Gen 6, 2018 | Centro internazionale, Spiritualità
Questi tre sapienti orientali, i Magi, messisi in moto al di là del deserto per ricercare un bambino prefigurano la marcia del cristianesimo per ritrovare l’innocenza. Quel bambino era un re, ma un re senza alloggio; e quelli vennero lo stesso, camminando sotto il lume delle costellazioni, avendo per guida una stella. Questo è il miracolo del Cristo. Che schioda la gente dai posti fissi, sconficca i cuori dagli interessi che pietrificano, spinge oltre il sacro recinto, per rimettere in circolazione uomini e cose nella ricerca dell’unità e sotto la spinta dell’universalità: e così alla sua culla approdano da ogni plaga profeti, ebrei e filosofi greci, arte e letteratura, speculazione e costumi, spogliandosi lungo il tragitto di quel che avevano di particolarmente idolatrico e cioè di erroneo, di antirazionale, e disumano. E tutto si va a raccogliere intorno a Cristo, che è la ragione totale. I Magi portavano dai recessi dell’Arabia e della Mesopotamia tesori e profumi: affetti ed effetti. L’amore li tirava fuori della lontananza per avvicinarli al Cristo, che era il gran povero ed è sempre presente nei poveri. Questa marcia dei Magi simboleggia così lo sforzo per avvicinarsi da tutte le lontananze, per salire da tutte le bassure, per arrivare con l’offerta dei cuori e quella dei beni materiali, attraverso i deserti dell’egoismo, all’unità con Dio: “ché Dio si fece uomo affinché l’uomo si facesse Dio” come ebbe a dire S. Agostino: l’uno discese perché l’altro ascendesse. Ma è una marcia lunga, e fatta di notte, tra insidie e triboli. La verità non si acquista senza fatica; Dio è un premio donato a chi faticosamente cerca: ma chi cerca trova. Igino Giordani, I Re magi, «La Via» n.97, 6 gennaio 1951, p.4 (altro…)
Dic 22, 2017 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
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“Rallegrati piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1, 28). Un annuncio di gioia scuote l’umanità: Dio si fa bambino nel grembo di Maria; Dio si fa uomo e sceglie di restare tra noi, per sempre! Entra nella storia e ci dona sua Madre, Maria, quale stella per il nostro cammino. Che mistero di amore infinito! La gioia di quella notte inondi i nostri cuori e ci renda portatori di questo grande messaggio di amore all’umanità. Buon Natale a tutti! |
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Dic 18, 2017 | Centro internazionale, Chiara Lubich, Cultura, Ecumenismo, Spiritualità
Un unicum nel panorama accademico e culturale internazionale, sullo sfondo di una crisi degli equilibri politici, sociali e religiosi, nel Vicino e Medio Oriente e tra le sponde del Mediterraneo: l’istituzione di una Cattedra ecumenica, intitolata al Patriarca Athenagoras e a Chiara Lubich, è il simbolo di quell’Europa che ancora vuole respirare a “due polmoni”. È stata inaugurata il 14 dicembre scorso, nella cornice della cittadella internazionale di Loppiano, non lontano da Firenze e dalla sua vocazione universalistica. La vicina città del centro Italia, infatti, vanta una lunga tradizione di riconciliazione tra Oriente e Occidente, fin dalla metà del XV secolo. Istituita congiuntamente dalla Chiesa cattolica, nella persona dell’Arcivescovo di Firenze, Card. Betori, e dalla Chiesa ortodossa, nella persona dell’arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta, Gennadios Zervos, la Cattedra si prefigge lo scopo di approfondire il significato culturale e le implicazioni sociali del cammino ecumenico verso la piena unità delle Chiese cristiane di Oriente e di Occidente, in un contesto altamente qualificato, come quello dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), dove la riflessione e il dialogo della vita sono strettamente connessi e sperimentati.
L’idea di una Cattedra ecumenica era nata nel 2015, quando lo IUS, con il plauso di Papa Francesco, aveva conferito il primo Dottorato h.c. in Cultura dell’unità al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. “In quell’occasione – spiega l’Istituto Sophia – è scaturito il desiderio di istituire una specifica Cattedra Ecumenica intitolata al Patriarca Athenagoras e a Chiara Lubich, che ne rivisiti e attualizzi l’eredità spirituale”. La Cattedra, di cui sono co-titolari il prof. Piero Coda, preside dello IUS, e Sua Eminenza Maximos Vgenopoulos, metropolita di Selyvria, è stata inaugurata alla presenza del metropolita d’Italia e Malta, Gennadios Zervos. «Il Patriarca Athenagoras e Chiara Lubich sono due degne e beate personalità che Dio ha illuminato – ha affermato il metropolita – per distruggere le divisioni e le inimicizie religiose. Con il loro incontro hanno restaurato l’amicizia e hanno inaugurato il “Dialogo della carità”». «Credo che Chiara, con la sua spiritualità – ha proseguito – abbia preparato i due principali e preziosi Ponti: il primo è Paolo VI, il secondo Athenagoras».
Nell’occasione, Papa Francesco ha inviato un messaggio: «Mi rallegro per la lodevole iniziativa, volta a far memoria dell’incontro tra il Patriarca Ecumenico e la fondatrice del Movimento dei Focolari, che cinquant’anni fa segnò l’inizio di un proficuo cammino di conoscenza e collaborazione reciproca e che vanta oggi molti frutti, tra cui quelli del dialogo e dell’amicizia fraterna». «Tale progetto accademico – ha detto Maria Voce, presidente dei Focolari – rappresenta un momento importante nelle relazioni ecumeniche in atto tra le Chiese sorelle di Oriente e di Occidente e apre prospettive affascinanti per uno studio incentrato nel rispettoso dialogo, che si prospetta ancor più arricchente nel dono reciproco a livello di riflessione teologica e di una antropologia di comunione».
La lunga storia di amicizia e cooperazione con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli risale al giugno 1967, quando Chiara Lubich incontrò per la prima volta il Patriarca Athenagoras. «È una gran cosa conoscersi» le confidò il Patriarca. «Per molti secoli siamo vissuti isolati, senza avere fratelli, senza avere sorelle, come orfani! I primi dieci secoli del cristianesimo sono stati per i dogmi e per l’organizzazione della Chiesa. Nei dieci secoli seguenti abbiamo avuto gli scismi, la divisione. La terza epoca, questa, è quella dell’amore». Durante l’anno accademico sono previste conferenze, lezioni e una Summer school per giovani cattolici, ortodossi, ebrei e musulmani. Nel prossimo mese di marzo si svolgerà un ciclo di lezioni sul tema “L’ecclesiologia della Chiesa Ortodossa e il cammino del dialogo ecumenico con la Chiesa Cattolica”, rivolto a tutti coloro che vogliano prepararsi per offrire il proprio contributo alla promozione della piena unità, a servizio dell’incontro tra i popoli e le culture. Foto su Flickr (altro…)
Dic 11, 2017 | Centro internazionale, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Non un viaggio turistico, quello organizzato dalla Rete internazionale “Dialoghi in Architettura” insieme all’Università di La Salle di Bogotá, ma un’esperienza di vita insieme, conoscendo direttamente i luoghi, il mondo della cultura, delle imprese e delle associazioni. La partenza è da Bogotá, dal Sud della città. Gli sguardi disorientati degli italiani dicono che bisogna “cambiare gli occhi” per trasferirsi col cuore e la mente in questa terra dai forti contrasti e con un diverso rapporto con l’ambiente e il territorio. Oltrepassiamo, a più di 3000 metri, la Cordigliera Orientale raggiungendo il centro di Villanueva, paese coloniale tra le montagne, dove sembra si sia fermato il tempo. Assistiamo ad una esercitazione di evacuazione degli abitanti in caso di terremoto, e la riunione nella piazza del paese che ci dà modo di vivere con tutti questo momento comunitario. Il viaggio riprende su una lunga strada in discesa, contorta, attraverso tunnel che fanno scoprire a tratti il verde intenso delle montagne e la vista di bellissimi panorami. Solo per un momento si vede l’intervento dell’uomo che sta costruendo un ardito ponte di collegamento. Raggiungiamo la porta del Llano, Villavicencio. La temperatura esterna è molto alta, pari al calore della gente che incontriamo. Un maestoso albero ci ripara dalla luce.
Riprendiamo la strada attraversando “el llano”, un’immensa distesa. È una natura disabitata, che contrasta con la megalopoli. Tappa successiva: Yopal, città mai visitata prima, ma subito familiare per l’accoglienza che riceviamo. Visitiamo l’Università Unitrópico, che ha iniziato un percorso interdisciplinare e di architettura sociale. Come in tutti i paesi dell’America Latina, anche in Colombia l’architettura non può essere disgiunta dal sociale e nasce dai rapporti costruiti con le comunità. Nei pressi di Yopal si trova il Campus universitario ‘Utopia’ dell’Università di La Salle. Un’esperienza per i giovani che provengono dalle regioni rurali, vittime di violenza da parte della guerriglia. Coniugando lo studio e il lavoro della terra ottengono un diploma in Scienze Agrarie e la possibilità di iniziare un lavoro. Una concreta esperienza pilota di pace, cui guardare con speranza. Eccoci a metà del viaggio. Dopo un’ottima colazione tipica, ripartiamo per le città coloniali di Monguì, e Tunja, prima capitale della Colombia. Nelle grandiose piazze coloniali, come a Villa de Leyva, si incontrano le popolazioni indigene che ci trasmettono la loro forte identità che oggi si integra bene nelle architetture coloniali. Rientriamo a Bogotá dal Nord. L’impatto è quasi più forte che dal Sud. Attraversiamo la zona più ricca con le sue abitazioni chiuse in recinti di sicurezza. L’esperienza continua con il workshop organizzato dall’Osservatorio Urbano dell’Università La Salle, nel quartiere periferico Altos de Cazucá, dove ci trasferiamo per una settimana, conoscendo da vicino le famiglie, condividendo il cibo e dormendo nelle loro case. L’impatto è molto forte. Siamo insieme a giovani universitari della Germania, di Bogotá e di Yopal. La povertà è altissima ma la solidarietà e i rapporti che esistono ci fanno scoprire l’identità del posto. L’esperienza di lavoro è nuova! Si tratta di completare gli esterni di alcune abitazioni, realizzare degli orti, dipingere alcune facciate, allestire una biblioteca, disegnare dei murales che esprimano la vita di quella comunità. Un’intera famiglia viene simbolicamente rappresentata da uccelli, tra loro anche il figlio ucciso dalla delinquenza locale, un dolore che abbiamo condiviso. Uno dei giovani del quartiere ci dice: «Abbiamo lavorato insieme e abbiamo reso bello il nostro quartiere. Ora si continuerà completando le strade». I loro sguardi si imprimono dentro di noi: grande entusiasmo e nuova speranza ci invadono. Lo scambio interculturale è un vero e proprio arricchimento nel fare architettura insieme. Mettendo a disposizione le sue capacità e conoscenze, l’architetto può contribuire a ricostruire il tessuto sociale realizzando spazi che servano a custodire e far crescere l’identità di un luogo con la sua comunità. (altro…)
Dic 9, 2017 | Centro internazionale, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nel mondo moderno, l’obbedienza non è più apprezzata nella sua giusta misura. Il soffio di libertà, di fraternità e di uguaglianza che si è sprigionato dalla rivoluzione francese è entrato ormai nei nostri giornali, nei nostri cortili, nelle nostre case, ed anche nelle nostre parrocchie e nei nostri conventi. (…) Non è raro perciò trovare nel nostro inconscio un larvato senso di diffidenza nei confronti di questa preziosa virtù, quasi che essa sia in contrapposizione alla scoperta evangelica che siamo tutti fratelli in Cristo. (…) L’obbedienza non implica un’abdicazione della propria personalità, un’umiliazione inumana. Essa al contrario ci aiuta ad essere veramente noi, a sviluppare il nostro io, poiché ci inserisce in un contesto sociale che è indispensabile umanamente e divinamente alla vera manifestazione delle nostre capacità. Quando la volontà di colui che è superiore a me legittimamente nel governo civile od ecclesiastico. mi indica quello che devo volere o quello che devo tralasciare, anche se ciò urta con i miei progetti, con il mio modo di pensare, mi eleva sempre ad un piano più vasto e generale, al piano del bene comune. Quella menomazione che provo, quella frizione per il contrasto che v’era, è il contributo necessario a tale mio innalzamento. In quel momento la mia umanità cresce, è più piena. E più mi trovo unito agli altri, più riscopro la mia fratellanza con gli altri. Essa infatti è frutto di comunione. L’obbedienza, lungi dall’essere in contrasto, diventa perciò mezzo indispensabile alla fraternità umana. (…) Molte volte, nel parlare di questa virtù, se ne presentano solo gli aspetti ascetici: quanto progredisce l’anima che rinunzia alla propria volontà, quanto si liberi dalle passioni, ecc. È certamente vero, ma essa ci dà qualcosa di meglio, ci fa partecipi dell’umanità di Cristo misticamente, ci permette di provare nel nostro cuore gli stessi sentimenti di Cristo (cf Fil. 2,5). Maria Santissima è il modello per eccellenza di questa obbedienza interiore. Quando risponde all’angelo: “Ecco la serva del Signore”; quando, per seguire l’editto dell’imperatore romano, si reca a Betlemme; quando “in tutta fretta” segue l’ispirazione di andare ad assistere Elisabetta; quando alle nozze di Cana chiede a Gesù il miracolo; quando sul Calvario dona il Figlio di Dio per stare con Giovanni; quando in mezzo agli apostoli prega in attesa amorosa dello Spirito Santo: la sua vita è un continuo obbedire a Dio solo, obbedendo agli uomini e alle circostanze. E rivivendo in noi Maria, parteciperemo della sua stessa intimità, della sua stessa docilità. Come il focolarino Andrea Ferrari che morente, con il sorriso sulle labbra, a chi lo preparava ad accettare la volontà di Dio, diceva sorridente con un’arguzia che manifestava la sua intima unione: “Abbiamo imparato a riconoscerla sempre, anche nel rosso di un semaforo”. Da: PASQUALE FORESI – Parole di Vita – Città Nuova 1963 – pp 197-8-9-200 (altro…)
Dic 2, 2017 | Centro internazionale, Spiritualità
Essendo dai più il Natale considerato come una grande festa tra le tante, più sontuosa che sacra, è bene tornare su alcuni degli aspetti tematici di questo evento, da cui la storia del mondo fu tagliata in due sezioni, una di prima, l’altra di dopo. Data l’importanza infinita di tale evento, uno se lo sarebbe aspettato tra pompe, trionfi, suoni e spari, con manifestazioni di potenza e afflusso di milioni di curiosi. C’è un contrasto abissale tra la nascita di un potente della terra, quale la sognava e realizzava il mondo antico, e la nascita oscura, ignorata di Gesù; un contrasto che già caratterizza l’originalità infinita di un Cristo-re che nasce da una povera donna, in una stalla. Non risulta davvero un Dio e neppure il più fastoso degli uomini, ma l’ultimo di essi, messo subito sul livello della degradazione più paurosa. Si presenta sullo strato socialmente più basso, per mettersi subito in grado di poter vedere da terra tutti gli esseri umani, di poter vedere con gli occhi dei miserabili. L’inizio della sua rivoluzione non prevede la superbia, ma l’umiltà per trarre al cielo i figli di Dio, a cominciare da quelli che mangiavano e dormivano sul terriccio: gli schiavi, i senza lavoro, i forestieri: la feccia. Nasce con quell’infante la libertà e l’amore: la sua libertà è libertà di amore. Questa la scoperta immensa. L’amore universale da lui insegnato mira a disperdere un sistema di convivenza fatto in gran parte di prepotere politico, di abuso di autorità, di usura oziosa, di disprezzo del lavoro, di degradazione della donna, d’invidia corrosiva. Logicamente per le persone innestate in tal sistema quell’annunzio è una follia: roba da galera e da patibolo. Beati i poveri e quelli che si fanno poveri per aiutare i miseri… Figurarsi le furie di costoro per i quali il denaro era il bene sommo… «Fu detto agli antichi: non ucciderai. Ma io vi dico: chiunque si adira contro il suo fratello sarà passibile di giudizio…». La massima apparve e appare tuttora lesiva dell’onore degli armigeri e delle industrie belliche; mentre non odiarsi col fratello equivale a por fine a risse, fazioni, violenze. La massima renderebbe la società una coabitazione pacifica, dove invece di urlare e sparare, la gente riderebbe e mangerebbe. La vita, nella pace, consentirebbe di fare di ogni giorno un Natale. E questa è la rivoluzione di Cristo: farci rinascere continuamente contro la maledizione della morte. Perciò il massimo comandamento è di amare l’uomo; che è come amare Dio. Amare l’altro fino a dare la vita per lui. Questo in breve il significato del Natale: revisione del passato, fine delle guerre, delle passioni turpi, dell’avarizia; inizio dell’amore universale, che non ammette divisioni di razza, casta, classe, politica… Con la sua vita e la sua morte Gesù predica e insegna la vita. Perciò il Natale si può celebrare anche col panettone, se aiuta a suscitar l’amore; ma si celebra soprattutto con la riconciliazione, che mette fine alle malattie dello spirito e dà salute. Si celebra in gratitudine al Signore e a Maria, che han patito per insegnarci e aiutarci a metter fine al nostro patire. Igino Giordani, Il Natale come rivoluzione, Città Nuova, Roma 1974, n.24, p.18 (altro…)