19 Mar 2008 | Chiara Lubich, Chiesa, Ecumenismo
In rappresentanza della Chiesa ortodossa: Metropolita Gennadios Zervos Chiara è stata chiamata da Dio. Nella venerata fondatrice del Movimento dei Focolari, ora in Paradiso, abbiamo visto la personalità carismatica ed ispirata, la capacità di elevarsi oltre il limite umano, incontrando senza distinzione ogni uomo come icona di Dio. La sua vita e la sua Opera dedicata a Maria sono divenute esempio concreto e reale di amore, di unità e di pace per l’umanità intera. Per i nostri fedeli della sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, Chiara rimarrà un baluardo di evangelizzazione e del dialogo, e la sua spiritualità potrà abbracciare ogni essere umano, a prescindere dal suo credo religioso. In rappresentanza della Chiesa evangelica-luterana: vescovo Christian Krause, già presidente della Federazione luterana mondiale Anche noi cristiani di tradizioni della Riforma abbiamo vissuto il dialogo della vita con e grazie alla nostra sorella Chiara. Siamo stati in cammino insieme e siamo rimasti in cammino; accanto a lei non si poteva restare fermi ma sempre in movimento, movimento della speranza e dell’amore verso Cristo. Siamo stati e rimasti in colloquio con lei; accanto a lei non si poteva restare senza parola; in lei c’era sempre la testimonianza viva della fiducia nella grazia e nella misericordia di Dio. Chiara ha invitato anche noi della Chiesa luterana a radunarci con lei e con tanti uomini di molte tradizioni di fede intorno al centro ardente, intorno al Focolare per sperimentare che: dove due o tre sono riuniti nel nome di Gesù, lui è in mezzo ad essi. Ci inchiniamo davanti a Dio con gratitudine per la testimonianza viva di unità in Cristo nel nostro Signore risorto, con la quale lui ha reso ricca la nostra vita grazie alla vita della nostra sorella Chiara. Lui l’ha accolta nel suo regno eterno, affinché lei possa vedere Colui al quale si è affidata nella sua vita. In rappresentanza della Comunione anglicana: Vescovo inglese Robin Smith Vi porto saluti calorosissimi di sua grazia l’arcivescovo di Canterbury. Come anglicani siamo colpiti in modo particolare da due aspetti della spiritualità di Chiara: il primo è quel suo impegno, di tutta la sua vita, di vivere la Parola di Dio nel quotidiano; l’altro è la sua visione dell’unità di tutta l’umanità. E questa visione è così inclusiva che i miei confratelli ed io frequentemente diciamo che Chiara sembra più anglicana, a volte, di molti di noi anglicani. Per me personalmente, nella mia vita come cristiano e come vescovo, Chiara è stata un’ispirazione profonda e non ho nessun dubbio che lei continuerà ad essere una benedizione per tutti noi, per tutta la nostra vita. In rappresentanza delle comunità e movimenti ecclesiali cattolici: Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio: Oggi è forte il dolore per la scomparsa di Chiara; lo dico personalmente, ricordando la lunga e profonda amicizia. Chiara ci ha insegnato la dignità del carisma nella Chiesa. E’ scomparsa una donna che a partire da tempi di guerra, in un mondo di divisioni e di muri, fino agli scontri di civiltà e religione, ha vissuto l’unità come ideale. L’unità per lei era rispondere alla chiamata di Gesù. Ha lottato a mani nude, stringendo molte mani e solo con il Vangelo. Non muore con lei la sua profezia, ma la sua profezia è attuale nel XXI secolo. Siamo tutti più poveri da quando si è spenta, lo dico personalmente, in nome di una lunga amicizia; ma nel dolore di oggi abbiamo la possibilità di capire meglio il cuore del suo vivere: Gesù, il Vangelo, la passione per un mondo unito. Chi oggi si inchina alla sua memoria sappia che la sua profezia è dolce ma esigente. Chiara parla, nonostante il silenzio della morte e la fine di quella sua indefessa capacità di iniziativa e di sogno. Parla, nella sua eredità parla a tutti: alle nuove Comunità chiede più unità e più amore, non rassegnarsi ai muri, agli odi, alle distanze consolidate. Questo momento doloroso è l’occasione di stringersi accanto al Movimento dei Focolari con tutto il cuore, ma anche di dire, dopo la sua morte, che per tutti noi, almeno per me, il suo Ideale è una luce nel tempo che ci aspetta. Io sono convinto che Chiara crescerà in mezzo a noi. E mentre Chiara va in pace, noi tutti diciamo: “Grazie, Chiara!” (altro…)
25 Gen 2008 | Chiara Lubich, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
Dare una risposta alla domanda di “sapienza”, che emerge dal mondo accademico e tra la gente, in una società che sta toccando i limiti di una cultura dominata da scienza e tecnologia. E’ questo l’obiettivo che ispira la collaborazione che si prospetta tra la Liverpool Hope University e il Movimento dei Focolari, in particolare con il nascente Istituto Universitario Sophia che inizierà la sua attività a Loppiano, nei pressi di Firenze, nell’autunno prossimo. Ne parla il prof. Gerald John Pillay, rettore anglicano dell’Università inglese, l’unica in Europa a fondazione ecumenica, in un’intervista rilasciata alla rivista New City. E’ una risposta immediata ad una proposta lanciata da Chiara Lubich nel messaggio rivolto all’Università in occasione del conferimento della Laurea h.c. in Teologia (Divinity).
L’Ateneo inglese aveva voluto riconoscere il contributo dato da Chiara Lubich “alla vita della Chiesa, alla pace e all’armonia nella società, all’unificazione dei cristiani delle diverse denominazioni e al dialogo e alla comprensione tra le religioni”. Questa onorificenza è stata l’occasione per approfondire la conoscenza reciproca tra l’università inglese e il Movimento dei Focolari. Chiara Lubich, nel messaggio di cui è stata data lettura il 23 gennaio, nel corso di una cerimonia pubblica a Liverpool, si è detta “profondamente colpita” per la comunanza di ideali improntati all’unità, ed aveva auspicato l’avvio di una collaborazione, in cui intravedeva una speranza per il futuro. La Hope University – che conta oltre 7000 studenti da vari Paesi – vuol essere, infatti, “una comunità accademica” ispirata ai valori cristiani, “un segno di speranza” aperto alle altre fedi e credenze, impegnato a promuovere armonia religiosa e sociale, nella “vita educativa, religiosa, culturale ed economica”. La collaborazione prospettata dal prof. Pillay – che all’inizio di gennaio aveva voluto recarsi, con una delegazione dell’Università, a Rocca di Papa (Roma), per consegnare personalmente a Chiara la laurea h.c. – è un progetto ancora in fase di definizione. Da quell’incontro nascono le prime idee, come il rettore afferma nell’intervista rilasciata poi alla rivista New City: “Già negli scritti di Chiara, che avevo approfondito in occasione di questo riconoscimento, ho trovato il senso dell’unità e la centralità della fede in modo molto stimolante e interiore. Quando ci siamo incontrati a Roma, sono rimasto molto colpito dalla grande sinergia tra la visione del Focolare e la fondazione Hope. Vorremmo precisare dei percorsi di collaborazione sia tra i docenti che per gli studenti, in modo che possano attingere facilmente ai programmi di Hope e a quelli di Sophia. Qui c’è una possibilità davvero affascinante”. Intanto rappresentanti della Hope University saranno presenti all’inaugurazione dell’Istituto Universitario Sophia, occasione per mettere a punto questo progetto. Già un docente di economia del Movimento dei Focolari è stato invitato ad intervenire, nel giugno prossimo, all’evento Great Hope, una settimana di iniziative per giovani futuri leader di vari Paesi del mondo, promosso dall’Università inglese in questo anno in cui Liverpool è capitale europea della cultura. Che cos’è la Liverpool Hope University – E’ un’istituzione accademica che offre un ampio spettro di discipline. Accoglie 7000 studenti, provenienti dalla Gran Bretagna e da altri paesi. E’ una delle università più recenti, ma ha alle spalle una tradizione di alta formazione culturale di oltre 150 anni. L’università nasce nel 2005, dalla fusione di due antichi college, uno anglicano e uno cattolico, a cui in seguito se n’è unito un terzo, cattolico, dando vita nel 1980 ad una federazione ecumenica. Su questa base si svilupperà la Liverpool Hope University, incoraggiata dai vescovi di Liverpool, Derek Worlock (cattolico) e David Sheppard (anglicano), entrambi attivamente impegnati nel dialogo ecumenico: loro motto era “meglio insieme”. Ambedue vedevano in questa nuova iniziativa culturale “un segno di speranza”. (altro…)
24 Gen 2008 | Ecumenismo
«Molte voci in questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, così ricca di iniziative in tutto il mondo, hanno evidenziato quanto l’ecumenismo spirituale sia sempre più l’anima del cammino verso la piena unità visibile dei cristiani e susciti nuova speranza per il futuro. Dalla “vita nuova in Cristo e nello Spirito Santo, proviene la capacità di superare ogni egoismo, di vivere insieme in pace e in unione fraterna e portare ognuno i pesi e le sofferenze degli altri”. Lo ha ripetuto il Papa in questi giorni, definendo “provvidenziale” l’iniziativa dell’Ottavario di preghiera, nata cento anni fa per opera di padre Paul Wattson. Era questo uno dei primi segni del risveglio che lo Spirito Santo suscitava, chiamando i cristiani al rinnovamento, alla riconciliazione e alla comunione dopo secoli di lotte, incomprensioni e pregiudizi. La memoria della conversione di san Paolo che si celebra a conclusione della Settimana di preghiera, ci richiama proprio a questa testimonianza evangelica. Molte sono le vie percorse dallo Spirito per richiamare con forza la cristianità a questa conversione. In tutti i tempi, infatti, sa “far cavare” dal Vangelo quel che serve all’umanità di quell’epoca e che di secolo in secolo appare talmente nuovo e rivoluzionario da sembrare prima quasi ignorato. È per me una meraviglia sempre nuova costatare la varietà dei doni, ancora sconosciuti ai più, che lo Spirito Santo ha riversato nel nostro tempo nelle diverse Chiese cristiane, facendo scoprire le molteplici ricchezze contenute nel Vangelo di Cristo e nella redenzione da Lui operata. Lo sperimentiamo reciprocamente, man mano che si approfondisce il cammino di comunione avviato da quasi un decennio tra movimenti, gruppi e comunità non solo cattolici, ma anche evangelico-luterani, ortodossi, anglicani e anche delle Chiese libere. Comunione che diventa possibile per la comune esperienza dell’incontro con Gesù, per il capovolgimento di vita che provoca. È un’esperienza del dialogo della vita, quella nuova via auspicata da vari ecumenisti in questo momento in cui si parla di una riconfigurazione del movimento ecumenico e che può costituire un humus su cui possono svilupparsi le varie espressioni del dialogo. È stata proprio l’esperienza del Vangelo vissuto narrata ad alcuni pastori e religiose in Germania più di 40 anni or sono, che ci ha aperto il dialogo della vita con il mondo evangelico-luterano e poi con le diverse Chiese cristiane. Ero rimasta colpita dalla sorpresa di quel piccolo gruppo che mi aveva ascoltato: “Come? Anche i cattolici vivono il Vangelo?”. In verità agli inizi non pensavo affatto all’ecumenismo. Per diversi anni ho creduto che il carisma dell’unità fosse unicamente per contribuire a ravvivare il mondo cattolico. I piani di Dio, infatti, mi erano del tutto sconosciuti. Negli anni ’40, era stata per me folgorante la scoperta di un Dio che mi amava immensamente. Era stata più forte dei bombardamenti che colpivano Trento. E tale che ha cambiato radicalmente la mia vita. Ero alla ricerca della verità: m’è nata la certezza che Gesù sarebbe stato il mio maestro. Un’unica cosa volevo: amare Dio come voleva essere amato. Insieme alle mie prime compagne correvo nei rifugi antiaerei anche undici volte al giorno. Portavo solo il Vangelo. Quanto mi sono apparsi annacquati in quel tempo i libri spirituali che avevo letto e meditato! Ogni parola di Gesù, invece, era un fascio di luce incandescente: tutto divino! Vivendole tutto cambia: il rapporto con Dio e con i fratelli. Dal Vangelo apprendo la difficile arte d’amare che esige di immedesimarmi con gli altri, sentendomi peccato col fratello peccatore, errore col fratello errante, fame col fratello affamato. “Entrare” nel fratello, suscita la sua rinascita: rivede la luce perché sente l’amore e nella luce la speranza che allontana la disperazione. Ho l’impressione che si scarceri la redenzione, agendo Gesù – mistica vite – attraverso i suoi tralci uniti a lui. “Che tutti siano uno… come Io e Te”. Queste parole lette a lume di candela in un rifugio, mi sono rimaste impresse a caratteri di fuoco. Avevo una certezza: per quella pagina eravamo nate! Avevo intuito che vi era racchiuso un disegno che avrebbe illuminato cultura e politica, economia, arte e scienze. Un disegno di unità che abbracciava il mondo, tanto che sullo stipite delle porte del nostro piccolo appartamento a Trento, avevamo scritto i nomi dei cinque continenti. Prima di spalancarmi gli orizzonti dei grandi dialoghi aperti poi dal Concilio, lo Spirito mi sottolineava con forza che prima di tutto eravamo chiamate noi a mantener sempre viva l’unità, a tutti i costi, giorno per giorno. Come scrivevo negli anni ’40: “Tutti saranno uno, se noi saremo uno”. Diventa nostro motto: “Far dell’unità tra noi il trampolino per correre dove non c’è l’unità e farla”. L’unità diventa la nostra passione. Tra le molte parole che Gesù aveva detto, scopro che c’è un comando che chiama “mio” e “nuovo”: “Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”. Da allora non facciamo un passo se non siamo unite dalla mutua carità: Ante omnia… (cfr 1 Pietro, 4, 8). Non è sentimentalismo. È costante sacrificio di tutto il proprio io per vivere la vita del fratello. È la perfetta rinuncia di sé, il portar l’uno i pesi dell’altro. È un partecipare di tutto ciò che possiedo, beni materiali e spirituali, al fratello. La vita ha un balzo di qualità. Sperimentiamo una gioia, una pace nuova, una pienezza di vita, una luce inconfondibile. È Gesù che realizza fra noi quella sua promessa: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro”. “Dove due o più”: quante volte l’ho sperimentato in seguito anche con fratelli ortodossi, luterani e anglicani. È Lui che lega noi, membra sparse, in unità col Padre, e in unità fra noi, quell’unità sinora possibile. Ma questa via dell’unità ha un segreto: è racchiuso in quel “come” Gesù ha amato noi: dando tutto di sé sulla croce sino a lanciare al cielo quel misterioso grido “Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?”. È il dramma di un Dio abbandonato da Dio. Il sentimento della presenza del Padre non doveva farsi più sentire. L’amore era annientato, la luce spenta, la sapienza taceva. Eravamo staccati dal Padre, bisognava che il Figlio provasse la disunità dal Padre per riunirci tutti a Lui, per far di noi Lui: figli di Dio, pieni di luce, del suo amore, della sua potenza, ricolmi di dignità altissima. La sua è una nuova chiamata forte e decisiva. Mi affascinava. Lo vedo dovunque. Ogni divisione, trauma, ogni dolore fisico, morale, spirituale è come un’ombra del suo grande dolore da amare, volere per dare con la morte di me, la vita a molti. Sgorga una preghiera: “T’ho trovato. Ti cerco e spesso ti trovo, ma dove sempre ti trovo è nel dolore. In un qualsiasi dolore sei Tu che mi vieni a visitare. Ed io ti rispondo: Eccomi”. E in questo incontro, per un’alchimia divina il dolore si tramuta in amore, e tante volte, la divisione in unità, che si ricompone. Se non avessi amato Lui nelle prove della vita questa via dell’unità non ci sarebbe. Gesù abbandonato ha vinto tutte le battaglie. È Lui la risposta alla preghiera che gli avevo rivolto insieme alle mie prime compagne, quando affascinate dal suo testamento, gli avevamo chiesto di insegnarci lui come realizzare l’unità». Chiara Lubich (©L’Osservatore Romano – 25 gennaio 2008)
2 Ott 2007 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
“Stiamo assistendo alla primavera ecumenica di Praga”. Queste parole, del vescovo romeno ortodosso di Serbia, Daniil, ben esprimono l’intensa esperienza di comunione vissuta dal 20 al 27 settembre 2007 a Praga, crocevia nel cuore dell’Europa, da 43 vescovi amici dei Focolari, di 18 Chiese, provenienti da 17 nazioni di 4 continenti, per il loro 26° Convegno annuale. I prossimi appuntamenti: 2008 nel Libano, travagliato da gravi tensioni; 2009 a Wittenberg (Germania), città-simbolo del protestantesimo. Nelle loro celebrazioni e riflessioni, i vescovi si sono concentrati sull’attuale svolta epocale, convinti che dall’odierno travaglio dell’umanità potrà nascere nelle Chiese un impegno ancora maggiore per portare la luce del Vangelo nel mondo. “La mia notte non ha oscurità: per una cultura della risurrezione”, è stato infatti il tema del Convegno, illustrato da una conversazione preparata da Chiara Lubich. Nel dialogo conclusivo, i vescovi erano unanimi nel costatare che si era avverato l’augurio espresso loro dalla fondatrice dei Focolari: “Che vivano nella luce!” .
La “Domenica ecumenica”, celebrata nella Repubblica Ceca il 23 settembre, ha segnato il culmine della settimana, ricca di approfondimenti biblici, di incontri e visite alle varie Comunità cristiane, nonché ai tesori artistici e culturali di Praga. Nel Centro dedicato a Madre Teresa di Calcutta, i vescovi hanno incontrato 400 esponenti della vita civile ed ecclesiale della città: tra loro, Cattolici, Ortodossi, Luterani, Evangelici, Metodisti, Battisti, Vecchi cattolici, Pentecostali, Hussiti e membri della Chiesa dei Fratelli. “L’Europa stava uscendo dal 20° secolo con tante ferite esteriori ed interiori – ha detto in quest’occasione il Vescovo Christian Krause, già presidente della Federazione Luterana Mondiale e, come tale, firmatario della Dichiarazione congiunta cattolico-luterana sulla giustificazione – ma Dio è intervenuto”. E ha ricordato “la rivoluzione di velluto” di Praga e il crollo del muro di Berlino, ma anche la firma della Dichiarazione, siglata nel 1999 ad Augsburg, che ha fatto crollare secolari barriere fra le due denominazioni. Esemplare l’impegno per la riconciliazione e per una comune testimonianza dei cristiani, senza spirito di rivalità, in seno alla società post-comunista, esposto dal presidente del Consiglio ecumenico nazionale delle Chiese, Dott. Pavel Cerny e dal Vescovo cattolico Frantisek Radkovsky.
Un lungo applauso ha sottolineato l’intervento di alcuni Vescovi partecipanti al Convegno, che hanno reso testimonianza della profonda comunione che li unisce nella carità fraterna, “con Cristo in mezzo a noi”. “Tornerò in Australia e porterò le altre Chiese nel mio cuore. Camminerò mano nella mano con gli altri Vescovi”, ha assicurato il vescovo anglicano David Murray di Perth. “Realizziamo un ‘dialogo della vita’ – aveva detto il card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga e promotore del Convegno – ponendo l’accento su ciò che abbiamo in comune, a cominciare dal battesimo. Non ignoriamo le difficoltà che ci sono nelle Chiese e fra le Chiese, ma sperimentiamo che l’amore evangelico, soprattutto l’amore per Gesù crocifisso e abbandonato, dà nuova forza per costruire, lì dove viviamo, la comunione”. E’ venuto in rilievo il contributo dei cristiani alla costruzione dell’Europa, emerso durante la grande III Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu (Romania), promossa, lo scorso settembre, dalle Chiese d’Europa (CCEE, Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, e Kek, Conferenza delle Chiese cristiane d’Europa), con 3000 delegati, e alla Manifestazione “Insieme per l’Europa” del 12 maggio scorso a Stoccarda (Germania), organizzata da movimenti e comunità di diverse Chiese del vecchio continente.
Nel corso del Convegno, toccanti sono state le testimonianze di sacerdoti e laici che, nutriti dalla spiritualità dei Focolari, sin dagli anni ’60, tempo di persecuzione, hanno sostenuto la Chiesa nell’allora Cecoslovacchia, irradiando la vita evangelica. Altro momento di grande intensità spirituale è stato vissuto alla cattedrale, con la celebrazione della Messa cattolica nella storica cappella di San Venceslao, dove i vescovi hanno ricordato i santi e i martiri dell’inizio della nazione Ceca e i testimoni vittime del nazismo e del comunismo. Qui i vescovi si sono proposti di riconoscere il volto del Crocifisso nella storia personale e in quella delle loro Chiese, e di fare una nuova scelta di Lui, che solo può condurre i Cristiani alla comunione tanto sperata. (altro…)
19 Set 2007 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
La spiritualità di comunione è decisiva per la causa ecumenica e per il progresso della fede in questo 21° secolo. E’ questa la convinzione, confermata dall’esperienza, che accomuna i vescovi “amici del Movimento dei Focolari” di diverse Chiese e aree culturali del mondo, giunti in oltre 40 a Praga, da 18 Paesi – dall’Australia all’India, dal Libano alla Svezia, dalla Germania all’Italia, alla Repubblica Ceca – per il loro convegno annuale, giunto alla 26ma edizione. Il 23 settembre, giornata in cui a Praga si celebra l’annuale Domenica ecumenica nazionale, i vescovi si incontreranno con personalità del mondo religioso e civile alle quali porteranno la testimonianza di un dialogo vissuto. In programma anche la visita alle comunità delle diverse Chiese della città, per conoscere la loro vita e la loro storia, spesso segnata da repressione e persecuzione di ogni manifestazione pubblica della fede.
Filo conduttore dell’incontro, il tema: “La mia notte non ha oscurità: per una cultura della risurrezione”. E’ un invito a guardare in faccia i sintomi di “notte” culturale e collettiva che segnano gran parte dell’umanità e non risparmiano i credenti, ma anche a scorgere i molteplici segni di speranza e di vita. Tra questi, i recenti eventi ecumenici europei che hanno avuto luogo a Sibiu (Romania) in questo stesso mese di settembre e a Stoccarda (Germania) nel maggio scorso. Vari i momenti di scambio di esperienze tra i Vescovi e con rappresentanti del mondo sociale, economico e culturale. Questi Convegni avvengono sulla base della spiritualità dell’unità, caratteristica del Movimento dei Focolari. Ufficio stampa Praga: Irena Sargankowa – cell. 00420604935872 Servizio Informazione Focolari – Rocca di Papa (Roma) tel. 06.947989 – Carla Cotignoli cell. 348.8563347 (altro…)
7 Set 2007 | Ecumenismo
I testi inediti di Chiara Lubich sull’ecumenismo da lei vissuto in prima persona nel viaggio a Ginevra del 2002 sono stati pubblicati completi da Città Nuova Editrice nel luglio scorso, con il titolo preso da una sua conversazione «Il dialogo è vita». Il card. Kasper nella prefazione afferma che il libro «ci fornisce spunti profondi e preziosi, partendo dall’abbandono di Gesù sulla croce».Infatti il viaggio ginevrino ha dato a Chiara la possibilità di esporre quasi un «trattatello» sulla spiritualità dell’unità, evidenziandone la chiave, Gesù Abbandonato. Come si legge nell’introduzione di Gabriella Fallacara del Centro «Uno» – che ha curato il volume – il «quaderno» è risposta alle richieste di molti ed è il primo di una serie intitolata “Quaderni di ecumenismo”. I discorsi di Chiara sono presentati da cinque ecumenisti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e della Chiesa protestante di Ginevra, che l’avevano invitata (Joan Sauca, Joël Stroudinsky, Konrad Raiser, Teny Pirri Simonian, Yorgo Lemopoulos). Documentarie le foto. L’impegno ecumenico dei Focolari risale agli inizi degli anni Sessanta, quando Chiara Lubich, in uno dei suoi primi viaggi in Germania, conobbe alcuni evangelici e luterani. Nel 1961 fonda a Roma il Centro “Uno” per l’unità dei cristiani. Chiara Lubich è stata interlocutrice di capi di Chiese dell’Occidente e dell’Oriente, fra cui gli Arcivescovi di Canterbury e i Patriarchi di Costantinopoli. E’ invitata a condividere la spiritualità dell’unità e l’esperienza ecumenica dei Focolari al Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) di Ginevra nel 1967 e nel 1982, oltre che nel 2002. La sua opera ecumenica è apprezzata e incoraggiata dai Pontefici, iniziando da Paolo VI.