10 Mag 2015 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
10 maggio 2013. Papa Francesco e Papa Tawadros II si incontrano in Vaticano, in ricordo dello storico appuntamento di 40 anni prima tra i loro predecessori, Papa Paolo VI e Papa Shenouda III. Da lì era partita una dichiarazione comune sull’unica fede professata da chiese con tradizioni diverse. «Sono convinto – aveva affermato papa Francesco – che, con la guida dello Spirito Santo, la nostra perseverante preghiera, il nostro dialogo e la volontà di costruire giorno per giorno la comunione nell’amore vicendevole ci consentiranno di porre nuovi e importanti passi verso la piena unità». «Io credo nella diversità nell’unità – aveva dichiarato Papa Tawadros II in un’intervista – Se entro in un giardino in cui i fiori sono tutti rossi e della stessa altezza, è una noia. Invece se entro in un giardino e trovo una rosa rossa, un’altra gialla e una terza bianca e vedo alberi di diversa altezza, questa diversità esprime bellezza e anche forza. Mentre sto seduto con voi, sono ricco dei miei fratelli in Cristo». «Sono parole di chi ha il coraggio d’amare i fratelli – commenta Sherin, focolarina copta – e di accorciare le distanze ed i tempi per una comprensione e condivisione nuova dopo anni di lontananza, permettendo alle due Chiese di intraprendere una via di pace e di fraternità. Non sarà possibile cancellare queste parole della memoria né della storia dell’ecumenismo finché la chiesa godrà un giorno della piena unità dei suoi figli». Quello di maggio 2013 è stato il primo viaggio di Papa Tawadros II dopo la sua elezione, che ha voluto fosse per fare visita al successore di San Pietro, papa Francesco. Era la seconda visita storica del Papa dei Copti al Papa di Roma, accorciando sempre più la distanza fra le due Chiese.
«È vivo nella mia mente l’incontro di questi due grandi uomini di Dio guidati dallo Spirito Santo a condurre i loro greggi verso l’unica Chiesa, che ci sarà nel tempo di Dio. Il ricordo dell’abbraccio fraterno e dell’amore scambievole visibile fra loro mi invade di una gioia immensa. Festeggio con i fratelli delle due Chiese quest’occasione e con entusiasmo guardo al futuro prossimo e ho fiducia nei passi che ci avvicineranno sempre di più, è una grande gioia per tutta la Chiesa! Questo mi sprona a vivere di più per l’unità, prospettiva che mi ha affascinato anni fa quando ho conosciuto il Movimento dei Focolari, dove ho trovato la “Perla preziosa” del Vangelo per la quale si vende tutto. In focolare, condivido questa vita con sorelle di varie Chiese, dove sperimentiamo la gioia del Risorto, segno di quello che sarà la Chiesa nella piena unità. Nella vita quotidiana preghiamo, lavoriamo, ed anche condividiamo momenti di sofferenza – come diceva Papa Francesco parlando dell’ecumenismo della sofferenza – che ci fanno crescere nell’amore e nel rispetto reciproco, credendo che Gesù sulla Croce ha superato ogni divisione ed ha colmato ogni vuoto. Sono felice di condividere quest’esperienza con tanti altri nel mondo che pregano e vivono affinché quest’unità sia sperimentata e vissuta da tutti». Sherin, Focolare di Sohag (Egitto) (altro…)
7 Mag 2015 | Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale, Spiritualità
«I fatti che sono successi hanno risvegliato la solidarietà nella comunità cittadina. Tanti leader e gruppi religiosi, e organizzazioni civili, si sono messi a lavorare insieme per pulire strade ed edifici e per aiutare in tanti modi, facendo vedere il volto positivo della città, pur ferita profondamente», scrive Lucia, corresponsabile del Movimento dei Focolari, da Washington. I fatti di cui parla sono ben noti, e cioè le proteste popolari che si sono scatenate a Baltimora, nello scorso mese e tuttora in corso, dopo la morte del 25enne afroamericano Freddie Gray mentre era in stato di arresto. Baltimora, la più grande città del Maryland con più di 600.000 abitanti, è un crogiuolo di gruppi etnici in particolare afroamericani. Leonie e Jennifer, due volontarie dei Focolari, abitano in centro città. «La situazione rimane molto tesa; ieri il sindaco aveva chiuso le scuole e il governatore dello stato ha dispiegato le forze armate. Comunque tutti quelli che conosciamo stano bene». Leonie è proprio vicina ai luoghi degli scontri e insegna in una scuola elementare di quasi tutti afro e dove c’è molta povertà. «Alla TV ho visto un mio allievo di 3° elementare partecipare a saccheggi di edifici e proprietà». «Non possiamo restare indifferenti, vogliamo fare qualcosa di concreto, con la consapevolezza che il nostro contributo per stabilire rapporti veri tra le persone è più urgente che mai. Non solo, ma che ogni atto d’amore costruisca rapporti nuovi e che contribuisca a far crescere la fraternità tra le persone », scrivono Marilena e Mike. «Intanto, parteciperemo ai diversi momenti di preghiera organizzati dalle autorità religiose, a cominciare dalla messa che l’arcivescovo Lori celebrerà nel nostro quartiere, invocando la pace». «Oggi sono ritornata a scuola – racconta Leonie –, cercando di vedere i miei allievi (che hanno partecipato ai saccheggi) con “occhi nuovi”. Ho contattato un insegnate afroamericana musulmana che conosce due rappresentati religiosi neri nella scuola per offrire solidarietà e ci siamo messi d’accordo per lavorare insieme». Jennifer lavora in una ditta dove sono quasi tutti bianchi. «Una mia collega che abita vicino ai luoghi delle violenze è venuta oggi a trovarmi e mi diceva la sua sofferenza nel vedere quello che sta accadendo, ma non aveva il coraggio di dirlo a nessuno per timore di essere emarginata dai colleghi. È stata l’occasione per dire che possiamo cominciare noi a costruire il dialogo con tutti, una persona alla volta, e diffondere così una mentalità nuova. La mia collega non è praticante, ma si è illuminata in volto e mi ha detto che questo è proprio quello che vuole anche lei». Intanto, i leader delle diverse comunità religiose cominciano a lavorare insieme per la pace. «Sono stata invitata dall’Imam Talib della moschea di Washington a offrire, il 5 maggio, la mia testimonianza come focolarina, e l’ideale che ci anima», continua Lucia. «Vuole che parli in un incontro aperto al pubblico e organizzato da loro insieme al Procuratore Distrettuale, per integrare la prospettiva religiosa come una dimensione essenziale per calmare la violenza. Il titolo dell’evento è: “Heal the Hurt, Heal the Heart” (Cura la ferita, cura il cuore). Ci sembra un’ottima possibilità di dialogo fra religioni, ma anche un’opportunità per far vedere, più che lo scontro, la ricchezza delle diversità etniche della nostra società». (altro…)
20 Apr 2015 | Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nel distretto di Rotorua (Nuova Zelanda) lo spessore della crosta terrestre è di soli 4 km. Qui si possono ammirare spettacolari geyser zampillanti e, addirittura nella città, fumanti pozzanghere con tanto di bollicine che ne agitano la superficie. Dal suolo esce un calore che arriva anche a 120°C. È qui che i colonizzatori inglesi avevano tentato di ricreare i bagni romani. Ancora oggi l’attività termale è al centro dell’interesse turistico per Rotorua, una città immersa nel verde e circondata da colline. Sulle rive del lago omonimo sorge il Keswick Christian Camp, una struttura estiva. Lì, per il meeting promosso dai Focolari, si sono date appuntamento 156 persone provenienti da varie città delle due isole principali che compongono la Nuova Zelanda. Obiettivo: trascorrere tre giorni insieme, lontano dalla routine, per approfondire la spiritualità dell’unità.
Maori, filippini, cinesi, coreani, olandesi, anglosassoni, italiani, maltesi, singaporiani, taiwanesi, futunesi, francesi, tokelauani, indiani, pakistani…: una sorprendente varietà etnica nel bozzetto di umanità venuto a crearsi. Nonostante tale diversità, fin dal primo momento si respirava un clima di famiglia. Oltre a momenti di spiritualità e di attività ricreative, il programma prevedeva ampi spazi per favorire la conoscenza reciproca e lo scambio fra tutti. Molto toccante il racconto della famiglia Pitcaithly, di Christchurch, la seconda città del Paese, recentemente devastata da due forti terremoti. Una tragedia che ha unito la popolazione in un coro di solidarietà con lo slogan “Kia kaha, stay strong Christchurch!”, cui hanno contribuito anche offerte raccolte dai Focolari in varie parti del mondo. Da Gisborne, la città che ha il privilegio di vedere per prima il sole che sorge, si è presentata l’attività di “Fish & Chips Club”. Fra le finalità, raccogliere fondi a favore di attività formative per i giovani, portata avanti da persone di varie Chiese cristiane con altre di convinzioni non religiose: insieme si cerca di fare qualcosa di utile per gli altri. Nonostante la pluralità, giovani e adulti si riuniscono una volta al mese per riflettere sul Vangelo e condividere le esperienze che scaturiscono dal cercare di metterlo in pratica. Un modo davvero significativo per crescere come persone e trarre forza per portare avanti le diverse attività artigianali e sportive di un club dove ognuno può essere sé stesso e dove si cerca di sottolineare non tanto ciò che distingue, ma i valori che si possono condividere. A
nche se la Nuova Zelanda può apparire una terra benestante e accogliente, una famiglia indiana-pakistana ha raccontato quanto è stato difficile il loro inserimento in questa società. Martis, papà di due figli, lavorava in una casa di cura per anziani e la moglie Antoneta in una piccola azienda di lavorazione della carne. Ad un tratto ambedue hanno perso il lavoro. La ricerca di una nuova occupazione si protraeva senza risultato, tanto da decidere il ritorno in patria. A soli dieci giorni dalla scadenza del visto, da una città vicina qualcuno è riuscito a procurare un’intervista di lavoro per Martins e quindi la possibilità di rinnovare il permesso di residenza. Grande la gioia di tutti e di questa famiglia che ha dato una forte testimonianza dell’amore di Dio che si manifesta attraverso la comunità. Teresa, riassumendo la voce dei giovani presenti, ha detto: «L’esperienza di questi giorni ci ha dato la carica per tornare nelle nostre rispettive città e ricominciare daccapo». Anne, una signora anziana Maori, tanto stimata dalla sua tribù, ha concluso: «Aroha te mea nui o te ao Katoa»; che nella sua lingua significa: «L’amore è il dono più grande di tutto il mondo». (altro…)
15 Apr 2015 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Tanti hanno provato a spiegare le radici e le ragioni degli inizi della vita monastica, ma i detti dei Padri e la loro esperienza di vita ci mostrano che il monaco è “il martire vivente”, e che “hanno lasciato il mondo per l’unica realtà che ha valore: Dio”. È come voler rispondere all’amore di Dio, espresso bene in un versetto della Santa Messa Copta, che noi chiamiamo Divina Liturgia, che si rivolge a Dio dicendo: “Non c’è niente delle parole dette che potrà delineare il Tuo amore per gli uomini”. San Gerolamo dice che attraverso la loro ascetica e la loro vita eremitica è come se dicessero: “L’amore divino ci ha colpito con le sue frecce”; e ognuno ripetesse: “Ho trovato quello che la mia anima anela, lo terrò forte e non lo lascerò mai”. Il desiderio di questi monaci era, quindi, di darsi completamente a questo amore, e per consacrarsi a Lui non hanno trovato altro che lasciare le città. San Basilio annuncia chiaramente: “Chi ama Dio lascia tutto e va verso di Lui”. E si dice del discepolo di San Pacomio, San Tawadros, che “il suo unico interesse nel mondo era di amare Dio con tutto il cuore seguendo il comando di Gesù Cristo”. Si intuisce che la radice della vita ascetica è somigliare a Cristo: la completa spogliazione di sé, seguire la volontà del Padre, la verginità, in contatto continuo con Dio Padre attraverso la preghiera. Padre Matta El Meskin lo spiega bene: “La garanzia della nostra consacrazione (l’essere monaci) sta nell’aggrapparsi a Cristo personalmente, e attenersi bene alla Bibbia. E così, con Cristo e la Bibbia, potremo camminare nella nostra via, in continua crescita, fino alla fine”. La scelta del consacrato è quella di seguire Gesù “Via, Verità e Vita”. Vivere in Cristo e per Lui solo. Seguirlo nello stile di vita che ha vissuto. Lui ha scelto di vivere povero, vergine ed obbediente. Allora il monaco non sceglie la povertà, ma Cristo il povero. La scelta è della persona stessa di Gesù, e perciò di quello che ha vissuto Cristo, come l’ha vissuto e perché l’ha vissuto così. Per quanto riguarda l’aspetto comunitario nella vita ascetica dei monaci del deserto, possiamo ricordare come – ad esempio nei monasteri che seguono San Pacomio – la vita di comunione diventava l’estensione della Chiesa primitiva del tempo degli apostoli. Guardando alla vita dei Padri, possiamo tracciare alcune caratteristiche comunitarie: l’amore reciproco (San Pacomio sollecita sempre i suoi ad amarsi, ed è per la carità fra i monaci che questa vita si è diffusa e continua fino ad oggi); la vita insieme (il “tutto era fra loro comune” delle prime comunità cristiane è caratteristica dominante in tutti gli aspetti della convivenza dei monaci). Gli insegnamenti dei Padri del deserto mi ricordano la meditazione di Chiara Lubich “L’attrattiva del tempo moderno”, che esprime bene quello che provo: “Penetrare nella più alta contemplazione, rimanendo mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo”. Una contemplazione che attualizza la vita dei Padri in questo secolo, ma in mezzo al mondo. La presenza spirituale di Gesù tra noi con le focolarine cattoliche con cui vivo nel focolare di Sohag, l’impegno a volerci bene, ci ha reso veramente sorelle e ci fa sperimentare la gioia del Risorto, al di là delle nostre differenze. Nella vita quotidiana tutto è fra noi in comune: preghiamo, lavoriamo, gioiamo e condividiamo i momenti di sofferenza delle persone che ci circondano. Cerchiamo di testimoniare a tutti, con la nostra vita, che Dio è amore.
Vivere per l’unità piena nella Chiesa di Cristo “che tutti siano una cosa sola”, mi affascina sempre di più. Godo della bellezza e la varietà dei doni di Dio che ritrovo nelle diverse Chiese, e l’aspirazione e l’emozione di vedere che siamo uniti in Cristo fra noi e nel futuro della Chiesa nel disegno di Dio. Ne sono testimonianza i piccoli e grandi passi nel cammino ecumenico, anche nel mio Paese. Da qualche anno, ad esempio, è stata costituita una commissione ecumenica con persone di ogni confessione cristiana esistente a Sohag. Ogni volta ci si incontra in una chiesa diversa: quest’anno in quella copta ortodossa. Il 5 marzo erano presenti quasi tutti i responsabili locali delle chiese. Il tema principale era “la vittoria sul male”, a partire dalla situazione di persecuzione dei cristiani in Libia, e ripercorrendo le tappe del popolo d’Israele che lascia l’Egitto. «La bandiera che vola su di noi è l’amore di Dio», ha affermato il vescovo copto ortodosso Mons. Bakhoum, augurando ai presenti «che ci troviamo sempre nell’Amore». (altro…)
13 Apr 2015 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Nell’accorato appello pasquale di papa Francesco per i tanti nostri fratelli che nel mondo «patiscono ingiustamente le conseguenze dei conflitti e delle violenze in corso», non poteva mancare l’invocazione per «l’amata Ucraina», affinché «possa ritrovare pace e speranza grazie all’impegno di tutte le parti interessate». Sì, perché quella in Ucraina è una guerra che tuttora continua nella sua assurda violenza. Ne parliamo con Roberto Catalano, invitato a tenere delle conferenze all’università di Leopoli, Ivanova Franziksva e Ternopil sul tema del dialogo. È significativo che nel bel mezzo della “crisi” i giovani (e i loro tutor) anziché trincerarsi nel privato, si adoperino per approfondire il dialogo, come unica risorsa cui meriti dirigere ogni sforzo. Roberto, che clima hai percepito incontrando la gente?
«Al termine di una conferenza, una collaboratrice scolastica mi ha mostrato tre foto di ex-studenti dell’Università uccisi nel conflitto nel sud est del Paese. Con gli occhi lucidi di lacrime mi ha raccontato che ogni sera, al termine delle lezioni, un gruppo di studenti si ritrova nella caffetteria dell’università per preparare piatti tipici ucraini, che vengono poi congelati ed inviati ai soldati. Un’altra signora mi ha raccontato di suo figlio di neanche 6 anni che disegna cartoncini che manda ai soldati per ringraziarli dello sforzo che fanno per difendere il suo Paese. Purtroppo da noi, a differenza dello scorso anno, quando anche i nostri telegiornali ne parlavano, oggi quanto succede in Ucraina non fa più notizia. Eppure, nell’Ucraina occidentale si sta combattendo una vera guerra». Una situazione che appare senza sbocchi, che genera sospensione e sofferenza nel cuore delle persone… «Ho avuto prova di questo profondo dolore in ogni momento della mia permanenza in Ucraina. Studenti e professori mi hanno chiesto cosa pensassi della situazione del Paese e, soprattutto, di cosa si dice nel resto dell’Europa. Non ho avuto il coraggio di esprimere giudizi. Di fronte al dolore e alla paura ho preferito ascoltare e restare in silenzio. Mi ha fatto impressione la forza e la dignità di questo popolo, ma mi ha fatto anche paura che il resto dell’Europa e del mondo l’abbia praticamente lasciato al suo destino, aggravato, fra l’altro dal crescente nazionalismo, un fenomeno che può sempre nascondere grandi pericoli per il futuro».
Esattamente come ha detto il Papa parlando dell’eccidio degli studenti in Kenya. Di fronte a queste atrocità sembra che la Comunità Internazionale volga lo sguardo da un’altra parte. Eppure anche il popolo ucraino ci è fratello, per la comune umanità e per la fede cristiana che lo anima. «Sono entrato in una grande chiesa dove si stava celebrando la liturgia in rito orientale. Colpisce l’iconostasi, modernissima, di grande bellezza, ma di più sorprende la religiosità della gente, in una partecipazione attenta, raccolta, sacra. Colpisce la lunga fila che attende il turno della confessione. Settant’anni di marxismo non hanno cancellato la fede nella gente». Secondo te, c’è speranza in una possibile pace? «Ho visitato solo metà dell’Ucraina e non ho potuto, come mi sarebbe piaciuto, incontrare persone del segno opposto. Anche loro hanno dolori che forse è difficile capire. Qui la storia è presente con i suoi corsi e ricorsi, ma anche con i suoi problemi attuali, dettati da interessi internazionali di gas e carburante. Si rischia un silenzio che cancella il dolore di milioni di persone, da qualsiasi parte stiano. Come ha auspicato il Papa, c’è bisogno dell’impegno di tutte le parti interessate. Solo così si potrà arrivare ad una pace duratura». (altro…)
28 Mar 2015 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Dialogo Interreligioso, Ecumenismo, Spiritualità

Palmira con Chiara Lubich
«Portare l’amore di Dio dappertutto, secondo il comandamento di Gesù di amarsi l’un l’altro». Era questo l’ideale di Chiara Lubich che ancora attira centinaia di persone in tutto il mondo. Oggi, nel settimo anniversario della morte della fondatrice del Movimento dei Focolari celebrato in tutto il mondo e a pochi giorni dall’apertura del suo processo di Beatificazione e Canonizzazione, a ricordarla è Palmira Frizzera, che la conobbe nel 1945 e colpita dall’ideale della “fraternità universale”, decise di seguirla. La sua testimonianza: «Il concetto della fratellanza universale è proprio quello che io ho trovato quando sono entrata nel primo focolare, quasi 70 anni fa: noi eravamo sorelle con Chiara, ma con un “Maestro”, una guida, che era Gesù in mezzo a noi, Gesù che vive dove due o più sono uniti nel Suo nome». Con quale obiettivo siete andate avanti insieme per tanti anni? «Siamo andate avanti non pensando in realtà a niente… avevamo scelto Dio come ideale della nostra vita, Lo volevamo amare, coscienti che potevamo anche morire da un giorno all’altro sotto i bombardamenti. Quindi abbiamo cercato di realizzare il Testamento di Gesù, l’amore scambievole, fino all’unità tra di noi. Quello che io ho sentito nel mio incontro con Chiara – ed è generale per tutte le sue prime compagne – è che aveva una luce e una novità… – allora non la chiamavamo “il carisma” – con la quale ci ha generate ad una vita totalmente nuova!». È stato quindi l’amore evangelico vissuto tra voi, incarnato e comunicato agli altri, a generare poi tutto il Movimento? «Ma Chiara non ha mai pensato di fondare nulla! Adesso si dice che Chiara è la fondatrice del Movimento dei Focolari arrivato in tutto il mondo. Però, io non l’ho mai sentita come una persona che fondava qualcosa, ma come una persona che dava la vita a qualcosa di nuovo. Chiara ci diceva: “Ma noi non vogliamo fondare niente. Noi vogliamo fondare Dio nelle anime, con l’amore; portare l’amore dappertutto”. Ecco, proprio quel messaggio che Gesù ci ha lasciato: “Vi do un comandamento nuovo che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”. Questo ha portato alla fratellanza universale». Da gennaio di quest’anno, Chiara è stata dichiarata Serva di Dio ed è iniziato un processo di Beatificazione e di Canonizzazione. Che effetto le fa? «Sento che Chiara non è solo della Chiesa cattolica: Chiara è anche delle altre Chiese, delle altre religioni e, per via dei dialoghi aperti sin dai primissimi tempi, anche con persone che non hanno nessun credo religioso. Sotto questo aspetto, non mi piace restringerla solo alla Chiesa cattolica, però capisco che questa Beatificazione è un grande dono per la Chiesa e per tutti noi». Le nuove generazioni che lei incontra e che forma, perché dopo tanto tempo, anche non avendola conosciuta, sono attratte da Chiara e dalla sua spiritualità? «Chiara è partita, ma la sua luce è rimasta, il suo carisma è rimasto. E a questo corrono dietro i giovani, non alle persone». Questo settimo anniversario è improntato sulla tematica politica e su come la spiritualità di Chiara può essere vissuta in politica. In questo ambito cosa ci può insegnare? «Ci può insegnare l’arte di amare, di capire, di ascoltare… E questo è un trait d’union con tutti: se non si fa così, come alternativa ci sono solo la violenza e la guerra». Fonte: Radio Vaticana (altro…)