Movimento dei Focolari

Brasile: Eucarestia e sfida sociale

Mag 2, 2015

Sacerdote di Florianópolis nel Sud del Brasile, Vilson Groh da 34 anni svolge il suo ministero nelle periferie povere della città.

Istituto don VilsonCon un lavoro di organizzazione “in rete” e una presenza generosa e concreta, “don Vilson” promuove la vita e la dignità dei più esclusi. Gli abbiamo chiesto cosa significhi l’Eucaristia come sorgente di unità per il suo lavoro nelle periferie. Offriamo qui alcuni brani della sua narrazione, ben più ricca ed estesa. «L’altro giorno mi son trovato con una persona che vive per strada, un giornalista e poeta. A un certo punto della nostra conversazione mi ha domandato: “Perché lei si trova sulle strade con noi?”. Gli ho risposto che per me era stata una grande contraddizione celebrare ogni domenica la Messa nella cattedrale e uscendo imbattermi in 70-80 persone senza tetto che non avevano mangiato. Come sarei potuto andarmene a casa? Sulla collina della città di Florianópolis, dove si è moltiplicata una moltitudine di case poverissime, si trova anche la mia casa, semplice e senza chiave. Durante il giorno arriva sempre qualcuno a prendere il caffè o per mangiare: a tavola ogni volta mettiamo un piatto in più. Quella porta sempre aperta sta a significare l’apertura alla comunità del quartiere: c’è sempre un posto per chi bussa alla porta. Ed è anche un modo per ricordare che l’Eucaristia “non chiude” mai: è “a disposizione” di tutti 24 ore su 24. Istituto don Vilson2Nella pratica ciò vuol dire: il nostro frigo deve essere il frigo della gente, il nostro pane il loro pane, i nostri indumenti i vestiti dei poveri. Nella mia abitazione, ho l’opportunità di avere una cappellina con il tabernacolo e un inginocchiatoio. Tornare a casa, a fine giornata, e andare a dormire là dove mi attende Gesù nell’Eucaristia, è per me posare il capo presso di Lui anziché ricorrere alla tv o a internet che ci porta a tante altre cose Sulla patena che uso per la Messa è scritta la frase della mia ordinazione: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere”, sino alla frase finale del testo evangelico: “Tutto ciò che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”. Così quando dispongo sulla patena il pane per l’Eucaristia, vedo queste parole e ciò mi aiuta a non perdere la giornata. Una signora del quartiere mi ha domandato un giorno: “Lei sa, padre Vilson, perché Gesù ha voluto rimanere nell’Eucaristia? Affinché la gente non senta la solitudine e non sia orfana”». L’Eucaristia e il grido dell’umanità. «Non ci può essere divario fra la mensa dell’Eucaristia da un lato e la mensa della giustizia sociale dall’altro. Con i nostri gesti, con le nostre braccia, con le nostre forme d’organizzazione, noi prolunghiamo la realtà di Gesù Eucaristia e doniamo al mondo un segnale di condivisione e di sostenibilità.

P.Vilson 4

Don Vilson

Guidati da questa convinzione, col passare degli anni e insieme ad altri, abbiamo messo in piedi una rete di 340 persone pagate mensilmente, 7 organizzazioni ed un istituto. Sono 5.000 le bambine, i bambini, gli adolescenti e i giovani che gravitano tutti i giorni attorno a questa nostra rete di relazioni. Investiamo ogni anno 15 milioni di reais (ca. 5 milioni di Euro) e collaboriamo con altre 80 istituzioni e organizzazioni non governative. Per gettare ponti, abbiamo deciso di aprire una chiesa, che era quasi sempre chiusa, nel cuore della città; e lì abbiamo suscitato una grande comunità locale alla quale partecipano intellettuali, persone della classe media ed impresari che si coinvolgono in vari modi nelle nostre attività. Celebriamo la Messa in quel posto ogni sabato e domenica e così creiamo come un “contrappunto” fra periferia e centro». (Pubblicato sulla Rivista di vita ecclesiale Gen’s, gennaio/marzo 2015, pp. 28-32).

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