Set 10, 2018 | Dialogo Interreligioso, Focolari nel Mondo
Le comunità ebraiche di tutto il mondo celebrano nei giorni 10 e 11 settembre, con vigilia il 9, la festività di Rosh ha-shanah, il Capodanno ebraico, dell’anno 5779. «La festa – spiega l’UCEI, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – ha un carattere e un’atmosfera assai diversi da quella normalmente vigente nel capo d’anno “civile”. Piuttosto è considerato giorno di riflessione, di introspezione, di auto esame e di rinnovamento spirituale. È il giorno in cui, secondo la tradizione, il Signore esamina tutti gli uomini e tiene conto delle azioni buone o malvagie che hanno compiuto nel corso dell’anno precedente. Nel Talmud infatti è scritto “A Rosh Ha-Shanah tutte le creature sono esaminate davanti al Signore”. Non a caso tale giorno nella tradizione ebraica è chiamato anche “Yom Ha Din”, giorno del giudizio. Il giudizio divino verrà sigillato nel giorno di Kippur, il giorno dell’espiazione. Tra queste due date corrono sette giorni che sommati ai due di Rosh Ha-Shanà e a quello di Kippur vengono detti i “dieci giorni penitenziali”. Rosh Ha-Shanah riguarda il singolo individuo, il rapporto che ha con il suo prossimo e con Dio, le sue intenzioni di miglioramento». (altro…)
Set 9, 2018 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Sociale

Maurizio Certini, direttore del Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira.
Giovani universitari, provenienti da tutto il mondo. È particolarmente a loro che si dedica il Centro La Pira, cercando di rispondere alle nuove sfide poste dal mondo delle migrazioni. Come valorizzate il sogno che muove questi giovani a venire a studiare in Italia? Sono ragazzi e ragazze con un “potenziale umano” preziosissimo, che possono diventare “ponti” di buone relazioni culturali, economiche e politiche, tra Paesi. Accoglierli e sostenerli era il sogno del Card. Benelli, che volle istituire per loro un Centro diocesano internazionale, intitolandolo al prof. Giorgio La Pira, promotore di pace nel mondo intero e per tanti anni sindaco di Firenze, di cui si è appena concluso l’iter canonico del processo di beatificazione. Era il 1978, appena quattro mesi dopo la sua morte, quando Benelli si rivolse a Chiara Lubich per chiedere la disponibilità di alcune persone del Movimento per avviare questa esperienza. Le scrisse: «[…] Molti giovani si sono ritrovati soli, nel più impressionante disagio e amaro disorientamento. Vogliamo servirli, conoscerli, fare che si sentano accolti, porci al loro fianco, rispettandoli e aiutandoli in tutto, stabilire con loro un dialogo che coinvolga la nostra realtà di uomini. Se sono musulmani, li aiuteremo a esserlo meglio, se ebrei ad essere ebrei. Vogliamo offrire loro un servizio che tonifichi l’anima e con finezza cristiana li ponga nel rispetto della loro dignità».
Qual è la situazione quarant’anni dopo? Le condizioni di vita degli studenti universitari stranieri, meritevoli ma con pochi mezzi, sono sicuramente migliorate, grazie all’esonero dalle tasse e alla messa a disposizione di alloggi e mense. Ma il percorso formativo resta, per molti, una corsa a ostacoli: la lontananza da casa, la necessità di mantenersi da soli, la difficoltà di studiare in un contesto culturale poco noto, la burocrazia, le sirene del consumismo. Chi conosce le storie di tanti di questi ragazzi rimane colpito dal loro coraggio, dall’esempio di fortezza nelle prove e di resistenza nelle difficoltà. I problemi più seri si manifestano al secondo o al terzo anno quando, anche se volenterosi e motivati, non riescono a conseguire i crediti necessari per rimanere nelle residenze universitarie. Per loro si apre all’improvviso una voragine, e può essere l’avvio di un processo deprimente, che porta all’abbandono dello studio e all’infrangersi di un sogno. Negli anni, quanti giovani sono transitati dal Centro? Numerosissimi. Si è cercato di far fronte con entusiasmo a tanti bisogni, cercando soluzioni, dando loro speranza. Molti, delusi e scoraggiati, sono riusciti a riprendere in mano la propria vita, completando il percorso di studio. L’esperienza universitaria all’estero rappresenta una singolare occasione culturale e professionale. Ma occorre una speciale attenzione per adeguare con creatività l’impegno istituzionale e associativo, che deve essere coordinato e attento alle differenze culturali e religiose, ponendo al “centro” gli studenti, per accompagnarli integralmente nel loro cammino.
Un’associazione sostenuta prevalentemente dal volontariato può incidere sulla società e sulla politica? Giorgio La Pira fece sue le parole di un grande architetto rinascimentale, Leon Battista Alberti: «Che cos’è la città? È una grande casa per una grande famiglia». Oggi il mondo è una città globale. Con la nostra azione, guardiamo alle città del mondo attraverso gli sguardi e le storie dei numerosi “ospiti”, aprendoci alla reciprocità. In italiano, “ospite” è colui che accoglie, ma anche colui che è accolto. Al Centro cerchiamo di generare comunità, consapevoli di trovarci in un contesto sociale sempre più plurale, che necessita di persone aperte al dialogo, capaci di reciproca integrazione. Oggi il bisogno sociale di comunità è fortissimo: il mondo è di corsa, spesso alienato, crescono le sopraffazioni, le falsità, il sospetto, la paura. Il nostro piccolo “campo di gioco” si dilata ogni giorno a livello cittadino, nazionale, internazionale: siamo convinti che si vince solo se si genera comunità, volendo costituire la società come un corpo civile, ponendo al centro la persona umana con la sua dignità. Chiara Favotti (altro…)
Set 6, 2018 | Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo
https://vimeo.com/279279065 (altro…)
Set 5, 2018 | Chiara Lubich, Chiesa, Cultura, Focolari nel Mondo, Spiritualità
«Mi sono ricordato della frase pronunciata da un amico: “L’idea di Dio deve crescere insieme a noi”. Era molto tempo che non cercavo più di capire qualcosa di Dio. Avevo bisogno di saperne da altri che ne sapevano più di me». Andrea, giovane universitario, tre anni fa ha lasciato il suo paese di origine, dove aveva un gruppo di riferimento in parrocchia, e si è trasferito in una grande città. Ma qui non ha trovato subito dei punti di riferimento precisi per la sua scelta di fede. Al Congresso ne ha conosciuti tanti. «Sono ancora in cammino e sto scoprendo aspetti nuovi di questa avventura, però ho delle certezze, dei punti di forza. Uno di questi è sicuramente la consapevolezza che la strada che mi si è aperta davanti è una strada comunitaria, da vivere con gli altri e per gli altri. Alle volte capita che me lo dimentichi e quindi necessito di una raddrizzata, ma dentro di me so che è così», conferma Nicholas. “Impegnati nel Noi” è stata una iniziativa svoltasi a Castel Gandolfo (31 agosto al 2 settembre), promossa dai Movimenti Diocesano e Parrocchiale, diramazioni del Movimento dei Focolari, e rivolta ai giovani impegnati nella Chiesa locale. Questi movimenti si propongono di irradiare il carisma dell’unità nelle parrocchie e nelle diocesi in cui prestano il loro servizio e di concorrere, assieme alle altre realtà ecclesiali, alla realizzazione di una “Chiesa comunione”, come auspicato nella Novo Millennio Ineunte, la Lettera apostolica indirizzata da Giovanni Paolo II ai sacerdoti e a tutti i laici, al termine del grande giubileo del Duemila. A questo scopo promuove e alimenta una unità sempre più profonda dei fedeli attorno ai parroci e ai vescovi, collaborando nelle diverse diocesi e proponendo una nuova evangelizzazione nelle parrocchie, secondo uno stile comunitario.
«Abbiamo scelto questo titolo – precisano gli organizzatori – per contribuire a realizzare quello che Papa Francesco spesso ci invita a fare: passare dall’“io” al “noi”, attraverso un discernimento comunitario che ci aiuti a crescere e a prendere delle decisioni condivise. Durante le giornate trascorse insieme i partecipanti si sono confrontati sulla propria fede, ma soprattutto sulla missione a cui si sentono chiamati, quella di portare la “buona novella” del Vangelo. L’esperienza di vita basata sulla spiritualità di Chiara Lubich ha fatto da sfondo, perché ogni carisma di Dio è per tutta la Chiesa e per l’umanità. La metodologia è stata la cultura dell’incontro: prendersi del tempo per conoscersi e per stare insieme. Per sentirsi comunità, “popolo di Dio”, in cui si può crescere, aiutati da quelli con cui si cammina insieme». L’esperienza del congresso si inserisce pienamente nel cammino verso il Sinodo dei vescovi sui giovani, che si svolgerà il prossimo mese di ottobre. «Sono risuonate in maniera molto forte le parole rivolte da Papa Francesco ai giovani italiani, radunati l’11 agosto scorso a Roma: “Non accontentatevi del passo prudente di chi si accomoda in fondo alla fila. Ci vuole il coraggio di rischiare un salto in avanti, un balzo audace e temerario per sognare e realizzare, come Gesù, il Regno di Dio, e impegnarvi per un’umanità più fraterna. Abbiamo bisogno di fraternità: rischiate, andate avanti!”». (altro…)
Set 4, 2018 | Focolari nel Mondo, Spiritualità
Emigranti Viviamo in un Paese restio ad accogliere gli emigranti. Un giorno in famiglia parlavamo di questo argomento e, volendo vivere la Parola di Gesù, ci siamo detti che sono emigranti anche gli emarginati. Non molto tempo dopo, abbiamo saputo di un ragazzo che veniva dal mondo della droga e non aveva nessuno che si prendesse cura di lui. Lo abbiamo accolto a casa nostra finché non si è stabilizzato, vincendo la sua dipendenza e trovando un lavoro. Anche in seguito abbiamo mantenuto i rapporti con lui. Oggi è un papà felice, con una famiglia serena. R. H. – Ungheria Il granaio Anziana e senza figli, Marie trascorreva spesso i pomeriggi da noi. Un giorno, alludendo al granaio dietro casa nostra, ci confidò che sarebbe stata felice di abitare lì. Ne abbiamo parlato con i figli e abbiamo deciso di accontentarla. Dopo aver ottenuto i necessari permessi, abbiamo trasformato il granaio in una casetta collegata alla nostra da una porta interna. Non solo per Marie, ma per tutta la nostra famiglia si è aperta una porta, una modalità nuova di capire la solitudine di molte persone. Ci sentiamo veramente arricchiti. C. J. B. – Belgio Splendente Da molti anni sono semiparalizzata a letto. Giovedì scorso sono venute a trovarmi due focolarine e per me è stata una grande gioia. In seguito, hanno comunicato ad una mia amica di avermi trovato “splendente” e questo loro commento mi ha molto sorpreso. Ho ringraziato Dio, chiedendogli di aiutarmi ad essere sempre tale. Il giorno dopo mi sono svegliata con dei forti dolori alla schiena. Era l’occasione per restare “splendente” anche nella sofferenza. La stessa cosa è successa anche qualche giorno dopo. È questo l’atteggiamento che cerco di mantenere in questo tempo, e anche se non sempre ci riesco, almeno ci provo. N. P. – Venezuela Il latte Nella difficile situazione economica che attraversava il Paese, tutto era razionato e i mercati erano vuoti. A causa di una grave decalcificazione delle ossa, Rosa aveva bisogno di bere molto latte, ma era difficile da trovare. Un giorno una vicina è andata a casa sua per chiederle un po’ di latte per il suo bambino, che da giorni non ne beveva. Rosa le ha offerto subito quello che le rimaneva, nonostante le proteste dei figli. Prima di sera, le sono arrivati otto litri di latte. Con le lacrime agli occhi, Rosa ha esclamato: “Dio non si lascia mai vincere in generosità!”. M. C. – Messico La suocera Rosita e io avevamo portato mia suocera, che vive in una casa per anziani e ha difficoltà motorie, a fare una passeggiata. Anche mia cognata era con noi. Grati a Dio per la bella giornata di sole, durante la passeggiata ci siamo fermati a fare colazione in un ristorante nella piazza di un paese vicino. Fra noi c’era armonia e gioia. Quando abbiamo chiesto il conto, ci è stato detto che era già stato pagato da un altro cliente, ammirato dalle premure verso una persona anziana. Felice, mia suocera confermava. R. – Svizzera (altro…)
Set 3, 2018 | Chiara Lubich, Cultura, Focolare Worldwide, Focolari nel Mondo, Nuove Generazioni, Sociale
«Il desiderio di fare il medico, che avevo nutrito da sempre, divenne ancora più forte quando, anni fa, mio padre e mio fratello ebbero un grave incidente. L’ospedale diventò la nostra seconda casa, per una serie di operazioni alle gambe che mio padre dovette affrontare. In quei momenti compresi la difficoltà dei pazienti, specie quelli che non avevano sufficienti risorse economiche, a ricevere cure adeguate. “Sarò un medico – mi dissi – per offrire a tutti la speranza di una cura”. Anche la mia famiglia aveva una situazione economica molto precaria. Mio padre, per una disabilità permanente causata dall’incidente, non poteva più lavorare. Al termine della scuola, il mio desiderio di studiare medicina si infranse quando mia madre mi disse: “Non abbiamo i mezzi”. Piansi amaramente, poi però pensai: “Se Gesù vuole così, allora lo voglio anch’io”. Eravamo stati sempre in contatto con il Focolare, e loro sapevano del mio grande desiderio. Alcuni giorni dopo, mi telefonarono per dirmi che avevano trovato, attraverso le organizzazioni AMU e AFN, il modo di sostenermi economicamente. Ero così felice! Un segno dell’amore di Dio. Cominciai gli studi all’università. Non era tutto facile. Ogni giorno dovevo avere una buona dose di pazienza e perseveranza. Nella mia classe c’erano studenti di religioni e culture diverse, e alcuni di loro erano prepotenti con me, che avevo un carattere più morbido e remissivo. Cercavo ugualmente di essere amica di tutti e di restare unita a Gesù, e da Lui ricevevo la forza per affrontare ogni difficoltà. Dormivo anche solo due ore al giorno a causa delle tonnellate di pagine da memorizzare. Non facevo altro che studiare, eppure sperimentai anche l’insuccesso a un esame, o la tristezza di non poter uscire con gli amici. E poi mi mancava tanto la mia famiglia. Ma ero certa che Dio aveva dei piani su di me. Durante il tirocinio lavoravamo in reparto, con i pazienti, con turni anche di 30-36 ore consecutive, ed era veramente faticoso. Bisognava fare molte cose insieme, sincerarsi che tutti i pazienti ricevessero le cure e contemporaneamente dovevo studiare per gli esami. L’incontro con ogni paziente era sempre un’occasione per amare. Nonostante fossi stanca e assonnata, cercavo di presentarmi a loro con energia, di ascoltarli con un sorriso e con sentimenti di vera compassione. In ospedale, gli infermieri tendevano ad essere bruschi con noi stagisti e ci impartivano ordini. Tuttavia, cercavo di mettere a tacere il mio orgoglio e di costruire con loro un rapporto amichevole. Dopo qualche tempo, hanno cambiato atteggiamento. Nel mio gruppo, c’era una studentessa sempre scontrosa, che alzava la voce contro di noi, suoi compagni di corso, anche davanti ai pazienti. Nessuno la sopportava. Ho pensato: “Se non le voglio bene io, chi lo farà?”. Ho imparato a capire lei e le sue difficoltà, a volerle bene. All’inizio era difficile, voleva sempre ottenere qualcosa. Ho pregato Gesù di darmi il coraggio e la forza, perseverando in questo atteggiamento di comprensione. Alla fine, anche lei ha cominciato a capire me, e siamo diventate amiche. Se c’è una cosa che ho imparato, è che le cose possono anche diventare meno facili, ma tu puoi diventare più forte. Ho avuto paura tante volte di non farcela, ma “ricominciare” era il segreto che avevo imparato da Chiara Lubich. Ora sono un medico, il mio sogno si è realizzato, e ho tante più opportunità per amare Dio servendo i miei pazienti, ricordando quella frase del Vangelo “Qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me”». Chiara Favotti (altro…)