giovani del Focolare nell’anno 2000, durante la visita di Chiara Lubich a Fontem (Camerun)». Situata a circa 27 km dalla città di Nairobi, la Mariapoli Piero si estende su 18 ettari di terra verde. «Nel 1992, anno della sua fondazione, questa cittadella era proprio una piccola fiamma, un seme, che dopo 24 anni è cresciuto fino a diventare un grande incendio, un albero». «Nel suo discorso inaugurale in quel 19 maggio, Chiara Lubich aveva augurato che questo seme potesse diventare un grande albero “con i rami che potrà ospitare tanti uccelli proprio come il regno di Dio narrato da Gesù e cioè tante persone provenienti d’ogni dove che vengono a vedere come s’impara l’unità; come si pratica l’unità; come la si può irradiare attorno; come sarà il mondo là dove l’unità invocata da Gesù e voluta dallo Spirito nei nostri tempi è realizzata”. 
Foto © Ernst Ulz – CSC Audiovisivi
«Negli anni questa “profezia” è diventata un’esperienza in corso – spiega Liliane Mugombozi – Con le varie realizzazioni la Mariapoli ospita molte persone da tutta l’Africa e oltre, di tutte le estrazioni, di diverse religioni e fedi, bambini, giovani e adulti, uomini e donne, sacerdoti, vescovi e laici per vivere e testimoniare che l’unità è possibile. È un luogo di formazione alla spiritualità dell’unità e alle sue concrete realizzazioni nella società. Come ha detto un giovane 21enne, Michael: “è come un laboratorio dove facciamo le nostre più significative esperienze di vita, dove questo modo di vivere porta numerosi semi di fraternità”». «L’esperienza fatta dagli abitanti– sia stabili che temporanei – della Cittadella è proprio quella della famiglia, una famiglia legata da quell’amore reciproco basato sul Vangelo. È un processo di formazione in corso, nella vita quotidiana, con lo scopo di costruire “comunità cristiane mature” (Christifideles laici, 34)». «La caratteristica di questa cittadella, tracciata ancora da Chiara Lubich, è l’Inculturazione: “La nota specifica poi della cittadella, che è la vocazione del Movimento in Africa, sarà un accento particolare su un nostro preciso dovere e cioè: l’evangelizzazione. Per realizzare ciò questo centro si specializzerà nell’inculturazione”. Nasce così la Scuola per l’Inculturazione: il suo scopo è quello di approfondire la vita del Vangelo cercando di dialogare – dalla prospettiva della spiritualità dell’unità – con le varie culture e prassi dei popoli africani». https://vimeo.com/146788855 (altro…)
Mag 4, 2016 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale, Spiritualità
Quando si è scelto l’Ecuador come sede centrale della Settimana Mondo Unito 2016 (SMU) non ci si poteva immaginare che il 16 aprile il paese sudamericano avrebbe subito uno dei più gravi terremoti degli ultimi anni: 660 morti, 4600 feriti, 22mila sfollati. «Sono stati attimi davvero terribili – ricorda Herminia, una Giovane per un Mondo Unito ecuadoriana –. Al momento, sono migliaia le famiglie senza una casa, ma la solidarietà di tutto il mondo ci ha commosso e non ci ha fatto sentire soli!». In questo contesto di emergenza umanitaria, le azioni della Settimana Mondo Unito prendono una nuova rotta: «Pensavamo di non fare più il Festival per la Pace (previsto per il sabato 7 maggio), ma abbiamo capito insieme che dobbiamo andare avanti, essere fonti di luce, risposta a chi vive il dolore. Tanti si sentono frustrati per non poter far nulla; diamo loro la possibilità di aiutare», scrivono i giovani dei Focolari, che hanno deciso di raddoppiare la scommessa: «Avevamo scelto di evidenziare la fraternità, ed è questo che il nostro popolo sta testimoniando. Vorremmo fare in modo che questo sia lo stile di vita non solo nelle emergenze, ma sempre». Il Festival per la Pace del 7 maggio a Quito ha un titolo “La solidarietà è una via alla pace”: condivisione di esperienze, espressioni artistiche, e anche raccolta fondi per la ricostruzione. «Vogliamo trasmettere alla nostra gente il messaggio che abbiamo una sola vita e dobbiamo spenderla bene». Sulla pagina Facebook dei Giovani per un Mondo Unito dell’Ecuador è possibile postare un video saluto che testimoni la fraternità e sia motivo di speranza. L’evento ormai è entrato nel vivo, con la presenza di circa 300 giovani dal Sud America e 60 da altre nazioni: dall’Italia alla Corea, dal Burundi alle Filippine. L’esperienza in corso non è quella di un viaggio turistico, ma un viaggio nella “relazione”: con sé stessi, con gli altri, con la natura, col trascendente. Un’occasione per conoscere dal di dentro le tante culture che compongono l’Ecuador di oggi. Un tuffo nella storia precolombiana di Quito e delle comunità andine, prepara i giovani presenti a cominciare la scuola itinerante, con l’aiuto del popolo Kitukara (figli del sole retto), una delle comunità indigene più antiche dell’Ecuador, riconosciuto ufficialmente nel 2003, del quale attualmente fanno parte 9.000 famiglie. «Il cuore pulsante della nostra tradizione è il rispetto con la Madre Terra», spiega Sami, così come forte è il senso di comunità: «Quando qualcuno arriva, viene accolto come se facesse parte da sempre della nostra famiglia. Perché accogliendo gli altri, si accoglie sé stessi». E 1200 sono i chilometri percorsi (dal 1° al 6 maggio) nelle due rotte del viaggio. Ad ogni tappa, verrà scoperta una ricchezza, una caratteristica, un dono particolare. Dalla Sierra alla Costa: a Esmeraldas, con la comunità ancestrale dei Chachis, l’origine della musica e del ballo del popolo Afroesmeraldeño; a Otavalo con le comunità di Agato e Gualapuro, si conoscerà l’arte del dare secondo la loro antica filosofia di vita.
Dalla Sierra, all’Oriente, fino ad arrivare all’Amazzonia. A Puyo, prima tappa di questa rotta, la comunità indigena degli Shiwacocha, ha atteso i giovani per ore, accogliendoli con danze, canti, e… dando a ciascuno un nome Kichwa. È un momento che dice incontro tra culture: da adesso in poi la comunità fa festa ogni volta che viene pronunciato solennemente il nuovo nome. Si apprende il grande senso di responsabilità nei confronti del creato, l’attenzione agli spazi per l’ascolto dell’altro. La rotta prosegue con Tungurahua, dove leader giovanili di Kisapincha mostreranno il valore del lavoro in equipe delle “MINGAS” e insegneranno a comunicare con la natura, e Bolivar, dove alle Saline di Guardanda, i giovani saranno testimoni del frutto del lavoro e della cooperazione tra diversi gruppi in vista di un modello economico di sviluppo più rispettoso della natura e dei produttori. Sei giorni di un vero scambio di doni tra culture: l’esperienza fatta verrà offerta nel Festival per la Pace, il 7 maggio, come testimonianza della ricchezza della vita in armonia tra le diverse culture. (altro…)