Feb 11, 2015 | Chiara Lubich, Focolari nel Mondo, Spiritualità
https://vimeo.com/119250701 (altro…)
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Feb 9, 2015 | Chiesa, Famiglie, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
Sr Tina Ventimiglia, Francescana dei Poveri, e Resi e Alessandra, volontarie dell’associazione Randi che nell’impegno a vivere la spiritualità dell’unità, trovano forme impensate per l’incontro e l’accompagnamento. E il riscatto. Il ruolo della prevenzione: creare opportunità di sviluppo nel sud del mondo. L’8 febbraio, in concomitanza con la memoria liturgica di s. Giuseppina Bakhita, suora sudanese, che da bambina fece la drammatica esperienza della schiavitù, si è celebrata la prima giornata mondiale contro la tratta. Una giornata per rompere il silenzio su questa “vergognosa piaga indegna di una società civile”. Così l’ha definita papa Francesco all’Angelus, col cuore gonfio di angoscia per la moltitudine di “uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro e di piacere e spesso torturati e mutilati”, nell’auspicio che “quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuoverne le cause”. È emblematico che a sollevare la questione su questa ‘moderna’ e inaccettabile forma di schiavitù siano proprio le i religiosi che con la loro presenza nei vari punti del pianeta – primi e a volte unici ‘buoni samaritani’ – sanno farsi prossimi a persone cui con violenza è tolta la libertà personale impossessandosi di tutto il suo essere rendendola schiava. Significativa l’esperienza di Tina Ventimiglia, suora Francescana dei Poveri, che con la sua comunità da dodici anni si sta facendo carico, a Pistoia (Italia), di ragazze provenienti dalla strada. “L’immigrazione clandestina e forzata – racconta – mostra spesso un volto femminile, vittima dei cosiddetti protettori. Questi volti il cui sguardo timoroso, diffidente o sprezzante – di chi non sa più fidarsi di nessuno – ci interpellano fortemente. Alla luce dell’insegnamento della nostra fondatrice e del carisma di Chiara Lubich, non le vediamo realtà da sfuggire, scartare, rimuovere, o peggio da condannare, ma ‘piaghe” di Cristo da sanare. Il male non si deve ‘combattere’ ma ‘attraversare’ con l’esercizio di farsi ‘vuoto’ per accogliere la persona così com’è, degna di amore indipendentemente dalla situazione in cui si trova. L’amore non fa calcoli, ama senza misura, e continua ad amare anche quando non viene accolto o capito. Ed è ancora l’amore a farci comprendere i gesti concreti che si possono fare come il percorso sanitario, o giudiziario per restituire attraverso i documenti la propria identità. Come anche l’accompagnamento nella rielaborazione del vissuto e scoprire così le risorse interiori per riprendere a vivere, facendo sentire la persona degna di amore e capace di amare. Senza tralasciare l’offerta di una rete relazionale sana che consenta loro di integrarsi nel territorio con l’inserimento lavorativo e la successiva autonomia abitativa”.
“Randi – racconta Alessandra – è la bambina che 22anni fa Rebecca è venuta a partorire nell’ospedale dove lavoravo. Immigrata clandestinamente a Livorno, non sapeva nulla di italiano ma ugualmente si captava tutta la sua angoscia poiché, non avendo documenti di soggiorno, temeva che le avrebbero tolta la bambina. Accolta senza ragionamenti e pregiudizi, siamo riuscite a trovare una soluzione. Dopo pochissimo tempo più di 70 ragazze in situazioni anche più drammatiche, sapevano di poter contare sulla nostra associazione, che abbiamo chiamato Randi”. “Di che cosa ci occupiamo? – incalza Resi – Spesso siamo di fronte a situazioni di vera e propria schiavitù a fini economici. E’ questo un business che muove un mercato di 24 miliardi di euro e coinvolge, nel mondo tra i 27 e i 50 milioni di esseri umani, soprattutto donne e bambini. Una vera e propria tratta che crea paura, isolamento, incapacità di difesa alcuna. Circa la metà del fenomeno riguarda giovani donne costrette alla prostituzione. Riuscire ad avvicinare queste persone incatenate, cui viene impedito qualunque contatto con il mondo esterno non è davvero facile. A volte la svolta avviene grazie ad un incidente, ad un ricovero ospedaliero, un incontro su un treno. Nel contatto, la spiritualità dell’unità ci aiuta a trasmettere loro che si possono finalmente fidare di qualcuno. E qui avviene il miracolo perché forse per la prima volta non viene chiesto loro nulla in cambio”. Sanare le ferite: la grande scommessa del Vangelo. Ma anche, fin dove è possibile, prevenirle. È in questo versante che sono impegnate le schiere di religiosi e religiose che, portatisi in terre lontane, insieme alla buona novella si adoperano a far crescere la dignità delle persone. È quanto stanno facendo anche i Focolari nel sud del mondo, dove, in 53 paesi dei 4 continenti, sono attivi oltre cento interventi di sviluppo cui sono inseriti 15.000 bambini e le loro famiglie, per creare con essi concrete opportunità di sviluppo da spendere nella propria terra, nella libertà. (altro…)
Feb 7, 2015 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Ventotto anni di matrimonio, quattro figli dei quali tre rimasti a Lubumbashi (Congo) per studiare all’Università. La riscoperta di Dio come amore, il metterlo al primo posto della nostra vita personale e di coppia. Sono questi i presupposti spirituali che ci hanno spinti a lasciare tutto per seguire Cristo. Da lungo tempo le comunità del Movimento in Gabon chiedevano l’apertura di un focolare a Libreville. Ed è così che, nel 2011, arriviamo noi come “focolare-famiglia”. Una scelta, la nostra, che ci ha incamminati ad offrire la nostra disponibilità, lasciare il nostro lavoro e partire per una nuova terra. Mai ci eravamo separati dai nostri figli per un così lungo periodo. Non è stato facile, ma con il consenso di tutta la famiglia, abbiamo sentito di poterlo fare. Erano molti gli interrogativi… ma la fiducia in Dio-Amore era grande. Al nostro arrivo in Gabon la prima preoccupazione è stata di rafforzare il nostro amore vicendevole di sposi. In questo modo l’amore tra di noi è ancora più cresciuto, portandoci a ricominciare sempre ad amarci l’un l’altro e ad amare tutti quelli che incontravamo. Qui abbiamo trovato una comunità davvero accogliente, recettiva e, malgrado le ristrettezze della vita, molto generosa. Abbiamo fatto numerosi viaggi attraversando tutto il Paese, per incontrare le comunità anche le più lontane. Tutti ci hanno accolti con entusiasmo. Addirittura, in certi villaggi, ci attendevano lungo i bordi delle strade, con rami di alberi piantati lungo il percorso per manifestare la loro gioia. La famiglia cristiana qui, come del resto in tutta l’Africa, subisce il contraccolpo delle mutazioni socioculturali, e questo ci interpella molto. Stiamo accompagnando nel cammino di fede molte coppie e ad oggi diverse di loro hanno ricevuto il sacramento del matrimonio, altre stanno facendo il percorso per prepararsi a regolarizzare la loro unione. Abbiamo fortemente sperimentato la provvidenza di Dio, a cominciare dalla casa che è stata donata dall’Arcivescovo di Libreville per le attività del Movimento. Per arredarla, ciascuno della comunità ha portato ciò che poteva: un letto, un materasso, una coppia di lenzuola, un fornello, una forchetta, un piatto… Contemporaneamente, tutte le comunità del Gabon si sono organizzate per aiutare concretamente la nostra vita quotidiana. Periodicamente ci fanno arrivare manioca, riso, banane… spesso qualcuno suona il campanello di casa e con sorpresa vediamo arrivare ciò di cui abbiamo bisogno. L’unità, l’amore, la fede nelle parole del Vangelo ci permettono di superare le immancabili difficoltà che qui incontriamo: la mancanza di lavoro, la malattia, l’incomprensione… Dopo tre anni, siamo tornati a Lubumbashi. Abbiamo trovato i nostri figli cresciuti in età e saggezza. Anche in questo abbiamo visto che il Vangelo è vero. Rivederli è stata una gioia grandissima e con ciascuno di loro abbiamo sentito una profonda unità di cuore e di animo. Quando siamo ripartiti, essi hanno rinnovato la loro disponibilità a ‘mandarci’ nuovamente in missione, che consiste nel far incontrare Dio alle persone attraverso il nostro amore reciproco e coprire, con il calore della famiglia e la nostra unità, il grande desiderio delle comunità del Gabon di un vero focolare”. Jeanne et Augustin Mbwambu (altro…)
Feb 6, 2015 | Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Per la mia formazione professionale di militare e anche per il mio carattere troppo rigido incontravo molte difficoltà nel rapporto con i miei figli. Ero consapevole di dover correggere il mio atteggiamento, ma non sapevo da dove cominciare. Le parole del Vangelo mi invitavano a mettere l’amore alla base dell’educazione dei figli e perciò a fare una svolta nel mio rapporto con loro, una svolta non a metà, ma radicale. Cominciando, ricominciando continuamente, a poco a poco si è aperto il cammino della comunicazione con i figli. Ho cercato di entrare nel loro mondo, di interessarmi di più alle loro inquietudini e aspirazioni. Ho potuto conoscere i loro problemi, abbiamo gioito e sofferto insieme e così si sono annullate le distanze, perfino con quello che era il più difficile. Il mio ruolo di padre ha assunto così un’altra dimensione: sono per loro anche consigliere, amico e fratello». (F. U. – Perù) «Ho 29 anni vengo dallo Sri Lanka. Nel mio Paese facevo il cuoco e lottavo per una maggiore giustizia fra le diverse classi sociali, ma ciò era visto con sospetto e sono stato costretto a lasciare la mia terra per venire a vivere in un Europa dove tutto per me è diverso. Appena arrivato, mi sono sentito tremendamente solo e pieno di rabbia nei confronti di tutti. Nel campo profughi, poi, in mezzo a tanti sconosciuti, qualcuno mi ha parlato di alcuni giovani cristiani col mio stesso ideale: contribuire a fare migliore il mondo. Meravigliato all’idea che altri avessero il mio stesso sogno, mi sono sentito rincuorato e ho cominciato a guardarmi intorno, a essere più cordiale con gli altri, a salutare: sono nati rapporti umani fra la gente, con grande stupore dell’assistente sociale. Sono buddhista e attraverso il rapporto con occidentali cristiani si è accresciuta anche la mia fede. Una massima di Buddha dice: “Condividere mente e spirito con molti altri”». (S. – Sri Lanka) «Credevo, scegliendo di andare a Lourdes come barelliere Unitalsi al servizio degli ammalati, di sperimentare un pellegrinaggio pieno di sorprese, con “effetti speciali”. In realtà Dio, accettando la mia buona volontà e queste intenzioni non del tutto disinteressate, si è servito di questa circostanza per farmi capire ciò che lui voleva, e cioè che il mio servizio agli ammalati è sì importante per loro, ma che anche e soprattutto io “ho bisogno di loro”. Perché – lo dico come sintesi dell’esperienza fatta a Lourdes – se io sono fortunato a donare ciò che ho ricevuto gratuitamente da Dio, gli ammalati ti contraccambiano con il massimo che possono darti: può essere un sorriso, un segno di gratitudine, un caldo saluto…». (M.G. – Italia) Fonte: Il Vangelo del giorno, febbraio 2015 – Città Nuova Editrice (altro…)
Feb 5, 2015 | Chiesa, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
A scuola del Vangelo: un appuntamento che si ripete ogni due mesi e che coinvolge tutto il villaggio, compresi il parroco e il Fon, la regale autorità del posto. Il programma? Approfondire un brano del Vangelo, cogliendone le sfaccettature che più si prestano all’applicazione quotidiana, per darselo come filo conduttore fino al nuovo appuntamento. Nel quale, nello spirito di comunione, proveranno a condividere come sono riusciti a farlo diventare vita e darsi reciprocamente nuova lena per continuare l’esperimento. Questa dinamica, iniziata a Fontem – la cittadella dei Focolari del Camerun – per volere del loro Fon si riproduce anche ad Akum, altro villaggio del Camerun. Inizialmente l’affluenza è prevalentemente al femminile. Ma via via vi partecipano sempre più anche uomini, verosimilmente colpiti (anche se non ammesso apertamente) dal cambiamento delle mogli. Proviamo a captare qualcosa dai loro racconti. «Mi chiamo Suh Nadia – esordisce una ragazza -. Con alcuni miei compagni di scuola ci eravamo accordati di unirci alla preghiera mondiale dei giovani dei Focolari che si chiama Time-out. All’inizio eravamo in sei, poi dodici. Ad un certo punto è venuto a saperlo il preside, che mi ha chiamata in direzione. Pensavo: adesso ci punirà perché per qualche minuto interrompiamo lo studio. Mi sono fatta coraggio ed ho cercato di spiegargli l’importanza di questa preghiera. Infatti, anche se in Camerun c’è la pace, ci sono tanti Paesi intorno che stanno soffrendo per la guerra, per cui dobbiamo pregare per loro. Il preside, dopo avermi ascoltato, mi ha ringraziato e mi ha detto che provvederà a modificare l’orario delle lezioni affinché tutti gli studenti possano unirsi a noi». A prendere la parola è ora Evangeline: «Andando a casa di mia zia, mi sono accorta che i vicini maltrattavano una ragazza che era con loro, che, per sfuggire, era andata a dormire in chiesa. Riaccompagnandola a casa, il parroco ha cercato di convincere i suoi a trattarla bene. Ma non appena andato via, i due l’hanno sgridata. Piangeva forte. Le sono andata vicino, l’ho ascoltata con amore e ho deciso di andare a parlare con i suoi. Anche se la zia mi ha sconsigliata, pensando a quanto suggerisce il Vangelo, il giorno dopo sono andata lo stesso. La signora mi ha detto che non era loro figlia, ma una ragazza che faceva loro da infermiera. “Proprio perché lei vi aiuta” – ho detto – dovreste trattarla come una figlia”. La donna non sembrava darmi attenzione, ma il marito mi ascoltava: “Chi sei?”, mi ha chiesto, “Chi ti manda?”. Sentendo che ero andata di mia iniziativa, mi ha ringraziata e mi ha promesso che non la maltratteranno più. Vedendo poi che la ragazza non aveva quasi nulla da mettersi, le ho portato alcuni miei vestiti». Veronica cucina normalmente anche per la suocera. Un giorno la donna le dice che per un problema agli occhi non riesce neppure a vedere ciò che mangia e che forse è meglio non portarle più cibo. Veronica prende un appuntamento all’ospedale e la sera prima va a dormire da lei. In quella città abitano due figli della donna, i quali però non si dimostrano per nulla interessati. I medici decidono di operarla subito e così Veronica, nonostante i suoi impegni di lavoro, rimane con lei in ospedale per una settimana. Al ritorno a casa, neppure gli altri figli della donna si interessano della madre, così Veronica continua ad andare a curarla e portarle da mangiare, senza far caso che i figli vadano dalla madre solo quando c’è lei, per approfittare anche loro del cibo. «È la quarta volta che vengo a queste riunioni di ‘nuova evangelizzazione’ – conclude Veronica – cerco solo di mettere in pratica ciò che qui imparo». «Mi erano rimasti soltanto 2000 franchi camerunensi (equivale a circa 3 Euro) e avevo la spesa da fare» racconta Marie a proposito del brano del Vangelo ‘Date e vi sarà dato’. «Per risparmiare sono andata al mercato lontano 6 miglia, con ancora in mano 700 frs. Tornando, con ancora in mano 700 franchi, mi accorgo che non avevo preso l’olio. Decido di comprarlo vicino casa: i miei 700 frs mi sarebbero bastati appena. Stavo per attraversare la strada quando una ragazza mi batte sulla spalla: aiutami a comperare le spezie, mi chiede. Una voce dentro mi dice: dare! Così le ho pagato le spezie: 250 frs. Con ciò che mi era rimasto potevo comperare mezzo litro d’olio. Un uomo che conosco mi chiede di comperare per lui il sale: sono 100 frs. Infine mi si avvicina un ragazzo e anche lui mi chiede di pagargli le spezie: altri 200 frs. Guardo i soldi rimastimi in mano: non potevo più comperare nessun olio. Tornata a casa chiedo ai figli di riscaldare i contenitori per vedere se usciva ancora un po’ di olio, ma erano completamente vuoti. Allora li ho mandati dal negoziante a chiedere se poteva darci un po’ di olio a credito, ma non ne aveva. Neppure la mia vicina ne aveva da prestarmi. Come avrei fatto a cucinare per i miei figli? In quel momento arriva il figlio di una mia cara amica con un cesto sulla testa. “Vengo da te”, mi ha detto. “Mia madre non era riuscita a venire per la morte di tua madre e adesso lei ti manda questo cesto”. Lo apro e c’erano noci di cocco, pesce secco e… 5 litri di olio!». (altro…)