Mag 28, 2014 | Chiesa, Cultura, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale
Ruth Pfau, un medico che ha profuso il suo impegnato e servizio in Pakistan, con un lavoro per la pace molto al di là dell’assistenza sanitaria. Una cristiana che – a detta del vescovo evangelico Christian Krause – “ha superato gli abissi tra uomini e donne in una società dominata da uomini, tra ricchi e poveri, tra tradizione e modernità, tra culture estranee”. Una suora che ha fatto sperimentare l’Amore di Cristo a persone dalle convinzioni più varie, come ha sottolineato Mons. Joseph Coutts, presidente della Conferenza episcopale pakistana, nel ringraziarla a nome della chiesa pakistana. Con l’aiuto dell’Associazione tedesca per l’aiuto contro la lebbra e tubercolosi (DAHW) Ruth Pfau ha costruito un ospedale nella metropoli pakistana di Karachi. Per il suo programma di controllo della lebbra e della tubercolosi è stata nominata segretaria di stato dal governo del Pakistan. Da oltre 20 anni collabora con la missione di “Christoffel” per aiutare i non vedenti, guadagnandosi una grande stima in una società quasi interamente musulmana. Apprezzamento per questa donna nata nel 1929, anche da parte del vescovo di Aquisgrana Heinrich Mussinghoff e dalla presidente dei Focolari Maria Voce, che la considera una “testimone dell’amore di Dio e artefice di una società più giusta e fraterna”. Che cosa la accomuna con il teologo Klaus Hemmerle, già vescovo di Aquisgrana, un suo coetaneo scomparso nel 1994, di cui il Premio conferito ogni due anni dal Movimento dei Focolari ricorda la figura e il patrimonio spirituale? A sottolinearlo è il giornalista televisivo e professore di teologia Michael Albus, che ha tenuto la laudatio nel duomo di Aachen (Aquisgrana) dove, l’8 maggio scorso, si è svolta la cerimonia di conferimento.
“Avere il coraggio di osare un salto, decisi ad aiutare subito dove c’è bisogno. Senza giustificazioni teoriche, politiche o addirittura teologiche. E senza chiedere – come si usa nel mondo capitalistico – quale sarà la mia ricompensa?”, questo è un tratto comune ai due, come lo è il desiderio di costruire ‘una chiesa che salva Dio nel mondo dalla morte per assideramento’ – come ricordava San Martino –”. Ruth prende la parola: “Possiamo aiutarci vicendevolmente ad essere uomini e rimanere pieni di umanità”, afferma. Un segno di questa umanità per lei significa “perdere del tempo” – è questo che le ha insegnato l’Asia. Negli ospedali e nelle case per anziani in Germania, questo si trova raramente. Per lei è un segno di perdita di umanità. Si congratula che il premio dia onore a questa “perdita di tempo”, anche se nella motivazione si evidenzia la sua capacità di “costruire ponti, artefice di unità attraverso la sua donazione radicale ai poveri, a partire dalla sua fede vissuta con forza e convinzione in un ambiente carico di conflitti”. (altro…)
Mag 27, 2014 | Chiara Lubich, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
La storia di Trento – città natale di Chiara Lubich – non dimentica quel devastante bombardamento del 13 maggio 1944, che rase al suolo vite, case, ideali. Lo stesso giorno, 70 anni dopo, la città ha visto “un bombardamento di atti d’amore”. Lo dicono alcuni dei bambini presenti. È sempre maggio. La piazza Duomo di Trento, quell’enorme salotto affrescato, accoglie anche quest’anno oltre 2500 bambini, provenienti dalle scuole di 23 Istituti scolastici della città. Insieme a loro, studenti delle medie e del liceo, insegnanti, genitori, nonni, rappresentanti delle istituzioni, il Sindaco e diversi assessori. Si tratta di un appuntamento che è entrato a far parte della storia degli ultimi 11 anni della città. Vi convergono tutte le scuole per raccontarsi in mille modi come si è cercato durante l’anno di vivere le frasi del dado e come si è riusciti ad essere “attori di pace”. Il programma si è sviluppato attorno al tema del “conflitto”: come abitarlo, come affrontarlo, come risolverlo. Toccante il momento del Time out, un minuto di silenzio e preghiera per ricordare i Paesi sconvolti da conflitti, con un pensiero particolare alle circa 300 studentesse rapite in Nigeria. Un lungo minuto che, con il ritocco delle campane del Duomo a mezzo giorno, ha raccolto la vivacissima piazza. Festa in una splendida giornata di sole. La città è risultata invasa da un’onda di pace, con migliaia di messaggi e racconti di “atti d’amore” scritti e distribuiti a passanti, negozianti, turisti. Con centinaia di disegni che coloravano via Bellenzani, la principale arteria del centro storico. Protagonisti anche in quest’edizione i bambini, entusiasti e convinti che “la pace comincia da me”. Il giornale L’Adige titolava in prima pagina La piazza invasa dai portatori di pace. E il quotidiano Trentino: “Che bella iniezione di speranza vedere migliaia di bambini vestiti con berretti e magliette di tutti i colori, diventare quasi un arcobaleno vivente e gridare all’unisono “pace”. Anche la Rai e altre tv e radio regionali hanno voluto raccontare questa speranza.
La festa “Trento città della pace” conclude il percorso annuale di educazione ai valori attuato nelle scuole della città e condiviso tra un centinaio di insegnanti, dei vari ordini di scuola, negli incontri mensili del “Tavolo Tuttopace”. L’iniziativa comincia 11 anni fa, con una classe di bambini di terza elementare, la loro maestra e quel dado della pace tirato ogni mattina per vivere una delle sue sei facce. Con quel Giornalino Tuttopace, attraverso il quale veicolare e raccontare ad altri bambini i loro fatti di pace, disegni, poesie, canzoni, e che oggi, inserito sul giornale del Comune, arriva nelle case di tutte le famiglie di Trento. E, ancora, con il realizzare insieme all’allora sindaco Alberto Pacher quella “Aiuola della Pace”, con il dado al centro, perché i passanti potessero “osservare e imparare”. Oggi, legato a questa storia, si è avviato il progetto “Trento, una città per educare”, che interessa i sette istituti comprensivi della città, con le scuole dell’infanzia, primarie, secondarie, scuole paritarie, istituti superiori, scuole della Provincia a cui si collegano quelle di altre città. Insieme a bambini e insegnanti, anche le famiglie seguono un proprio percorso formativo. E con esse il territorio, l’amministrazione comunale e provinciale, altre istituzioni e associazioni. http://vimeo.com/68603474 (altro…)
Mag 26, 2014 | Chiesa, Ecumenismo, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Spiritualità
“Ut unum sint”, che tutti siano una cosa sola: questo il motto del pellegrinaggio di Francesco in Terra Santa, per ribadire l’impegno a “camminare insieme verso l’unità” dei cristiani, cercando pure “un autentico dialogo con l’Ebraismo, l’Islam e le altre tradizioni religiose” [dalla dichiarazione comune firmata da Papa Francesco e dal Patriarca Bartolomeo]. Se, infatti, il centro del viaggio era l’incontro al Santo Sepolcro con il patriarca greco ortodosso di Costantinapoli Bartolomeo ed i responsabili delle Chiese di Gerusalemme, per rinnovare l’unità espressa da papa Paolo VI e il patriarca Atenagora 50 anni fa a Gerusalemme, la presenza del Papa in Terra Santa ha avuto senza dubbio un risvolto forte nel dialogo tra le religioni e una spinta nel cammino della pace. Lo testimoniano le attese del rabbino David Rosen, direttore internazionale degli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee. Intervistato da Paolo Lòriga, inviato di Città Nuova, nella sua casa a Gerusalemme, dichiara che “la maggioranza degli ebrei e dei rabbini valuta questa visita in maniera molto positiva”, e che la presenza di Francesco “può produrre un profondo positivo impatto nella coscienza ebraica e nella concezione dei cristiani”. Rosen è uno dei 400 firmatari – tra rabbini e personalità ebraiche -di un messaggio di benvenuto al Papa, un gesto non solo di cortesia, ma segno della “riscoperta della fraternità tra ebrei e cattolici. Sono sicuro – aggiunge – che la visita sarà un evento meraviglioso, un’occasione di festa e di gioia”.
E lo testimonia il grido di esultanza al termine dell’invito di Papa Francesco a Peres e Abbas: “Invito il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il presidente israeliano Simon Peres ad elevare insieme con me un’intensa preghiera, invocando da Dio il dono della pace”. Il Papa parla da Betlemme, il 25 maggio, dopo la messa celebrata nella Piazza della Mangiatoia. “Offro la mia casa in Vaticano per ospitare quest’incontro di preghiera”. «Una sorpresa per tutti noi», dichiara mons. William Shomali, vicario per la Palestina del patriarca cattolico latino, grande tessitore di rapporti, dato che i tentativi di arrivare ad una preghiera comune durante la visita non erano andati a buon fine. Tana Imseeh viene da Ramallah e lavora al ministero del Welfare: “Abbiamo ascoltato un annuncio storico che, sono sicura, porterà frutti di pace”, dichiara all’inviato.
Il Papa era arrivato a Betlemme dalla Giordania, dove è stato accolto calorosamente dal Re Abdallah II. Lì il Papa si è recato nel luogo del battesimo di Gesù, incontrando 600 persone, tra i rifugiati siriani, giovani feriti e disabili. Una volta in Palestina, sfidando il protocollo, ha rivolto alle autorità palestinesi l’auspicio che “le spade si trasformino in aratri e questa terra possa tornare a fiorire nella prosperità e nella concordia”. Con forza ha sostenuto che “è ora di porre fine a questa situazione di conflitto sempre più inaccettabile”, indicando che “è giunto il momento per tutti di avere il coraggio della pace”. Nel percorso verso la Piazza della Mangiatoia si passa vicino al muro che divide Betlemme da Israele, il Papa chiede di fermare la jeep per avvicinarsi al muro: vi ha sostato davanti raccogliendosi in preghiera per qualche minuto. Poi è avanzato sino a poggiarvi la fronte, a condividere fisicamente la sofferenza di un popolo. La sosta non era prevista dal programma, ma papa Francesco confida: «È difficile costruire la pace, ma vivere senza pace è un tormento». Sito del Vaticano: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/travels/2014/outside/documents/papa-francesco-terra-santa-2014.html Sito ufficiale della visita in Terra Santa: http://popefrancisholyland2014.lpj.org/ Sito ufficiale della visita in Giordania: http://popevisit.jo/ Leggi anche: Un testimone dell’incontro tra Paolo VI e Athenagoras – Fonte Città Nuova online Giordania – Francesco elogia cristiani e musulmani – Fonte Città Nuova online (altro…)
Mag 24, 2014 | Chiesa, Dialogo Interreligioso, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
«Il dialogo può portare ad una azione benefica congiunta, sostiene Re Abdallah II di Giordania. Queste semplici ma incisive parole riflettono la grande statura umana e spirituale del sovrano e dell’intera famiglia hashemita. Lui davvero ci crede nel dialogo e non sta misurando sforzi per metterlo in pratica in questa parte del globo che da decenni ormai di sfide ne ha tante e dove non è per niente scontato mantenere alta la bandiera della convivenza pacifica e della tolleranza.
Accogliere papa Francesco è un’ulteriore dimostrazione concreta di chi vuole allacciare rapporti o rinforzarli, di chi vuole decisamente lavorare insieme per la concordia e la pace. Ed è impressionante quanto questo piccolo Stato, a stragrande maggioranza musulmana, sta adoperandosi perché la più alta personalità cattolica possa sentirsi a casa. Nelle vie di Amman da giorni si possono notare megaposters con i volti sorridenti di Francesco e Abdallah II che si stringono la mano. Accanto un espressivo “maan” che vuol dire “insieme”. Il Nunzio Apostolico, mons. Giorgio Lingua, alcuni giorni fa ci confermava entusiasta che si sente che la famiglia reale fa tutto con calore, col cuore. Possiamo sottolineare che non c’è niente di artificiale, ma è ovvio che il Paese ne guadagnerà sia in visibilità sia economicamente, se solo pensiamo alla maggiore promozione del turismo. Ma questo vuol dire intelligenza e non falsità. Papa Francesco non poteva fare a meno di cominciare qua il suo pellegrinaggio in Terra Santa! Così avevano fatto Paolo VI nel 1964 accolto dall’allora giovane Re Hussein, Giovanni Paolo II nel 2000, Benedetto XVI nel 2009, entrambi accolti invece da Re Abdallah II. Certo non sono giorni rosei in questa regione ormai segnata dall’instabilità. Il conflitto nella vicina Siria è una scossa per i paesi limitrofi in tutti i sensi. Basta pensare al milione e passa di profughi siriani, oppure le migliaia di iracheni che negli ultimi anni hanno trovato qui un rifugio sicuro. Ma accogliere tutta questa gente in un paese che è tra quelli che più soffrono per la scarsità di acqua ci dà un’idea dell’animo generoso dei giordani. Senza parlare del lavoro già scarso per i nativi, figuriamoci adesso con la popolazione che è incrementata, secondo le stime, almeno del 30% in soli 2 anni.

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La chiesa locale da alcuni mesi cura nei minimi particolari il programma del Papa del sabato 24 Maggio. Dopo l’arrivo all’aeroporto, la celebrazione della messa nello Stadio di Amman e in seguito il pellegrinaggio di papa Bergoglio sulle rive del Giordano, luogo del battesimo di Gesù. Lì è atteso l’incontro con alcune decine di persone diversamente abili, volontari, rifugiati. La domenica mattina il Papa lascia il Paese per continuare il pellegrinaggio a Gerusalemme. All’aeroporto abbiamo visto una anziana che arrivava da Baghdad, insieme a tanti altri cristiani che accorrono dai paesi vicini. Quella signora aveva difficoltà a camminare, una salute non proprio vigorosa, condizioni sufficienti per fare a meno di un viaggio così impegnativo. Invece trasmetteva una fede enorme, come di chi sente l’importanza di rimettere la propria vita, il proprio popolo, il futuro di questa regione ai piedi del vicario di Cristo, il solo che può infondere nuova speranza in giorni migliori di convivenza pacifica fra tutti». Fonte: Movimento dei Focolari in Giordania Leggi anche: Francesco elogia cristiani e musulmani Un’occasione per gli ebrei di conoscere i cattolici oggi (altro…)
Mag 24, 2014 | Focolari nel Mondo
«A Betania Oltre il Giordano sarà una donna musulmana a raccontare al Papa l’esperienza dei profughi della Siria. E dopo di lei parlerà anche un cristiano iracheno. Sì, perché – anche se non ne parla più nessuno – qui in Giordania ci sono ancora 500mila profughi iracheni. E anche il loro è un Paese in cui si continua a morire, proprio come in Siria».
Nella Terra Santa che aspetta il Papa c’è una vigilia che non ha decisamente tempo per palchi e bandiere: quella di chi è stato costretto dalla guerra a lasciare la propria terra. A raccontarla è Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania: un laico focolarino di 40 anni, che da tre ormai ha a che fare quotidianamente con le storie e le tragedie di chi scappa dalla Siria. Proprio in questi giorni che precedono l’arrivo del Papa è già arrivato ad Amman il presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, insieme al comitato esecutivo dell’organismo che raggruppa gli organismi caritativi delle conferenze episcopali di tutto il mondo. Insieme stanno facendo il punto sugli interventi in atto per l’emergenza Siria, ma anche sulle ferite drammatiche che restano aperte. In Giordania fin dal 2012 la Caritas è attiva con il campo profughi di Mafraq a cui si è successivamente affiancato anche quello di Zarqa.
«Quanti sono i profughi siriani in Giordania? Le cifre del governo parlano ormai di 1.350.000 persone – ci risponde Suleiman – Ma non potete capire fino in fondo che cosa significhi per noi giordani questa storia se non tenete presente anche tutto il resto. Perché nel mio Paese prima erano già arrivati i profughi palestinesi nel 1967. Poi è stata la volta dei libanesi negli anni Ottanta e degli iracheni negli anni Novanta. E lo sapete che negli ultimi due anni anche gli egiziani con visto di lavoro sono raddoppiati? Sì, c’era un accordo tra i nostri due Paesi, così molti di quelli che sono scappati da Il Cairo a causa delle violenze sono venuti comunque qui». Anche per questo nella delegazione di circa quattrocento persone che incontreranno il Papa a Betania Oltre il Giordano – il sito archeologico dove si ricorda il battesimo di Gesù -, ci saranno anche i poveri e i disabili della Giordania. È infatti quasi impossibile, ormai, tracciare dei confini tra le diverse sofferenze: «Si dice: voi giordani non avete avuto la guerra, ed è vero – continua ancora il direttore di Caritas Giordania – Ma tutte le devastazioni create dai conflitti nei Paesi vicini hanno avuto ripercussioni pesanti qui da noi. Penso per esempio alle scuole dove oggi abbiamo cinquanta alunni per classe o alle difficoltà enormi a garantire l’acqua o l’elettricità per tutti. Anche la Giordania sta soffrendo. E ci chiediamo: qual è il futuro del nostro Paese?».

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Anche per questo a Betania Oltre il Giordano si attende dal Papa soprattutto una parola di speranza. L’incontro con i poveri avverrà in una chiesa che è ancora un cantiere: in questo sito che il regno di Giordania ha voluto valorizzare per i pellegrinaggi cristiani, concedendo a ogni confessione la possibilità di costruire una nuova chiesa; quella latina – la cui prima pietra fu posta da Benedetto XVI nel 2009 – è ferma alla struttura muraria essenziale. Già nel mese di gennaio, però, il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal ha presieduto qui la liturgia dell’annuale pellegrinaggio al Giordano dei cristiani locali nella festa del Battesimo di Gesù. Un cantiere che probabilmente diventerà un simbolo anche della ricostruzione umana che i poveri e i profughi cercano oggi in questa durissima periferia del mondo. «Tanti tra i cristiani della Siria che accogliamo qui ci chiedono: “Ma Dio c’è ancora?” – racconta Suleiman -. È una domanda in cui c’è tutta la loro disperazione. E anche la nostra fatica oggi nel dare una risposta». Fonte: Vatican Insider Guarda anche: Servizio sulla Caritas – Giordania http://vimeo.com/74919106 (altro…)
Mag 23, 2014 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
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