29 Mar 2018 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Spiritualità
«Ho scritto un libro su di Lui in questi giorni intitolato Il grido (1). L’ho dedicato a Lui con l’intenzione di scriverlo anche a nome vostro, a nome di tutta l’Opera di Maria “come – questa è la dedica – una lettera d’amore a Gesù abbandonato“. In esso si parla di Lui che, nell’unica vita data a noi da Dio, un giorno, un preciso giorno, diverso per ciascuno di noi, ci ha chiamati a seguirlo, a donarci a Lui. E si capisce – lo dichiaro lì – come tutto ciò che voglio dire in quelle pagine, non può essere un tema, pur familiare, caldo, intimo, sentito; ma vuol essere un canto, un inno di gioia e soprattutto di gratitudine verso di Lui. Aveva dato tutto: una vita accanto a Maria nei disagi e nell’obbedienza. Tre anni di predicazione, tre ore di croce, dalla quale invoca il perdono per i carnefici, apre il Paradiso al ladrone, dona a noi la Madre. Gli rimaneva la divinità. La sua unione col Padre, la dolcissima e ineffabile unione con Lui, che l’aveva fatto tanto potente in terra, quale figlio di Dio, e tanto regale in croce, questo sentimento della presenza di Dio doveva scendere nel fondo della sua anima, non farsi più sentire, disunirlo in qualche modo da Colui col quale Egli aveva detto di essere uno, e grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27, 46)». Fonte: Chiara Lubich in collegamento telefonico. Castel Gandolfo, Roma, 20 aprile 2000. (1) C.LUBICH, Il grido, Roma 20036. (altro…)
28 Mar 2018 | Chiara Lubich, Ecumenismo, Spiritualità
Oggi, dunque, Amore. Il Giovedì santo, giorno nel quale, durante gli anni, abbiamo sperimentato spesso la dolcezza di una particolare intimità con Dio, ci ricorda quella profusione di amore che il Cielo ha riversato sulla terra. Amore innanzitutto l’Eucaristia, donataci in questo giorno. Amore il sacerdozio che è servizio d’amore e ci dà, fra il resto, la possibilità dell’Eucaristia. Amore l’unità, effetto dell’amore, che Gesù, come oggi, ha implorato dal Padre: “Che tutti siano uno come io e te” (cf Gv 17, 21). Amore il comandamento nuovo che Egli ha rivelato in questo giorno prima di morire: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35). Comando che ci permette qui in terra una vita sul modello della Santissima Trinità. (Chiara Lubich in collegamento telefonico. Castel Gandolfo, Roma, 20 aprile 2000) (altro…)
21 Mar 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Andrea Riccardi
Incontriamo Andrea Riccardi a Castel Gandolfo, presso il Centro Mariapoli. Il clima è quello dei giorni di festa, centinaia di persone (saranno duemila in tutto, alla fine) stanno confluendo all’appuntamento in occasione del decimo anniversario della morte di Chiara Lubich. Fuori la porta del salottino dove lo incontriamo è tutto un vociare festoso. «Dieci anni dopo, ritornare su Chiara Lubich non è ritornare al passato, non è fare archeologia – afferma Andrea Riccardi – e non è nemmeno fare solo una memoria sentimentale, come si può avere per una persona che è stata importante nella Chiesa. Ma – confida – credo sia stata importante anche nella mia vita». Riferendosi agli anni cruciali in cui in Europa, dopo una parentesi lunga un secolo, rinasceva la democrazia, cadeva il muro e la “cortina di ferro” veniva smantellata, il Fondatore della Comunità di Sant’Egidio afferma: «Secondo me, il messaggio di Chiara ha più valore oggi che al tempo della Guerra fredda o con l’89. Oggi, in questo mondo globale, il messaggio di Chiara ci parla del destino comune di tutti gli uomini, dell’unità dei popoli e dell’unità della famiglia umana. Ma non è il messaggio di una sociologa, pur essendo un messaggio molto profondo, perché Chiara era una donna capace di sintesi e di profondità, capace di analisi e di comunicazione semplice». «Oggi c’è bisogno di un messaggio di unità perché questo mondo globale non si è unificato spiritualmente. Lo diceva il patriarca Atenaghoras [Patriarca ecumenico di Costantinopoli], il grande amico di Chiara: “C’è una unificazione del mondo, ma non c’è una unificazione spirituale”. E Chiara ci dice che questo mondo si può unificare, i poveri con i ricchi, i lontani con i vicini, gli stranieri con i nativi. Chiara ci dice anche – aggiunge – che io piccolo uomo, che tu piccola donna, che tu giovane, che tu anziano, tu puoi, tu puoi cambiare il mondo». «Chiara è stata l’amica dei grandi, apprezzata dai grandi. Penso alla sua amicizia con Giovanni aolo II, che diceva “la mia coetanea Chiara”. Però ha mostrato anche che il mondo si può cambiare con i piccoli che hanno fede. È Maria nel Magnificat».
«Chiara mi ha aiutato a capire cosa significa il valore del carisma, perché Chiara ha riconosciuto in me, ha riconosciuto nella comunità di Sant’Egidio un carisma. E lei aveva un senso profondo delle persone e delle esperienze di Chiesa». E conclude: «Per me Chiara è anche il ricordo molto caro di una amicizia profonda. Chiara è stata un’amica, un’amica nelle piccole cose, nell’attenzione con cui riceveva alla sua tavola, nelle telefonate, nella cura personale. Ma poi è una persona che ha visto giusto in grandi momenti della Chiesa. Io penso per esempio all’incontro di Giovanni Paolo II coi movimenti, quando Chiara disse: “Questa è una folgorazione del Papa, è un punto di arrivo e deve essere un nuovo punto di partenza”. Il mio affetto si accompagna oggi a una memoria orante con Chiara, per Chiara». Vedi l’intervista (altro…)
20 Mar 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Spiritualità

Foto: Pixabay
La gioia dei primi cristiani (come del resto quella dei cristiani di tutti i secoli, là dove il cristianesimo è compreso nella sua essenza e vissuto nella sua radicalità), la gioia dei primi cristiani era una gioia nuova, mai conosciuta fino allora. Non aveva niente a che fare con l’ilarità, con il buonumore, con l’allegria. Né era semplicemente “la gioia esaltante dell’esistenza e della vita” – come direbbe Paolo VI – né “la gioia pacificante della natura e del silenzio”, né la gioia o “la soddisfazione del lavoro compiuto”, né solamente “la gioia trasparente della purezza” o quella “dell’amore casto”… tutte gioie belle. Ma quella dei primi cristiani era diversa: era una gioia simile a quell’ebbrezza che aveva invaso i discepoli alla discesa dello Spirito Santo. Era la gioia di Gesù. Perché Gesù, come ha la sua pace, così ha la sua gioia. E la gioia dei primi cristiani, sgorgata spontanea dal fondo del loro essere, saziava completamente il loro animo. Essi avevano trovato veramente ciò di cui l’uomo di ieri, d’oggi, di sempre va in cerca: Dio che – come abbiamo visto – lo soddisfa pienamente. Avevano trovato la comunione con Dio, elemento essenziale alla loro piena realizzazione. Erano uomini. L’amore, infatti, la carità, di cui Cristo attraverso il battesimo e gli altri sacramenti arricchisce il cuore dei cristiani, si può raffigurare a una pianticella. Più essa affonda le radici nel terreno della carità fraterna (più cioè gli uomini amano i propri fratelli), più il fusto svetta verso il cielo: più cresce nel cuore l’amore verso Dio, la comunione con Lui, non creduta solo per fede, ma sperimentata. E questa è felicità: si ama e ci si sente amati. Questa era la felicità dei primi cristiani adulti e giovani, che si sprigionava in liturgie festose, traboccanti di inni di lode e di ringraziamento. Gioia, che cresceva nel cuore anche per il fatto che con l’amore e per l’amore avevano la luce. Essi “vedevano”, avevano una certa comprensione delle cose di Dio di per sé impenetrabili. I misteri, se erano accettati da loro per fede, non erano così oscuri come si può pensare. C’era in loro una qualche penetrazione di essi così saporosa, così luminosa d’aver impressione di comprenderli, di possederli. E ciò esaltava ancor più la loro gioia: s’aggiungeva, alla gioia dell’amore, quella della verità. Così, armati solamente di amore e di luce, e vestiti di gioia, s’erano diffusi in breve tempo nel mondo allora conosciuto: “Siamo di ieri – diceva Tertulliano – e abbiamo già invaso il mondo”. Essi godevano persino delle persecuzioni e cantavano nel martirio. Avevano infatti compreso un paradosso del cristianesimo: la gioia, la soprannaturale gioia di Cristo, si trova proprio dove la gioia non c’è: nel dolore. Ma nel dolore amato. Fonte: Centro Chiara Lubich (altro…)
17 Mar 2018 | Chiara Lubich, Cultura
El primer amor
A las muchas obras de Chiara Lubich (1920-2008) publicadas cuando aún estaba entre nosotros, se añade ahora una selección póstuma de cartas, un género literario especialmente idóneo para desvelar la auténtica personalidad de quien escribe. El libro contiene 60 cartas escritas por Chiara entre los 23 y los 29 años de edad. Cartas que no son un tratado, tampoco son fruto de una elaboración conceptual ni fueron escritas para ser publicadas, pero, por su fuerza profética, se revelan como una de las grandes experiencias espirituales del siglo XX. Pero además, ahora que conocemos el intenso papel que Chiara ha desempeñado en el campo eclesial, ecuménico e interreligioso , cuando uno lee estas cartas, en lugar de sentirse lejos de ella, como si habitase en regiones inaccesibles a la generalidad, la siente muy cerca, «una de nosotros». Resulta convincente en su decidida aserción: «En esta vida que pasa como un relámpago, un sola cosa […] le tenemos que pedir a Dios: amarlo» (C 14). Y la consecuencia lógica es que uno siente hasta qué punto la unidad del mundo es un objetivo perseguible por todos y vocación segura del cristiano. Editorial Ciudad Nueva
17 Mar 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Una grande forza spirituale capace di trascinare folle di diverse età, estrazioni sociali, culture: questa animava Chiara Lubich e i frutti si vedono ancora oggi, anche nella Chiesa. Il cardinale Pietro Parolin, ricordando l’obbedienza e la docilità che la fondatrice dei Focolari ha sempre avuto – anche nei momenti più difficili – nei confronti della Chiesa, evidenza oggi quanto i Pontefici, da Paolo VI in poi, abbiano sempre contraccambiato offrendo il loro sostegno e il loro incoraggiamento verso il Movimento. Di “impegno costante per la comunione nella Chiesa, per il dialogo ecumenico e la fratellanza fra tutti i popoli”, parlava Benedetto XVI nel telegramma inviato in occasione dei funerali di Chiara la cui “esistenza”, proseguiva, “è stata spesa nell’ascolto dei bisogni dell’uomo contemporaneo in piena fedeltà alla Chiesa e al Papa”. Duplice il contributo che Chiara, secondo il segretario di Stato Vaticano, cardinale Parolin, ha offerto alla Chiesa: l’aver approfondito e reso vivo il “profilo mariano costitutivo della Chiesa quanto quello apostolico” e il forte e innovativo richiamo all’unità – “Che tutti siano uno perché il mondo creda” – costruito e reso possibile dal “segreto” dell’amore scambievole, la “regola d’oro” che Gesù stesso ci ha insegnato nel “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Fonte: Vatican News (altro…)