Apr 29, 2016 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Spiritualità

Micheline Mwendike
«Nella Repubblica Democratica del Congo – esordisce Micheline che incontriamo a Castel Gandolfo (Roma) a margine del Congresso OnCity promosso dai Focolari – le differenze sono molto evidenti. Ci sono oltre 400 fra tribù ed etnie e da una città all’altra non solo cambiano le abitudini alimentari ma anche gli idiomi che nel Paese sono più di 800. Inoltre, nella sola Goma, la mia città, ci sono più di 200 tra chiese di diverse confessioni cristiane, moschee musulmane e altre forme di culto». Quando la differenza etnica e religiosa ha cominciato ad essere un problema? «Durante la dittatura del presidente Mobutu le sofferenze della popolazione dal punto di vista economico, culturale e anche politico erano diventate troppo grandi. E la concezione su “chi è l’altro”, con la sua lingua e la sua cultura, è stata manipolata dalle ideologie che hanno portato a ritenere la cultura dell’altro un fattore da eliminare. Così, nel 1992, è iniziata la guerra nei villaggi contro il nemico che era la tribù di fronte. Chi oggi ha meno di 24 anni non può sapere cosa sia la pace perché ha visto solamente la guerra e i danni che provoca. Tutti infatti abbiamo perduto persone care. Ma la guerra non ha distrutto le nostre culture. Esse esistono ancora, con tutta la loro bellezza. Noi giovani che cerchiamo di vivere la spiritualità dell’unità, vogliamo ritrovare i legami che ci uniscono e che ci rendono complementari gli uni agli altri». Sei impegnata in un movimento di giovani che vogliono la pace del Congo, di cosa si tratta? «È un movimento di azione formato da giovani congolesi. Sogniamo una società in cui si rispetti la dignità delle persone e la giustizia sociale. Il nostro Paese è ricco ma i suoi abitanti sono poveri. Vogliamo contribuire attivamente alla costruzione del Congo. Siamo convinti che il cambiamento debba partire da noi congolesi senza distinzioni di tribù, religione, lingua. In questo senso lavoriamo per coscientizzare la popolazione sul suo potenziale e sui suoi doveri. Io stessa, nel coinvolgermi attivamente in azioni per contribuire al cambiamento, mi sento più forte, più protagonista. Anche grazie all’accesso alle informazioni e all’amicizia con persone di tribù diverse, ho capito che in tutti i gruppi ci sono i buoni e i cattivi, che sono stati alcuni leader per motivi di potere a strumentalizzare l’odio». Qual è il vostro contributo specifico come movimento di giovani? «Cerchiamo di far conoscere alla gente la verità sui fatti e sulla vita del Paese. Per esempio: abbiamo denunciato un massacro sul quale il governo non ha fatto alcuna inchiesta per trovare i colpevoli, né cercato di proteggere la popolazione della zona che era stata colpita. Organizziamo discussioni su temi importanti come la pace, il ruolo della comunità internazionale, quello di noi giovani, cercando di gettare le basi su come costruire insieme il nostro futuro. Vogliamo diffondere la convinzione che le soluzioni si trovano nella collaborazione fra tutti. Per noi giovani è difficile capire il perché della spirale di violenza che per lunghi anni ha devastato il Paese. Per i giovani è più facile comprendere che l’appartenenza tribale è uno dei tanti aspetti dell’identità delle persone. Il messaggio che vogliamo far passare è che le nostre rispettive diversità non vanno viste come un motivo di divisione ma come un fattore positivo che rende l’umanità più ricca». (altro…)
Apr 28, 2016 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Dormivo in compagnia dei topi «M’interessavano solo il denaro, i vestiti firmati, le donne e il divertimento. Dopo aver sperimentato il carcere per possesso e spaccio di eroina, ho ricominciato la stessa vita di prima, tra violenza, stupefacenti e alcol. Circa tre anni fa, droga e soldi mi sono stati rubati da chi consideravo amico. Arrabbiato con me stesso, con Dio e con il mondo intero, mi sono lasciato andare. Dormivo in una casa abbandonata, nell’immondizia e in compagnia dei topi. Un giorno, senza chiedersi chi ero, uno sconosciuto mi ha invitato a mangiare a casa sua e ha avuto per me attenzioni da fratello. Mi sono sentito spinto a seguirlo nella chiesa che frequentava e lì, per la prima volta dopo tanto tempo, ho provato una sensazione di pace. In seguito ci sono andato anche da solo: in silenzio per ore, imparavo a pregare. Ho provato a cambiar vita: anche se ho avuto delle ricadute, Gesù mi ha dato la forza di riprendermi ogni volta. Oggi, ospite di una comunità di recupero, cerco di ricambiare l’aiuto ricevuto essendo al servizio di chi ha bisogno». (Samuele – Italia)
La sartoria «Quando passava davanti al nostro laboratorio di sartoria posava uno sguardo triste sui vestiti in vetrina. Un giorno la invitai ad entrare. Era vestita poveramente, ma con gusto. Tornò altre volte e così conobbi la sua storia: per accudire i genitori aveva lasciato il lavoro e, rimasta sola, non aveva più potuto esercitare il suo mestiere di sarta. Parlai con il dirigente della sartoria e la signora venne assunta. Dire che è la più brava è poco. Ho saputo da varie clienti che da quando c’è lei vengono più volentieri in sartoria, si sentono più accolte». (J.B. – Argentina) Inculturarsi «Nella mia scuola elementare sono molti i bambini stranieri. Socializzare con loro non è facile, soprattutto con un gruppo di piccoli Rom: disturbano la lezione, sono aggressivi, spesso hanno i genitori in carcere. Un giorno, per aiutare una collega di quinta, disperata perché non riusciva a gestire la situazione, li ho accolti nella mia classe. Pensando a Gesù esempio di pazienza e mitezza, ho preparato per loro i posti migliori e li ho presentati agli alunni come tutor dei più piccoli. Poi, per renderli protagonisti, ho chiesto di imparare io da loro qualcosa della lingua Rom, dedicando a questo parte della lezione. Ora si comportano meglio e l’inculturazione sta facendo progressi». (E. – Italia) (altro…)
Apr 27, 2016 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità

Foto: Lorenzo Russo
«Sentendovi parlare, mi sono venute alla mente due immagini: il deserto e la foresta. Ho pensato: questa gente, tutti voi, prendono il deserto per trasformarlo in foresta. Vanno dove c’è il deserto, dove non c’è speranza, e fanno cose che fanno diventare foresta questo deserto. La foresta è piena di alberi, è piena di verde, ma troppo disordinata… ma così è la vita! E passare dal deserto alla foresta è un bel lavoro che voi fate. Voi trasformate deserti in foreste! E poi si vedrà come si possono regolare certe cose della foresta… Ma lì c’è vita, qui no: nel deserto c’è morte. Tanti deserti nelle città, tanti deserti nella vita delle persone che non hanno futuro, perché sempre c’è – e sottolineo una parola detta qui – sempre ci sono i pregiudizi, le paure. E questa gente deve vivere e morire nel deserto, nella città. Voi fate il miracolo con il vostro lavoro di cambiare il deserto in foreste: andate avanti così. Ma com’è il vostro piano di lavoro? Non so… Noi ci avviciniamo e vediamo cosa possiamo fare. E questa è vita! Perché la vita la si deve prendere come viene. È come il portiere nel calcio: prendere il pallone da dove lo buttano… viene di qua, di là… Ma non bisogna avere paura della vita, non avere paura dei conflitti. Una volta qualcuno mi ha detto – non so se è vero, se qualcuno vuole può verificare, io non ho verificato – che le parola conflitto nella lingua cinese è fatta da due segni: un segno che dice “rischio”, e un altro segno che dice “opportunità”. Il conflitto, è vero, è un rischio ma è anche una opportunità. Il conflitto possiamo prenderlo come una cosa da cui allontanarsi: “No, lì c’è un conflitto, io sto lontano”. Noi cristiani conosciamo bene cosa ha fatto il levita, cosa ha fatto il sacerdote, con il povero uomo caduto sulla strada. Hanno fatto una strada per non vedere, per non avvicinarsi (cfr Lc 10,30-37). Chi non rischia, mai si può avvicinare alla realtà: per conoscere la realtà, ma anche per conoscerla col cuore, è necessario avvicinarsi. E avvicinarsi è un rischio, ma anche un’opportunità: per me e per la persona alla quale mi avvicino. Per me e per la comunità alla quale mi avvicino. Penso alle testimonianze che avete dato, per esempio nel carcere, con tutto il vostro lavoro. Il conflitto: mai, mai, mai girarsi per non vedere il conflitto. I conflitti si devono assumere, i mali si devono assumere per risolverli. 
Foto: Lorenzo Russo
Il deserto è brutto, sia quello che è nel cuore di tutti noi, sia quello che è nella città, nelle periferie, è una cosa brutta. Anche il deserto che c’è nei quartieri protetti… È brutto, lì anche c’è il deserto. Ma non dobbiamo avere paura di andare nel deserto per trasformarlo in foresta; c’è vita esuberante, e si può andare ad asciugare tante lacrime perché tutti possano sorridere. Mi fa pensare tanto quel salmo del popolo d’Israele, quando era in prigionia in Babilonia, e dicevano: “Non possiamo cantare i nostri canti, perché siamo in terra straniera”. Avevano gli strumenti, lì con sé, ma non avevano gioia perché erano ostaggi in terra straniera. Ma quando sono stati liberati, dice il Salmo, “non potevamo crederci, la nostra bocca si è riempita di sorriso” (cfr Sal 137). E così in questo transito dal deserto alla foresta, alla vita, c’è il sorriso. Vi dò un compito da fare “a casa”: guardate un giorno la faccia delle persone quando andate per la strada: sono preoccupati, ognuno è chiuso in sé stesso, manca il sorriso, manca la tenerezza, in altre parole l’amicizia sociale, ci manca questa amicizia sociale. Dove non c’è l’amicizia sociale sempre c’è l’odio, la guerra. Noi stiamo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”, dappertutto. Guardate la carta geografica del mondo e vedrete questo. Invece l’amicizia sociale, tante volte si deve fare con il perdono – la prima parola – col perdono. Tante volte si fa con l’avvicinarsi: io mi avvicino a quel problema, a quel conflitto, a quella difficoltà, come abbiamo sentito che fanno questi ragazzi e ragazze coraggiosi nei posti dove si gioca d’azzardo e tanta gente perde tutto lì, tutto, tutto. A Buenos Aires ho visto donne anziane che andavano in banca a prendere la pensione e poi subito al casinò, subito! Avvicinarsi al posto del conflitto. E questi [ragazzi] vanno, si avvicinano. Avvicinarsi… E c’è anche un’altra cosa che ha a che fare col gioco, con lo sport e anche con l’arte: è la gratuità. L’amicizia sociale si fa nella gratuità, e questa saggezza della gratuità si impara, si impara: col gioco, con lo sport, con l’arte, con la gioia di stare insieme, con l’avvicinarsi… È una parola, gratuità, da non dimenticare in questo mondo, dove sembra che se tu non paghi non puoi vivere, dove la persona, l’uomo e la donna, che Dio ha creato proprio al centro del mondo, per essere pure al centro dell’economia, sono stati cacciati via e al centro abbiamo un bel dio, il dio denaro. Oggi al centro del mondo c’è il dio denaro e quelli che possono avvicinarsi ad adorare questo dio si avvicinano, e quelli che non possono finiscono nella fame, nelle malattie, nello sfruttamento… Pensate allo sfruttamento dei bambini, dei giovani. Gratuità: è la parola-chiave. Gratuità che fa sì che io dia la mia vita così com’è, per andare con gli altri e fare che questo deserto diventi foresta. Gratuità, questa è una cosa bella! E perdono, anche, perdonare. Perché, col perdono, il rancore, il risentimento si allontana. E poi costruire sempre, non distruggere, costruire. Ecco, queste sono le cose che mi vengono in mente. E come si fa questo? Semplicemente nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa in comune, tutti siamo umani. E in questa umanità ci avviciniamo per lavorare insieme. “Ma io sono di questa religione, di quella…” Non importa! Avanti tutti per lavorare insieme. Rispettarsi, rispettarsi! E così vedremo questo miracolo: il miracolo di un deserto che diventa foresta. Grazie tante per tutto quello che fate! Grazie». Giornata mondiale per la Terra 2016 PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO DURANTE LA VISITA ALLA MANIFESTAZIONE “VILLAGGIO PER LA TERRA” Roma, Villa Borghese Domenica, 24 aprile 2016 Fonte: vatican.va Osservatore Romano, 25 aprile 2016 https://vimeo.com/164233694 https://vimeo.com/164066584 (altro…)
Apr 27, 2016 | Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Incontro. Riconciliazione. Futuro. Tre parole che racchiudono il significato dell’appuntamento di Monaco, nella Karlsplatz (Stachus), dove avrà luogo la manifestazione promossa da oltre 300 movimenti e comunità di diverse Chiese cristiane. Obiettivo: riflettere insieme sulle sfide aperte dell’Europa, e portare alla luce testimonianze della rete a volte nascosta, ma molto attiva, di una società civile che si spende per l’accoglienza, per la solidarietà con i più deboli e svantaggiati, come ponte tra est e ovest, e per il superamento dei conflitti, espliciti o latenti. «L’Europa, cosa ha da dire, cioè da donare, al mondo?» si domanda la presidente dei Focolari Maria Voce, a proposito degli obiettivi di IPE. «L’esperienza di questi 2mila anni di cristianesimo, che ha fatto maturare idee, cultura, vita, azioni, che servono per il mondo di oggi… e che, purtroppo, finora non sono venuti tanto in rilievo. Perché dell’Europa in questo momento vengono in rilievo le difficoltà, i drammi, i muri, l’intolleranza e non viene invece in evidenza tutto questo bene che c’è». Nell’Evangelii Gaudium papa Francesco parla delle ‘città invisibili’ quel “tessuto connettivo in cui gruppi di persone condividono le medesime modalità di sognare la vita e immaginari simili e si costituiscono in nuovi settori umani, in territori culturali, in città invisibili” (EG 74). «Subito dopo però – spiega Jesús Morán, copresidente dei Focolari – il Papa dice che queste città invisibili sono cariche di ambivalenza. Questi territori culturali sono carichi di violenza e di emarginazione, le città invisibili sono anche le mafie. Allora con questa fraternità animata dall’amore» che è lo specifico anche del messaggio di Insieme per l’Europa «vorremmo mostrare le città invisibili del bene, dove ci sono buone pratiche, dove si accolgono i rifugiati, dove c’è la comunione». Quali le attese per questa edizione dell’evento europeo che si situa alla vigilia dei 500 anni della Riforma, in una particolare congiuntura che vede il continente sempre più in crisi, anche per l’incapacità di rispondere coralmente alla crisi dei migranti? Ne parliamo con Ilona Toth – ungherese – e Diego Goller – italiano – , coinvolti in prima persona come Movimento dei Focolari nella preparazione di Insieme per l’Europa. «Di recente si è incontrato presso la sede romana della Comunità di Sant’Egidio, il Comitato d’Orientamento di Insieme per l’Europa, dove convergono i vari movimenti che animano questo cammino. È stato un momento di ulteriore confronto e di elaborazione di idee. Un anno prima del 500° anniversario della Riforma di Lutero (1517-2017), vorremmo mostrare che già esiste una rete di cristiani uniti, che lavorano tra movimenti e tra varie Chiese», spiega Diego Goller. «Cerchiamo di anticipare i tempi, e di dare il segnale che in questo Insieme c’è un segno di un’unità raggiunta, non istituzionalmente o teologicamente, ma nell’essere, essenzialmente, riconciliati: “500 anni di divisione sono abbastanza” è, infatti, il titolo di uno dei momenti della manifestazione. Ci muoviamo anche nella linea di quanto chiesto da papa Francesco e dal patriarca Kirill nella dichiarazione congiunta, cioè che i cristiani dell’Europa orientale e occidentale si uniscano per testimoniare insieme il Vangelo». «Si tratta di un’azione politica nel senso più nobile del termine», afferma Ilona Toth. «Lo scopo è far vedere tutto quel bene che c’è. La profezia di Insieme per l’Europa è insita nel suo nome. Insieme, è il dono della fraternità. Tra noi cristiani, e su più vasta scala con persone di altre religioni, di altre culture. Poi c’è il lato politico, dove l’Insieme si realizza: i carismi come risposte in atto ai problemi anche politici delle città». «A Monaco», conclude, «vorremmo mostrare questa corrente di bene che è già in atto, frutto anche dei valori del cristianesimo maturati lungo i secoli e portati a galla oggi dai vari carismi». La manifestazione del 2 luglio sarà preceduta da un Congresso dei Movimenti (30 giugno/1 luglio) al Circus-Krone-Bau: 17 Forum e 19 Tavole rotonde coinvolgeranno esponenti delle Chiese, della politica, della società civile su argomenti di attualità. In preparazione all’evento di Monaco, lo scorso 21 aprile a Ginevra, presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese, si è svolta una tavola rotonda dal titolo “Europa: quale identità? Quali valori?”. Tutte le info sulla manifestazione su www.together4europe.org Maria Chiara De Lorenzo (altro…)