Alta Gracia (Argentina): vacaciones de invierno
Entre el 15 y el 23 de julio es posible disfrutar de unos días de vacaciones en el Centro Mariápolis de Alta Gracia, en las Sierras Cordobesas. Reservas e informes: cmaragracia@focolares.org.ar
Entre el 15 y el 23 de julio es posible disfrutar de unos días de vacaciones en el Centro Mariápolis de Alta Gracia, en las Sierras Cordobesas. Reservas e informes: cmaragracia@focolares.org.ar
Del 20 al 23 de julio la Mariápolis Lía abre sus puertas para quienes quieran tomarse unos día de descanso en la serena naturaleza y la cordial y cálida convivencia junto a los habitantes de la ciudadela. Se organizan actividades recreativas, momentos de reflexión, juegos en familia, paseos. Para reservas o informes: mariapolis@mariapolis.org.ar
L’allora arcivescovo di Trento, mons. Carlo de Ferrari, ebbe il compito di valutare ed approvare per primo, a livello diocesano, il Movimento dei Focolari. Il titolo del recentemente volume pubblicato dall’Editrice Città Nuova “Qui c’è il dito di Dio”, richiama una sua espressione nei confronti della esperienza evangelica che si generava attorno a Chiara Lubich. Siamo agli inizi del 1951 e non tutti, nella Chiesa, la pensano come l’arcivescovo di Trento. Anzi, ci sono da parte di alcuni ecclesiastici tante perplessità: una giovane donna, laica, seguita da religiosi, sacerdoti, laici, uomini e donne, giovani e adulti, in tempi preconciliari, desta sospetto. La prudenza suggerisce di allontanarla e, al posto suo, incaricare forse un sacerdote. È in questo contesto che s’inserisce il rapporto decisivo di Chiara con il suo vescovo. Porta la data del 5 gennaio 1951 la lettera che scrive da Roma, dove si trova, a mons. Carlo de Ferrari. La missiva traspare con forza il momento di prova che attraversa il movimento nascente e lei personalmente. Ma anche l’atteggiamento filiale e obbediente di Chiara verso chi le rappresenta la Chiesa, e del suo pieno abbandono ai piani di Dio. La lettera introduce il volume appena uscito. «Altezza Reverendissima, È vero: la croce fu pesante e lo è ed in questi giorni compresi Gesù “caduto” sotto il peso della croce. Però, Altezza, sono felice, felice. E da Gesù ho ricevuto la grazia per essere pronta ad ogni decisione che la Chiesa darà. Non solo: ma per lasciare i “miei” (per qualche tempo posso ancor dir così) cinquanta Focolarini e Focolarine in tale perfetta unità da poter proseguire il loro cammino senza che nessuno s’accorga di un qualche mutamento. Sono felice, Altezza, di poter donare a Dio tutto ciò che Lui nel campo soprannaturale ha fatto attraverso di me. E La assicuro che qualsiasi cosa succeda Lei mi saprà sempre fedele al mio Gesù abbandonato ed obbedientissima alla Chiesa. Sono arrivata a questo punto perché non ho voluto mai da parte mia rompere l’unità con la Chiesa o meglio con chi me la rappresentava. Se non avessi fatto così forse l’opera non ci sarebbe. Ma Iddio mi diede la resistenza fino all’inverosimile. Ora l’Opera c’è e non morrà. Che sia opera /di Dio/ lo dimostrerà forse il fatto che io dovrò allontanarmi da essa. Se debbo testimoniarLo annientandomi, dopo averLo testimoniato con l’Unità, sono felice. Il culmine della vita d’amore di Gesù è la morte: e nessuno ha maggior carità di colui che pone la vita per gli amici suoi. Lei, Padre, mi fu veramente Padre e mi mostrò (ciò che credevo solo per fede) che la Chiesa è Madre. Io La terrò sempre come Padre qualsiasi sia la Volontà di Dio su di me. Nessuno può proibirmi di obbedirLa e cioè di obbedire alla Chiesa. E ciò che importa per farsi santi è /obbedire/: esser uno. Poco importa che ci comandino di agire o di non agire in un modo o nell’altro. Vero, Padre? Padre Tomasi è un sant’uomo. Soffre moltissimo in questi giorni e non mangia. Soffre per me… Non avrei mai detto che in Lui vi fossero simili sentimenti. Però Lei non si preoccupi, Altezza, che noi Lo sosteniamo ed io in sua presenza rido sempre. Non so dirLe in fin fine che una cosa sola: sono tanto, tanto, immensamente, felice. E Le posso assicurare che Gesù Abbandonato mi sosterrà sempre. Del resto: “Beati quando vi separeranno e, /mentendo/, diranno ogni male di voi. /Rallegratevi /ed /esultate/ perché grande è la vostra ricompensa nei Cieli.” Mi benedica sempre, sua figliola Chiara». Da “Qui c’è il dito di Dio”, Ed. Città Nuova, Roma 2017, pg 97-98. (altro…)
Anne-Marie Pelletier
“Il ruolo della donna nella formazione alla fraternità universale”, il tema della plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, prevista a Roma dal 7 al 9 giugno. Al centro dell’evento 4 conferenze: suor Nuria Calduch-Benages, biblista spagnola, su “La donna educa alla fraternità universale”; suor Raffaella Petrini, docente di Dottrina Sociale della Chiesa, svilupperà il tema “Qualità femminili contro il paradigma tecnocratico: una prospettiva cattolica e sociale sul contributo delle donne alla fraternità”; Marie Derain, giurista francese e difensore civico per l’infanzia, parlerà del tema “Costruire la pace: la parte delle donne”; infine, Clare Amos, del Consiglio Ecumenico delle Chiese, su “Il ruolo delle donne nell’educare alla fratellanza universale”. I partecipanti saranno ricevuti in udienza dal Papa. (altro…)
«Questo non è un semplice incontro di educatori», afferma con emozione una partecipante. «Io non sono la stessa persona che è arrivata qui». «La fraternità, come scelta dell’essere, è il sangue che deve scorrere nelle mie vene». Queste alcune impressioni dei numerosi partecipanti provenienti da molti Paesi del Cono Sud che si sono ritrovati dal 12 al 14 maggio 2017 a Rosario, in Argentina. Oltre ai presenti, circa 500 educatori hanno partecipato alla diretta in streaming durante i vari momenti dedicati al tema del Convegno: “L’apprendimento servizio”, “Educare per un’economia fraterna”, “Il dialogo intergenerazionale”, “Laboratorio di empatia e intercultura”, per citarne alcuni. La prima giornata è iniziata con la visita del governatore di Santa Fe, Miguel Lifschitz e altre autorità istituzionali locali. L’Arcivescovo di Rosario, Monsignor Martin, è intervenuto il giorno successivo e ha esordito affermando che la parola fraternità ci dice che non siamo soli. «In questa patria Dio ci ha messi insieme e la sfida si chiama convivenza. … Voi non state divulgando soltanto teorie, ma partite dalla vita, da fatti concreti».
Sono state messe in rilievo le esperienze di fraternità non solo degli alunni fra loro e con i docenti ma anche le buone prassi tra dirigenti e ispettori, proponendo politiche istituzionali innovatrici a favore dell’intera comunità educativa. Le istituzioni educative ad orientamento artistico, che hanno fatto proprio l’obiettivo della fraternità, hanno testimoniato come si vive l’interculturalità attraverso l’arte, mostrando come può esserci un nuovo modo di essere artista. Il workshop sull’inclusione ha dato il suo contributo chiarendo il concetto per cui “l’altro, il diverso, è un dono”. Il tema sull’educazione e la formazione al di fuori della scuola, che si realizza durante tutto il corso della vita, di cui la fraternità è la metodologia, ha indicato come percorso quello di uscire verso le periferie con un programma centrato sui valori. Le esperienze sul rapporto tra educazione e tecnologia sono state presentate come una grande opportunità per tutti per raggiungere la fraternità, mettendo in rapporto gli alunni fra loro e con i docenti in parità di condizioni e anche come possibilità di tirar fuori il meglio dall’altro per imparare da tutti.
Sono state presentate molte pratiche educative che hanno avuto ottimi risultati, riguardo la potenzialità del linguaggio corporale e del decalogo della regola d’oro nell’ambito sportivo per costruire ponti in questi campi così importanti. Tutto questo può essere riassunto nella proposta educativa di Chiara Lubich, un percorso applicato in tante realtà educative del pianeta, ispirato dall’amore verso il più vulnerabile, l’ “ignorante”, l’abbandonato, colui che viene escluso dal sistema. Un cammino che identifica in chi soffre la presenza di Gesù Crocefisso e Abbandonato: un abbandono che ha avuto la sua risposta d’amore nella Resurrezione; una chiave quindi per costruire la fraternità a partire dalla “spaccatura”. «Parto da qui contento, pieno di speranza, sapendo che esiste questo paradigma, sapendo che c’è molta gente che lavora combattendo la verticalità, la mancanza di ascolto, la mentalità diffusa per la quale la conoscenza è solo in mano al docente, all’adulto – diceva Enzo di Chacabuco, specializzato in musicoterapia -. Questa è una strada diversa. Me ne vado felice e spero che si realizzi presto la seconda edizione di questo Convegno». Fonte: Sito Cono Sud (altro…)