Movimento dei Focolari
Africa: Presi dal mistero

Africa: Presi dal mistero

«Ho amato la pioggia torrenziale e il vento degli uragani che all’equatore piombano improvvisi, nel mese di marzo, investendo con la loro furia tutto quello che incontrano. È una furia che fa giustizia e ristabilisce l’equilibrio in quel pezzetto di creato: i rami di un albero che sono cresciuti troppo si spezzano; le palme che sono diventate troppo alte, si schiantano lasciando un moncone… come un cippo funerario; i nidi non sufficientemente ancorati volano nel fiume così come qualche tetto di casa; i tuoni e i fulmini, che si susseguono sempre più forti, sembrano avercela con qualcuno; l’acqua penetra col vento dalle porte, dalle finestre, dai tetti… È la natura che arriva, che riporta all’origine l’opera delle creature, che ricorda a tutti che siamo nudi e che nulla ci appartiene…. questa forza mi è apparsa sempre come un ritorno benefico alle origini. Non mi faceva paura, anzi mi dava pace. Era come un rinnovato incontro con il Creatore che ti toglie il superfluo per ricordarti che tutto è vanità. Ho amato il fango che, nella stagione delle piogge, è la realtà onnipresente con cui ti devi confrontare, sia che cammini a piedi, sia che corri in macchina. Qualsiasi cosa tocchi ci lasci sopra l’impronta rossastra del fango che ti accompagna – o che ti ossessiona, se non lo ami: i libri, le scarpe, i vestiti… persino il pane e i capelli. Ma, se lo ami, ti fa sorridere, diviene come un amico.

Da sinistra: Lucio Dal Soglio, Georges Mani, Dominic Nyukilim, Teresina Tumuhairwe, Benedict Murac Manjo, Marilen Holzhauser, d. Adolfo Raggio,
Nicolette Manka Ndingsa

Ho amato la polvere. Se uno non lo prova, non può sapere cosa sia la polvere in Africa. La polvere durante la stagione secca è nell’atmosfera. È il deserto che arriva con una minaccia premonitrice: l’harmattan, il vento violentissimo che spazza la zona sub-sahariana tra ottobre e marzo, oscurando il sole, avvolgendo uomini e cose in un pulviscolo radiante calore e bagliore accecante. È la polvere, quella delle strade, dei campi secchi, che viene sollevata dall’harmattan e si confonde con lui, che fa del creato una palla infuocata. La tentazione è quella di ribellarsi, di scappare, di nascondersi da qualche parte, di protestare. Ma protestare presso chi? Nascondersi dove? Come al solito l’unica protesta possibile è quella verso noi stessi: bisogna cambiare gli occhi, amare la polvere. Io la chiamavo la polvere “sterile”, lasciavo che entrasse nelle narici e nei bronchi. Già, non poteva far male, perché era… sterile. Ho lasciato che seccasse le mie labbra fino a farle rompere e che facesse uscire il sangue dal naso. Già, era la mia polvere d’Africa! «Ho amato l’umidità e la muffa. La muffa che rammollisce tutto e fa staccare persino le suole delle scarpe. L’odore di muffa grassa e soffocante che ti viene addosso quando apri un armadio, che porti con te assieme alla tua camicia, che respiri in un’aula scolastica o in una chiesa. La muffa è un “compound” che ingloba tutti gli odori, è la percezione permanente del degrado delle cose. Col tempo ho imparato a capire e ad amare tutte queste cose. Amandole mi sono scoperto parte di esse e non ho mai cercato di distaccarmene». (Lucio Dal Soglio: “Presi dal mistero, agli albori dei Focolari in Africa”, Città Nuova editrice, Roma, 2013). Per informazioni: 06.94798193 (Movimento dei Focolari) 06.96522200 (Città Nuova Editrice). Email: info@focolare.org (altro…)

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Sophia: primo dottorato “congiunto”

L’aula magna dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), la mattina del 28 ottobre scorso, era gremita e festosa come nelle grandi occasioni. Infatti si svolgeva il primo dottorato assegnato congiuntamente da due atenei accademici: la Pontificia Università Lateranense e lo IUS. Si è trattato del dottorato in virtù del quale Don Stefano Mazzer, salesiano, ha conseguito contemporaneamente il dottorato in Teologia conferito dal Laterano e quello in Cultura dell’Unità conferito dallo IUS. Egli ha sostenuto con passione la discussione della sua tesi: “Li amò fino alla fine”. Per una fenomenologia teologica del non dell’amore: percorsi storici e prospettive sistematiche”. Attraverso una rigorosa e coinvolgente carrellata storica che ripropone il tracciato del pensiero filosofico occidentale da Parmenide a Schelling e quello della mistica cristiana da Francesco d’Assisi a Chiara Lubich, Mazzer giunge ad illustrare la novità dell’amore vissuto da Gesù nel suo abbandono sulla croce come apertura di uno spazio nuovo di rapporto tra l’io e il suo altro, in Dio e nel mondo. Si tratta – argomenta – di quella “trinitizzazione” (così l’ha definita Chiara Lubich) dei legami che è, al tempo stesso, «dono proveniente dalla Trinità in virtù dell’incarnazione del Figlio e della sua morte e risurrezione» e «reale esperienza della partecipazione alla vita stessa di Dio» nel dispiegarsi dei rapporti interpersonali. Erano presenti, a sottolineare la singolare valenza accademica dell’evento, il Copresidente del Movimento dei Focolari, Don Giancarlo Faletti, il vescovo di Limerick (Irlanda) Brendan Leahy, Professore di Ecclesiologia presso lo IUS, il Prof. Andrea Bozzolo, Preside della Sezione torinese della Facoltà di Teologia dell’UPS, tra gli altri. Come ha sottolineato il Preside dello IUS, Mons. Piero Coda, lo spessore della ricerca e la sua qualità esistenziale e interdisciplinare oltreché teologica fanno della tesi di Mazzer, che presto vedrà la pubblicazione, il più felice e appropriato esordio per i dottorati in teologia in sinergia tra lo IUS e Facoltà di Teologia come quella del Laterano. Simili accordi di dottorato congiunto sono già in vigore, infatti, con la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale (Firenze), la Facoltà Teologica Pugliese (Bari), e la Facoltà di Teologia di San Miguel (Buenos Aires, Argentina). Fonte: Istituto universitario Sophia online (altro…)

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Filippine colpite dal tifone Haiyan

«C’è bisogno di tutto, perché la città di Tacloban praticamente non esiste più». È la notizia che ci arriva direttamente dalla comunità dei Focolari nelle Filippine in queste ore drammatiche dopo il passaggio del tifone Haiyan e la distruzione che ha portato lo scorso 9 novembre, in particolare nelle isole di Leyte e Samar. È uno dei più violenti tifoni della storia: comunicazioni ed elettricità sono interrotte in molte zone e con il passare delle ore il bilancio si aggrava. Tacloban è la città più colpita. Capoluogo della provincia di Leyte, isola al centro sud ovest, su 200.000 abitanti, sono oltre 10.000 i morti stimati, e il numero sembra destinato a salire. In questa città, come in tante altre isole, è presente una comunità dei Focolari. Tanti centri abitati sono irraggiungibili: «Dalle altre isole stiamo cercando di metterci in contatto e di portare i soccorsi, ma le comunicazioni sono ancora difficili», scrivono Carlo Gentile e Ding Dalisay da Cebu. «Una focolarina medico, Himmel, insieme a Rey e Ladyliz hanno tentato di raggiungere Tacloban attraverso il porto di Ormoc, sempre sull’isola di Leyte, ma anche questa città è completamente distrutta e tutte le strade impraticabili». «La sera del 10 novembre alcuni giovani gen di Tacloban, che si trovavano a Cebu al momento del tifone, sono partiti con una nave della guardia costiera, per andare a verificare come stanno i loro famigliari e rendersi conto della situazione. Ma per le correnti costiere ha dovuto cambiare rotta ed è arrivata dopo 18 ore di navigazione anzichè 5». «Anche altre famiglie di persone con cui siamo in contatto nell’isola di Panay, sempre sulla traiettoria del tifone, hanno avuto la casa o distrutta o fortemente danneggiata». La regione centrale delle Filippine, con l’arcipelago delle Visayas, è tra quelle più a rischio per la frequenza delle tempeste tropicali. Consapevole del rischio, il governo aveva fatto evacuare 600.000 persone e  – come scrivono ancora da Cebu – «aveva fatto il possibile per coscientizzare le persone e cooperare al massimo alla preparazione dei rifugi. L’arcivescovo di Cebu, mons. Palma, aveva invitato tutti a pregare, per chiedere aiuto a Dio. Grazie a tutto questo sembra che i danni alle persone siano minori di altre volte, anche se il numero dei morti è purtroppo destinato a salire». E in tutto il mondo si attiva la solidarietà, sollecitati anche dalla preghiera di Papa Francesco all’Angelus di domenica. «A Cebu ci stanno già arrivando aiuti da tutte le parti delle Filippine, e anche da fuori (Hong Kong, Giordania…)». Si possono far arrivare gli aiuti per l’emergenza Filippine attraverso i seguenti conti correnti: Associazione Azione per un Mondo Unito – Onlus presso Banca Popolare Etica, filiale di Roma Codice IBAN: IT16G0501803200000000120434 Codice SWIFT/BIC CCRTIT2184D Causale: emergenza tifone Haiyan Filippine AZIONE per FAMIGLIE NUOVE Onlus c/c bancario n° 1000/1060 BANCA PROSSIMA Cod. IBAN: IT 55 K 03359 01600 100000001060 Cod. Bic – Swift: BCITITMX

MOVIMENTO DEI FOCOLARI A CEBU Payable to : Emergency Typhoon Haiyan Philippines METROPOLITAN BANK & TRUST COMPANY Cebu – Guadalupe Branch 6000 Cebu City – Cebu, Philippines Tel: 0063-32-2533728 Bank Account name:  WORK OF MARY/FOCOLARE MOVEMENT FOR WOMEN Euro Bank Account no.:  398-2-39860031-7 SWIFT Code:  MBTCPHMM Payable to:  Help Philippines– Typhoon Haiyan Email: focolaremovementcebf@gmail.com Tel. 0063 (032) 345 1563 – 2537883 – 2536407Leggi anche:Filippine dopo il tifone (Città Nuova online) Caritas Asia, la Chiesa attiva negli aiuti (Agenzia Fides)

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Filippine: quando tutto crolla

«Vedendo gli effetti devastanti del terremoto che ha colpito le Filippine  il 15 ottobre scorso – di magnitudo 7.2 in alcune isole delle -, ci siamo dati da fare per aiutare le vittime. In particolare desideravamo far sentire loro l’amore di Dio, anche in questi momenti in cui sembra sia perduta ogni speranza. In un primo momento, avevamo paura per le scosse di assestamento che continuavano a verificarsi ma, ben presto, ci siamo resi conto che era una piccola cosa rispetto alla sofferenza delle famiglie che avevano perso tutto: le case e le persone care. Con il sostegno della comunità locale dei Focolari, siamo andati a Bohol (la zona colpita dal terremoto). Eravamo circa 15 Giovani per un Mondo Unito (GMU) ed alcuni adulti da Manila e Cebu. Abbiamo preparato 200 sacchi contenenti ciò di cui avevano più bisogno (stuoie, coperte e materiali per la fabbricazione di tende) e ci siamo messi in viaggio nel lungo tragitto per arrivare a destinazione: Sandigan Island, dove gli aiuti difficilmente arrivano. Con noi avevamo 200 litri di acqua, i 200 sacchi preparati la sera prima, biscotti e altri generi di prima necessità. Un momento difficile e faticoso è stato quando abbiamo dovuto attraversare un sentiero stretto e ripido di montagna, portando dai camion tutti i pacchi fino alle barche che ci avrebbero portato sull’isola. Ci sono volute diverse ore, fino alla mezzanotte; e dopo, abbiamo dovuto spingere le barche a causa della bassa marea. Ma la decisione di aiutare queste persone, pensando di farlo a Gesù che si è identificato con i più sofferenti, ci ha fatto superare le avversità. Siamo andati 6 km nell’entroterra di Brgy Canigaan. Mancava l’approvvigionamento idrico perché i tubi dell’acqua erano stati distrutti dal terremoto, così come le case. Per cui la maggior parte dei residenti dormivano all’aperto, nelle tende, anche per la paura delle continue scosse di assestamento. Era uno spettacolo straziante. Ci siamo ricordati che eravamo lì per sostenerli ed aiutarli, e così la distribuzione dell’acqua e dei pacchetti è avvenuta in un’atmosfera festosa. Abbiamo anche creato uno spazio per permettere ai bambini di raccontare le proprie esperienze traumatiche vissute durante il terremoto e abbiamo giocato con loro, insieme alle loro mamme, che hanno dimenticato, almeno per un po’, ciò che stanno attraversando. Un anziano ci ha raccontato come aveva vissuto la tragedia. Stava pescando quando il terremoto è avvenuto. Era terrorizzato mentre vedeva la sua città tremare per le violentissime scosse. Era da solo, l’acqua molto agitata, con mulinelli e grandi ondate. Ha anche visto una piccola isola spuntare in mezzo al mare… Ringraziava Dio per il miracolo di essere sopravvissuto, nonostante la sua casa fosse distrutta. Gli abbiamo offerto un cuscino morbido: un piccolo gesto che l’ha commosso fino alle lacrime. Abbiamo rinunciato alle nostre vacanze e dovuto superare anche la barriera linguistica e altre difficoltà, ma sentiamo che ne è proprio valsa la pena! Sarà ancora lunga la strada da percorrere per tornare alla normalità, ma vedere i sorrisi sui volti di queste persone, ci ha dato la conferma che l’amore di Dio rimane anche quando tutto il resto viene distrutto». A cura della Segreteria dei GMU di Manila (altro…)