Dic 31, 2014 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Un’anima innamorata». Enzo, «era costantemente alla presenza di Dio, sempre unito a Lui. Sempre». A parlare così di Enzo Fondi è Chiara Lubich, poco dopo la sua improvvisa morte, avvenuta il 31 dicembre 2001, silenziosamente, serenamente. «Enzo Fondi è nato al Cielo», scrive Chiara ai membri del Movimento: «Grande gioia, anche se mai nella nostra vita […] ci siamo imbattuti in un dolore così acuto. Grande gioia perché non si può dire tanto che Enzo sia morto, quanto che è passato dolcemente da una “stanza” all’altra. L’atteggiamento nel quale è stato trovato, dopo il Te Deum, il volto sereno senz’ombra di preoccupazione, od altro, dicono che è stato “accolto” da Maria, la nostra Madre, che amava in modo particolare, con estrema dolcezza. Appassionato costruttore d’unità, una frase in particolare del Vangelo gli era stata da guida: «Come tu Padre sei in me ed io in te, siano essi uno in noi [Gv 17,21]». Enzo Fondi è nato a Velletri nel 1927; medico, di famiglia benestante. Nel 1951, entra a far parte del primo focolare romano. È nel primo gruppo di medici focolarini che ancora all’inizio degli anni ‘60 varca la frontiera del blocco socialista, per lavorare come assistente chirurgo nell’ospedale cattolico di Lipsia, nella Germania orientale. Di lì la spiritualità dell’unità si diffonderà in tutto l’Est europeo. Nel ‘64 è ordinato sacerdote a servizio del Movimento. Sarà poi negli Stati Uniti. Nel 1977, anno in cui Chiara Lubich riceve il “Premio Templeton per il progresso della religione”, a Enzo viene affidato lo sviluppo del dialogo interreligioso dei Focolari, al quale, insieme a Natalia Dallapiccola, una delle prime focolarine, darà un fecondo contributo. «Con quale semplicità Enzo ci ha donato le regole dell’“arte di amare” e come ci ha fatto cogliere l’universalità dell’opera di Chiara e a quale punto il miracolo dell’unità era alla nostra portata, quotidianamente!», scrivono all’indomani della sua morte, tra gli altri, gli amici musulmani di Algeri. Per anni, inoltre, Enzo è stato incaricato – sempre insieme a Natalia – della formazione spirituale dei membri del Movimento dei Focolari. E di lui si conservano risposte, scritti, discorsi, con i quali ha aiutato tanti ad una più profonda comprensione del carisma dell’unità.

Enzo Fondi con Chiara Lubich ad un incontro interreligioso
«Enzo aveva trascorso gli ultimi anni sulla croce», scrive ancora Chiara. Una grave malattia, infatti, l’aveva messo più volte di fronte alla morte. «Ma aveva accolto quel volto di Gesù abbandonato in modo – a quanto a noi sembra – perfetto. Non un momento di impazienza, non il pur minimo lamento con i fratelli; il suo dramma era solo affare suo, fra lui e Gesù. A me confidava, anche se raramente, le sue condizioni fisiche, ma sorridendo. E così, in quest’ultimo tempo, la sua vita, in una salita senza sosta, si è impreziosita di virtù e Dio gli ha fatto la grazia dell’unione con sé». Lo testimonia l’ultima consegna di Enzo, che porta la data del 15 dicembre 2001: «Le ultime volontà, il testamento. Per me è l’ultima volontà di Dio, quella che Lui vuole da me adesso. Non ce n’è un’altra. Lasciare fatta in perfezione l’ultima volontà di Dio, qualunque essa sia, quella è la mia ultima volontà. Non so quale sarà poi veramente l’ultima volontà di Dio che farò nella vita. Una cosa però so: che, come per quella di questo attimo, avrò la grazia attuale che mi aiuta a farla, tanto in quanto mi sarò esercitato nello sfruttare questa grazia vivendo bene il presente». Pochi giorni dopo lasciava questa terra adempiendo la Sua ultima volontà. (altro…)
Ott 15, 2014 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Illustrando il senso della spiritualità dell’unità ad un incontro di vescovi amici del Movimento dei Focolari, il 10 febbraio 1984, Chiara Lubich fa queste osservazioni: “È una via che si fa insieme, nella quale si cerca la santità altrui come la propria, perché ciò che più conta è la gloria di Dio. E ciò che dà un decisivo impulso anche alla santificazione personale è proprio la presenza di Cristo fra i cristiani, presenza sempre più piena, più grande, che prende sempre più in profondità la persona”. E qui, di nuovo, l’osservazione circa la novità di questa santità e di questo cammino: “Un castello interiore, perciò, come santa Teresa chiamava la realtà dell’anima abitata da Sua Maestà, da scoprire e illuminare, sta bene. È il culmine di santità in una via individuale. Ora è venuto forse il momento di scoprire, illuminare, edificare per Dio anche il suo castello esteriore, per così dire, con Lui in mezzo agli uomini. Esso – se ben osserviamo – non è che la Chiesa, là dove viviamo, che, anche per questa spiritualità, può diventare sempre più se stessa, più bella, più splendida, come mistica sposa di Cristo, anticipazione della Gerusalemme celeste, di cui è scritto: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra loro, ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il Dio con loro” (Ap 21,3). […] Nei primi giorni di dicembre del 2003 Chiara, visitando la Spagna, ha voluto arrivare fino ad Avila, la città natale di santa Teresa, e ha fatto una sosta nel monastero dell’Incarnazione dove Teresa ha vissuto per più di 27 anni […] Chiara ha voluto lasciare nel Libro d’Oro questa testimonianza di “spirituale amicizia” con la Santa di Avila: “Grazie, santa Teresa, per tutto quanto hai fatto per noi durante la nostra storia. Grazie! Ma il più bel grazie te lo diremo in Paradiso. Continua a vegliare su tutti noi, sul “nostro castello esteriore” che lo Sposo ha suscitato sulla terra a completamento del tuo “castello interiore”, per fare la Chiesa bella come la desideravi. Arrivederci, santa Teresa. Abbracciandoti. Chiara”. Ho sempre considerato il castello interiore di Teresa d’Avila come una proposta di vita evangelica per tutti i cristiani che vogliono vivere la propria vocazione universale alla santità, all’unione con Dio, all’esperienza trinitaria ed ecclesiale. Ma ritengo una grazia ancor più grande, e un’avventura ancora più bella, quella di poter partecipare con il carisma dell’unità alla scoperta di questo disegno di Dio, la possibilità di poter vivere insieme l’avventura della santità comunitaria ed ecclesiale, nella costruzione di uno splendido, luminoso castello esteriore, incarnato nell’Opera di Maria, per la Chiesa e l’umanità». Leggi anche: “Due donne e due castelli” Da “Il castello esteriore”, il nuovo nella spiritualità di Chiara Lubich, Jesús Castellano Cervera (1941-2006), pagg 63-67/68. (altro…)
Set 6, 2013 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Si parla assai del dovere di testimoniare che il cristiano ha nella vita sociale: testimoniare Cristo. Questo vuol dire in pratica che il mondo, vedendo come il cristiano parla, opera, scrive, soffre, o gode, capisce chi sia Cristo, a condizione che quel cristiano faccia ogni cosa in modo da dare onore a Dio mediante Cristo. La cosa parrà così ardua da sconfinare nell’utopia. E invece poiché ci è richiesta da Cristo medesimo, vuol dire che è possibile. Egli ha ritenuto possibile, ed esige da ciascuno di noi, che siamo perfetti in terra come il Padre nostro nei Cieli: nientedimeno! Nel tempo nostro la testimonianza si esige soprattutto nel settore sociale, economico e politico, poiché in esso più comunemente si nega Dio e si tradisce il Vangelo con ideologie materialistiche, con egoismi efferati, con abusi demagogici. Tocca al cristiano di purificare quell’ambiente, operando con la purezza della vita, la libertà della sua tenuta etica, il sacrificio di sé. Difatti la maniera sicura per curare i mali sociali sta nel curare la coscienza in noi del bene sociale e poi affermarla, con la parola, con l’azione, col voto, in casa, all’ufficio o all’officina, in posti di responsabilità e di esecuzione, fra grandi e piccoli. Qualunque cosa si faccia, anche se si mangi o si beva, si faccia in modo da onorare Dio. La gente scettica o incredula o dubitante si converte se riconosce in noi Cristo. Il fascino perenne e l’azione salutare d’un S. Francesco, derivano dal fatto che si riconosce in lui la sagoma di Cristo. Un compito enorme così viene a noi assegnato: un compito divino. Da me si esige d’essere Cristo vivo anche quando siedo in cattedra, anche quando scrivo su un giornale, anche quando assisto un canceroso in clinica. Ogni momento si ha da esserlo in relazione coi fratelli, pur se repellenti e avversi. Noi amiamo il fratello, e il fratello ci apre il varco a Dio. Per tal modo s’incarna il divino nella struttura umana, nella politica, nell’economia, nell’arte, nel lavoro. E poiché ciascuno di noi vive il suo tempo coi suoi bisogni e attese e problemi, per tal modo porta l’anima del Cristo, l’ispirazione del Vangelo nella soluzione della crisi della sua epoca, trasformandola in processo di purificazione, in mezzo per ridivenire liberi. Igino Giordani in: Parole di vita, Società Editrice Internazionale, 1954 (altro…)
Ago 12, 2013 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Perché su di noi si distendesse la grazia, Dio che è artista di inesausta fantasia mise in mezzo a noi una donna – la Nostra Donna – che ognuno ha motivo di chiamare Mia Signora (Madonna). E mise così in mezzo a noi l’amore con la bellezza. In lei, fra tutte le creature umane, una donna è stata messa al rango più alto, e a una donna è stato affidato il compito più grande mai affidato a essere umano: il compito di generare l’elemento di ricongiunzione tra l’umanità e la divinità, poiché tra le due si era aperto un baratro che il desiderio umano non riusciva a colmare. L’autore della società umana mise in mezzo a noi una donna come fonte di pietà e di gioia, d’ispirazione e di elevazione. E poiché questa donna è una vergine, educa a purezza e induce chi cade a purificarsi. Questa vergine è una madre, per noi fonte di grazia, sorgiva di poesia, legame di bontà. Se si toglie lei, la convivenza umana si fa più lugubre, come di orfani senza più carezza e assistenza. La sua gioia non la rimpiazzano le superbie dei negatori, le teorie folli dei dominatori, di quanti hanno interesse a eliminare Madre e Padre, per vedere negli uomini solo dei rivali da sottomettere. Con la festa dell’Assunta la cristianità ripete a mezzo agosto la festa che, in onore del Figlio, celebra nel cuore dell’inverno a Natale. E introduce in mezzo alla fatica un pensiero di bellezza, una poesia verginale che socialmente diventa una vittoria sugli egoismi e un ricordo degli obblighi di solidarietà. A chi non si lascia influenzare dagli appannamenti dell’orgoglio, della politica o della falsa scienza rimangono le assicurazioni messianiche, e cioè rivoluzionarie di questa giovinetta, per la cui azione non si resta mai orfani. Madre di tutti è la Vergine e la sua maternità sostiene, anche oggi, milioni di creature tormentate e disperate. Igino Giordani in: Le feste, Società Editrice Internazionale, 1954 (altro…)
Mag 17, 2013 | Chiesa, Ecumenismo, Spiritualità
«Lo Spirito Santo che unisce creature e Creatore genera una convivenza umano-divina. Ma la Pentecoste, facendo d’una “moltitudine di fedeli un cuor solo e un’anima sola”, provocò, spontanea conseguenza dell’unità, la comunità di vita. Per tale modo la convivenza quotidiana in mezzo a distrazioni e rumori risulta tutta una convivenza divina, in cui i fratelli ci servono per scalare Dio. Anzi, ogni fratello che incontriamo ci dà un rifornimento di vita divina perché, amandolo per Cristo, ci dà accesso a Dio. E così la marcia della vita non risulta più, come fu detto una marcia verso la morte, ma una crescita verso la giovinezza eterna. «Vivere lo Spirito di Dio, è lasciar vivere lo Spirito Santo in sé. E allora di quanto si ama Dio, di tanto si amano gli uomini che sono la sua rappresentanza (…). E i beni dello Spirito Santo quanto più si comunicano tanto più aumentano. Per svolgersi e ardere, la carità deve spandersi, è sangue e vuol circolare, è fuoco e vuol prorompere. Come la vita naturale è una circolazione di calore, comunicato da una cellula all’altra, così dalla prima cellula accesa al Creatore è stato un continuo passaggio e insieme un assiduo aumento di calore nel tempo e nello spazio. Così la vita soprannaturale è un’assidua comunicazione di calore – la grazia, la carità – dal sole che è Dio, alle anime a cui partecipa Dio. Canali di trasmissione della grazia sono i fratelli fatti in certo modo sacramenti di Dio. Se si escludono i fratelli lo Spirito Santo non passa più, la vita si arresta. E si capisce: l’amore che passa da me al fratello e dal fratello a me è Dio che circola. «L’origine di tutto questo miracolo va cercata nell’incarnazione e perciò nella carità. L’uomo dunque, essendo immagine e somiglianza di Dio, (…) è Dio che vive – incarnato per così dire – in limitatezze umane. Se è così, deve esser da me visto e trattato come Dio per effigie. Reciprocamente, io debbo comportarmi quale rappresentante di Dio; da qui derivano la mia dignità vicaria e i miei obblighi d’azione. «L’uomo è fattura di Dio e porta in ogni cellula del corpo e in ogni piega dello spirito la marca di fabbrica, che è la fabbrica dell’Eterno. Da tale artefice ha ricevuto un’impronta inconfondibile, per cui ogni uomo sta come un capolavoro a sé. Egli porta in ogni molecola la prova dell’esistenza di Dio da cui fu messo al mondo. Di tale divinizzazione lo Spirito Santo è l’agente, egli che è il principio attivo dell’incarnazione di Dio. Tutti gli individui umani vengono resi partecipi in qualche modo dell’unione con Dio e l’amore che dell’uomo fa un Dio è quello stesso che d’un Dio fece un uomo». Igino Giordani in: La divina avventura, Città Nuova, 1993, (Garzanti, 1953) (altro…)