Mar 29, 2014 | Centro internazionale, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
“Ciò che più mi ha impressionata è stato vedere quel muro. Ma la povertà è al di là del muro, la ricchezza al di qua. Perché la ricchezza è l’amore, la capacità di donare, di condividere. Mentre al di là c’è interesse, competizione…”. Così Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari in questi giorni in Brasile, al momento di lasciare l’Isola di S.Terezinha, un quartiere di Recife, lo scorso 25 marzo. E il copresidente Giancarlo Faletti: “Oggi siamo stati a scuola, voi siete stati i nostri insegnanti. È stato un dono di Dio che ci spinge a dire: Grazie!”. Il muro a cui Maria Voce si riferisce è stato costruito alcuni anni or sono per non “turbare” con la visione della povertà del quartiere, i clienti dell’imponente shopping costruito dall’altro lato della strada. Quel muro è lì come simbolo della segregazione sociale.

Maria Voce è accolta da Johnson, uno dei rappresentanti della comunità dell’Isola di Santa Terezinha
Ma quali sono i segni della ricchezza di cui parla Maria Voce? Il nome di questo quartiere era “Isola dell’Inferno”, per il grave degrado in cui viveva la popolazione. «Il messaggio del Vangelo, vissuto da persone dei Focolari che da 50 anni hanno condiviso tutto con noi e insieme hanno cercato per noi i mezzi di sostentamento, è diventato qualcosa che ci ha liberati dentro – ha detto Johnson che ha guidato la visita al quartiere – e ci ha aperto un nuovo orizzonte, ci ha resi “soggetti” della trasformazione del nostro ambiente sociale». Nel 1968 infatti un gruppo di persone del Movimento aveva aderito all’invito dell’Arcivescovo di Recife, Dom Helder Câmara,di cercare di trasformare la realtà locale. All’Isola erano giunti così studenti e professori, avvocati e medici, operai e casalinghe che desideravano partecipare alla vita degli abitanti per trovare insieme una soluzione. Gradualmente si forma una comunità, con una profonda coscienza civile. Si costituisce l’associazione degli abitanti dell’Isola che diventano protagonisti del proprio sviluppo. Con l’apertura democratica del Paese sorgono nuovi sistemi di partecipazione per discutere col Comune l’impiego delle risorse finanziarie pubbliche. Molte le conquiste: l’elettrificazione dell’area, la pavimentazione di molte strade; la scuola e il centro sanitario, sorti in collaborazione con insegnanti, medici e infermieri del Movimento, sono assunti dal comune. Lungo sarebbe l’elenco delle conquiste. Johnson con orgoglio ripete più volte: “Abbiamo tutto ottenuto con la forza del dialogo, con la forza della comunità, senza venderci a nessun politico”. Ultima tappa della visita: il Centro per bambini e adolescenti che li accoglie nelle ore extra scolastiche, togliendoli così dalla strada, a rischio di violenza e droga. Ricevono una solida formazione umana e spirituale, con le più diverse attività musicali, sportive. Il Centro è gestito dall’AACA, associazione sostenuta dalla solidarietà di molti, prima di tutto da famiglie brasiliane dei Focolari, e di altri Paesi. Accoglie i due ospiti un canto dei più piccoli, che ben esprime le ricchezze di questo popolo: “O mio Dio, so che la vita dovrebbe essere ben migliore e lo sarà, ma questo non impedisce che ripeta: è bella, è bella, è bella!”. “In questo posto si vede come il seme del Vangelo ha prodotto molti frutti” – aveva ancora detto Maria Voce rivolgendosi agli operatori del Centro. “Partendo da qui non solo portiamo voi nel nostro cuore, ma come esempio e stimolo per tutto il Movimento nel mondo”. Leggi gli approfondimenti delle varie tappe del viaggio su Area Riservata – Notiziario Mariapoli Website: www.focolares.org.br/sitenacional (altro…)
Mar 27, 2014 | Chiara Lubich, Cultura
Fraternità, non come “un valore romantico o unicamente religioso, ma un appello all’intelligenza, un progetto concreto che assume il rischio della storia”, di un Paese, il Brasile, “segnato da gravi disuguaglianze e nello stesso tempo Paese emergente che occupa una posizione strategica nel mondo”: così il rettore dell’Unicap il padre gesuita Pedro Rubens, all’inaugurazione della Cattedra Chiara Lubich, ne definisce il senso. “Lo studio e l’approfondimento della fraternità, sta attraendo sempre più l’interesse di ricercatori delle più diverse discipline”, aggiunge il prof. Paolo Muniz, direttore della facoltà Asces, partner della Unicap in questo progetto. “Le due università – continua – volgono ora la ricerca al pensiero e all’opera di Chiara Lubich, la quale oltre ad essere leader spirituale, è anche ispiratrice di nuove luci che illuminano le diverse aree della conoscenza umana”. L’inaugurazione della cattedra si colloca al cuore del viaggio in Brasile della presidente dei Focolari Maria Voce, alla quale è stata affidata la prolusione. Nel suo discorso ha presentato la visione dell’uomo, l’antropologia che scaturisce dalla spiritualità di Chiara, profondamente radicata nella Scrittura. Partendo dalla domanda su chi è l’uomo, Maria Voce ha approfondito la dinamica dell’Amore in Dio Trinità, il suo riflesso nella vita dell’uomo e del cosmo, la chiamata ad essere “Amore-in-relazione”. Ha ricordato che “noi siamo, se siamo l’altro”, che significa “vuoto di sé”, “dono senza misura”. Da qui scaturisce uno stile di vita, continua, “capace di farsi terreno fecondo su cui può germogliare – ha detto Maria Voce – un autentico umanesimo, una concreta fraternità”.
Tra le personalità presenti, anche il vescovo di Palmares dom Genival Saraiva, che apprezza come la dimensione sociale del sapere cominci a essere percepita più concretamente anche attraverso iniziative come questa. Il pensiero di Chiara Lubich è approfondito già in varie università, sotto diversi aspetti. Sono 16 i dottorati e lauree Honoris Causa conferiti alla fondatrice dei Focolari, già premio Unesco per l’Educazione alla pace nel 1996 e Premio per i diritti umani del Consiglio d’Europa nel 1998. Per l’occasione, l’editrice Cidade Nova ha pubblicato un nuovo volume dal titolo: “Fraternidade e Humanismo: uma leitura interdisciplinar do pensamento de Chiara Lubich” [Fraternità e umanesimo una lettura interdisciplinare del pensiero di Chiara Lubich]. Per approfondire: Testo della prolusione di Maria Voce All’Università cattolica di Recife, la “Cattedra Chiara Lubich su fraternità ed umanesimo” – Radio Vaticana Universidades lançam Cátedra sobre fraternidade e humanismo – Cidade Nova Unicap cria a catedra Chiara Lubich de fraternidade e humanismo – Rede Globo http://www.catedrachiaralubich.org/ Leggi gli approfondimenti delle varie tappe del viaggio su Area Riservata – Notiziario Mariapoli (altro…)
Mar 26, 2014 | Cultura, Spiritualità
Il 12 luglio 2012, la 66° sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 20 marzo come Giornata internazionale della felicità. UNRIC Italia ha scelto di portare l’attenzione del pubblico italiano su questo tema chiedendo il contributo del Professor Luigino Bruni, ordinario di Economia Politica all’Università Lumsa di Roma e coordinatore a livello mondiale del progetto “Economia di Comunione” – lanciato da Chiara Lubich in Brasile nel 1991 e intorno al quale ruotano circa 1000 aziende nel mondo. Economia di Comunione propone agli imprenditori la condivisione degli utili delle proprie aziende per progetti di sviluppo in varie parti del mondo, e pone le proprie basi su una cultura economica basata sulla reciprocità e sul dono.
Lei Prof. Bruni è uno dei primi studiosi che ha rilanciato una tradizione italiana della felicità diversa da quella che proviene dagli Stati Uniti. Può spiegarci meglio le radici di questa visione della felicità? «L’origine più remota dell’idea di felicità la si trova nella cultura antica greca e romana, in particolare Aristotele aveva legato la felicità alle virtù e l’aveva distinta dal piacere. L’eudaimonia, così la chiamava, era un concetto che oggi dovremmo tradurre con “fioritura umana” perché rimanda all’idea che la felicità sia uno stato generale dell’esistenza, e che quindi come tale abbia a che fare più con l’ “essere” ed il ”fare” che non con il “sentire”. […] I greci, in uno dei momenti epocali della storia umana – l’anima fondamentale della cultura romana successiva – capirono che stava iniziando “l’era degli uomini”, che potevano essere finalmente liberati dalla dea bendata, dalla sorte, e da tutta quella magia che domina sempre nelle culture basate sulla fortuna. Lo strumento di questa liberazione fu proprio la virtù (areté), poiché solo l’uomo virtuoso può diventare felice coltivando le virtù, anche contro la cattiva sorte. È qui che inizia la nostra responsabilità, perché si inizia a poter dire che il principale protagonista della mia felicità (e infelicità) sono proprio io, e non gli eventi esterni, che certamente pesano nel mio benessere, ma che non sono mai decisivi nel determinare la felicità». Ma come è entrata questa idea di felicità nella scienza economica?
«Gli economisti ed i filosofi italiani del Settecento […] con un esplicito riferimento alla tradizione romana e medievale della felicità pubblica e poi al bene comune, posero la felicità – in particolare la pubblica felicità – al centro della loro riflessione economica e civile. Scegliendo la felicità pubblica come scopo dell’economia, avevano ben chiaro che il passaggio dai beni al ben-essere è sempre complesso, e che molte dimensioni della felicità si possono perdere nel processo di traduzione (dalla ricchezza “wealth”alla felicità). Per tutto l’Ottocento la scuola italiana di economia continuò a caratterizzarsi per avere la felicità come principale oggetto di studi […]. Non è quindi un caso che ancora oggi gli economisti italiani sono tra i protagonisti del nuovo movimento su Economia e Felicità, riaperto negli anni 70, soffermandosi in particolare proprio sul nesso fra felicità e relazioni sociali, un’eco evidente della antica tradizione della felicitas publica». Quali gli aspetti più rilevanti della felicità per la vita economica e civile del nostro tempo? «Il primo elemento che mi sembra particolarmente rilevante per la situazione in cui si trovano la nostra economia e la nostra società è il nesso profondo fra la felicità e le virtù. In una cultura che sempre più sottolinea il piacere edonistico e lo svago come valori abbinati alla felicità, l’antica tradizione italiana della felicitas publica ci invita invece a tener ben presente che non c’è vita buona individuale e sociale senza la coltivazione dell’eccellenza […] e quindi senza l’impegno e il sacrificio. In secondo luogo in una fase dell’Occidente in cui il narcisismo sta diventando una vera e propria pandemia, la tradizione della pubblica felicità ci ricorda il nesso imprescindibile fra vita buona e rapporti sociali: non si può essere veramente felici da soli perché la felicità nella sua essenza più profonda è un bene relazionale. […]. Come ci ricordano oggi filosofi come Amartya Sen e Martha Nussbaum , la ricerca del piacere è troppo poco per poter parlare di felicità, perché esistono delle “buone sofferenze” (good pains) e dei “cattivi piaceri” (bad pleasures), cosa che dimentica sistematicamente ogni cultura edonista. La Giornata della Felicità allora deve essere una occasione per riflettere seriamente sul nostro modello di sviluppo e sul nostro stile di vita senza far ricadere anche questa giornata dentro il “festival delle banalità” che ci porterebbe a festeggiarla limitandoci a inserire qualche smile qua e là su facebook o su whatsapp. La felicità pubblica invece ci invita a riflettere sui patti sociali, sui legami e sulle radici profonde della vita in comune». Fonte: unric.org/it (altro…)
Mar 20, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Arrivano da Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Camerun e Kenya. Hanno in comune lo studio all’Istituto Universitario Sophia (IUS) e una domanda: “Se quest’esperienza corrisponde sempre di più alle domande sul futuro dei nostri popoli, perché non immaginare che possa trovare casa anche nel continente africano?” Un’idea che va crescendo di giorno in giorno, finché il 22 febbraio gli studenti dell’Africa sub-sahariana iscritti ai corsi di Laurea e Dottorato dello IUS, si sono dati appuntamento per condividere un progetto. Martine Ndaya del Congo racconta: “Studiare a Sophia non è stata una scelta facile… Eppure, a distanza di pochi mesi da quando sono entrata in aula, posso dire che questa esperienza interdisciplinare e di convivenza multiculturale risponde alle mie aspettative, a quelle più profonde”. Prosegue Pulcherie Prao della Costa d’Avorio: “Tra di noi ci confrontiamo spesso, ci scambiamo impressioni e difficoltà, ci ritroviamo per parlare delle sfide che abbiamo davanti. Per questo, qualcuno ha cominciato a dire: quando ci sarà la possibilità di veder nascere Sophia in Africa?”. Sono numerose le iniziative di formazione superiore intraprese anche in anni recenti nelle diverse regioni del continente, ma non tutte sono in grado di corrispondere ai problemi reali dettati dalla domanda di pace, di sviluppo e di partecipazione delle diverse aree. Anche in Africa le società non sono risparmiate da processi violenti in cui il consumismo e il materialismo lacerano il tessuto morale e culturale.
Un percorso di formazione ispirato all’esperienza di Sophia potrebbe rappresentare, sia sul piano della ricerca che dell’impegno etico e culturale, non solo uno spazio di comunione tra i popoli africani, con la loro diversità e bellezza, ma anche un luogo aperto ai giovani di altre culture per arricchirsi del senso di comunità di cui l’Africa è testimone, dei suoi modelli di partecipazione diffusa, dei suoi coraggiosi percorsi di riscatto. Melchior Nsavyimana del Burundi, ricordando Nelson Mandela, afferma che “l’educazione è il più potente motore di sviluppo, è lo strumento più efficace per rispondere alla sofferenza che devasta la vita di tante persone”. Sophia in Africa: un sogno, ma allo stesso tempo, un processo che comincia. Nel dialogo, sono emerse varie opportunità da cogliere per aprire la strada, senza sottovalutare difficoltà e ostacoli oggettivi. È necessario esplorare le diverse possibilità, coinvolgere tanti, raccogliere disponibilità e tessere sinergie. Per ora, il gruppo promotore allo IUS ha deciso di incontrarsi periodicamente per mantenere vivo l’interesse e portare avanti il programma. E far seguire al primo passo, tanti altri. (altro…)
Mar 18, 2014 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Tacloban, una cittadina di 60000 abitanti in una delle tante isole Filippine, fino all’8 novembre scorso era pressoché sconosciuta in gran parte del mondo, poi di colpo è diventata tristemente famosa perché l’uragano Yolanda si è abbattuto su di essa con le sue raffiche di 320 chilometri all’ora, mietendo più di 10000 vittime. [Il 25 febbraio] dopo tre mesi e mezzo siamo andati lì per qualche ora per condividere le esperienze di dolore, di donazione, di generosità eroica… di quella gente che ha fatto di tutto per trovare acqua, cibo, indumenti, benzina, per sé e per altri; gente che ha vinto la paura con la fede, gente fiera di essere sopravvissuta…». (continua su Gli aquiloni di Tacloban) «La città metropolitana, denominata Metro Cebu, è la seconda del Paese, superata soltanto da Manila. La Sacred Heart School Ateneo de Cebu è la scuola privata cattolica dei Gesuiti che ci ha accolti per un altro incredibile progetto: “Spark for Change”. La caratteristica è stata la partecipazione di studenti di una scuola pubblica, che per la prima volta mettevano piede in una scuola privata: era bello vederli giocare insieme nel cortile della Sacred Heart School, come se fossero di un’unica scuola. Ecco l’impressione più significativa di uno dei ragazzi: “Ero un giovane perso… quando sono riuscito a liberarmi dal mio fardello, ho compreso meravigliosamente cosa è la vita e cosa è l’amore: non è solo essere stimati ma è sacrificio e determinazione per il bene degli altri”.

Video Coreografia nel carcere di Cebu
Al nostro arrivo nella città, abbiamo incontrato la vice governatrice. Dopo averle spiegato il nostro lavoro nelle scuole e anche nelle carceri, ci ha invitati al carcere di Cebu, dove 600 detenuti, si sono esibiti per noi, danzando quattro differenti coreografie. Una realtà molto significativa che ci ha toccato il cuore è l’azione sociale dei Focolari: “Filo d’oro”: una piccola azienda tessile per giovani disagiati e in difficoltà. Questi stessi ragazzi ci hanno aiutato nella costruzione della scenografia di Streetlight. Prima di partire, siamo stati nella Basilica Minore del Santo Niño: la statua del bambino Gesù, che fu donata, come regalo di battesimo alla Regina di Cebu, dall’esploratore Ferdinando Magellano all’epoca della esplorazione del navigatore portoghese in quelle terre. Gli abbiamo affidato le nostre famiglie e i ragazzi incontrati nei progetti». (continua su Spark for change a Cebu) «Davao, è la città natale di uno di noi: Joseph! Ad attenderci all’aeroporto, un gruppo folcloristico della scuola, che ci ha lasciati a bocca aperta per la bellezza dei costumi e delle danze. Siamo stati accolti dalle autorità civili ed ecclesiastiche della città, vivendo con loro momenti importanti. Nella City Hall abbiamo ricevuto l’attestato di “Ambasciatori di buona volontà” e alla fine ci hanno chiesto di cantare; lo abbiamo fatto a cappella con una canzone del musical. Le due serate dello spettacolo, nell’enorme palestra dell’Holy Cross College, hanno raccolto circa 7.000 spettatori…una carica di energia senza precedenti. Il motto della città di Davao è : Life is here! Davvero siamo partiti con un senso di gratitudine nel cuore per aver sperimentato, ancora una volta, il calore familiare di questa splendida gente…che ci ha dato la VITA». (continua su Le sorprese di Davao) (altro…)
Mar 12, 2014 | Cultura, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni
«La nostra terra devastata da 20 anni di guerre civili, bambini soldato, violenza, sfruttamento delle risorse naturali; nessuna politica ‘proattiva’… e noi? Giovani che non abbiamo mai conosciuto la pace, possiamo rispondere a questa sfida? E i nostri amici, genitori, autorità regionali… saranno disposti a seguirci in questa folle avventura?». Da questa domanda nasce l’idea di un gruppo di giovani congolesi di realizzare un festival, per portare – attraverso il linguaggio dell’arte – un messaggio che giungesse anche ai vertici internazionali. Una petizione è stata inviata anche al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. «La nostra terra è fertile , l’acqua è abbondante, il nostro sottosuolo è un dono di Dio: il Nord del Kivu dovrebbe essere un paradiso. Noi, i giovani, vogliamo partecipare a costruirlo». Dichiarata la mission, e con due anni di preparazione, si è svolto così a Goma (Repubblica Democratica del Congo) dal 14 al 16 febbraio il Festival “Amani” che in swahili significa pace. Davanti ai politici, ai rappresentanti internazionali, ai caschi blu dell’ONU e alle 25mila persone passate da lì, i protagonisti hanno lanciato il loro messaggio, cantando la loro sofferenza e la loro speranza. I giovani del Movimento dei Focolari sono stati tra i promotori e animatori di questo evento. Belamy Paluku, della band “GenFuoco” di Goma, incaricato della gestione dei contributi artistici, racconta: «Il festival è stato la realizzazione di un grande sogno: riunire tante persone e annunciare insieme un messaggio di unità, essendo portavoce delle persone meno considerate nella nostra società. Inoltre gli artisti non solo hanno offerto il loro punto di vista, ma provenendo da Paesi in conflitto tra loro, dallo stesso palco hanno dato una forte testimonianza. Spero che sia l’inizio di una nuova tappa». La preparazione del Festival è stata molto partecipata, davanti e dietro le quinte: c’era chi sfornava “gallette e gouffres”, chi serviva da mangiare, chi distribuiva le bibite, «e tutto questo senza misurare le forze, dando a tutti un sorriso di amicizia» racconta Jean Claude Wenga, responsabile della comunicazione del Festival. «Volevo capire come va avanti la cultura all’estero e come si possono sviluppare i rapporti in questo scambio tra culture – spiega Aurelie, una giovane dei Focolari – per questo ho voluto partecipare». Anche gli adulti non sono rimasti indifferenti: André Katoto, un padre di famiglia della regione del Kivu, afferma: «Amani vuol dire pace. Con questa festa abbiamo voluto celebrarla nella nostra regione». (altro…)